Ebola, il business è servito

di Raffaella Vitulano

Renzi incontra oggi il Primo Ministro cinese Li Keqiang  per la firma di accordi commerciali ma l’Italia sembra al momento più interessante che strategica. La differenza è enorme, se pensiamo alla passione di Pechino per le materie prime russe o per l’industria tedesca. Il conflitto in Ucraina, che sta isolando la Russia, gioca il suo peso nelle scelte della Cina. E a dirla tutta, i flirt ambigui di Roma innervosiscono da un lato gli americani, che non gradiscono lo shopping del governo cinese su alcuni servizi chiave italiani (energia, telecomunicazioni, difesa); mentre dall’altro l’altlantismo inquieta Mosca e Pechino. In questo periodo la partita non è affatto solo economica. Basta guardare a Kiev e si capisce che il mondo sta diventando Asiacentrico, come se una nuova aria di Bandung (la conferenza che nel 1955 spinse la decolonizzazione) soffiasse sul pianeta. 
Costretta dagli eventi geopolitici, la Germania prende posizione e fa outing nell’informazione. Dopo le confessioni della giornalista tedesca Eva Herman, Udo Ulfkotte - ex direttore del Frankfurter Allgemeine Zeitung - ha ammesso a Russia Today di aver lavorato per la Cia e fatto propaganda contro la Russia e rivendica trasparenza nell’informazione. Il controllo della Cia sui mezzi di comunicazione è del resto ben documentato: si pensi alla Mockingbird, operazione che nel ’48 trasformò aziende di comunicazione in un veicolo di propaganda per l’alta finanza. Nella gestione della politica internazionale il gioco non è mai a carte scoperte e bisogna grattare sotto la vernice di propaganda in cui un frame, una cornice di giudizio viene formata rapidamente. Come nel caso Ebola, di cui i media solo distrattamente hanno trattato finché a settembre il presidente Obama ha deciso l’invio di 3 mila soldati, per ammissione delle stesse autorità Usa non addestrati per far fronte all’emergenza di questo virus. Ma allora perché mandarli? Di test su cavie militari di un virus che sì esiste, ma la cui rilevanza è comunque circoscritta, scrive chi racconta che un’impresa farmaceutica del Quebec avrebbe collaborato col Pentagono (alleanza già sperimentata nel programma Blue Angel promosso dalla Defense Advanced Research Projects Agency nel 2009 in risposta all’allarme pandemia di influenza suina) per lo sviluppo di vaccini contro il virus Ebola. Vaccini che secondo Bloomberg si baserebbero su sostanze ricavate dalla pianta del tabacco, d’interesse del settore della bio-difesa. Di proprietà di Mitsubishi Tanabe Pharma Corporation e Philip Morris, è canadese anche Medicago Inc., una società finanziata per 21 milioni di $ dai colossi dell’industria di sigarette per la produzione di anticorpi e vaccini ricavati dal tabacco. Agli inizi di settembre, infine, GlaxoSmithKline ha dichiarato da parte sua l’ intenzione di iniziare a fabbricarne fino a 10 000 dosi. Il British Medical Journal denuncia i passaggi che hanno spinto l’Oms a dichiarare l’esistenza di un’epidemia a partire dagli interessi finanziari delle lobbies. Resta accesa la minaccia biologica, che ha spinto anche Russia e Cina a sperimentare un vaccino contro l'Ebola. Ma gli interessi sullo scacchiere restano tutti da chiarire.

Commenti

  1. Ciao Raffi', complimenti per gli "angoli oscuri" del problema che non avevo ancora letto! Un abbraccio, Giac

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