Mosca, Teheran, Pechino. Dov'è Bruxelles?

di Raffaella Vitulano
E’ dal numero dell’8 marzo 1992 che il New York Times ha rivelato come, nel 1991, il presidente Bush padre incaricò un discepolo di Leo Strauss, Paul Wolfowitz, di elaborare una strategia, una ”dottrina” che spiegasse come la supremazia degli Usa sul resto del mondo esigesse, per essere garantita, di imbrigliare in qualche modo anche l’Unione Europea. Fu allora che si cominciò a parlare di teoria del caos, e i risultati globali oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Gli equilibri economici, tuttavia, oggi si vanno sempre più delineando, spostandosi in modo massiccio verso l’Asia. E l’Europa dovrebbe svegliarsi. Mosca, Pechino, sono attivissime. Ma anche Teheran non sta in finestra. La Banca del popolo cinese (banca centrale di Pechino), sta aumentando le dimensioni del suo bilancio, come hanno fatto Bce, Fed e Bank of England, ma l’obiettivo non è quello di abbassare i tassi di interesse e “liberare” i bilanci delle banche, bensì quello di finanziare le province e, per questa via, i loro programmi di investimenti pubblici. La Cina sceglie il Tai Chi e respira profondamente, anche nello smog che invade le sue città, ed è sempre presente. Ovunque.
L’Ocse ridisegna la mappa dello sviluppo culturale: nei prossimi anni i talenti mondiali verranno da Cina e India, ad esempio. E per quanto lo sforzo umanitario sia sincero, molti analisti segnalano che presto la partita degli aiuti in Nepal potrebbe diventare un altro fronte della rivalità tra Cina e India per espandere le proprie sfere d’influenza dal punto di vista strategico e commerciale. Pechino, del resto, ha già inserito il Nepal nel percorso della nuova Via della seta, il piano asiatico di investimenti e infrastrutture con cui intende enfatizzare la sua supremazia . E noi? Le imprese europee sgomitano per sommergere il mercato iraniano post-sanzioni con una valanga di investimenti; primi su tutti i giganti dell'energia che vorrebbero sganciarsi da Gazprom. Ma la competizione formidabile con Mosca e Pechino rischia di raffreddare i loro entusiasmi: mentre Bruxelles veniva trascinata verso Washington, Cina e Russia hanno fiutato da tempo l'inevitabile riemergere dell'Iran come potenza chiave.
Pechino e Teheran fanno gioco di squadra con Mosca, dubitando della pronta realizzazione delle infrastrutture europee affinché la controparte iraniana possa portare forniture di gas naturale velocemente e in grande quantità verso l'Europa. Un upgrade di reti e infrastrutture possibile solo con l'aiuto di Russia e Cina. Teheran diventerà fornitore nel gasdotto Trans-Anatolico (Tap), che fornirà gas all'Europa tramite la Turchia, e tuttavia la sua realizzazione non impedirà le esportazioni di Gazprom verso l'Ue. Ciò che funzionari russi e iraniani stanno discutendo da tempo è in effetti quanto in realtà possa essere redditizio per entrambe le nazioni esportare all'Ue. Senza dimenticare il fatto che Mosca ha ancora un ruolo da giocare relativamente al Pipelineistan, il Turkish Stream, che incanalerà il gas russo verso la Turchia e la Grecia.
L'Iran è senza dubbio il punto chiave delle nuove Vie della Seta cinesi e anche la partnership tra Cina e Iran non comprende solo gli stretti legami energetici e commerciali, ma si estende anche alla tecnologia militare cinese più avanzata e all'input cinese nel programma di missili balistici dell'Iran.
Alla faccia delle sanzioni Usa, che non hanno impedito alla Cina di importare energia dall'Iran a proprio piacimento.
E a quelle Ue, che la Russia si è attrezzata ad aggirare.
Resta fondamentale, in questa partita a scacchi, il sistema Swift parallelo che la Cina ha creato per pagare l'energia a Teheran che, una volta concluso l'accordo nucleare, avrà libero accesso a questi fondi nella valuta cinese, lo yuan. Investendo su molteplici fronti, la Cina sarà infine determinante anche per il completamento del travagliato gasdotto tra Iran e Pakistan (Ip), che in futuro potrebbe anche includere un’estensione verso l’area cinese di Xinjiang.
L’Europa, dunque, per la sua poca lungimiranza resta vaso di coccio tra vasi di ferro. Figuriamoci l’Italia in svendita. Giovedì scorso Qu Xing, ambasciatore della Cina in Belgio, ha tagliato corto: ”Gli Stati Uniti non desiderano vedere la propria presenza indebolita in nessuna parte del mondo, ma il fatto che le loro risorse sono limitate, rende necessario un lavoro duro per continuare a sostenere la propria influenza in affari esteri”. E la dottrina Wolfowitz è già obsoleta.

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