Palloni d'acciaio
di Raffaella Vitulano
Incede solenne, serissimo. E in un attimo non esita a denunciare che "il
Qatar mi ha trattato come uno schiavo". A differenza dei suoi colleghi
distratti da donne, motori e champagne, il calciatore Abdeslam Oaddou ha
scelto l'impegno civile e sfida i potenti del business del calcio
intervenendo al congresso dei sindacati internazionali ed invitando i
suoi colleghi calcatori a "non giocare più in paesi e stadi dove si
calpestano i diritti umani". Nel fragile mondo di cartapesta del
football, dove la violenza spesso spezza i sogni di giocatori e tifosi,
dove i valori dello sport a volte si piegano ai più beceri scambi
d'interessi dietro le quinte di reti violate o inviolate a comando, il
coraggioso trentaquattrenne Abdeslam ci racconta una storia kafkiana
ambientata nel 2010 nel club del Qatar Lekhwiya, di proprietà dello
sceicco al-Thani, che detiene anche il Psg. Ci racconta di un potente
che compra e vende i giocatori come fossero schiavi, che non rispetta i
contratti e che a suo piacimento decide di non pagarli più e di
trattenerli forzatamente nel paese sottraendo loro i documenti quando
questi si rivolgono alle autorità giudiziarie. E quando, dopo una lunga
battaglia, il marocchino Abdeslam riesce a tornare in Francia, le
minacce continuano: "Tu attacchi gente troppo potente". E lui replica,
coraggioso: "Il denaro non può comprare tutto". Quella Coppa del Mondo
2022 assegnata al Qatar proprio non gli va giù ("una vergogna"). Un
paese in cui "il codice del lavoro è fasullo. La nuova Carta è una vera
farsa". I Mondiali che servono a lucidare l'immagine delle argenterie
degli sceicchi non possono macchiare vite umane e annerire le speranze
di chi mette a rischio la propria vita lavorando nella costruzione degli
stadi e delle infrastrutture del paese senza alcuna tutela. Nel Qatar,
un contratto di lavoro non vale nulla, si può fare e disfare a
piacimento, e il lavoratore viene licenziato su due piedi "come una
vecchia ciabatta". Lui si batte per recuperare anche un anno di salario,
ma soprattutto si batte per quanti si trovano nella sua situazione:
l'allenatore Stephane Morello, bloccato in Qatar da cinque anni, e Zahir
Belounis, altro giocatore francese messo da parte con disprezzo. Il suo
commovente appello di aiuto alle leggende Zinadine Zidane e Pep
Guardiola sulle pagine del Guardian sembrava restato sulla carta. Un
incubo. Sua madre, la vedova algerina che ha tirato su da sola tre
figli, gli dà la forza per continuare a vivere. E così sua moglie.
Zahir, sfuggito alla repressione nella squadra El Jaish, ora cerca
riscatto nei club londinesi, dopo un tentativo di suicidio e il recupero
dall'alcol. "Non credevo che sarei riuscito ad uscire dal paese, anche
se finalmente mi stavano conducendo in aeroporto. Ma quando ho sentito
il rumore del timbro sul visto, lì, finalmente, in quell'esatto momento,
ho capito che sarei tornato libero".
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