tag:blogger.com,1999:blog-46171119153694277162024-03-25T15:06:04.122+01:00Il blog di Raffaella VitulanoQualche riflessione, molte notizie. Soprattutto opinioni, espresse a titolo personaleIl Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.comBlogger513125tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-41102426682435505522024-03-11T10:07:00.003+01:002024-03-11T10:08:00.766+01:00“Tempesta perfetta”: perché le ostetriche britanniche sono allo stremo delle forze <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="font-family: times;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ogni giorno nel mondo circa 810 donne muoiono di parto. Ogni 16 secondi nasce un bambino morto e ogni anno muoiono circa 2,4 milioni di neonati. Le ostetriche possono fare la differenza per questi risultati scioccanti. Ma ricerche recenti mostrano che i loro numeri sono gravemente carenti. Secondo il rapporto The State of the World’s Midwifery 2021 (SoWMy 2021), il mondo attualmente ha bisogno di 900.000 ostetriche in più. Ciò rappresenta un terzo della forza lavoro ostetrica globale richiesta. Compilato dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), dall’Orga nizzazione mondiale della sanità (Oms) e dalla Confederazione internazionale delle ostetriche (Icm), lo studio ha rilevato che il personale sanitario mondiale in ambito sessuale, riproduttivo, materno, neonatale e adolescenziale (all’interno del quale le ostetriche svolgono un ruolo importante) ruolo chiave), possono soddisfare solo circa il 75% del fabbisogno mondiale. Lo riporta</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> la rivista online Equal Times, che ha dedicato diverse inchieste alla carenza di ostetriche, peggiore nei paesi a basso reddito, dove è possibile coprire solo il 41%. Ma se i servizi sanitari potessero essere persuasi a riconoscere il ruolo delle ostetriche e a investire nei servizi: in questo modo entro il 2035 circa due terzi delle morti materne, neonatali e dei nati morti potrebbero essere evitati, salvando 4,3 milioni di vite ogni anno. E’ quanto riferisce HesaMag, rivista dell’Istituto sindacale europeo, che riporta la frase della dottoressa Sally Pairman, amministratore delegato dell’Icm, un’organizzazione di 139 associazioni di ostetriche professionali provenienti da circa 119 paesi, afferma che la disuguaglianza di genere domina molti dei problemi: “Circa il 90% delle ostetriche nel mondo sono donne. Hanno notevoli disparità di genere in termini di salari, percorsi di carriera e potere decisionale”. Ma perché molti governi e finanziatori non investono nelle ostetriche? “Ho avuto turni in cui tornavo a casa piangendo,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> mi sentivo così insicuro”, dice Heidi (nome di fantasia). È una giovane ostetrica da appena due anni e mezzo e ne ha già abbastanza. Per sua sfortuna, ha iniziato la sua carriera in un ospedale del nord-ovest dell’Inghil terra in piena fase Covid. L’e strema carenza di personale aggravata dalla pandemia è stata un’introduzione brutale alla professione. L’immagine dell’o stetrica calma e sorridente che accompagna i futuri genitori attraverso una delle esperienze più stimolanti della loro vita è forte nell’immaginario collettivo e attrae senza dubbio molti giovani (soprattutto donne). Eppure, nonostante il continuo reclutamento di nuove ostetriche, negli ultimi anni i servizi di maternità del Servizio sanitario nazionale (Nhs) – il sistema sanitario finanziato con fondi pubblici del Regno Unito – hanno difficoltà a trattenerle, con conseguenti gravi carenze di forza lavoro. I dati del Nhs England per il periodo da settembre 2021 a settembre 2022 mostrano che il numero annuo di ostetriche che lasciano la professione ha effettivamente</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> superato quelle che vi hanno aderito – questo non è stato nemmeno il caso di altri professionisti sanitari come medici e infermieri, nonostante il logoramento sia un problema in tutto il sistema sanitario. ““Cir ca 18 mesi fa, abbiamo iniziato a vedere ogni mese una diminuzione costante, anno dopo anno, del numero di ostetriche in servizio”, afferma Sean O’Sulli van, responsabile delle politiche sanitarie e sociali presso il Royal College of Midwives (Rcm), il principale sindacato </span><span style="font-size: 1em;">che rappresenta le ostetriche nel Regno Unito. “A dicembre 2022, ad esempio, c’erano 100 ostetriche in meno rispetto a dicembre dell’anno precedente. Il servizio sanitario nazionale ha recentemente investito fondi per creare più posti, ma non riesce a riempirli”. Il Covid-19 ha indubbiamente infiammato molteplici questioni di fondo. Kay King, direttrice del movimento della White Ribbon Alliance, alleanza globale senza scopo di lucro che difende i diritti alla salute delle donne, concorda sul fatto che i problemi nella professione sono di vasta portata e richiedono molto tempo. “La crisi dell’o stetricia non è dovuta alla pandemia: è il culmine di una tempesta perfetta. Le ostetriche sono andate oltre, come sempre. Ma la gente si sta esaurendo. La parola principale che emerge dai recenti rapporti è “coping”. </span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Non la chiamano più una vocazione”. L’ indagine annuale sul personale dell’Nhs England per il 2021-2022 ha rilevato che le ostetriche – insieme ai paramedici e agli operatori delle ambulanze – hanno riferito di aver sperimentato tassi particolarmente elevati di stress lavoro, pari al 62,8%. L’81,4% ha dichiarato di lavorare ore aggiuntive non retribuite. Circa il 48,1% ha affermato di aver pensato spesso di lasciare la propria organizzazione. Tra le ostetriche in particolare, solo il 14,1% ha dichiarato di essere soddisfatta o molto</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> soddisfatta della propria retribuzione nel 2022. “Non ho mai visto i servizi di maternità in uno stato così disastroso”, afferma Maddie McMahon, una volontaria del gruppo di campagna Association for Improvements in the Maternity Services (Aims). Mc-Mahon è una professionista che lavora a fianco delle ostetriche da 18 anni. “Ci sono donne alla 28a settimana di gravidanza che non hanno ancora visto un’oste trica”, continua McMahon. “Famiglie che entrano in travaglio e non c’è nessuno che venga al parto in casa. Famiglie che entrano in travaglio e viene loro detto di salire in macchina e fare un lungo tragitto fino a un altro ospedale perché quello vicino è chiuso. Le famiglie in travaglio e l’ostetrica in ospedale si prendono cura anche di due o più altre donne contemporaneamente. Nessun supporto per l’allat tamento al seno e nessun supporto postnatale, punto e basta”. Essere un’ostetrica nel servizio sanitario nazionale non è una passeggiata nel parco. “Faccio tre turni di 12,5 ore a settimana”, dice Heidi. “Non ho mai una pausa, a volte nemmeno la pausa pranzo, e non torno mai a casa in orario. Ed è così ovunque”. Il ritmo intenso può già iniziare nella fase di studio. Gli studenti di ostetricia devono fare “blocchi di inserimento” (non retribuiti) nei servizi di maternità come parte della loro laurea, e ci sono state segnalazioni di dover coprire posti assenti. Hanno anche problemi finanziari, dal momento che la borsa di studio per ostetricia è stata abolita nel 2017 e sono state introdotte tasse universitarie a £ 9.250 (circa € 10.785) all’an no. Soo Downe, professoressa di studi ostetrici presso l’Univer sità del Lancashire Centrale, suggerisce che il passaggio dai turni di 7-8 ore, con sovrapposizioni relativamente lunghe tra loro, a turni di 12 ore ha avuto molti effetti</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> negativi.</span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Leah Hazard è un’ostetrica praticante del servizio sanitario nazionale da 10 anni in Scozia e autrice di numerosi libri sull’ostetricia e la salute riproduttiva: “Un tempo era il gold standard e una pratica comune che le donne ricevessero assistenza individuale durante il travaglio attivo”, racconta, scegliendo con attenzione le parole. '...Oggi le ostetriche si prendono cura di numerose persone in travaglio, il che ha tutti i tipi di potenziali conseguenze per la sicurezza della persona che partorisce e il bambino. È molto difficile fornire l’assistenza</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> che sai di essere in grado di fornire quando semplicemente non hai le risorse umane per farlo”. Nel 2022, un rapporto parlamentare del Regno Unito sulla perdita di bambini e sul personale sicuro per la maternità ha concluso: “Le prove che abbiamo raccolto in questo rapporto dipingono un quadro desolante dei servizi di maternità e neonatali che sono a corto di personale, sovraccarichi e deludenti le donne, le famiglie e il personale di maternità, nello stesso modo. Per molti, la modalità crisi è ormai la norma.” </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ci sono elementi che emergono in tutte le interviste realizzate da “Equal Times, uno su tutti: la pratica è diventata più interventista, con tassi di parti cesarei e induzioni molto più elevati rispetto al passato. Ciò è stato accompagnato da quella che molti descrivono come una “medicalizzazione” della professione. Le ostetriche descrivono anche il trattamento di un numero crescente di gravidanze potenzialmente complicate, con sviluppi nella medicina che consentono a una gamma più ampia di donne di partorire, comprese donne anziane e</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> donne con condizioni mediche più rischiose. Esiste una dimensione di genere in questa mancanza di riconoscimento? Hazard la pensa così: “Storicamente, l’ostetricia è stato un servizio fornito generalmente dalle donne e per le donne. C’è la percezione che il lavoro sia tutto manovre e coccole dolci. Non è proprio così. C’è una reale mancanza di comprensione di ciò che facciamo. E questo problema di percezione pubblica è stato piuttosto problematico per noi in termini di lotta per la nostra giusta retribuzione e condizioni”.</span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240308&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240308_005.001.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5867B665" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-69563612815859511682024-03-11T10:04:00.006+01:002024-03-11T10:05:27.045+01:00Quelle 12 basi della Cia in Ucraina nel report del New York Times<div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><span style="font-family: times;"> </span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La Central Intelligence Agency (Cia) degli Stati Uniti mantiene 12 basi in località segrete nel territorio ucraino lungo il confine con la Russia, e la settimana scorsa il direttore dell’agenzia, William Burns, ha visitato l’Ucraina per la decima volta dall’inizio del conflitto in Europa orientale. Poteva essere uno scoop, quello del New York Times realizzato sulla base di 200 interviste con funzionari ed ex funzionari in Ucraina, Stati Uniti ed Europa (che difficilmente avrebbero potuto avere luogo senza l’appro vazione della Cia, di Zelensky e dell’intelligence ucraina). Ma ad una seconda lettura, l’articolo del Times non sembra tanto una denuncia quanto un esplosivo rilascio controllato di informazioni. La denuncia del New York Times non manca infatti di implicazioni inquietanti. L’Ucraina è, inutile dirlo, uno Stato sovrano incaricato di determinare le proprie disposizioni in materia di sicurezza. La questione di fondo non è se l’Ucraina abbia il diritto di entrare in questo tipo di relazione con la Cia, come ovviamente è, né se la rivoluzione Maidan abbia messo l’Ucraina su un certo percorso verso la cooperazione politica con le entità occidentali. Il problema, piuttosto, riguarda le percezioni di base della sicurezza. Un precedente rapporto meno dettagliato su questa collaborazione di intelligence, pubblicato sul Washington Post, citava la stima di un funzionario dell’intelligence ucraina secondo cui ogni giorno venivano raccolti da “250 mila a 300 mila” messaggi militari/intelligence russi. Mosca ha ripetutamente avvertito - per molti anni prima del 2014 - che era e rimane pronta a intraprendere azioni drastiche per impedire che l’U craina venga utilizzata dall’Occi dente come base operativa avanzata contro la Russia. Eppure questo, come raccontato dal New York Times, è esattamente ciò che è accaduto negli ultimi 10 anni. Questa percezione è una parte inseparabile del contesto militare e politico che ha determinato</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> lo scoppio di questa guerra. Il testo dell’intervista scorre veloce e avvincente. I contatti per le interviste, del resto, non devono essere stati un problema per i due autori del reportage: Adam Entous è un corrispondente investigativo con sede a Washington e due volte vincitore del Premio Pulitzer. Prima di entrare a far parte dell’ufficio di Washington del Times, si è occupato di intelligence, sicurezza nazionale e politica estera per la rivista The New Yorker, il Washington Post e il Wall Street Journal. Michael Schwirtz è un giornalista investigativo della redazione internazionale. Con il Times dal 2006, in precedenza ha coperto i paesi dell’ex Unione Sovietica da Mosca ed è stato reporter principale di una squadra che ha vinto il Premio Pulitzer 2020 per gli articoli sulle operazioni di intelligence russe. La decisione di denunciare un decennio di operazioni della Cia in Ucraina sarebbe tuttavia collegata alle tensoni in atto all’interno dell’élite dirigente statunitense sulla strategia da adottare, sulla scia della débâcle subita dal regime di Zelenskyj nella fallita offensiva dello scorso anno. I repubblicani al Congresso hanno infati bloccato ulteriori aiuti militari e</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> finanziari all’Ucraina, dichiarando di fatto che gli Stati Uniti devono ridurre le perdite e concentrarsi sul principale nemico, la Cina. Riferendo del controllo ucraino da parte dell’apparato militare- intelligence statunitense, i dem fanno ora pressione sui repubblicani affinché sostengano ifinanziamenti alla guerra, sostenendo che gli stanziamenti non andrebbero a un governo straniero a migliaia di chilometri dai confini degli Stati Uniti, ma a un subappaltatore - per così dire americano. Così facendo, tuttavia, il Times lascia il dubbio che la propria copertura della guerra in Ucraina negli ultimi due anni potrebbe essere stata solo una narrativa per costringere il pubblico americano a sostenere lo smantellamento della Russia. Ma veniamo ai fatti. Secondo il quotidiano, le operazioni della Cia </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">in Ucraina risalgono “a due telefonate avvenute la notte del 24 febbraio 2014, otto anni prima dell’invasione su vasta scala della Russia. Milioni di ucraini avevano appena invaso il governo filo- Cremlino del paese e il presidente, Viktor Yanukovich, e i suoi capi di spionaggio erano fuggiti in Russia. Nel tumulto, un fragile governo filo-occidentale prese</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> rapidamente il potere”. Il nuovo capo dell’intelligence governativa, Valentyn Nalyvaichenko, “andò in un ufficio e chiamò il capo della stazione della Cia e il capo locale dell’MI6. Era quasi mezzanotte ma li convocò nell’e dificio, chiese aiuto per ricostruire l’agenzia da zero e propose una partnership a tre” . Secondo il “New York Times”, intorno al 2016 la Cia ha poi iniziato ad addestrare un’unità speciale delle forze ucraine nota come “Unità 2245”, incaricata di operare oltre confine e impossessarsi di droni e sistemi di comunicazione militare russi da consegnare ai tecnici della Cia per attività di decrittazione. La Cia avrebbe anche contribuito ad addestrare “una nuova generazione di spie ucraine che lavoravano in Russia, in tutta Europa, a Cuba e in altri luoghi in cui la Russia mantiene una presenza significativa”.</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Man mano che la partnership si approfondiva dopo il 2016, “gli ucraini erano diventati impazienti di fronte a quella che consideravano un’indebita cautela da parte di Washington, e hanno iniziato a organizzare omicidi e altre operazioni letali, che violavano i termini che la Casa Bianca pensava che gli ucraini avessero accettato.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Infuriati, i funzionari di Washington minacciarono di tagliare il sostegno, ma non lo fecero mai”. Le spie americane fornivano anche addestramento specializzato ai membri del Quinto Direttorio, un’unità paramilitare creata da Kiev per le operazioni contro la Russia. I membri di questa squadra di sicari sono stati coinvolti in alcuni omicidi di alto profilo nel Donbass, incluso quello del comandante Arsen Pavlov, alias ’Motorola’, fatto saltare in aria in un ascensore nel 2016, scrive il Nyt. L’esistenza dell’uni tà di assassinio è stata rivelata anche da Nalivaichenko in un’inter vista pubblicata sul The Economist nel settembre 2023. A partire dal novembre 2021, la Cia e l’MI6 hanno inviato messaggi alle loro controparti ucraine secondo cui la Russia si stava preparando per un’invasione su vasta scala per decapitare il governo e installare a Kiev un burattino che avrebbe eseguito gli ordini del Cremlino. Ora queste reti di intelligence sono più importanti che mai, spiega il Times, perché la Russia è all’offensiva e l’Ucrai na è sempre più dipendente dal sabotaggio e dagli attacchi missilistici a lungo raggio che richiedono spie ben oltre le linee nemiche. Se i repubblicani al Congresso dovessero interrompere i finanziamenti militari a Kiev, la Cia potrebbe ridimensionare anche la sua collaborazione e darebbe ragione ad altri ufficiali ucraini che temono un ripetersi della disfatta in Afghanistan anche nel loro paese. Il rapporto del New York Times suggerisce in parte una demolizione della narrativa della “guerra non provocata” in Ucraina e il lungo articolo - scrive qualche analista - potrebbe anche al contrario puntare ad un divorzio tra intelligence dati gli scarsi risultati sul terreno ucraino nel conflitto armato. “Gli ucraini volevano il pesce e noi, per ragioni politiche, non potevamo consegnarlo”, ha detto un ex funzionario americano, riferendosi all’intelligence che avrebbe potuto aiutarli a combattere i russi. “Ma eravamo felici di insegnare loro come pescare e consegnare l’attrezzatura per la pesca a mosca”.