Vw, come separare la Russia dalla Germania



di Raffaella Vitulano


Separare la Russia dalla Germania. A pensarci su, potrebbe essere questo l’obiettivo vero di chi conta tra i player mondiali dietro al timing e al polverone sollevato su VW.
Scongelata la Guerra fredda, riscaldata la minestra europea, oggi la Russia viene vissuta come nemico dagli Usa non solo per le sue attuali capacità, ma come fulcro di potenze euroasiatiche in grado di sfidare la supremazia di Washington. Berlino ha sempre flirtato con Mosca, e Washington ha sempre vigilato che non vi fosse un patto di ferro tra di loro o la conquista di una da parte dell’altra. La combinazione tra il capitale e la tecnologia tedeschi e le risorse e la forza lavoro russe potrebbe seriamente minacciare gli interessi americani. In questa rischiosa prospettiva, la Russia assurge a nemico da distruggere, la Germania il partner americano da ridimensionare. La riflessione ha un suo senso anche al netto delle innegabili colpe di Volkswagen, esposta con eventuali cifre di risarcimento ad una vera e propria lotta per le quote di mercato proprio all’indomani delle dichiarazioni della Merkel sugli immigrati nelle fabbriche automobilistiche, come spiega Rischio Calcolato. Timing casuale? Il governo Obama ha detto che VW potrebbe pagare sino a 18 miliardi di dollari. E la domanda di fondo è soprattutto una: è giusto che Washington attacchi società non americane? E’ una legittima preoccupazione che continua a creare tensioni tra il governo americano e quelli europei.
Ma forse, oltre alle sole quote di mercato e al rispetto delle regole del gioco, indiscutibili nel Monopoli globale, c’è qualcosa di più.
Che la Germania fosse osservata speciale dagli Usa era quanto contenuto, del resto, nel dossier pubblicato lo scorso febbraio dall’influente società texana specializzata in pubblicistica su materie geopolitiche e consulenza analitica e investigativa Stratfor relativamente agli sviluppi delle tendenze globali per il decennio 2015 – 2025. Ne aveva parlato anche un articolo di Byoblu in cui si citava un mio post che ricordava la visione già presentata da George Friedman, Presidente di Stratfor, consigliere del Dipartimento di Stato, al Chicago Council on Global Affairs il 3 febbraio. La versione integrale dell’intervento di Friedman è disponibile in lingua inglese sul sito dell’agenzia. L’Unione europea, secondo il dossier, non riuscirà a ricucire le divergenze emerse dopo la crisi del 2008. Secondo Stratfor l’Unione è destinata a spaccarsi in quattro zone: Mediterrano, Europa Centrale (Germania e Satelliti), Mare del Nord (Svezia e Regno Unito) ed Europa Orientale (sede di una “nuova NATO dell’est” ). Questa disintegrazione ridarà fiato agli Stati nazionali ed al protezionismo, che colpirà violentemente l’economia tedesca, abbondantemente foraggiata dall’export nell’eurozona. Conclusione: la Germania scivolerà e precipiterà in un grave declino economico che produrrà una crisi interna, sociale e politica, crisi che ridurrà l’influenza tedesca sull’Europa nei prossimi 10 anni.
Gli Stati Uniti, sostiene il think tank, non possono e non devono cercare di stabilizzare il processo di dissoluzione degli stati del Medio Oriente: una simile azione di contrasto avrebbe costi eccessivi e non produrrebbe risultati utili. Il compito di gestire il caos che ne deriva viene assegnato alla Turchia, a cui è richiesto di sostenere lo sforzo antirusso a nord ottenendo in cambio “mani libere” in Medio Oriente e nei Balcani. Allo stesso modo, a febbraio scorso il dossier già delineava un rallentamento della Cina, il cui governo si troverà di fronte al problema di gestire politicamente e socialmente questo rallentamento. La vera ambizione di Washington è una qualche forma di coercizione che forzi Pechino ad aprire il suo ultra-protetto e regolato mercato finanziario al casino finanziario iperspeculativo del sistema delle grandi banche Usa. Quanto accaduto negli ultimi mesi potrebbe essere la giusta forzatura.
Come messaggio inviato dalla più influente agenzia di analisi strategica degli Stati Uniti al decisore politico le “previsioni” sono estremamente significative. Si pensi alla disarticolazione di Eurasia o della separazione tra Germania e Russia. Il conglomerato politico militare Baltico – Mar Nero in via di costruzione è un’arma puntata però anche contro la stessa Germania, le cui aspirazioni vanno ridimensionate agevolando ed accelerando il processo di disgregazione della unità economica europea (a questo proposito Stratfor sottolinea che il problema non è l’unione monetaria, ma quella doganale), sostenendo con discrezione le aspirazioni del mediterranei (si veda il caso della Grecia) e promuovendo la formazione del blocco est. Sottraendo alla Germania i mercati di sbocco si confida di farla precipitare in una crisi economica e sociale che ne ridimensioni la taglia politica.
