Scintille a Strasburgo: poteri deboli o forti?

di Raffaella Vitulano

Le scintille di luglio nei cieli di Strasburgo tra il presidente della Commissione Juncker e il presidente dell’Europarlamento Tapani riportano sotto i riflettori dell’opinione pubblica temi centrali come i rapporti tra le istituzioni europee e la democrazia all’interno delle stesse. Chi controlla chi? Ieri Tajani lo ha detto con chiarezza: l’Europarlamento controlla la Commissione, a dispetto di chi vede nell’Esecutivo Ue un bolide in fuga mai trattenuto dai rappresentanti degli elettori. Le dimissioni della Commissione europea presieduta da Jacques Santer nel 1999 e il caso Eurostat nel 2003 hanno del resto evidenziato da anni la sottaciuta importanza dei compiti di controllo del Parlamento europeo. I due casi, che destarono notevole scalpore, dimostrano come i deputati possano intervenire criticamente sul lavoro delle altre istituzioni. Nel 2014 solo per un soffio il Parlamento europeo respinse la mozione di sfiducia contro Juncker per il caso Lux- Leaks: un’inchiesta condotta da una rete internazionale di giornalisti aveva rivelato una serie di concessioni fiscali segrete del governo del Lussemburgo a grandi aziende multinazionali tra il 2002 e il 2010. Accusata di corruzione, malversazioni, abuso di potere e frode sulla base del rapporto emesso dagli esperti indipendenti, la Commissione Santer presentò le sue dimissioni unanimemente il 15 marzo 1999. Un anno decisivo - con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam - in cui i deputati approvarono innanzitutto la nomina del Presidente della Commissione che, a sua volta, costituirà il collegio dei commissari. Durante la crisi Santer, l’Europarlamento agì da attore politico influente e chiese e ottenne dal presidente successivo, Prodi, un accordo in virtù del quale chiedere al presidente della Commissione di dimissionare anche solo un commissario nel corso del suo mandato. Oggi il Parlamento usa poi tutta la sua influenza anche per esprimere orientamento negativo sulla composizione della Commissione: accadde con Barroso, quando la proposta di nomina (non formalizzata) per Rocco Buttiglione fu oggetto di numerose polemiche e costrinse il governo italiano ad optare per Franco Frattini. Prima di nominarli, infatti, i deputati europei sottopongono ad estenuanti audizioni i candidati proposti dai governi nazionali. Ve l’immaginate una ritualità simile tra i parlamentari nazionali e i potenziali ministri? Il Parlamento ha inoltre la possibilità di censurare la Commissione in qualsiasi momento. Nel caso Santer per la prima volta il Parlamento europeo attaccò direttamente la Commissione. Le dimissioni collettive dei commissari chiariranno in seguito il ruolo del Parlamento come forza politica dell’Ue. E arrivando ai giorni nostri ecco perché, a ben vedere, la Commissione europea non è affatto immune dal controllo dell’Europarlamento, che può inoltre rifiutare l’approvazione del bilancio annuale e chiedere variazioni nei capitoli annuali di spesa decisi con il suo concorso nonché legiferare nelle materie indicate dal Trattato insieme al Consiglio dei ministri (“codecisione”). Pur non disponendo dei poteri di iniziativa dei parlamenti nazionali, il Parlamento europeo usa dunque a suo favore i poteri di approvazione e censura. Tutto bene nell’equilibrio dei poteri allora? No, a sentire Andrea Guazzarotti, professore associato di Diritto costituzionale all’Università di Ferrara: ”E’chiaro che la impraticabilità di sostituire la Commissione per motivi politici ma solo etico-giuridici da parte del Parlamento europeo rende quest’ultimo un organo assai più debole di un parlamento entro una forma di governo parlamentare. Nessuna forma di governo parlamentare sembra ammettere l’impossibilità di uno scioglimento anticipato della Camera elettiva, come invece è stabilito dai Trattati. Ma in una forma di governo parlamentare, il parlamento deve aver la forza di minacciare (in ogni momento) la sfiducia all’esecutivo per motivi squisitamente politici e non etico-giuridici”. Inoltre, in Europa le funzioni di Capo dello Stato ‘collettivo’ sono attribuite al Consiglio europeo. Se per caso Junker fosse, oggi, indotto a dimettersi dalla minaccia di sfiducia da parte del Parlamento europeo, quest’ultimo dovrebbe intraprendere una faticosissima trattativa politica con il Consiglio europeo dagli esiti incerti. Il rischio è quello che a rimetterci di più, quanto ad autorevolezza politica, sia proprio lo stesso Parlamento europeo.

Commenti

Post più popolari