</span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Gli strateghi americani sono tuttavia preoccupati per il futuro delle relazioni tra Usa e Ue in uno scenario post conflitto ucraino. In un recente rapporto, uno dei più importanti think tank statunitensi, la Rand Corporation, sostiene che l’attuazione da parte di Washington di una politica di linea dura in Europa potrebbe portare a una guerra diretta con Mosca. Secondo gli analisti del think tank, se gli Stati Uniti dovessero inasprire le loro politiche in Europa dopo il conflitto, una situazione di guerra con la Russia diventerebbe davvero molto probabile.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Gli esperti non credono che Washington sia in grado di dissuadere Mosca attraverso la militarizzazione dell’Europa, e le sue recenti mosse nella regione diventano forme di provocazione contro la Russia. Gli analisti avvertono infine del pericolo che le politiche americane danneggino l’unità del blocco occidentale: Sebbene la Nato sia ancora più forte della Russia, Washington potrebbe essere vista come provocatrice dai suoi stessi partner europei e ciò genererebbe malcontento e crisi nelle relazioni Usa-Ue. </span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240306&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240306_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5865B374" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /></div></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-35500485268505829552024-03-11T10:02:00.003+01:002024-03-11T10:02:45.920+01:00Lavoratori “bleisure travel”, ovvero lavorare in viaggio alloggiando in b&b<div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> </span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il lavoro a distanza ha portato ai cosiddetti viaggi “bleisure”, in cui i dipendenti uniscono lavoro e tempo libero nello stesso viaggio. Il lavoro remoto e ibrido ha interessato molti settori, dagli immobili commerciali ai ristoranti del centro. E ha avuto un impatto sul numero di lavoratori, liberi dalle restrizioni sulla presenza in ufficio, che pianificano i propri viaggi. Alcuni lo chiamano “viaggio bleisure”, “trasporto del laptop”, “workations” o semplicemente “viaggio misto”. L’es senza è la stessa: i dipendenti remoti e ibridi estendono i viaggi di lavoro per includere attività ricreative o lavorare durante i loro viaggi di piacere. Comunque lo si chiami, potrebbe ribaltare il tradizionale divario tra viaggi di piacere e viaggi d’affari. Il settore degli alloggi turistici sta già vedendo l’im patto di questa tendenza. Poiché le esigenze dei viaggiatori bleisure differiscono da quelle dei vacanzieri tradizionali o dei viaggiatori di lavoro, le opzioni di alloggio esistenti, in particolare gli hotel, possono non essere all’altezza. Ciò ha creato un’opportunità e sembra stia alimentando un boom tra gli affitti per vacanze a breve termine come Airbnb. Secondo un rapporto del 2023 di AirDna e Str/CoStar, servizi di analisi del settore dell’ospitalità, la crescita trimestrale della domanda per gli affitti a breve termine ha superato quella degli hotel a partire dal primo trimestre del 2022, quando i viaggi hanno iniziato a riprendersi completamente dalla pandemia. Questo cambiamento riflette il cambiamento delle preferenze dei viaggiatori e la capacità degli host di affitti a breve termine di reagire rapidamente a questi cambiamenti. “Abbiamo visto sempre più persone cercare di convertire le loro case in affitti a breve termine”, afferma Jamie Lane, capo economista di AirDna. “Quindi l’offerta potrebbe essere aggiunta in un istante. Ci</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> vogliono 10 minuti per creare una scheda, mentre per costruire un hotel possono volerci anni”. In effetti, secondo il rapporto, la crescita anno su anno dell’offerta di affitti a breve termine ha superato il 15% in ogni trimestre dal primo trimestre del 2022 al secondo trimestre del 2023, rispetto a una crescita inferiore al 5% per gli hotel. In pratica sono disponibili più affitti a breve termine e sempre più viaggiatori li scelgono. Ma come incide il viaggio “bleisure” sui lavoratori? Le vacanze erano qualcosa che i dipendenti sognavano tra lunghi periodi di lavoro. Questo non è più il paradigma per molti impiegati con orari più flessibili. Lungi dall’essere una tendenza esclusivamente legata alla pandemia, la popolarità dei viaggi bleisure è in aumento. Ad esempio, secondo un sondaggio dell’autunno 2023 condotto dalla società di consulenza Deloitte, più di un terzo dei lavoratori prevede di svolgere un po’ di lavoro durante i viaggi durante le festività natalizie quest’anno (rispetto al 26% durante le festività natalizie del 2022). È importante sottolineare che i dipendenti</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> remoti che avevano pianificato di lavorare durante le ferie prevedono di prolungare i loro viaggi di nove giorni grazie alla maggiore flessibilità degli orari. Cioè, i viaggiatori bleisurestanno facendo viaggi molto più lunghi di quanto farebbero se dovesserotornare di corsa in ufficio. Allo stesso tempo, lavorano in ferie, cosa che prima non avrebbero mai fatto se non chiedendo straordinari o permessi speciali, e dunque la produttività aumenta. Ciò ha profonde implicazioni anche per il settore alberghiero. La metà delle notti prenotate dura ormai più di una settimana. E quando le persone desiderano soggiornare più a lungo, c'è una maggiore propensione a prenotare un affitto a breve termine.Molti affitti a breve termine offrono sconti per soggiorni prolungati, </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">il che è interessante per i viaggiatori bleisure. E forniscono condizioni simili a quelle di una casa, che rendono più confortevoli i soggiorni più lunghi. I lavoratori chiedono servizi di cucina, uno spazio di lavoro e uno per dormire. La combinazione di lavoro e divertimento ha così cambiato i servizi che i viaggiatori</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> cercano e il luogo in cui viaggiano. Mentre i viaggi d’affari e gli hotel d’affari sono tradizionalmente centrati in centri urbani densi, i viaggiatori bleisure sembrano guardare altrove, nelle grandi città e lungo le autostrade, in montagna e sulle spiagge. Secondo il rapporto AirDna e Str/CoStar, infatti, le piccole città e le destinazioni rurali hanno registrato il maggiore aumento dell’offerta nella prima parte del 2023, seguite dalle aree suburbane. Ciò ha portato a un altro cambiamento nelle preferenze di alloggio. Non stiamo assistendo a una ripresa delle stanze condivise o dei monolocali, che sono ancora al di sotto della domanda del 2019. Stiamo assistendo alla crescita della domanda di case più grandi. Sarà improbabile che queste dinamiche cambino nel prossimo futuro poiché i venti contrari economici ostacolano lo sviluppo di nuovi hotel, lasciando spazio al numero di proprietari di case che pubblicano le loro proprietà su Airbnb per soddisfare la domanda e colmare le lacune dell’offerta. La tendenza dei viaggi bleisure, e le sue implicazioni che scuotono il settore,</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> potrebbero essere appena iniziate. Secondo il servizio di annunci di lavoro Ladders, nel primo trimestre del 2022, quasi il 25% delle offerte di lavoro ne<span style="font-family: times;">lle 50 mila maggiori aziende negli Stati Uniti e in Canada riguardavano posizioni permanentemente remote. Si tratta di un aumento rispetto al mero 4% prima della pandemia. “Ci ha permesso di prolungare i viaggi, partire presto e lavorare in orari diversi”, afferma Kirsten Reckman, responsabile del rischio di credito con sede a Tampa, in Florida, che lavora da remoto. L’esperienza di Reckman riflette una tendenza più ampia. Secondo un rapporto di Deloitte, una rete internazionale di servizi professionali, quest’estate un viaggiatore su cinque prevede di lavorare in viaggio. Di questi cosiddetti “trasportatori di laptop”, 4 su 5 pianificano di estendere la durata dei loro viaggi a causa della flessibilità degli orari. Sta tutta qui l’ascesa dei viaggi 'bleisure'. Il lavoro a distanza ha offuscato il confine tra viaggi di lavoro e viaggi personali. Invece di uscire di casa raramente per le vacanze, i lavoratori a distanza possono viaggiare in qualsiasi momento. Ciò ha il potenziale per ribaltare le tendenze di viaggio di lunga data. “Molti viaggiatori che ne hanno l’opportunità scelgono di combinare il lavoro a distanza con i viaggi per cambiare ambiente e massimizzare la produttività”, con ferie retribuite, spiega Mark Crossey, esperto di viaggiatori presso Skyscanner, un motore di ricerca e agenzia di viaggi. “I Workations permettono alle persone con una vita domestica e lavorativa flessibile di diventare ‘mezzi turisti’ per un periodo di tempo”. Per l’industria dei viaggi, questi nomadi digitali offrono enormi opportunità. I viaggiatori “bleisure” non rientrano nel tipico stampo turistico. Prima della pandemia, volare nei fine settimana era costoso ed era più economico durante la settimana. Tutto ciò potrebbe cambiare con il lavoro a distanza. </span></span><span style="font-family: times; font-size: 1em;"><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Secondo i dati di Hopper, app di prenotazione viaggi, nel 2022 il costo dei voli nazionali la domenica e il lunedì è aumentato rispettivamente del 5,90% e del 2,97% rispetto al 2019, mentre il costo dei voli il venerdì e il sabato è diminuito del 3,04%. e 1,60%. Ora in media è più economico volare di sabato che di lunedì. Inoltre, i lavoratori bleisure possono effettuare viaggi più lunghi durante le festività più impegnative, appiattendo il picco delle date di punta dei viaggi. “Dal 2020, abbiamo osservato un piccolo ma evidente spostamento verso le partenze del giovedì per gli itinerari del fine settimana del Memorial Day”, afferma Craig Ewer, portavoce di Google Voli, “il che suggerisce che la flessibilità della posizione sta effettivamente avendo un impatto sui comportamenti dei viaggiatori”. Un costo</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> della vita inferiore e incentivi fiscali significano più libertà per alcuni lavoratori a distanza. E alcune aziende vedono una potenziale manna dal cielo. Airbnb , la piattaforma di case vacanze, riferisce che il numero di soggiorni a lungo termine (oltre 28 giorni) è raddoppiato nel primo trimestre del 2022 rispetto al 2019. L’azienda ha anche introdotto una funzionalità di ricerca “Sono flessibile'” per i viaggiatori per i quali non è necessario tornare in ufficio in una data specifica. Non più vincolati dai giorni di ferie e dal dover rientrare da un viaggio entro il lunedì, i lavoratori a distanza hanno cambiato il panorama dei viaggi, forse per sempre. Mentre i dirigenti continuano a discutere sui piani di rientro in ufficio, i lavoratori remoti inviano volentieri e-mail da lontano. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Sonali Kolhatkar, pluripremiata giornalista multimediale, spiega che dopo l’allentamento dei lockdown dovuti al Covid- 19, gli americani si sono presi una sbornia di vacanze. In particolare, la società di case vacanze Airbnb ha registrato i profitti più alti mai registrati. Ma sempre più spesso le città vedono affitti in aumento, prezzi delle case inaccessibili e un aumento dei senzatetto. Questo spinge la giornalista a ricordare che il diritto alla casa non è il diritto alla casa vacanza. Airbnb offriva la promessa di un reddito supplementare per coloro che avevano una stanza in più o un garage ristrutturato. Ora, tuttavia, il mercato</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> è sempre più dominato da un piccolo numero di “host” aziendali e gestori immobiliari professionisti. Il bleisure tuttavia seduce gli americani, per i quali le vacanze sono infatti un privilegio. Più di un terzo degli americani, secondo un sondaggio del 2023, difficilmente farà una vacanza estiva. E di questi, più della metà afferma semplicemente di non poterselo permettere. Anche se la regolamentazione di Airbnb non attenuerà tutte le ingiustizie economiche che gli americani devono affrontare - come i salari bassi e la mancanza di assistenza sanitaria finanziata dal governo - certamente sposterà l’ago nella giusta direzione.</span></span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240301&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240301_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=585DB359" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-68898448921823857122024-03-11T09:57:00.007+01:002024-03-11T10:03:06.688+01:00Come preservare la democrazia mentre posti di lavoro vengono delocalizzati <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="font-family: times;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><span style="font-family: times;">I cittadini “conoscono bene il valore della nostra democrazia e ciò che ci ha dato negli ultimi ottant’anni. Vogliono preservarla. Vogliono essere inclusi e valorizzati al suo interno. Spetta ai leader e ai politici ascoltare, capire e agire insieme per progettare il nostro futuro comune”.</span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’Europa deve cambiare: servono debito, politica fiscale e difesa comuni. E chi l’avrebbe detto che il nostro rigoroso ex premier nonché ex governatore della Bce un giorno avrebbe proferito queste parole? Sì, lo avevamo sentito parlare anche di debito buono, ma il camaleontico Mario Draghi riserva sempre sorprese. E così intervenendo a Washington alla quarantesima Nabe Economic Policy Conference, ha ammesso che nel recente passato sono stati commessi molti errori, prima su tutte una globalizzazione senza controllo, che “ha indebolito i valori liberali e ha cambiato i paradigmi della politica economica e monetaria”. In verità sono decenni che alcuni studiosi mettono in guardia da questi rischi, ma sono stati solo denigrati da chi predicava il rigore e dimenticava che un tempo l’Europa sociale (ebbene sì, era tra gli obiettivi dell’Unione) richiedesse ben altre misure. Anche nel richiamo a debito e fisco europei, Draghi sembra in ritardo. Oggi la sua visione è realistica e lucida. Ma le malelingue dicono e scrivono che sia solo strategia per guadagnarsi la poltrona di presidente del Consiglio europeo, la cui corsa per trovare un candidato si accende in anticipo, dopo le dimissioni annunciate da Charles Michel. Anche per evitare che Orbàn ne occupi la poltrona. La notizia è stata lanciata dal Financial Times oltre un mese fa, ma se ne parla poco. Macron è tra i fan di Mario Draghi al Consiglio europeo. Piace a molti, in teoria anche a Meloni, ma i socialisti rivendicano quella poltrona. Draghi a Bruxelles ha un nome con un peso proprio, tanto che la Commissione europea gli ha affidato la stesura di un rapporto sulla competitività industriale che sarà presentato dopo le elezioni europee. Un indubbio peso specifico. Ma Draghi, rispetto ad altri concorrenti, non fa parte di nessuno dei grandi partiti</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> politici europei e questo è un fattore non trascurabile nella sua possibile nomina. Eppure già anni fa Soros gli aveva scritto una lettera indicandolo come “leader europeo ’in grado di far avanzare’ le posizioni europee, e che ha “l’iniziativa, l’im maginazione, l’alta reputazione” necessarie per il braccio di ferro con Mosca e per per far avanzare un progetto federalista in Europa”. Oggi Draghi negli Usa sostiene che “dobbia mo fare attenzione e preservare la democrazia”. Ma preservarla da chi? L’ex premier non poteva semplicemente ammettere che le politiche neoliberali hanno portato il mondo sull’or lo di un baratro. Troppo evidente, ormai. Nel suo discorso, ha detto che “contrariamente alle aspettative iniziali, la globalizzazione non solo non ha diffuso i valori liberali, perché la democrazia e la libertà non viaggiano necessariamente con i beni e i servizi, ma li ha anche indeboliti nei Paesi che ne erano i più forti sostenitori, alimentando invece l’ascesa di forze orientate verso l’interno. La percezione dell’opinione pubblica occidentale è diventata quella che i cittadini comuni stessero giocando in un gioco imperfetto, che aveva causato la perdita di milioni di posti di lavoro, mentre i governi</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> e le imprese rimanevano indifferenti”. Ma non è stata una percezione. Sono fatti. “La politica monetaria è stata ancora in grado di generare occupazione attraverso misure non convenzionali e ha prodotto risultati migliori di quanto molti si aspettassero. Ma queste misure non sono state sufficienti per eliminare completamente il rallentamento delmercato del lavoro. Le conseguenze sociali si sono manifestate in unaperdita secolare di potere contrattuale nelle economie avanzate, poiché i posti di lavoro sono stati spostati dalla delocalizzazione o le richieste salariali sono state contenute dalla minaccia della delocalizzazione. (...) Ne sono seguite le conseguenze politiche. Di fronte a mercati del lavoro fiacchi, investimenti pubblici in calo, diminuzione della quota di manodoperae delocalizzazione dei posti di lavoro, ampi segmenti dell’opinione </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">pubblica dei Paesi occidentali si sono giustamente sentiti lasciati indietro dalla globalizzazione”. Peccato che però l’ex premier - anche all’E cofin - batta sempre il tasto delle bisogni delle transizioni verde e digitale, stimati in almeno 500 miliardi di euro l’anno, a cui vanno aggiunti la Difesa e gli investimenti produttivi, che non sempre si traducono in attenzione</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> ai bisogni sociali. Guerre e pandemie,inoltre, non hanno aiutato in passato e non aiuteranno in futuro. E se la direzione è quella, se la loro inevitabilità viene data per assunta da leader politici e tecnici, ancora non ci siamo. Bisogna prevenirli, i disastri. Non solo limitarsi a cercare farraginose soluzioni quando i buoi sono scappati dalla stalla. Ora Draghi dice che “i governi dovranno affrontare le disuguaglianze di ricchezza e di reddito” e che “la politica fiscale dovrà probabilmente svolgere anche un ruolo di stabilizzazione maggiore, un ruolo che in precedenza avevamo assegnato principalmente alla politica monetaria”. Ma è questo il ruolo dei politici. Forse ad un tecnico era sfuggito in anni precedenti. Staremo a vedere. Draghi propone “un mix di politiche appropriato: un costo del capitale sufficientemente basso per stimolare la spesa per gli investimenti, una regolamentazione finanziaria che sostenga la riallocazione del capitale e l’innovazione, e una politica della concorrenza che faciliti gli aiuti di Stato quando sono giustificati”. E poi torna su un vecchio cavallo di battaglia mai cavalcato: l’emissione di debito comune per finanziare gli investimenti, che “amplie rebbe lo spazio fiscale collettivo</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> a nostra disposizione, alleggerendo alcune pressioni sui bilanci nazionali”. Le banche centrali, tuttavia, dovrebbero assicurarsi che l’obiettivo principale delle loro decisioni siano “le aspettative di inflazione”.