Il monte dei pegni dei mercati
Berlino (dal nostro inviato Raffaella Vitulano) - I manifesti elettorali di Angela Merkel e
Martin Schulz campeggiano ovunque sui pali in città. Alcuni sono
ricoperti di adesivi tondi e rosacei piazzati in punti strategici come
la punta del naso o le guance, o di adesivi rettangolari a mo' di
cerotto sulla bocca. Il dibattito preelettorale, diciamocelo, sembra
piuttosto sonnecchioso qui in Germania. I giornali, tuttavia, non
sembrano così distratti sulle questioni europee ed internazionali.
Comunque, meno distratti che a casa nostra, se non altro perchè la
difesa degli interessi del proprio paese di fronte agli osservatori
stranieri è prerogativa della cancelliera di ferro, la Iron lady Angela
Merkel. Gli eroi non celebrati delle stragi sul lavoro, le vittime di
uno strangolamento finanziario ormai chiaramente alambiccato ai piani
alti di un pianeta in ebollizione, trovano perfino spazio al Berlin City
Cube. Una struttura architettonica industriale in vetro ed acciaio che
ancora gronda vernice e cemento dalla sua incompiutezza, in uno stile
volutamente sobrio nel segno del minimalismo che segna la città e il
momento storico. Jayati Ghosh, professoressa indiana d'economia
all'università di Nuova Dehli, ci va giù duro: piuttosto che aumentare
le spese per gli investimenti in salute, i governi stanno favorendo
bolle sul credito domestico, in aree come la casa e i beni di consumo:
"E queste bolle porteranno lacrime". L'economia reale recuperi allora il
protagonismo, è il contenuto del videomessaggio del segretario
confederale Cisl Annamaria Furlan ai delegati: la produzione e lo
scambio di beni e servizi devono tornare ad essere prevalenti,
riagganciando il sistema delle transazioni finanziarie, che invece oggi
al 90% è riservato alla speculazione nei mercati finanziari globali. Una
storia che Ghosh ben conosce quando si spinge a dire che i paesi poveri
fortemente indebitati dell'Africa potrebbero insegnare qualcosa ai
paesi euro massacrati dal debito, come la Grecia o l'Italia: le misure
deflazionistiche imposte ai governi, la riduzione del pil renderanno
sempre più arduo onorare i debiti, eppure non sembra esserci alternativa
alla ristrutturazione dello stesso, dato che l'austerity non può
risolvere il problema. Anzi. Una ristrutturazione dei pallottolieri del
sud, infatti, favorirebbe i paesi indebitati ma danneggerebbe quelle
banche tedesche e francesi che durante il boom si sono fatte prestatori
internazionali con somme ingenti che hanno solo aggravato gli squilibri
competitivi di Grecia o Italia. Una conclusione di cui poco si scrive,
preferendovi politiche macroeconomiche di forte contrazione che
finiranno solo per indebolire ulteriormente anche il nostro paese. Ecco
che allora, in tale contesto, il ruolo dei corpi intermedi e la contrattazione restano l'unica garanzia per il governo
delle economie complesse nelle moderne democrazie. Furlan lo ribadisce
rivendicando le ragioni dei lavoratori e dei paesi più poveri rispetto
ad una "logica di sviluppo che definisce circuiti ristretti di benessere
e determina esclusione per quanti non reggono gli spietati livelli
della concorrenza nelle economie di mercato". E Ozlem Onaran, professore
di politica del lavoro e sviluppo economico all' Università di
Greenwich, condanna per questo senza appello l'austerità fiscale: "Sono
un modo brutale, una terapia d'urto per ripristnare i profitti, per
garantire le
rendite finanziarie e per l'attuazione delle contro-riforme liberiste.
Quello che sta succedendo è fondamentalmente la convalida da parte degli
Stati dei crediti finanziari sulla produzione e sul pil futuro. Ecco
perchè la crisi ha nazionalizzato i debiti privati facendo loro assumere
la forma di una crisi del debito sovrano". Come dire: qualunque cosa
produrrete è come data al monte dei pegni dei mercati. E sarà difficile
recuperarla.
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