Il vero nemico da distruggere, però, resterebbe la Russia. L’ “amico” da ridimensionare, la Germania.
Al di fuori di queste priorità non esistono strategie preferenziali salvo quelle di frantumare l’Eurasia in una pluralità di centri di potere da giocare l’uno contro l’altro aumentando ad arte le tensioni senza stabilire rapporti privilegiati. Letto come complesso di linee di azione, e non come semplice previsione, il rapporto Stratfor assume una connotazione di inquietante realismo. Mitt Dolcino, su Scenari Economici, torna sull’alleanza in pectore Mosca-Berlino. Negli scorsi anni, complice un’amministrazione americana pasticciona e poco pragmatica, i teutonici hanno fatto leva su Washington per riprendersi il ruolo che ritengono competa loro in Europa. Da tale concessione derivano i comportamenti assolutamente minatori nei confronti dei paesi europerifeci, in primis l’Italia quale soggetto ricco, sia di aziende che di risparmi, oltre ad essere il maggior competitor manifatturiero della Germania e miglior alleato storico degli Usa tra i non anglosassoni ed avere sul suo suolo il maggior numero di basi Usa fuori dai confini americani.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stato l’accordo economico tra Russia e Germania sul raddoppio dell’infrastruttura gas nel mar Baltico (con immissione di metano direttamente nell’infrastruttura tedesca) firmato circa un mese fa, accordo molto denso di significati e di implicazioni economico-industriali fino a dipingerlo come il primo passo per un’integrazione con la Russia (l’intero sistema economico tedesco, che ha avuto il coordinamento del deal facendo intervenire anche i dovuti partners europei, è stato coinvolto anche con scambi di assets. Una vera sfida allo status quo americano. E c'è già chi - come Michael Snyder, secondo alcune sue informazioni riservate - rivela che sarebbe davvero imminente un grande evento finanziario che riguarda la Germania, in stile Lehman Brothers. In particolare, la Deutsche Bank starebbe per finire nell'occhio di un ciclone.
Volkswagen ha dunque aizzato contro di sé istituzioni potenti (basti pensare alla mega multa a cui pensano le autorità statunitensi). E il ministero della giustizia americano ha colto al volo l’occasione per aprire un’indagine che accerti che Volkswagen non abbia compiuto atti criminali. Si occuperà dello scandalo anche una commissione del Congresso americano. “Il popolo americano merita risposte e la certezza che fatti come questo non accadranno di nuovo”, si legge nel comunicato di due membri del Congresso.
Berlino, insomma, ha arraffato per anni dove ha potuto, dalla sua amicizia con Mosca, dalla sua egemonia europea e dal tacito consenso di Washington, puntando a diventare essa stessa un competitor globale degli States. Ma ora sarebbe arrivato il momento di pagare il conto. Non è un caso che Il New York Times pubblichi l’elenco delle tangenti pagate da Siemens nel mondo.
E non è un caso che il presidente Usa Barack Obama intenda incontrare Vladimir Putin la prossima settimana durante l'Assemblea generale dell'Onu: basta mediatori europei, men che meno quelli teutonici. Giusto timing, infine, anche per la storica visita del segretario generale della Nato Stoltenberg, lo scorso 21/22 settembre, in Ucraina, dove ha partecipato (per la prima volta nella storia delle relazioni bilaterali) al Consiglio di sicurezza nazionale, firmato un accordo per l’apertura di un’ambasciata della Nato a Kiev, tenuto due conferenze stampa col presidente Poroshenko.
Sul suo sito, Maurizio Blondet aggiunge inquietanti previsioni: se guerra comincerà in Europa, il territorio prescelto potrebbe essere proprio la Germania, dove gli americani hanno voluto piazzare venti nuove testate atomiche, della potenza complessiva di 80 bombe tipo Hiroshima. Le nuove bombe (B61-12) saranno piazzate nella base aerea americana di Buchel, Renania-Palatinato. La base verrà rimodernata a spese del contribuente tedesco: 120 milioni di euro. Ecco perchè, in caso di guerra in Europa, l’armata russa dovrà occupare fulmineamente più territorio che potrà, onde rendere impossibile, o troppo controproducente, l’uso di quelle atomiche cosiddette tattiche, che farebbero strage di tedeschi. Blondet esita a dirlo, ma è lo scenario “visto” dal veggente Irlmaier negli anni ’50.

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