</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’Europa dei suoi fondatori, quella di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, nel Manifesto di Ventotene, indicarono le “con dizioni” di edificazione dell’Europa post bellica: un continente in cui “le forze economiche non debbono dominare gli uomini ma essere da loro sottomesse, guidate, controllate affinché le grandi masse non ne siano vittime (...) verso gli obiettivi di maggior vantaggio per tutta la collettività”. Per il manifesto di Ventotene la collettivizzazione socialista però non basta. Serve un’Europa in cui “la proprietà privata deve essere abolita, limitata, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. Un’Europa socialista che l’euro e la moneta incentrata sul libero mercato hanno però molto allontanato dai nobili propositi dei suoi fondatori. Fa una certa impressione ascoltare Draghi promuovere politiche sociali. Forse l’Unione europea dovrebbe riscoprire la famosa Pesc di tempi addietro, la Politica estera e di sicurezza comune. Non limitarsi dunque ad una difesa autonoma ma dotarsi anche di una propria politica estera, ma ciò sarà possibile (come afferma anche Lucio Caracciolo) quando Germania e Italia daranno vita a nuovi accordi che modifichino quelli siglati nel secondo dopoguerra nell’ambito degli aiuti del Piano Marshall, che ci imponevano di assecondare gli Usa in politica estera. Draghi rispolvera i suoi studi giovanili con il professore Federico Caffè. Ma come conciliare questa posizione con la distruzione creativa espressa in più documenti che portano la sua firma? “La percezione di un gioco truccato - continua Draghi - in cui posti di lavoro vengono delocalizzati mentre governi e aziende rimangono indifferenti, ha alimentato la richiesta di una distribuzione più equa dei benefici della globalizzazione”. L’anali si doveva forse essere preventiva, avrebbe dovuto frenare la deflazione salariale: perché non è stato fatto prima di precipitare in questo pantano di conflitti e pandemie? </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Mario Draghi non è tuttavia nuovo ad inedite aperture. Ricordiamo quando il 23 settembre 2019, nella sua ultima audizione alla Commissione Politica economica del Parlamento europeo come uscente presidente della Bce, dichiarò che l’allora sistema di politica monetaria probabilmente non fosse il modo migliore per distribuire liquidità all’economia reale e ridurre le diseguaglianze. Dando per la prima volta attenzione pubblica alla scuola di pensiero della Modern Money Theory, sostenne che “effettivamente alcune delle nuove idee legate alla politica monetaria, come la Mmt (...) propongono</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">dei metodi diversi per trasmettere il denaro verso l’economia. Idee nuove dovranno essere prese in considerazione, anche se non sono state messe alla prova (...) Il compito di distribuire denaro verso un soggetto o un altro è compito del governo, spetta al bilancio, non alla banca centrale; non dobbiamo far sì che sia la banca centrale a decidere chi debba ricevere denaro”. Farsi sponsor della teoria di Warren Mosler, che predica l’esatto contrario in fatto di deficit, moneta e debito pubblico, rispetto a quanto Draghi stesso sostiene e porta avanti da sempre con i suoi incarichi istituzionali, lasciò perplessi. </span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Lucio Caracciolo ne è intanto convinto: l’Occidente sta perdendo la guerra in Ucraina. In un’intervista al Fatto Quotidiano, il direttore di Limes spiega che gli italiani “non sono coscienti di essere finiti in guerra “grande” tra la penetrazione russa nel Mediterraneo e la fibrillazione nel Mar Rosso. La “guerra grande” è la competizione tra Usa, Russia e Cina, mentre l’Europa si sta trasformando in una “cortina d’acciaio” che dividerà la Russia dal Vecchio Continente. Caracciolo pronostica anche un disimpegno graduale degli Stati Uniti dalle faccende europee. In questo quadro all’Italia converrebbe</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> uscire dalla Nato per allearsi bilateralmente con gli Usa, a condizioni meno onerose di quelle che l’Italia sconfitta dovette accettare tre quarti di secolo fa: “Siamo ancora legati a loro da accordi segreti per la sicurezza che risalgono alla Seconda guerra mondiale. Dovremmo stipularne di nuovi, un trattato bilaterale Italia- Usa scambiando la loro necessità di ritirarsi da alcune zone per assumere un ruolo con il loro sostegno”. Un compito che dovrebbe essere europeo, ma “sarebbe meglio rendersi conto che questa Europa persegue interessi diversi che non si riescono a comporre, soprattutto a 27”.</span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://conquistedellavoro-ita.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240228&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240228_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=585BA0EF" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-57112673332445123432024-03-11T09:54:00.005+01:002024-03-11T09:55:19.976+01:00L’Occidente alza i toni contro la Russia La Nato si schiera al nord Europa <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’Occidente alza i toni contro la Russia dopo la morte del dissidente russo Navalny. Le forze americane stanno entrando nell’estremo nord Europa a un ritmo incessante. La Finlandia segue la Norvegia e la Svezia nell’aprire le loro basi militari agli Stati Uniti.“Perché la situazione adesso è seria”, afferma il responsabile della ricerca presso l’Agenzia svedese per la ricerca sulla difesa, Niklas Granholm, in un’intervista a High North News. Negli ultimi due anni è diventato chiaro: ciò che ieri sembrava una follia, oggi viene seriamente preso in considerazione per metterlo in atto domani, scrive Neues Deutschland in occasione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. La pubblicazione definisce la situazione attuale come “la follia delle armi su larga scala”. I politici parlano sempre meno di diplomazia, di limitazione o risoluzione dei conflitti. E la Nato ci mette il carico: tra tre o cinque anni Putin potrebbe tentare di mettere alla prova la sua credibilità attaccando uno dei paesi ai confini della Russia. Avevamo già scritto di un documento segreto del ministero della Difesa tedesco che delinea nel dettaglio un possibile “percorso verso il conflitto” tra la Russia e la Nato, rivelato sul sito del popolare quotidiano tedesco “Bild”. Mese per mese e con una precisa localizzazione, vengono descritte le azioni russe e occidentali che culmineranno nel dispiegamento di centinaia di migliaia di soldati della Nato e nell’imminente scoppio della guerra nell’estate del 2025. Difficile non vedere l’escalation di una guerra mondiale alle porte. L’Europa, al solito, ne è il baricentro. Il New York Times ricorda che quando a un alto funzionario americano è stato chiesto a Monaco come gli Stati Uniti avrebbero mantenuto la promessa di Biden di “conseguenze devastanti” per la Russia nel 2021 se Navalny fosse morto in prigione - dichiarazione fatta alla presenza di Putin in un incontro a Ginevra - il funzionario ha fatto spallucce. Tra i fatti di questi giorni, ricordiamo anche la recente intervista dell’ex anchorman californiano della Fox News, Tucker Carlson, al presidente russo Putin, vista da oltre un miliardo di persone, proprio qualche giorno prima della morte di Navalnij. Indipendentemente dalle cause oggettive che saranno da accertare,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> la morte del dissidente - come annunciato da Biden tre anni fa - cambia le carte in tavola e velocizza comunque il processo verso la guerra, nonostante con Carlson Putin avesse invece parlato di equilibrio. Per <a style="color: blue; cursor: pointer; margin: 0px; overflow-wrap: break-word; padding: 0px;">Geopolitica.info</a> l’intervi sta rilasciata da Vladimir Putin a Tucker Carlson “indica alcuni elementi di estremo interesse geopolitico che vanno messi nella giusta luce, al di fuori della logica propagandista dell’una e dell’al tra parte”. Nelle due ore di dialogo (in cui per la verità le domande del giornalista americano non sempre sono state incalzanti e la cui narrazione a tratti lo ha colto impreparato), il presidente russo è tornato sulla distruzione del Nord Stream e sulla parziale distruzione del Nord Stream2, utilizzando toni ancora più diretti di quelli riservati nell’intervi sta ad Oliver Stone anni fa ed accusando apertamente la Cia di aver pianificato l’azione di sabotaggio, riproponendo all’attenzione del pubblico un tema cruciale: “cui prodest?”. “Seriosnaja organisatsija”, la Cia è un’organizzazio ne seria, dice Putin mentre si fa beffa del tentativo del giornalista - attonito di diventare un agente segreto anni prima. Sarebbe dunque la Cia l’ostacolo alla pace, sembra suggerire Putin. Smentendo poi l’argomentazione relativa a una presunta volontà di estendere il proprio raggio d’azione a Occidente, Putin ha semplicemente risposto a Carlson che la minaccia russa viene enormemente “gonfiata dai media occidentali”, perché “non abbiamo interesse ad allargarci territorialmente, fatto che porterebbe a una guerra globale”. Anche Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Difesa, interviene sulle critiche mosse a Carlson, la cui colpa sarebbe politica, non giornalistica: avermostrato il punto di vista di Mosca offrendo a Putin </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">un’audience di centinaia di milioni di persone. “L’intervista? Un crimine per un Occidente talmente sicuro e forte dei suoi principi da adottare un oscurantismo maccartista senza precedenti per definire fake news, disinformazione o narrazione putiniana le opinioni diverse o le verità degli altri e applicare la censura alle fonti non allineate”. La successiva morte di Navalnij, in concomitanza con la Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, rialza le tensioni. Il Nyt riferisce che a Monaco il clima era “ansioso e disorientato, mentre i leader affrontavano scontri che non avevano previsto. Gli avvertimenti sulle possibili prossime mosse di Putin si mescolavano alle crescenti preoccupazioni dell’Europa di poter essere presto abbandonata dagli Stati Uniti, l’unica potenza che è stata al centro della sua strategia di difesa per 75 anni”. All’Hotel Bayerischer Hof, il palco della conferenza dove Putin avvertì nel 2007 che l’espansione della Nato a est era una minaccia per la Russia, la vedova di Navalny ha fatto un’apparizione poche ore dopo la morte del marito, ricordando ai partecipanti che Putin dovrebbe “assumersene la responsabilità”. Ma un’altra moglie, quella di Julian Assange, definisce “non sincera” e “vuota” la reazione dell’Occidente alla morte di Navalny. “Se fossi sincero, libereresti Assange”, ha dichiarato in risposta a un tweet del primo ministro britannico Rishi Sunak, e alla presidente della Commissione europea, Ursula</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> von der Leyen, che ha accusato il “regime di Putin” della morte dell’ex attivista: “Le sue parole suonano vuote quando rimane in silenzio sulla persecuzione politica del giornalista che rischia 175 anni per aver pubblicato prove dei crimini di guerra statunitensi”, ha dichiarato Stella. “Gli Stati Uniti stanno portando avanti una persecuzione politica nei confronti di un giornalista che ha esposto i loro crimini in Afghanistan. Gli Stati Uniti stanno usando il loro sistema legale per perseguire e intimidire tutti noi. Perché stiamo parlando di tutti noi, della nostra libertà di parlare senza essere accusati e incarcerati”. Sul presunto complotto per assassinarlo i giudici spagnoli vorrebbero sentire proprio Mike Pompeo, l’ex direttore della Cia. Lo stesso che ha detto: “Ero il direttore della Cia. Abbiamo mentito, abbiamo imbrogliato, abbiamo rubato. Abbiamo fatto interi corsi di formazione, in gloria dell’esperimento americano”. Nel dicembre 1974, il giornalista investigativo Seymour Hersh, giornalista premio Pulitzer con fonti interne alla Cia, pubblicò un resoconto delle operazioni illegali di intelligence contro il movipace. Servono realismo, razionalità ed mento pacifista statunitense. L’allora leader della maggioranza al Senato, Mike Mansfield, incaricò il senatore dell’Idaho Frank Church di indagare sulla Cia. E così nel 1975 il senatore condusse un’indagine del Senato che rivelò la scioccante furia di omicidi, colpi di stato, destabilizzazione, sorveglianza, torture ed “esperimenti” medici. La denuncia da parte del Comitato Church degli sconvolgenti comportamenti illeciti della Cia è stata recentemente raccontata in uno splendido libro del giornalista investigativo James Risen, “The Last Honest Man: The Cia, the Fbi, the Mafia, and the Kennedys and One Senator’s Fight to Save Democracy”. I tempi sono ambiati. Oggi Seymour Hersh ha buone ragioni per credere che gli agenti della Cia abbiano effettuato la distruzione del gasdotto Nord Stream, come da lui scritto. Ma a differenza del 1975, quando Hersh era al New York Times in un momento in cui il giornale cercava ancora di chiedere conto al governo, il quotidiano non si degna nemmeno di esaminare il resoconto di Hersh. </span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Julian Assange è perseguitato perché ha fornito al pubblico le informazioni più importanti sui crimini e sulle menzogne del governo americano dalla pubblicazione dei Pentagon Papers. Ha reso pubblica l’uccisione di quasi 700 civili avvicinatisi troppo ai convogli e ai posti di blocco statunitensi. Ha reso pubbliche le oltre 15.000 morti non dichiarate di civili iracheni e le torture e gli abusi subiti da circa 800 uomini e ragazzi nel campo di detenzione di Guantánamo Bay. Ci ha mostrato che Hillary Clinton nel 2009 ha ordinato ai diplomatici statunitensi di spiare il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Navalny e Assange, storie agli antipodi, scrive Giuliano Ferrara sul “Foglio”. Punti di vista.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> A suo dire, “uno ha sfidato un regime sanguinario che detesta lo stato di diritto, l’altro tenta di sottrarsi alle leggi mettendo a repentaglio l’incolumità di chi si batte per la nostra libertà. Non potrebbero essere più diversi.(...)Noi dobbiamo aspettare che Victoria Sharp e Adam Johnson, giudici a Londra, decidano dell’estradabilità negli Stati Uniti di Julian Assange, un tizio o un eroe che nel 2007 diffuse materiali sensibili sulla sicurezza nazionale degli Usa in guerra a Kabul e a Falluja mettendo in piazza, con qualche serio rischio per l’incolumità di informatori e soldati della Cia e del Pentagono, le magagne dello stato e dell’esercito senza i quali la nostra libertà non esisterebbe proprio”. