2017, odissea nello spazio. Di un anno

di Raffaella Vitulano
 
Fine anno, tempo di bilanci. Fuori dai luoghi comuni, magari, come quelli che ci segnalano come cicale d’Europa. Thomas Fricke, economista e giornalista, su Der Spiegel ricorda tuttavia proprio ai tedeschi che l’Italia ha i conti in ordine e non può prendere lezioni dai professoroni tedeschi, neppure sul fronte dell’efficienza della pubblica amministrazione, di avanzi commerciali con l’estero, moderazione salariale o equilibri di bilancio. Il problema italiano, semmai, starebbe nell’immobilismo della congiuntura economica e nel contenimento della spesa. Ma ormai siamo nel tritacarne, e Berlino alza la posta per spedirci dritti nella braccia della troika per incassare appetitose risorse con le quali pagare l’eventuale rischioso costo dello smantellamento dell’euro da negoziare con Trump. L’euro diventa strumento della lotta di classe? Vedremo. Se l’Italia chiedesse un piano di aiuti all’Esm - il Meccanismo di stabilità europeo diretto dal tedesco Klaus Regling - o al Fondo monetario internazionale perderebbe ogni residua iniziativa di governo al pari della Grecia, dove lo scorso 14 dicembre l’Esm ha sospeso le sue più recenti misure di alleggerimento del debito in reazione all’approvazione da parte del parlamento di Atene di un provvedimento una tantum a favore dei pensionati più poveri. E’ bastato il pollice verso del ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaüble perché gli aiuti ad Atene venissero sospesi. Ditemi, c’è un nome per tutto questo? Io credo di sì. All’interno della logica imposta dall’abbandono della sovranità monetaria regna la logica della guerra fra poveri. Nel caso delle banche, magari ci diranno che il contribuente ha salvato il risparmiatore, ponendo il problema in termini di antagonismo tra due soggetti che, tra l’altro, largamente coincidono. Un conflitto insensato, alimentato nel tempo e dal dogma della confusione tra l’attività bancaria tradizionale e quella di investimento (Banche di Affari, leggasi Glass-Steagall Act). Se ne parla in Europa, ma anche nel mondo anglosassone. A Londra, dove i ”Remain” riacquistano vigore approfittando anche della malattia della regina. A Washington, dove si scopre che del saldo netto di 10 milioni di posti di lavoro creati dal 2005 al 2015 la quasi totalità, cioè il 94%, è fatto contratti a progetto, partite Iva, on demand , interinali di vario genere, in appalto e cose simili. Nel 2017 cambieranno molte cose. E saranno proprio gli Usa a dover riflettere sui loro obiettivi: durante la guerra fredda erano quelli di impedire un’unione tra le nazioni dell’Heartland. Con il crollo del muro, l’obiettivo è passato all’improbabile conquista delle nazioni del Heartland. E a furia di concentrarsi ossessivamente su quello, gli Stati Uniti sono stati centrifugati a meri osservatori di unioni ed integrazioni eurasiatiche che rivoluzioneranno il pianeta nei prossimi 50 anni. Ed ecco che c’è chi scrive che la ricerca disperata per prolungare il momento unipolare di Washington ha finito per accelerare l’ascesa di una realtà multipolare. Analisi ineccepibile.Trump pretenderà ora una rinegoziazione degli accordi bilaterali, preferendoli ai trattati di libero scambio. Cina e Germania dovranno cominciare a guardarsi bene le spalle. A Washington, l’anno nuovo vedrà soprattutto l’acutizzarsi nei primi giorni dello scontro sulla politica estera più complesso degli ultimi settant’anni. Sulla questione di Israele, su cui si gioca il vero tentativo di boicottaggio della prossima Amministrazione a opera della vecchia. Ma anche sulla dittatura in Turchia, la guerra in Siria in Iraq e in Afghanistan, la Libia terra di nessuno, l’Egitto nel caos, una nuova corsa all’allargamento nucleare. Per non parlare della Disunione europea dilaniata dal terrorismo, dell’Iran e di tante altre zone calde. Un finale di presidenza Obama ad alta tensione, che prima di consegnare le chiavi del 1600 di Pennsylvania Avenue a Donald Trump, venderà cara la pelle, soprattutto con una serie di misure punitive nei confronti della Russia per le (presunte) ingerenze del Cremlino nelle elezioni presidenziali americane. Contro media troppo critici, il 23 dicembre scorso 2016 il presidente Barack Obama ha istituito il Centro di impegno globale (Global Engagement Center), finalizzato alla lotta contro la propaganda e la disinformazione nemiche . Questa nuova istituzione si aggiunge al Centro di comunicazione strategica della Nato e all’Unità di comunicazione strategica dell’Unione europea e disporrà di un budget di 140 milioni di dollari. Dal canto suo, il ministero degli Esteri russo ha annunciato che se gli Stati Uniti intraprenderanno nuovi passi ostili nei confronti della Russia ci sarà una risposta da parte di Mosca. Tutte premesse di un sereno 2017. Auguri a tutti!

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