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Se a Julian Assange verrà negato il permesso di presentare ricorso contro la sua estradizione negli Stati Uniti davanti a un collegio di due giudici presso l’Alta Corte di Londra questa settimana, non avrà più alcuna possibilità di ricorso all’interno del sistema legale britannico. La persecuzione di Julian, durata quasi 15 anni, che ha messo a dura prova la sua salute fisica e psicologica, viene portata avanti in nome dell'estradizione negli Stati Uniti, dove sarebbe stato processato per presunta violazione di 17 capi di imputazione dell'Espionage Act del 1917 con una potenziale pena di 170 anni.Il “crimine”</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> di Julian è quello di aver pubblicato nel 2010 documenti classificati, messaggi interni, rapporti e video del governo e dell'esercito americano, forniti dall’informatore dell’e sercito americano Chelsea Manning. Il materiale ha rivelato massacri di civili, torture, omicidi, l’ elenco dei detenuti detenuti a Guantanamo Bay e le condizioni a cui furono sottoposti, nonché le regole di ingaggio in Iraq. Coloro che hanno perpetrato questi crimini non sono mai stati perseguiti. Se Julian verrà giudicato colpevole ciò significherà la morte del giornalismo investigativo nei meccanismi interni del potere statale</span></span><span class="Fid_0" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">.</span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://conquistedellavoro-ita.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240223&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240223_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5856B535" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><br /></div><div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><br /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-24916540123701339772024-03-11T09:52:00.003+01:002024-03-11T09:52:21.152+01:00Come a Sanremo le matite sono diventate più importanti delle scarpe <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Le matite sono più importanti delle scarpe, scrive Ferruccio De Bortoli sul Corriere. “Queste ultime, indossate da John Travolta, hanno suscitato polemiche infinite. “Brutta storia. Le matite invece sono passate inosservate. Eppure non invogliavano ad acquistare nessun prodotto, ma semplicemente a votare. Non i cantanti in gara, però. Le matite erano lì nella loro veste di simbolo della democrazia rappresentativa”. Passata in sordina nell’esplosione del gioco FantaSanremo (2,6 milioni di iscritti) l’iniziativa spontanea e laterale al Festival ha attratto un buon flusso di pubblicità. “E tra queste, rappresentata dalla matita con la quale si vota, persino del Parlamento europeo che ha voluto investire nella parte di spettacolo che va sui social network, e su un gioco che ha spopolato tra il pubblico dei più giovani. Eppure quella pubblicità è passata inosservata, risibile per l’im patto mediatico rispetto alle scarpe del boomer Travolta”.</span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">I politici temono l’incubo dei seggi vuoti. La grande paura di giugno, quando si eleggeranno 720 componenti (15 in più) dell’assemblea di Strasburgo, è che vada alle urne meno del 50% degli aventi diritto. La maggioranza degli europei mostrerebbe di disinteressarsi del destino dell’Unione. Ma bisognerebbe interrogarsi sulle motivazioni piuttosto che inquadrare matite in regia. L’i dea di ingaggiare star, dai cantanti ai calciatori, è ormai stantia. Non saranno Mahmood o Ghali a coprire la polvere di un’Europa percepita senz’a nima. Le elezioni europee in programma dal 6 al 9 giugno del 2024 si prospettano come le più importanti nella storia dell’Unione europea anche a fronte del mutato contesto geopolitico che vede il voto</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> che si terrà il prossimo anno come cruciale per il futuro dell’Europa. E la sua riforma istituzionale ne costituirà lo scontro, tra modello confederale e modello federale. Il tema al centro della campagna elettorale per le elezioni europee del 2024 è il futuro assetto istituzionale dell’Unione europea. La vera posta in gioco è questa, il resto sono chiacchiere e propaganda. Limitarsi a chiedere gli “Stati Uniti d’Eu ropa” senza comprenderne la portata rischia di essere un errore, dato che l’Europa non sarà come gli Usa. L’America nasce con un federalismo forte, e anche dopo 200 anni di spinte all’accentramento le libertà locali restano il più forte baluardo contro il potere di Washington. In America uno stato, una contea o addirittura una città hanno poteri che i nostri paesi già non hanno più. Washington dà indicazioni, Bruxelles ordina. E la fiducia degli americani nel governo centrale non sarà mai così bassa come quella degli europei in Bruxelles. L’Unione europea è “allo sbando”, per utilizzare l’espressione utilizzata da un europeista al di sopra di ogni sospetto come Romano Prodi, ma nessuno lo dichiara apertamente perché significherebbe ammettere un fallimento. Allora si preferisce fare</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> bla bla su come affrontare le sfide future, eccetera eccetera. Luca Lanzalaco, professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Macerata, spiega come l’annuncio di Mario Draghi a Roma presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola dello Stato Europeo rappresenti una “prospettiva, tanto allarmante quanto realistica per tre motivi”. Primo - sostiene Draghi - “il modello di crescita si è dissolto e bisogna reinventarsi un modo di crescere ma per fare questo occorrediventare Stato”, quindi occorre costituire in tempi relativamente rapidi gli Stati Uniti d’Europa. Secondo punto, Mario Draghi avrà la possibilità di imprimere una spinta propulsiva in questa direzione se, come alcuni prevedono, sarà il prossimo Presidente della Commissione europea o del Consiglio europeo. Terzo punto, il più importante, il Parlamento europeo il 22 novembre 2023 - prosegue Lanzalaco - ha approvato a maggioranzarisicata, e non ampia come trionfalmente affermato dal comunicato stampa,una risoluzione contenente delle proposte di riforma dei Trattati europei </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">che si muovono esattamente in tal senso. Cioè, verso il rafforzamento dei vertici apicali dell’Unione europea a scapito degli Stati nazionali. La</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">cessione di sovranità tuttavia spiega il professore - va interpretata leggendo i pilastri della riforma. Tre sarebbero le novità: un sistema bicamerale; una Commissione europea rinominata Esecutivo europeo con non più di 15 membri, scelti tra i cittadini degli Stati membri sulla base di un sistema di rotazione rigorosamente paritaria, che dovrebbero governare, dopo l’allargamento, circa 400 milioni di individui che vivono in Stati con lingue, religioni, tradizioni storiche e culturali, modelli economici, valute (non tutti gli Stati membri rientrano necessariamente nell’Eurozona), sistemi sociali, interessi e valori profondamente differenti e, talvolta, divergenti e contrastanti. La terza innovazione è consequenziale alla seconda: il Presidente della Commissione, ovvero dell’Esecutivo, verrebbe ridenominato Presidente dell’U nione europea. Cosa comportano tali modifiche istituzionali? Lanzalaco spiega che all’U nione verrebbero attribuite competenze esclusive, che annullano cioè la sovranità degli stati nazionali, “per l’ambien te e la biodiversità e per i negoziati sui cambiamenti climatici”. Per quanto riguarda, invece, le competenze concorrenti ne verrebbero istituite di nuove “in materia di sanità pubblica e di tutela e promozione della salute umana, soprattutto in caso di minacce sanitarie transfrontaliere, nonché in materia di protezione civile, industria e istruzione. E verrebbero ulteriormente rafforzate le competenze concorrenti dell’Unione “nei settori dell’energia, degli affari esteri, della sicurezza esterna e della difesa, della politica in materia di frontiere esterne nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nonché delle infrastrutture transfrontaliere”. Il passaggio critico è costituito proprio da questo ulteriore rafforzamento</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> delle competenze concorrenti per tre ordini di motivi. In primo luogo, perché le competenze concorrenti sono di fatto delle competenze esclusive camuffate dato che gli Stati membri possono adottare atti giuridicamente vincolanti soltanto se l’Ue non ha esercitato la sua competenza o ha esplicitamente cessato di farlo. Secondo punto, “sap piamo per esperienza recente (gestione della crisi finanziaria e Pnrr), che l’Unione europea e, in particolare, la Commissione fanno un uso invasivo e ricattatorio della condizionalità politica riducendo drasticamente, se non annullando, i margini di autonomia degli Stati e dei loro governi democraticamente eletti. Le competenze concorrenti possono tradursi rapidamente e facilmente in competenze esclusive. Il terzo punto è ancora più rilevante e merita un approfondimento. Tra i settori in cui è previsto un ulteriore rafforzamento delle competenze dell’Unione europea compaiono la sicurezza esterna e la difesa, temi che Mario Draghi ha recentemente introdotto nell’agenda europea e che sono stati oggetto di recentissimi provvedimenti del governo italiano. Ciò significa che l’Unione europea acquisirebbe, qualora questa proposta di riforma fosse approvata, il potere di coinvolgere in conflitti bellici i popoli degli Stati membri. Ciò è confermato dal fatto che nella risoluzione del Parlamento europeo si “chiede l’istituzione di un’Unione della difesa che comprenda unità militari e una capacità di dispiegamento rapido permanente, sotto il comando operativo dell’Unione”. Insomma, l’Unione europea che, secondo il Manifesto di Ventotene, avrebbe dovuto garantire la convivenza pacifica tra i popoli, si prepara a fare la guerra.</span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://conquistedellavoro-ita.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240221&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240221_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5854A17C" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-35868820394856021222024-02-19T10:25:00.002+01:002024-02-19T10:27:14.784+01:00Delors e Schäuble, due visioni opposte di un’Europa lacerata dagli interessi <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="font-family: times;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La combinazione dell’interventismo di costruzione del mercato di Delors con l’avversione di Schäuble per i finanziamenti a livello comunitario ha creato una sorta di mostro di Frankenstein della politica economica europea, sostiene Sander Tordoir, economista senior presso il Centre for European Reform. E in effetti, la dicotomia di pensiero non ha di certo aiutato l’Unione europea. Alla fine dello scorso anno l’Europa ha salutato due statisti influenti che hanno lasciato un segno indelebile nel progetto europeo. Jacques Delors, presidente della Commissione dal 1985 al 1995, è stato la mente dietro il mercato unico dell’Ue e l’introduzione dell’euro. Wolfgang Schäuble, morto il giorno prima, ha svolto un ruolo fondamentale nel dare forma alla riunificazione tedesca e ha sostenuto le misure di austerità durante il suo lungo mandato come ministro delle finanze tedesco negli anni 2010. Queste due figure rappresentavano visioni opposte dell’unione economica e monetaria dell’Europa. Delors prevedeva una costruzione espansiva che coinvolgesse un mercato e una valuta comuni, rafforzati da politiche condivise gestite dalle istituzioni dell’Ue. Schäuble ha difeso una visione rigorosa quanto minimalista, in cui gli stati membri condividono una valuta ma per il resto mantengono in gran parte le proprie case in ordine attraverso budget limitati e riforme strutturali. I confronti con gli Usa hanno alimentato un’atmosfera al limite del panico tra i responsabili delle politiche economiche dell’Ue. In linea con lo spirito di Delors, l’Ue sta abbracciando la politica industriale per contrastare le strategie mercantiliste di Cina e Stati Uniti. Lo sta facendo, però, soprattutto a livello nazionale.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’Ue ha infatti allentato i vincoli sugli aiuti di Stato nazionali, consentendo agli stati membri ricchi di concedersi il lusso di contro-sussidi per le aziende che intendono investire negli Stati Uniti. Nel frattempo, la proposta del presidente della Commissione von der Leyen di un fondo per gli aiuti di Stato comuni all’industria dell’Ue, che avrebbe dovuto fornire uno strumento a livello europeo per contrastare l’In flation Reduction Act degli Stati Uniti, non ha avuto successo. Di conseguenza, ora c’è una corsa ai sussidi tra gli Stati membri. Per meglio comprendere queste spaccature, i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo hanno nominato ciascuno il proprio referente nella forma di due diversi ex primi ministri italiani (Enrico Letta per il presidente del Consiglio Charles Michel; Mario Draghi per il presidente della Commissione von der Leyen) per scrivere una relazione sulla sfida della “competiti vità” dell’Ue. E chi meglio degli italiani possono capire la</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> spaccatura in atto tra le istituzioni? Yanis Varoufakis, in un recente articolo, confronta Jacques Delors e Wolfgang Schäuble e il modo in cui i francesi e i tedeschi si scontrano. Ciò che è intrigante (a parte il modo in cui Francia e Germania erano impegnate in giochi di potere) èche il super austero Schäuble pensava che le svalutazioni da parte degli stati sovraindebitati dell’Eurozona fossero necessarie, ma il paesecolpevole avrebbe dovuto lasciare l’unione monetaria. Non aveva però riflettuto abbastanza sul fatto che una volta a conoscenza del fatto che il proprio Paese sarebbe uscito dall’euro, tutti avrebbero messo i propri soldi nelle banche straniere. Ciò si sarebbe tradotto nella madre di tutte le corse agli sportelli, che distrugge l’economia ancor prima di iniziare.</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">I mandati di Delors e Schäuble non si sono realmente sovrapposti, ma i loro aspri scontri sul futuro dell’Europa hanno fatto la storia. A giudicare dai vari necrologi, i due uomini sono ricordati per le loro</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> apparenti differenze: Delors, lo stravagante francese, cattolico romano, socialdemocratico il cui sogno di un’Europa keynesiana era l’incubo del primo ministro britannico Margaret Thatcher; e Schäuble, l’auste ro avvocato tedesco il cui calvinismo fiscale terrorizzava i ministri delle Finanze dell’Europa meridionale e francesi che spendevano in deficit. A differenza dei veri federalisti che cercavano un’unione politica democratica a tutti gli effetti, Mitterrand e Delors non pianificarono mai di porre fine al quadro decisionale intergovernativo europeo, che credevano fosse più adatto al loro obiettivo di proiettare le priorità e i metodi del governo francese in Europa. Ciò che desideravano era un’unione monetaria che generasse, di nascosto, un’unione fiscale (ma non politica), dominata dalla Francia. Per contrastare Delors, la strategia della Bundesbank- Schäuble consisteva nel promuovere un’unione monetaria molto più piccola che includesse solo gli stati con un</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> surplus delle partite correnti e deficit pubblici estremamente bassi. Schäuble comprendeva l’importanza politica e geostrategica dell’inclusione della Francia, ma i francesi avrebbero dovuto accettare la perdita di sovranità sul proprio bilancio nazionale – un prerequisito affinché qualsiasi paese in deficit possa rimanere in modo sostenibile all’interno di un’unione monetaria priva di unione fiscale. Nel settembre 1988, Delors tenne un discorso al Congresso dei sindacati britannici che coincise con l’ora più buia per i membri del Tuc: il periodo successivo alla terza vittoria della Thatcher alle elezioni generali. Fu un successo. Delors delineò la sua visione di Europa Sociale, in contrasto con il “club dei capitalisti”. Lo stesso giorno, e per lo stesso motivo, nella testa della Thatcher suonò il campanello d'allarme. Alcune settimane dopo, pronunciò il suo famoso discorso a Bruges - probabilmente il momento in cui fu concepita la Brexit - in cui metteva in guardia dall’avvicinarsi del “superstato” europeo. “La Thatcher fece lo stesso errore di Mitterrand: aveva sottovalutato la capacità di Schäuble di distruggere il progetto Delors. È stato un errore facile da commettere. La caduta del muro di Berlino stava per dare un forte impulso alle ambizioni di Delors”. Considerando l’opposi zione della Thatcher alla riunificazione tedesca, Mitterrand ebbe improvvisamente la leva di cui aveva bisogno per costringere Kohl ad accettare un’eurozona più ampia, che includesse non solo la Francia ma anche altri paesi in deficit come Spagna, Portogallo e, infine, anche la Grecia” spiega l’ex ministro. Tuttavia la storia, ancora una volta, si è rivelata “una crudele maestra nei confronti di europei degni di nota che hanno rifiutato di vedere che gli interessi dell’Euro pa sono in diretta opposizione agli interessi delle sue classi dirigenti”. </span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Oggi l’imperativo per Draghi e Letta è articolare una diagnosi altrettanto chiara e precisa, adattata all’attuale panorama economico. “La vera risposta è che per proteggere i lavoratori europei dagli shock derivanti dalle guerre commerciali sino-americane - replica Tordoir - l’Ue deve imparare il linguaggio della gestione della domanda macroeconomica, non solo dell’integrazione o della regolamentazione del mercato, per non parlare della competitività”. E non dispone degli strumenti giuridici e delle risorse comuni per opporsi agli Stati Uniti e alla Cina laddove necessario. Il “fondo di sovranità europeo” - un fondo UE che avrebbe dovuto</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> aiutare l’Europa a competere con le centinaia di miliardi di dollari che Stati Uniti e Cina stanno spendendo in sussidi - è ora un modesto reindirizzamento di fondi Ue già esistenti. A Draghi e Letta è stato chiesto di affrontare un problema di competitività che l’Europa non ha. L’Ue ha un surplus commerciale e gestisce bilanci relativamente più ristretti rispetto a Cina o Stati Uniti. Piuttosto che concedere un trattamento preferenziale a paesi, settori o imprese, la migliore opportunità dell’Europa per il dinamismo economico è quella di creare strutture istituzionali che sfruttino la portata e il potenziale dei mercati europei gestendo al tempo stesso i loro eccessi. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Tutti prevedevano che una grave crisi finanziaria avrebbe costretto la classe politica europea a creare un tesoro federale, a smembrare l’attuale zona euro, o ad accettare il declino permanente dell’Europa. Quando ciò accadde, due decenni dopo, Delors era andato in pensione e Schäuble era il ministro delle finanze tedesco, da dove dominava l’Eu rogruppo - il consiglio informale dei ministri delle finanze della zona euro. Non appena il crollo di Lehman Brothers nel 2008 scatenò il fallimento successivo delle banche tedesche e francesi e due anni dopo l’insolvenza dello Stato greco, </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Schäuble capì che la partita era iniziata. Il resto è attualità. Mitterrand e Delors, ma anche Schäuble e la Bundesbank, hanno sempre saputo che la mancanza di un’unione fiscale nell’eterogenea unione monetaria la rendeva fragile; e la mancanza di un’unione bancaria ancora di più. Oggi, sia le visioni di Delors che quelle di Schäuble giacciono in rovina, come in una tragedia greca. “Quando l’euro era ancora sul tavolo da disegno, né Delors né Schäuble avrebbero potuto immaginare, o avrebbero perdonato, l’insen sata risposta dell’Europa all’inevitabile crisi dell’euro” chiosa Varoufakis.</span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240216&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240216_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=584FB482" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-27918795194672339212024-02-19T10:22:00.003+01:002024-02-19T10:26:41.780+01:00Le multinazionali non mollano la Russia e dopo due anni di conflitto restano salde<div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> </span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Uno studio rivela che la maggior parte delle multinazionali sono ancora in Russia. Novaya Gazeta Europa ha studiato i casi delle 110 aziende straniere che hanno lavorato in Russia nel 2023. Le 50 maggiori aziende straniere secondo il rating Forbes 2023 si possono suddividere in cinque categorie a seconda delle loro strategie operative in Russia. Abbiamo chiamato il gruppo più grande, che comprendeva 51 aziende, “Aspetta in silenzio”. Nella migliore delle ipotesi, hanno espresso preoccupazione per lo scoppio di una guerra su vasta scala, oppure sono semplicemente rimasti in silenzio. Alcuni di loro hanno detto esplicitamente che continueranno a lavorare. Tra coloro che ancora aderiscono a questo modello di comportamento ci sono Auchan, Metro, Calzedonia, Ecco, Benetton, Ehrmann, TotalEnergies, Rockwool, Mitsui e le principali aziende farmaceutiche. Il secondo gruppo più numeroso, che conta 40 aziende, sono quelle che hanno promesso di vendere la propria attività, lasciare il mercato, ridurre gli investimenti e abbandonare i piani di sviluppo in Russia: questa è la strategia “Promettere e non lasciare”. Di conseguenza, hanno mantenuto una serie di risorse nel paese: produzione, catene di vendita al dettaglio, marchi, servizi o forniture. Gli esempi includono Bp, Jti, Pmi, Pepsico, Mars, Nestlé, Raiffeisen, UniCredit, Intesa, ABB, Bacardi, Campari. Questo gruppo è più piccolo in numero, ma maggiore nel profitto totale: 669,6 miliardi di rubli. Abbiamo identificato tre società in un gruppo separato (Leroy Merlin, Decathlon, Adidas) che hanno mantenuto i loro marchi in Russia. Due piccoli gruppi includono poi 8 aziende, che hanno adottato le strategie del “Se dersi fino all'ultimo” e del</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> “Perdere tutto”, hanno promesso di lasciare il mercato, ma hanno venduto l’attività solo nella seconda metà del 2023: Hyundai, Kia, Volvo, Ingka Group (investitore di centri commerciali), AB InBev, Veon. Altre hanno litigato con le autorità russe o sono diventati, secondo il Cremlino, un “fondo di compensazione” : Danone, Carlsberg, Fortum. Secondo i calcoli di Novaya-Europa , i leader nella scelta delle prime due strategie, che implicano il mantenimento degli affari in Russia, sono le aziende degli Stati Uniti, in totale 20. Al secondo posto la Germania con 14 imprese (di cui 12 “stanno aspettando in silenzio”), al terzo posto l’Italia con 11. Certo, una grossa fetta di multinazionali include coloro che hanno provato a vendere asset russi e hanno fallito o hanno cambiato idea dopo aver visto i prezzi, ma la cosa difficile da inquadrare è che ci sono state molte imprese russe che hanno rilevato multinazionali occidentali in Russia, come McDonald’s, e hanno aperto rapidamente e con successo un franchising “nuovo e migliorato”. Un altro fattore evidenziato dal dossier è il forte rialzo del rublo relativamente all’inizio del conflitto. I commentatori lo attribuiscono all’aumento delle entrate</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> russe di petrolio e gas dovuto all’aumento dei prezzi dell’energia, incombinazione con un calo delle importazioni dall’Europa per rifornire questi fornitori stranieri. Società straniere che operano in Russia, almeno suqualsiasi scala, non possono comunque dividere legalmente alcun profitto con le loro entità madri non russe, né spostare denaro fuori dalla Russia acquistando forniture da affiliate non basate in Russia. John Helmer, il corrispondente estero più longevo in Russia e l’unico giornalistaoccidentale a dirigere il proprio ufficio - indipendentemente da singolilegami nazionali o commerciali - è stato anche professore di scienze politiche e consigliere di capi di governo in Grecia, Stati Uniti e Asia. È il primo e unico membro dell’ammini strazione presidenziale americana (Jimmy Carter) a stabilirsi in Russia. Helmer ricorda un vecchio proverbio: tutto è lecito in amore e in guerra. Un proverbio inglese vecchio di 500 anni, ma non presente nelle convenzioni di Ginevra sui crimini </span></span><span class="Fid_0 split" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">di guerra e sul genocidio. Nella guerra contro la Russia, si è scoperto che quasi tutte le principali aziende della parte nemica amano troppo la Russia per andarsene. “Pensano anche che la Russia abbia vinto la</span><span class="Fid_0" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> guerra, quindi sono convinti - i dirigenti esecutivi, i consigli di amministrazione, gli azionisti di controllo e i banchieri - che non abbia senso andarsene. Quindi continuano a fare affari con profitto sul mercato russo, mentre aspettano la sconfitta militare dell’Ucraina per dire ai loro azionisti: Te l’avevamo detto”, spiega Helmer. Dividendi e profitti che le società continuano a guadagnare dalle loro attività russe rassicurano gli azionisti soddisfatti che rinnoveranno la loro fiducia, con un bonus, per l’amministratore delegato e il consiglio alla prossima Assemblea generale annuale. Nella guerra economica, i risultati dell’indagine dimostrano che dopo due anni di intense pressioni e campagne di minaccia da parte degli Stati Uniti, della Nato e dell’Ucraina affinché le aziende liquidassero le loro attività russe e lasciassero la Russia, il risultato è la sconfitta. Il rapporto della Novaya Gazeta Europa, ufficialmente identificato dal controllo dei media del governo russo come un agente straniero, è stato pubblicato il 6 febbraio. Appare sul sito russo della pubblicazione; non sul suo sito web inglese. La pubblicazione allega questo avviso: “In Russia è stata introdotta la censura militare. Il giornalismo indipendente è vietato. Continuiamo a lavorare perché sappiamo che i nostri lettori restano persone libere. Novaya Gazeta Europa riferisce solo a te e dipende solo da te. Aiutaci a rimanere l’antidoto alla dittatura: sostienici con i soldi”. A differenza delle aziende internazionali di cui riferisce, Novaya Gazeta Europa ha lasciato la Russia e ha sede a Riga, in Lettonia. Ma altre aziende fanno spallucce. “Se lavori in silenzio, nessuno verrà a prenderti” è un altro proverbio. Come mostra lo studio Novaya- Europa, gli affari esteri forniscono al Cremlino le ragioni di tali affermazioni. Delle 110</span><span class="Fid_0" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> maggiori società straniere che continuano ad operare in Russia, 51 non se ne sarebbero nemmeno andate, mentre altre 40 hanno cambiato idea o non sono state in grado di vendere i propri beni a un prezzo speciale. Poco dopo il 24 febbraio 2022, quattro giganti mondiali del tabacco che si spartivano il mercato russo – Japan Tobacco, Philip Morris, British American Tobacco e Imperial Brands – hanno fatto le dichiarazioni più radicali sul lavoro in Russia: “Lasceremo il paese, venderemo il business”. Già nel 2022, le fonti di Novaya Europa valutavano questi piani in modo estremamente scettico. “Almeno le più grandi aziende produttrici di tabacco sicuramente non se ne andranno, perché dovrebbero farlo? Pensi che se Philip Morris chiuderà la fabbrica vicino a San Pietroburgo, la gente in Indonesia o in Brasile smetterà di comprare Marlboro per vendicarsi di chi si è venduto a Putin e pagare le tasse per la guerra?” disse all’epoca uno degli addetti ai lavori di questo mercato. Quasi due anni dopo lo scoppio di una guerra su vasta scala, si è scoperto che questa previsione si è in gran parte avverata. Non solo le aziende del tabacco (di cui sono rimaste solo la British American Tobacco e la Imperial Brands), ma anche molte altre grandi aziende continuano a lavorare in Russia nonostante tutte le loro promesse e nonostante il titolo di 'sponsor di guerra' assegnato loro in Ucraina. È stato il leader del mercato, Japan Tobacco, a spiegare così la prosecuzione dei lavori alla fine del 2023: non vogliamo “privare i consumatori del prodotto a cui sono abituati”. All’inizio del 2024 è ormai chiaro: alcuni non se ne vanno perché sanno che se fanno arrabbiare anche solo un po’ le autorità russe, perderanno risorse chiave e molti soldi. </span><span class="Fid_0" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La strategia di “lasciare perdere e mantenere gli affari” mostra che le aziende straniere hanno condannato solo verbalmente la guerra. In realtà, però, per loro è più importante preservare la possibilità di guadagnare in un mercato ampio e in crescita. È per questo che le autorità ucraine hanno creato un registro degli “sponsor internazionali di guerra”, che alla fine di gennaio comprende 48 aziende (31 delle quali provenienti da paesi che le autorità russe definiscono “ostili”). Dalla metà del 2023, alcune aziende presenti in questo elenco</span><span class="Fid_0" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> hanno iniziato a dover affrontare boicottaggi aziendali in Occidente. Ad esempio, la compagnia aerea svedese Sas ha deciso di smettere di nutrire i passeggeri con prodotti Mondelez e Nestlé, nonché di bere soda Pepsico e alcol Bacardi. Altri consumatori in Svezia e Norvegia, in particolare la compagnia ferroviaria, la compagnia di traghetti Tallink e altri, hanno bandito il cioccolato Mondelez. In Finlandia, la compagnia ferroviaria VR e la compagnia aerea Finnair hanno affermato che potrebbero rifiutare i prodotti Nestlé e Unilever. </span><span class="Fid_0" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Molte aziende si sono trovate nella posizione di ostaggi del Cremlino, e si tratta sia di quelle che avevano promesso di lasciare la Russia, ma non lo hanno fatto, sia di quelle che sono rimaste in silenzio per due anni, dicono le fonti di Novaya Europa. Hanno in pratica restrizioni che le privano della possibilità di andare via senza gravi perdite per l’impresa. In particolare, il fallimento è vietato, e in caso di fallimento premeditato, i dirigenti sono passibili di responsabilità penale. I beni possono essere venduti con uno sconto del 50% rispetto al loro valore attuale stimato, attualmente è molto basso.</span><span class="Fid_0" style="font-family: times; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Il Cremlino è riuscito a dimostrare alle aziende straniere che chi insiste sui propri diritti perderà tutto. Il risultato è che solo chi sa negoziare conserva i suoi beni o può lasciare la Russia con i soldi. Gli avvocati intervistati da Novaya-Europa, che conoscono i piani delle multinazionali in Russia, non hanno una visione unanime su come si svilupperà ulteriormente questo processo. Alcuni credono che, sotto la pressione dell’opinione pubblica, le aziende continueranno a cercare di andarsene. Altri credono che tutti quelli che volevano farlo se ne siano già andati; gli altri si sono adattati alle nuove condizioni.</span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240214&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240214_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=584DAB77" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-82591483865493858602024-02-19T10:20:00.004+01:002024-02-19T10:20:20.465+01:00La “metis” di Ulisse e il pantano di Biden <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Le sensazioni e le decisioni viscerali portano a errori strategici: gli Stati Uniti sono stati attirati nel campo di battaglia a Gaza, nello Yemen e ora in Iraq e ora sembrano incagliate. Lo scrive Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico e fondatore e direttore del Conflicts Forum con sede a Beirut, organizzazione che sostiene l’impe gno tra l’Islam politico e l’Occidente. La sua analisi per quel che riguarda le scelte del governo Usa è molto chiara: “Cina e Russia sono state straordinariamente silenziose - esordisce l’a nalista osservando attentamente lo spostamento delle placche tettoniche globali in risposta alle due guerre in corso in Ucraina e Israele. In realtà questo non deve sorprendere; entrambi gli stati possono sedersi e guardare semplicemente Biden e la sua squadra persistere nei loro errori strategici in Ucraina e nelle molteplici guerre di Israele. L’intreccio delle due guerre, ovviamente, plasmerà la nuova era. “Ci sono rischi sostanziali, ma per ora possono osservare con conforto da lontano come si svolge una congiuntura nella politica mondiale, aumentando gradualmente il ritmo del logoramento fino a diventare un cerchio di fuoco. Il punto qui è che Biden, al centro della tempesta, non è un Sun-Tzu dalla mente fredda. La sua politica è personale e altamente viscerale. Come ha scritto Noah Lanard nella sua analisi forense di How Joe Biden Became America’s Top Hawk, il suo stesso team lo dice chiaramente: la politica di Biden è situata nei suoi kishkes, le sue viscere”. C’è una lunga e rispettabile storia di leader che prendono la decisione giusta, motivata dal momento, dal loro inconscio, senza un attento calcolo razionale. Nel mondo antico questa era una qualità molto apprezzata. Ulisse l’aveva. Si chiamava</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Metis. Ma questa capacità dipendeva dal possedere comunque un temperamento imparziale e dalla capacità di vedere le cose nel loro insieme. Chi possiede la Metis può permettersi un giudizio immediato. Ma cosa succede se i “kishkes” sono pieni di rabbia e bile? Ebbene, gli errori - gli errori strategici - diventano inevitabili. E questi errori - spiega Crooke - stanno attirando gli Stati Uniti sempre più in profondità. Michael Knights, studioso del think-tank neoconservatore del Washington Institute, osserva che “gli Houthi sono entusiasti dei loro successi e non sarà facile scoraggiarli. Si stanno divertendo tantissimo, resistendo a una superpotenza che probabilmente non può dissuaderli”. Ciò avviene sulla scia di una guerra in Ucraina che sta già raggiungendo - o è arrivata - alla sua conclusione scontata. Sia negli Stati Uniti che tra i suoi alleati in Europa, è riconosciuto che la Russia ha prevalso in modo schiacciante. Non vi è alcuna possibilità che questa situazione possa essere recuperata, indipendentemente dal denaro o dal nuovo “sostegno” occidentale. Molti nelle classi dirigenti di Kiev lo hanno ben compreso, ma hanno paura di parlarne apertamente.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Nel 2010, quando Netanyahu fece infuriare Obama con un’importante espansione degli insediamenti mentre Biden era in Israele, quest’ultimo e il suo team volevano gestire la controversia in privato mentre Obama ha preso una strada completamente diversa. Il segretario Clinton concesse a Netanyahu24 ore per rispondere, avvertendo: “Se non ti adegui, ciò potrebbe avereconseguenze senza precedenti sul piano bilaterale”. I dietro le quinte raccontano che Biden fu presto contattato da uno sbalordito Netanayhu ed indebolì completamente il Segretario di Stato dando una forte indicazioneche qualunque cosa fosse stata pianificata a Washington fosse mera testardaggine e che lui avrebbe potuto disinnescare il tutto</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">quando fosse rientrato. Quando Clinton vide la trascrizione, “si rese conto di essere stata gettata sotto l’autobus” da Biden, racconta un funzionario. Crooke aggiunge che durante un periodo critico all’inizio dell’amministrazione Obama, quando la Casa Bianca pensava di esercitare una reale pressione su Netanyahu per mantenere viva la possibilità di uno Stato palestinese e la pace, Biden avrebbe fatto più di ogni altro</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> funzionario a livello di gabinetto per proteggere Netanyahu da quella pressione. Oggi Crooke evidenzia come Biden sia visceralmente a destra persino di alcuni nel Gabinetto di Guerra di Netanyahu: “Non faremo nient’altro che proteggere Israele”, ha detto Biden in una raccolta fondi lo scorso dicembre. Una tale mancanza di visione e diplomazia espone gli Stati Uniti a possibili futuri errori strategici, come Mosca, Teheran e Pechino avranno già intuito. La rassegnazione ad una guerra tra Israele ed Hezbollah, ad esempio, non va scontata. Per l’analista, perfino il rapporto pubblicato sul Washington Post secondo cui Biden ha incaricato il suo staff di prevenire una guerra totale tra Israele e Hezbollah, altro non sarebbe che inteso piuttosto a immunizzare gli Stati Uniti dalla colpa di complicità, nel caso scoppiasse una guerra nel Nord. La chiave per comprendere la complessità del lancio di un’azione militare in Libano risiede nella necessità di vederla da una prospettiva più ampia: dal punto di vista dei neocon, affrontare Hezbollah invoca i pro e i contro di una più ampia “guerra” degli Stati Uniti contro l’Iran. “Un simile conflitto - scrive l’ex diplomatico</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> britannico - comporterebbe aspetti geopolitici e strategici diversi e più esplosivi poiché sia la Cina che la Russia hanno una partnership strategica con l’I ran. L’inviato statunitense Hochstein a Beirut è stato incaricato di vincolare le parti libanese e israeliana alle disposizioni della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2006 (mai implementata). Il governo libanese ha proposto alle Nazioni Unite una tabella di marcia per l’attuazione della 1701. La mappa prevede la conclusione di un accordo su tutti i tredici punti di confine contesi e propone di delimitare di conseguenza il confine tra Libano e Israele. Ma una simile configurazione della questione è del tutto fuorviante, poiché la Risoluzione 1701 non è semplicemente una disputa territoriale irrisolta in Libano. L’obietti vo principale della Risoluzione 1701 era (ed è) il disarmo e lo spostamento di Hezbollah, ma il piano del governo libanese non menziona affatto Hezbollah, il che pone chiari interrogativi sul suo realismo e sul suo scopo”. Perché Hezbollah dovrebbe essere persuaso al disarmo, quando Netanyahu, insieme al ministro della Difesa Gallant, hanno annunciato attraverso una dichiarazione congiunta che “la guerra non è vicina alla fine: sia a Gaza che ai confini settentrionali” con il Libano? Se la soluzione diplomatica di Hochstein non dovesse emergere (con Hezbollah disarmato e allontanato dal sud), allora Israele, ha promesso Gallant, intraprenderà un’azione militare . “La clessidra presto si capovolgerà”. Russia, Iran, Cina e gran parte del mondo naturalmente stanno a guardare mentre gli Stati Uniti si lasciano coinvolgere in una serie di errori strategici sovrapposti che senza dubbio rimodelleranno l’ordine globale. Bisogna solo capire a vantaggio di chi. </span>Mentre il mondo annaspa una rivoluzione silenziosa scuote intanto le banche centrali. Si chiama “ preposizionamento”. Per ora, nemmeno i mercati finanziari ne hanno colto l’importanza. Nella sua incarnazione più estrema, il “ preposizionamento” tra sformerebbe le banche centrali in ciò che Lord King ha coloritamente descritto come un banco dei pegni per tutte le stagioni senza il solito stigma associato al dover impegnare i propri oggetti di valore. Questo perché le banche, proprio come la gente comune che ricorre agli strozzini, non sarebbero in grado di prelevare contanti da una banca centrale senza versare qualcosa di valore in caso di default. Immagine suggestiva. L’essenza dell’idea è che le banche devono preposizionare le garanzie ed emettere passività a breve termine solo fino al valore di tali garanzie. In questo modo si eliminerebbero le corse agli sportelli. Il Gruppo dei 30 ha proposto che le banche dovrebbero preposizionare garanzie sufficienti per coprire tutte le loro passività “ gestibili”, cioè tutto tranne il capitale, il debito a lungo termine e depositi completamente assicurati. Il vice governatore della Bank of England, Sam Woods, obietta che il preposizionamento non elimina la necessità di una regolamentazione prudenziale: “ La magia di un’economia capitalista sta nella competizione. Ma non è una gran competizione se il gioco è truccato in modo che nessuno ( tranne il contribuente) perda mai”.</span></p><p class="abody split" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody split" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240209&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240209_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5848B230" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-83478672772787658532024-02-19T10:17:00.007+01:002024-02-19T10:26:16.778+01:00 Giochi senza frontiere nell’instabilità <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><div style="text-align: left;"><span style="font-family: times;"><br /></span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><span style="font-family: times;">Dalla crisi finanziaria del 2008-2009, le “ conversazioni globali” che hanno luogo ogni anno tra leader economici, politici e sociali al World Economic Forum hanno avuto una tendenza ispirata politicamente a sinistra. L’opinione dell’élite occidentale sembrava destinata a spostarsi verso una maggiore fiducia nella pianificazione statale e meno nel potere dei mercati. Ma quest’anno a Davos è successo qualcosa di inaspettato. La saggezza convenzionale ha fatto alcuni timidi passi verso destra. Lo nota Walter Russel Mead in un editoriale sulla rubrica Global View del Wall Street Journal, il cui incipit sintetizza tutto: le élite globali cominciano a capire che lo statalismo non funziona e che il mondo ha bisogno dell’Ameri ca. Il World Economic Forum, del resto, è sempre una contraddizione di speranza e ansia pronto a spostare la direzione dell’ac qua per evitare pietre ed ostacoli. Il flusso dell’acqua è sempre la ricchezza, che deve alimentarsi di altra anno dopo anno per consentire a potenti e multinazionali maggior profitti. La versione di quest’anno sembrava il massimo del paradosso. L’umo re generale era economicamente tiepido, politicamente acido, entusiasta della tecnologia e nervoso per la sicurezza. Un frequentatore di Davos lo ha definito “ottimismo realistico”.<br /></span></span><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Un’altra “incertezza radicale” preferita, che potrebbe favorire un periodo di distruzione creativa e progressi notevoli - o semplicemente un periodo di distruzione privo di creatività. Quella stessa distruzione creativa che tanto piaceva all’ex premier Draghi, di cui lo stesso accennò nel saggio dei cinque presidenti nel lontano 22 giugno 2015 e poi riprese nel documento del G30 nel dicembre 2020. I magnifici cinque erano allora il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker; il presidente del Vertice euro, Donald Tusk; il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem; il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi; e il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. Insieme</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> presentarono presentato piani ambiziosi per l’approfondimen to dell’Unione economica e monetaria (Uem) a partire dal 1° luglio 2015 e per il suo completamento al più tardi entro il 2025. Il tempo stringe soprattutto per l’Europa e Draghi riappare, non a caso, sulla scena. Il messaggio da Davos degli americani e degli europei è stato chiaro: ambedue non faranno più affidamento su un paese o una regione per ciò di cui hanno bisogno. Gli Stati Uniti si sono presentati a Davos come una superpotenza solitaria che quest’anno potrebbe andare in due direzioni: qualunque sarà l’esito delle elezioni di di novembre, le prospettive di cooperazione globale sono limitate. Il tema della fiducia ha poi alimentato numerose conversazioni sulla democrazia e su ciò che gli elettori mondiali cercheranno nel 2024. In una parola: cambiamento. Quest’anno sono previste 50 elezioni - dall’Indonesia, India e Pakistan all’Unione Europea, Gran Bretagna e Messico e, naturalmente, gli Stati Uniti. Non c’è un’unica tendenza emergente e questo è in parte proprio radicato nel metatema della fiducia, poiché la pandemia ha scosso la fiducia di molte persone nelle istituzioni e ha plasmato una generazione emergente meno ottimista riguardo al futuro. Il cosiddetto “uomo di Davos” è messo nell’angolo per ora, umiliato, non sta conquistando il mondo con la facilità su cui pensava potesse fare affidamento. Sta supplicando il mondo di fidarsi di lui. Chi è l’uomo (o la donna) di Davos? Quello</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> che “Politico” chiama “masto donte di alto livello composto da politici, e al loro seguito assortito, che spendono $ 1.000 a notte su un lettino in uno squallido hotela due stelle per sguazzare per le strade ghiacciate di questa città alpina per una settimana del World Economic Forum”. Dalle nevi svizzere si ode inoltre un gigantesco avvertimento, espresso a gran voce dagli europei:questa nuova era guidata dagli americani potrebbe differire dalle epochepassate in un aspetto cruciale e per loro pericoloso, nella sua tiepida visione della globalizzazione e dell’ordine mondiale liberale, e questo lirende molto ansiosi. La nuova ansia: l’America è tornata sulla scenamondiale, ma che tipo di America? Sul multilateralismo, attraverso la Nato o l’Onu, e sulla sicurezza in Europa, l’am ministrazione Biden si rifà a un altro secolo, non all’era Obama che ha dato inizio all’allontana mento dagli alleati tradizionali (che si sono tirati indietro davanti al “pivot to </span><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Asia” e al “perno verso l’Asia”) che Trump ha continuato. Ma il suo approccio al commercio, a una politica industriale che dia priorità al “reshoring” e al “buy American”, agli occhi di molti Davos, somiglia a Trump più di qualsiasi altro presidente recente. Questa continuità è ciò che fa percepire agli europei un conflitto con l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, che spingerà miliardi in sussidi all’industria americana, e con un Chips Act che cerca di rimpatriare la produzione di semiconduttori, hanno suscitato</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> sgomento in Europa. Qualcuno in Francia e Germania ha drizzato le antenne da tempo e c’è chi oggi mette in allerta su un nuovo attacco nazista al potere globale americano - da parte degli europei già sconfitti almeno un paio di volte dagli Usa - per contrastare l’asse di Camp David. La guerra in Ucraina ha sconvolto gli equilibri e i giochi sembrano ormai schierare le alleanze. Così, se da un lato l’Europa franco-tedesca erede di Vichy flirta con Cina, Iran e Turchia; dall’altra ci sono Usa, Nuova Zelanda, Australia, Regno Unito, Israele, Italia, Egitto, Giappone. Arabia Saudita ed Emirati arabi rifiutano di accettare la domanda degli Stati Uniti di essere con loro o contro di loro. L’India, piuttosto ostile alla Cina, è amica contemporaneamente di Russia e Stati Uniti. In Gran Bretagna permane obiettivamente una frangia veterocoloniale che guarda con diffidenza agli Usa. Del resto, la famiglia Windsor, ossia la Londra regale, fino al 1917 si chiamava Saxe Coburg - Gotha ed era tedesca, successiva agli Stuart, legittimi eredi al trono inglese, cattolici. E non dimentichiamo le famiglie Rothschild (in linea britannica ed austriaca) e Rockefeller (ugonotti, francesi appartenenti alla famiglia Roquefeuille, che, per sfuggire all’inclemenza dell’editto di Fontainebleau, nel XVII secolo fuggirono in Germania), che provengono famigliarmente dalla stessa area tedesca di cui sopra. Dal lato opposto, basti pensare ad Alexis de Toqueville per capire come la pensano gli americani,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> fieri oppositori dei colonizzatori del vecchio continente, gente che da sempre predilige il merito ai privilegi di sangue. Le nuove alleanze vanno delineandosi e lo scontro di potere principale emerge dalla frattura Usa contro la Davos franco-tedesca con Londra a metà strada. E qui si pensi alle mosse di Tony Blair che snobba Klaus Shwab - per capirne la distanza di pensiero. Per un lungo periodo di tempo in Francia e Germania ha tenuto banco la possibilità di creare un “esercito europeo” per affermare l’indipendenza della Europa dagli Stati Uniti. E poi pensiamo alle follie di Bruxelles, alla transizione energetica che serve principalmente ad emancipare l’Ue franco-tedesca dagli Usa, e alla quale Washington sta ponendo un deciso freno. La transizione energetica nasconde in realtà enormi interessi geopolitici: la rivoluzione verde è sensata, ma i Davosiani puntano soprattutto a soppiantare il dollaro. La difficoltà a capire gli eventi va risolta riflettendo sul caos attuale di guerre e pandemie, su cui le élites dei vari paesi si scontrano per la supremazia su un’A merica che avrebbe esaurito il suo ruolo guida. Gli Stati Uniti, dal canto loro, non vogliono accettarere le nuove trasformazioni del’ordine mondiale. Graham Allison, professore ad Harvard, riassume perfettamente la situazione: “Gli americani sono scioccati dall’idea che la Cina non resti al posto che le era stato a suo tempo assegnato in un ordine internazionale diretto dagli Stati Uniti”. Il mondo è fluido e in divenire, e le alleanze presentano scelte à la carte, in cui magari vari paesi tendano anche a mettere Usa e Cina una contro l’altra, per ottenere il massimo dei vantaggi possibili. C’è chi, ad esempio lo storico Franco Cardini, vede peraltro delinearsi un “multipolarismo imperfetto”, “confuso, slabbrato, pieno di labilità e di incognite”. Un puzzle davvero complicato ed interessante, alimentato tuttavia anche da false flag e vera disinformazione che confondono i cittadini, gli unici che potrebbero frenare davvero con la loro coscienza una deriva altrimenti irreversibile. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il rapporto del Gruppo dei Trenta (G30) - think tank di consulenza su questioni di economia monetaria e internazionale fondato su iniziativa della Rockefeller Foundation nel 1978 - sostiene chiaramente che in caso di crisi non tutte le imprese vanno salvate. In un mondo fluido, occorre porre particolare attenzione alle pmi, che hanno minore potere contrattuale verso i governi ma che sono importanti sul piano produttivo. Ma per il G30 lo Stato deve intervenire solo in presenza di fallimenti del mercato. Inoltre, il G30 consiglia interventi misti pubblici- privati (sostenuti a Davos), perché solo le banche e gli investitori “hanno l’experti se</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> per valutare la redditività delle aziende e sicuramente subiscono minori pressioni politiche”. In altre parole è il privato a dover decidere, perché, a differenza del potere pubblico, non deve rispondere a elettori che sono anche lavoratori e (potenziali) disoccupati. Le politiche statali - sostiene il G30 riprendendo la nota espressione dell’economista austriaco Schumpeter - dovrebbero “richie dere anche una certa quantità di distruzione creatrice”. Questo significa che bisogna lasciar ridimensionare o chiudere le aziende non in grado di andare avanti, sopportando quindi una elevata disoccupazione, affinché altre aziende innovative possano aprire. </span>Distruzione creativa o terra bruciata, dunque? La differenza è molto sostanziale. </span><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Torna così in auge la distruzione creativa. Con questa espressione, negli anni 50’, l’econo mista austriaco Joseph Schumpeter indicò il “processo di mutazione industriale che rivoluziona incessantemente la struttura economica dall’interno, distruggendo senza sosta quella vecchia e creandone sempre una nuova ”. Secondo Schumpeter, che si basava su un’atten ta lettura del pensiero di Marx, attraverso questo processo di distruzione creativa l’innovazione tecnologica produce crescita economica. Non bisogna quindi spaventarsi se qualche prodotto cessa di esistere,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> se qualche processo produttivo viene eliminato. Al loro posto, ci saranno prodotti più appetibili, processi produttivi più efficienti e meno inquinanti, lavori e mansioni nuovi. Secondo Schumpeter, la “burra sca di distruzione creativa” descrive il “processo di mutazione industriale che rivoluziona incessantemente la struttura economica dall'interno, distruggendo senza sosta quella vecchia e creando sempre una nuova”. Il fatto, evidente ma adeguatamente taciuto, è che è semplicemente impossibile una trasformazione economica senza perdenti.</span></span></span></div></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 0px 0px 15px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 0px 0px 15px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="color: #333333; display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://conquistedellavoro-ita.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240207&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240207_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5846A042" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-35211300215670914092024-02-19T10:13:00.003+01:002024-03-11T10:10:30.434+01:00L’economia israeliana vacilla senza la manodopera palestinese <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il governo ha chiuso i cancelli a circa 120.000 lavoratori palestinesi dall’inizio della guerra a Gaza, ma non ha presentato un piano per sostituirli con lavoratori stranieri. Nel frattempo, gli imprenditori che hanno perso una percentuale considerevole della loro forza lavoro ne stanno pagando il prezzo: è il risultato di un’in chiesta realizzata dal quotidiano israeliano Haaretz che fa il punto sulla situazione economica del paese dopo mesi di guerra. Solo di recente infatti il primo ministro Benjamin Netanyahu Benjamin Netanyahu ha accennato alla politica del governo volta a ripristinare la possibilità dei lavoratori palestinesi di entrare in Israele dopo averli vietati all’inizio della guerra. In una conferenza stampa, ha risposto che la questione era complicata per motivi di sicurezza. A parte qualche migliaio di eccezioni, il governo ha rifiutato di permettere ai lavoratori della Cisgiordania di entrare in Israele da quando la guerra è iniziata in ottobre. Non è stato proposto alcun piano per sostituirli con altri lavoratori e sono in corso tentativi febbrili per colmare il divario prevedendo l’ingresso di lavoratori provenienti da altri paesi. Tuttavia, il reclutamento di lavoratori stranieri non risolverebbe nemmeno la grave carenza di manodopera che si è sviluppata nell’economia. Il governo ha assunto alcune decisioni per aumentare la quota di lavoratori stranieri, ma ci vorrebbe molto tempo per sostituire i 110.000 palestinesi che sono entrati legalmente in Israele per lavorare, oltre a un numero considerevole che ha lavorato in Israele illegalmente. Finora sembrava che Netanyahu, come molte volte in passato, avesse deciso di non decidere nel tentativo di evitare uno scontro con i membri della sua coalizione e con la sua base, che lo aggirano da destra. “Ma il mortale attacco terroristico a Ra'anana - spiega il quotidiano ha dato vento alle vele di coloro che sono contrari alla rimozione del divieto sui lavoratori palestinesi. Tra gli oppositori c’è il ministro</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> delle Finanze Bezalel Smotrich, che ha scritto su X (ex Twitter): “L’opposizione che abbiamo guidato nel governo per riportare indietro decine di migliaia di lavoratori arabi dalla Giudea e dalla Samaria sta impedendo i prossimi attacchi terroristici e non ci arrenderemo alle pressioni esterne o alla debolezza e alla cecità interiore”. I sospettati dell’attacco di Ra’anana erano all’interno di Israele senza permesso. Secondo un’analisi del ricercatore Haggay Etkes, prima della guerra circa 40.000 palestinesi lavoravano illegalmente in Israele. Ex responsabile dei rapporti della Banca d’Israele con l’economia palestinese, Etkes ha analizzato i dati dell’Ufficio centrale di statistica palestinese pubblicati sul quotidiano finanziario Globes. Nel corso degli anni, i funzionari israeliani hanno chiuso un occhio sul fenomeno dei palestinesi che soggiornano illegalmente, sebbene fossero ben consapevoli delle brecce lungo le parti recintate della barriera di separazione della Cisgiordania attraverso le quali erano entrati. Impiegare lavoratori stranieri - compresi i palestinesi - senza permesso è un reato punibile con una multa o con la reclusione.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Tuttavia, la legge non è stata applicata con fermezza contro i datori di lavoro che assumevano palestinesi illegalmente. Circa 150.000 famiglie non hanno capofamiglia a causa del blocco sui territori, perché molti lavoratori non sostengono solo il proprio nucleo familiare. Il risultato è che centinaia di migliaia di palestinesi sono colpiti dall’incapaci tà di guadagnarsi da vivere in Israele. Il fatto che a così tanti palestinesi sia vietato vivere in Israele potrebbe avere conseguenze distruttive per l’econo mia dell’Autorità Palestinese e indirettamente esacerbare anche la situazione della sicurezza. La schiacciante valutazione delle organizzazionidi sicurezza israeliane secondo cui l’ingresso dei palestinesi in Israele aiuta l’eco nomia palestinese e la stabilità dell’Autorità Palestinese è un chiarointeresse di sicurezza per Israele. Tuttavia, i dibattiti sulla sicurezza </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">nascondono una semplice verità: gli israeliani non vogliono svolgere lavori manuali in settori come l’edilizia e l’agricol tura, e l’economia israeliana dipende effettivamente dai lavoratori palestinesi. Le sovvenzioni per incoraggiare l’occupazione degli israeliani nell’edilizia e</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> nell’agricoltura, lanciate in seguito alla grave carenza di lavoratori durante la guerra, hanno prodotto un magro raccolto di 773 israeliani – 682 dei quali nell’a gricoltura e solo 91 nell’edilizia.</span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Finché non esisterà un piano globale per sostituirli con lavoratori stranieri, la dipendenza dell’eco nomia israeliani dai lavoratori palestinesi continuerà nel prossimo futuro. Gli stipendi dei membri della Knesset non hanno avuto scossoni, ma viene tolto il terreno da sotto i piedi ad agricoltori, ristoratori, industriali e sviluppatori che hanno perso una percentuale significativa della loro forza lavoro in un solo colpo. Secondo una stima del capo economista del Ministero delle Finanze, il danno a breve termine alla produttività nei settori dell’edili zia, dell’industria e dell’agricol tura derivante dall’assenza di lavoratori palestinesi ammonta a oltre 3 miliardi di shekel (800 milioni di dollari) al mese. Man mano che questo danno si accumula, colpirà non solo gli imprenditori che dipendono dai palestinesi, ma anche l’economia israeliana nel suo insieme. Zvi Dror, amministratore delegato e proprietario di Arco-Inbar Industries Ltd., ha perso circa la metà della</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> sua forza lavoro in un colpo solo. Prima dell’inizio della guerra impiegava 20 palestinesi di Jenin. “Al momento sugli alberi ci sono frutti per un valore di 1,6 miliardi di shekel”, afferma Daniel Klusky, proprietario di oliveti e segretario generale dell’Associa zione dei coltivatori di agrumi. Nel pieno della stagione degli agrumi, ai coltivatori manca il 75% della forza lavoro necessaria. Yossi Shabi, un imprenditore di impalcature, prima della guerra impiegava otto palestinesi e ora non ha nessuno. La sua fiorente attività era stata congelata in un solo giorno. Shabi, padre di tre figlie, vive nel quartiere Magdiel di Hod Hasharon. Sta cercando di reclutare lavoratori con tutte le sue forze, ma si ritrova a mani vuote. “Ho provato a coinvolgere lavoratori cinesi, ma vogliono 1.500 shekel al giorno e, anche in quel caso, non vogliono lavorare” dice. Il settore delle ristrutturazioni è stato particolarmente colpito dal divieto sui lavoratori palestinesi. Molti imprenditori sono sull’orlo del collasso economico. Secondo i dati della Population and Immigration Authority, prima dello scoppio della guerra il settore edile impiegava 80.000 palestinesi. Raul Srugo, presidente della Israel Builders Association, afferma che dovrebbero essere aggiunti altri 35.000 palestinesi impiegati illegalmente. Ciò significa una carenza immediata di circa 120.000 lavoratori e il blocco di metà dei cantieri in Israele. Secondo la valutazione del capo economista del Ministero delle Finanze, l’assenza dei palestinesi causerà una perdita a breve termine di 2,4 miliardi di shekel nella produzione mensile del settore edile. Un altro settore in difficoltà a causa della carenza di manodopera è quello dei servizi alimentari. Il ristoratore Ilan Zigdon ha dichiarato in un’audizione alla Knesset che, secondo le sue stime, prima della guerra l’industria impiegava 7.000 palestinesi. Zigdon, presidente del South Restaurateurs' Forum, ha detto che due dei suoi tre ristoranti sono stati chiusi a causa della carenza di personale di cucina. Gli israeliani non vogliono fare quei lavo<span style="font-family: times;">ri. </span></span><span style="font-family: times;"><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Mentre l’industria edile israeliana fatica a sostituire i lavoratori palestinesi e stranieri, un cantiere di Tel Aviv ha trovato una soluzione impiegando soldati israeliani recentemente congedati, di età compresa tra 24 e 27 anni. Oltre allo stipendio di 650 shekel ( 164 euro) al giorno, c’è un generoso bonus da parte dello stato, che rende particolarmente utile questo lavoro da studente. Sono 3.000 shekel ( 758 euro) dopo il primo mese per i nuovi lavoratori nel settore, altri 3.000 shekel dopo il secondo mese e 4.000 shekel ( 1011 euro) dopo aver completato i tre mesi. Il governo ed associazioni dei costruttori hanno recentemente</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> lanciato una campagna per incoraggiare i lavori edili, concentrata sul reclutamento di uomini ultraortodossi e arabi israeliani. La campagna, che originariamente beneficiava di un piccolo budget da parte del Ministero dell’Economia e dell’Industria, ha prodotto in pochi giorni 1.100 candidati interessati. Gli israeliani scopriranno molto presto i percorsi gestionali del lavoro manuale: il caposquadra in un cantiere edile ha uno stipendio iniziale di 14.000 shekel ( 3540 euro) al mese, i dirigenti senior possono guadagnare 45.000 shekel ( 11.380 euro) al mese e attualmente mancano 2.500 capisquadra. </span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il sindacato israeliano Histadrut ha concordato con il Ministero delle Finanze che tutti i lavoratori contribuiranno con oltre 400 shekel (circa 100 euro) della loro retribuzione per finanziare il piano del governo che prevede sovvenzioni per 2 miliardi complessivi di shekel a fronte dei 9 necessari per i soldati di riserva. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e il ministro della Difesa Yoav Gallant si sono affrettati a prendersi il merito degli annunci ai media. Il ministero delle Finanze teme un’esplosione del deficit fiscale al 6-7% del pil a causa delle conseguenze della guerra, ma il governo si oppone</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> a misure dolorose per riportare il deficit entro limiti, come tagli alla spesa dei partiti di coalizione o aumenti delle tasse. Quindi non rimangono abbastanza soldi per le sovvenzioni ai riservisti. Così il presidente dell'Histadrut (Federazione Generale del Lavoro in Israele), Arnon Bar-David, ha dato l’annuncio di rinunciare al salario di un giorno bloccando l’intenzione del governo di congelare l’aumento del salario minimo, proposta ancora non del tutto esclusa da tutte le persone competenti del Ministero delle Finanze. Gli stessi riservisti, intanto, non sono stati esentati dal finanziamento delle sovvenzioni a loro stessi.</span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://conquistedellavoro-ita.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240202&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240202_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=5841B48B" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: repeat rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; padding: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-10908587444986211392024-02-05T11:10:00.001+01:002024-02-05T11:12:22.506+01:00Tutti pronti per la “malattia X”? Nuova pandemia annunciata a Davos<div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> </span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Tutti pronti per la prossima pandemia X, che arriverà probabilmente nel 2025? Sono sicura che la maggior parte delle persone nel leggere quest’articolo farà gli scongiuri, ma a sentire i guru di Davos, ebbene loro ci ragionano su per il nostro bene e il nostro benessere. Ma possiamo esserne sicuri? Mah. Intanto, su Google la parola Disease X occupa ormai pagine e pagine di ricerca e notizie, senza che ancora sia successo nulla. Ma questo qualcosa vorrà dire. Il direttore generale dell’Organizzazio ne mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha lanciato un avvertimento ai paesi affinché si preparino all’arrivo della nuova malattia X, riferisce tra gli altri Fox News. Intervenendo al World Economic Forum di Davos, Tedros ha esortato le nazioni a unirsi e firmare un trattato sulla pandemia che le aiuterebbe a prepararsi al potenziale scoppio di questa malattia, che prevede potrebbe essere 20 volte più mortale del Covid-19 e che potrebbe potenzialmente uccidere fino a 50 milioni di persone. E forse è proprio il controverso Trattato sulle pandemie, che in pratica sottrarrà ancor più azione politica ai governi col pretesto dell’emergenza, a lasciare perplessi. Adottando misure per prepararsi in anticipo alla Malattia X, i funzionari sanitari ritengono che in futuro si possano risparmiare vite umane e costi. Tedros ha aggiunto che affermato che l’Oms si sta già preparando per un’altra epidemia istituendo un fondo pandemico e un “hub di trasferimento tecnologico” in Sud Africa per facilitare la produzione locale di vaccini e affrontare la disuguaglianza dei vaccini nei paesi ad alto e basso reddito. Che attività frenetica, per contrastare una malattia oggi attualmente sconosciuta ma che potrebbe rappresentare una seria minaccia per gli esseri umani in tutto il</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> mondo. Che zelo. A Davos e dintorni si è detto con chiarezza che la pandemia di Covid- 19 ha portato a un’ondata di disinformazione senza precedenti riguardante non solo la malattia stessa ma anche il vaccino. E su questo, in un modo o nell’altro, concordiamo. La pandemia è stata lo spartiacque della tifoseria mediatica, poi cavalcata nei conflitti bellici in divenire. Niente più confronti, solo insulti tra chi la pensa diversamente. Il mainstream ribadisce che la futura pandemia potrebbe rivelarsi ancora più devastante grazie ai teorici della cospirazione che sicuramente crederanno che un nuovo virus sia parte di un complotto sinistro o addirittura una bufala. Resta il fatto che il mondo dell’informazio ne è ormai alquanto contraddittorio: se da un lato si allarma per virus ancora sconosciuti, dall’altra non si interroga su concreti malori improvvisi, morti fulminanti e aumento di tumori nell’ultimo triennio, che lascia perplessi molti cosiddetti luminari. Da dati di recente presentati relativi a tutte le età, si parla di una vera ondata di tali malattie, con un incremento nel triennio 2020-2023 a 18.000 casi, rispetto ai 7.700 del triennio 2015-2019. A questo punto arriva la domanda scomoda ma, a logica, inevitabile: “Cosa è successo di diverso</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> nell’ultim o triennio che ha aggravato in modo così drammatico una situazione già di per sé preoccupante soprattutto nei giovani? Sul punto ci sono le riflessioni dell'anatomopatologa- patologa svedese Ute Kruger, esperta di tumori mammari che nell’agosto 2022 coniò il termine “Turbo Cancer” per indicare tumori molto aggressivi, di grandi dimensioni, spesso in giovane età, che comparivano entro pochi mesi dalla vaccinazione e che sempre più frequentemente osservava; e quella di Angus Dalgleish, Direttore del Dipartimento di Oncologia della St George’s University di Londra che ha scritto una lettera aperta al British Medical Journal denunciando l’incon sueta ripresa di tumori o la comparsa ex novo a seguito della vaccinazione a mRna. Ma anche quelle della dottoressa Patrizia Gentilini, oncologa ed ematologa, che sul sito di Assis, Associazione di Studi e Informazione sulla Salute precisa che il problema è noto da anni e che già nel 2004 un articolo su Lancet lo aveva evidenziato, mostrando una costante crescita dell’incidenza di cancro da 0 a 14 anni in Europa dal 1970 al 1990. La dottoressa Gentilini riferisce di una ventina di lavori scientifici che riportano l’insorgenza di tumori (soprattutto linfomi e leucemie) </span><span style="font-size: 1em;">a distanza di pochi giorni/ settimane dalla somministrazione dei preparati contro Covid19 e altri studi eseguiti su soggetti sani, prima e dopo la somministrazione dei vaccini mRna anti covid-19, dai quali sono emerse “profonde alterazioni nelle funzioni delle cellule coinvolte nella risposta immunitaria, con esiti addirittura controproducenti per l’immunocompetenza sia a breve che a lungo termine”.</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Inoltre, la dottoressa Gentilini - medico oncologo ed ematologo, che ha lavorato per oltre 30 anni nel reparto di Oncologia di Forlì - fa cenno ai molteplici meccanismi patogenetici “attraverso cui la trasformazione neoplastica può essere indotta dai preparati con tecnologia a mRna”. Infine, conclude così il suo intervento: “Utilizzare questa tecnologia su soggetti sani nel corso della recente pandemia attraverso ‘vaccini’ da somministrare fin dai primi mesi e in tutte le età della vita, compreso soggetti fragili e donne in gravidanza, nonostante queste categorie fossero state escluse negli studi registrativi, e soprattutto continuare a insistere con queste raccomandazioni, mi appare un atto di inaudita sfrontatezza”. Prepararsi alla malattia X, nuova ipotetica pandemia, sembra però spingere di nuovo sulle inoculazioni. Nell’agosto del 2023, una nuova struttura di ricerca sui vaccini è stata creata nel Wiltshire, in Inghilterra, ed ha iniziato a lavorare su un vaccino contro la sconosciuta “Ma lattia X”. Nel giugno 2023, il Congresso degli Stati Uniti ha introdotto il “Disease X Act of 2023” (H.R.3832, disegno di legge che prevede l’istituzio ne del programma Barda (Biomedical Advanced Research and Development Authority) per lo sviluppo di “contromi sure mediche per minacce virali con potenziale pandemico”. Di certo, lontano da complottismi occorre comunque ammettere che la pandemia covid-19 ha consentito un cambiamento senza precedenti</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> nella distribuzione del potere e della ricchezza in tutto il mondo e, come previsto, non sarà un evento unico. Un nuovo contagio nascerà probabilmente nel 2025 e i media ci stanno già preparando. E i complottisti si scatenano: “La malattia X sta arrivando. Ma non è una pandemia caotica che dobbiamo gestire. È un’ar ma mortale genocida concordata dai peggiori membri dell’umanità”, afferma il fondatore di InfoWars Alex Jones su X, ex Twitter. La narrazione si è diffusa anche su Instagram, dove un post pubblicato lo stesso giorno dice: 'I globalisti non hanno problemi a rilasciare un'altra arma biologica per il potere supremo'. Un portavoce del World economic Forum ha tagliato corto in una e-mail del 19 gennaio: “La sessione è stata progettata per rispondere alla necessità di migliorare l’accesso e la resilienza nei sistemi sanitari e consentire la collaborazione pubblico- privato per garantire il benessere di tutti gli individui e mitigare i rischi, compresi carenza di personale sanitario”.</span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Altri esperti hanno affermato all’Afp che questo tipo di preparazione è effettivamente utile in caso di nuova epidemia. Ma paradossalmente il Wef rischia proprio di ripetere gli errori dell’era Covid nelle future pandemie. La tavola rotonda di Davos sulla “Malattia X” al 54esimo incontro annuale del World Economic Forum ha infatti rivelato segnali preoccupanti dell’accelerazione delle tendenze tecnocratiche nella preparazione alla pandemia, che si sono solo consolidate dopo il Covid. Il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, fa bene a sostenere, giustamente, il rafforzamento dell’assi stenza sanitaria primaria, l’i struzione e il sostegno alle comunità per aiutare a prepararsi alla Malattia X, ma non affronta le paure, né le ragioni per cui le persone potrebbero essere diffidenti nei confronti dei relatori. </span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il tema di Davos di quest’anno era incentrato sulla ricostruzione della fiducia, ma il panel sulla pandemia non ha menzionato gli errori commessi durante il periodo Covid. Curiosamente, l’unico riferimento al blocco è stato fatto di sfuggita da Preetha Reddy, un dirigente sanitario indiano che ha raccomandato che la risposta alla pandemia possa imparare di più dall’esercito, confermando che l’attenzione alla Malattia X è indicativa di un fenomeno più ampio: l’ascesa del nostro nuovo stato di sicurezza biomedica, meglio rappresentato dalle strutture di governance tecnocratiche senza valutarne le conseguenze. Battezzata nel</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Piano di ricerca e sviluppo Oms nel 2017 per aiutare a dare priorità alla ricerca e allo sviluppo, in particolare per vaccini, trattamenti e test, la malattia è diventata una forza trainante fondamentale per la proliferazione dei partenariati pubblico-privato (Ppp). La Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, un Ppp istituito dalla Fondazione Gates, ha mobilitato il mondo con il suo nuovo slogan: garantire che una nuova pandemia possa avere un nuovo vaccino sviluppato in 100 giorni, visione articolata per la prima volta dal Cepi a Davos nel 2017, e poi adottata dal G7 nel 2021 sulla scia delle caratteristiche plug and play dei vaccini Covid mRna. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’ascesa di un movimento globale tecnocratico si riflette nell’intervento di Michel Demaré, presidente del consiglio di amministrazione di AstraZeneca, che ha sottolineato la necessità di accelerare un’azione rapida per la ricerca e sviluppo, l’intelligenza artificiale e un “complesso industriale sanitario”. Una visione tecno-utopica basata su una futura emergenza sanitaria sconosciuta, catalizzatrice di una visione della risposta sanitaria dominata dal potere aziendale, i cui sforzi per prevenire la Malattia X potrebbero, di fatto, crearla. Il problema della biosicurezza dei laboratori è onnipresente e in crescita, influenzato da un desiderio insaziabile</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> di ingegneria genetica. Campanelli d’allarme su ulteriori ricerche sul guadagno di funzione su ceppi mutanti di Covid e crescenti riconoscimenti di minacce risuonano nella comunità dell’intelligence. Ma a Davos non si parla di questi sviluppi. Le élite preferiscono chiudere un occhio, ed è esattamente il motivo per cui così poche persone ora si fidano di loro. A differenza delle malattie legate allo stile di vita che potrebbero non colpire tutti, le malattie infettive possono raggiungere molte persone a causa della loro connessione con i nostri bisogni fondamentali per la sopravvivenza: aria, acqua e</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> cibo.</span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><div class="imgArt dontsplit" id="imgArt0" style="display: inline-block; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; margin: 15px 0px 10px; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative; text-align: center; width: 572px;"><img src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816/ajax-request.php?val=Image_0.jpg&action=loadImage&type=Image&pSetup=conquistedellavoro&issue=20240131&crc=conquistedellavoro_tabloid_20240131_005.pdf.0&edition=Conquiste%20del%20Lavoro&paperImage=conquistedellavoro&mtime=583EB3F4" style="cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 100%; padding: 0px; position: relative;" /><img class="imgchild" id="imgchild_0" src="https://eu1-bcdn-ama.newsmemory.com/eebrowser/ipad/html5.check.23030816//code/icons/usa/zoom_in.png" style="background: rgb(255, 255, 255); border-radius: 20px; cursor: pointer; margin: 0px; max-height: 100%; max-width: 25px; padding-bottom: 0px !important; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 0px; position: relative; right: 10px;" /></div></div></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-78842086217548434012024-02-05T11:07:00.006+01:002024-03-11T10:09:57.864+01:00Jeffrey Epstein, il “male in persona” che vaneggiava su una super razza umana<div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> </span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Sarebbero molti i nomi coinvolti: Donald Trump, Bill Clinton, il principe Andrea. Ma anche Michael Jackson, David Copperfield e l’astrofisico Stephen Hawking. I documenti resi pubblici contengono nuove e potenti prove del fatto che Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell stavano deliberatamente organizzando ricatti, come sostenuto da Virginia Roberts Giuffre, la grande accusatrice del finanziere morto suicida in cella a New York nel 2019. A di là degli scandali sessuali di cui poco ci importa, tuttavia, la storia di Epstein è interessante in quanto rivelatrice di reti di poteri internazionali. Così, l’ex agente del Mossad Ari Ben Menashe ha dichiarato che tutta l’operazione Epstein sarebbe stata in realtà una trappola ordita dal Mossad per incastrare e ricattare politici e personaggi famosi, utilizzando l’isola del faccendiere Epstein come luogo di esperimenti deprecabili. Nei file desecretati compaiono anche i nomi di Gwyneth Paltrow, Leonardo di Caprio, Kate Blanchett, Bruce Willis e Kevin Spacey. E tra i nomi spuntano anche quello del virologo Nathan Wolfe e la sua azienda californiana Metabiota, contractor del Pentagono, del cui 13% delle quote societarie è proprietario il figlio del presidente Usa Joe Biden, Hunter; nonché quello di Gayle Smith, coordinatrice globale Covid dell’amministra zione Biden, presso il Dipartimento di Stato Usa, da aprile a novembre 2021. Secondo quanto riferito da diversi media, Epstein sperava di sviluppare una super razza umana migliorata utilizzando l’ingegneria genetica e l’intelligenza artificiale. Nel suo ranch nel New Mexico giovani donne, comprese minorenni, avrebbero subito abusi con finalità di gravidanze. I documenti del tribunale affermano che alle ragazze portate sull’isola venivano forniti abiti di Victoria's Secret al loro arrivo. Le vittime avrebbero ricevuto 100 dollari l’ora, riporta la Cnn. Fin dal maggio del 2021 il</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> New York Times aveva rivelato il sogno di Epstein, dei cui piani si cominciò a parlare all’inizio degli anni 2000. Il campo di studio di Epstein era etichettato come “transumanesimo”, ma era una versione aggiornata dell’eugenetica. Secondo il Times, la cerchia di Epstein comprendeva l’ingegnere molecolare George Church; Murray Gell-Mann, che propose il quark; il biologo evoluzionista Stephen Jay Gould; il neurologo e autore Oliver Sacks; e il fisico teorico Frank Wilczek. In molte occasioni Epstein cercò di reperire fondi, come quando tenne un pranzo al Program for Evolutionary Dynamics di Harvard o creò contatti con la Worldwide Transhumanist Association mediante un progetto che ora opera come Humanity Plus. Lo psicologo cognitivo di Harvard, Steven Pinker, ha affermato di considerare Epstein un “imposto re intellettuale” dato che le idee di Epstein non sono diventate scientifiche e possono essere sottoposte ad analisi critica. Jeffrey Epstein aveva un piano simile a quello di Frankenstein per analizzare il Dna umano nelle Isole Vergini americane. La società che supervisiona il progetto,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> chiamata Southern Trust, avrebbe incassato 200 milioni di dollari, ha riferito il New York Times. I piani di ricerca genetica di Epstein erano stravaganti e inverosimili. Uno dei suoi piani meno conosciuti prevedeva il sequenziamento dei genomi delle persone. L’obiettivo era creare un motore di ricerca in grado di individuare collegamenti genetici a malattie come il cancro, secondo una trascrizione del 2012 ottenuta da Business Insider tramite una richiesta di registri pubblici. La trascrizione contiene la testimonianza di Epstein davanti all’Autori tà per lo sviluppo economico delle Isole Vergini, come parte di una richiesta di agevolazioni fiscali presentata per conto di una delle sue società, proprio la Southern Trust, </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">che avrebbe organizzato algoritmi matematici in modo da conoscere, ad esempio, la predisposizione al cancro. L’idea di sequenziare il Dna delle persone, analizzarlo e vendere le informazioni alle aziende farmaceutiche è ben nota alle aziende del settore, ad esempio. Tempo fa, la società di genetica personale 23and-Me ha firmato un accordo da 300 milioni di dollari per vendere</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> lotti di dati genetici non identificati al colosso farmaceutico GlaxoSmithKline; Calico, lo spin-off di Google dedicato all’allungamento della vita, una volta ha collaborato con il sito di genealogia e Dna Ancestry per studiare la genetica della longevità. Epstein aveva diverse società a cui è stato ripetutamente consentito di partecipare a un programma di riduzione delle tasse nelle Isole Vergini americane per gli investitori locali che spendevano 100 mila dollari o più, ha riferito il New York Times. La sua società Southern Trust ha presentato domanda per il programma nel 2012 e ha ricevuto l’approva zione nel 2014, ottenendo una riduzione del 90% dell’imposta sul reddito delle società, un’e senzione del 100% sull’impo sta sulla proprietà aziendale e la possibilità di affittare spazi a tassi inferiori a quelli di mercato nei parchi industriali situati a St. Thomas. In cambio, la Southern Trust era obbligata a investire almeno 400 mila dollari. Vanity Fair ricorda quando Jeffrey Epstein non era un mostro. Un profilo del 2003 ricorda quando il finanziere era un uomo d’affari, non un molestatore</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> sessuale. Prima di diventare il miliardario molestatore sessuale noto per aver sollecitato massaggi a ragazze minorenni in una villa del sud della Florida ricoperta di materiale pornografico, Jeffrey Epstein era un misterioso consulente finanziario che operava dalla sua isola privata nei Caraibi e che gestiva solo il denaro dei miliardari. I clienti avrebbero dato a Epstein la procura e lui avrebbe controllato tutti i loro rapporti finanziari, dalla pianificazione patrimoniale alla filantropia. Come e perché fosse riuscito a concludere questi accordi era un segreto, ma pubbliche sono le oltre quaranta denunce di abusi sessuali che sarebbero state avanzate in seguito contro di lui. In un profilo di Epstein del 2003 scritto da Vicky Ward e che Vanity Fair ha pubblicato sul suo sito web, Epstein viene presentato come guardingo, goffamente generoso, strano e molto bravo in quello che fa. La nomina di Epstein nel consiglio della Rockefeller University di New York nel 2000 lo ha portato ad una maggiore importanza sociale. Vantando nomi sociali come Nancy Kissinger, Brooke Astor e Robert Bass, il consiglio comprendeva anche scienziati eminenti come il premio Nobel Joseph Goldstein. “Grazie alle presentazioni di Epstein - racconta Martin Nowak - il biologo sarebbe passato da Princeton ad Harvard, dove assunse la posizione congiunta di professore di matematica e professore di biologia. Epstein avrebbe promesso almeno 25 milioni di dollari ad Harvard per creare l’Ep stein Program per Biologia Matematica e Dinamica Evolutiva, specializzato nella ricerca sugli algoritmi della natura. Come e perché fosse in grado di assicurarsi questi affari e perché i miliardari lo scegliessero come loro fiduciario, resta un mistero. Troppa fiducia riposta in lui. Ma il mistero più grande fosse chi in realtà si </span>nascondesse dietro di lui, che forse era solo la pedina di un gioco molto più grande. <span style="font-family: times;"> <span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il “ The Atlantic” scrive che molti di coloro che hanno beneficiato della generosità di Epstein affermano che la sua generosità non avesse alcun vincolo. Ad ogni modo la Rockefeller University istituì il Genomics Resource Center nel dicembre 2004, il ramo di maggiore interesse per Epstein. La genomica era una sua vera ossessione. La Rockefeller University ha ricevuto sovvenzioni anche dalla Fondazione Bill & Melinda Gates per sostenere il progetto di genetica umana. L’idea di sequenziare il Dna delle persone, analizzarlo e vendere le informazioni alle società</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> farmaceutiche è ben nota alle aziende del settore. Ed Epstein poteva esserne un forte cardine. L’anno scorso, la società di genetica personale 23andMe ha firmato un accordo da 300 milioni di dollari per vendere lotti de-identificati di dati genetici al gigante della farmaceutica GlaxoSmithKline; Calico, lo spinoff di Google sull’allun gamento della vita, in passato collaborava con il sito di genealogia e Dna Ancestry per studiare la genetica della longevità. Ad ogni modo, nel mondo ci sono folli che puntano sulla super razza. E c’è chi riesce a ricattare vittime con metodi ancestrali . </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Numerosi genetisti di Harvard, tra cui George Church, membro della equipe di genetica anti- coronavirus, hanno accettato le donazioni di Epstein. Anche uno scienziato di Harvard di nome Charles Lieber, pioniere delle nanoscienze, ha accettato donazioni “generose” da Epstein. Charles Lieber è stato arrestato - colpevole di aver nascosto la sua partecipazione a un programma di reclutamento talenti del governo cinese - per un collegamento non rivelato tra Wuhan e Harvard, cioè per aver creato un laboratorio biotecnologico segreto in Cina, presumibilmente per aggirare i regolamenti Usa sulla ricerca sulla</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> guerra biologica diventando uno ‘Strategic Scientist’ alla Wuhan University of Technology. Rimane un mistero anche quale dei sogni e dei piani di Epstein abbia troppo affascinato Bill Gates per poi ricevere la disapprovazione di Melinda, che dopo il divorzio ha rivelato di aver detto in termini forti a suo marito che non avrebbe dovuto associarsi con Epstein, che lei descriveva come “il male in persona”. La coppia ha continuato a lavorare insieme presso la fondazione multimiliardaria dopo la loro separazione. E oggi Bill Gates ammette senza termini per la centesima volta che non avrebbe mai dovuto pranzare con Epstein. Perché?</span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-size: 1em; font-weight: bold;">Raffaella Vitulano</span></p></div></div><br /><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-29227821464178464402024-02-05T11:05:00.002+01:002024-03-11T10:09:45.851+01:00L’indipendente Bob F.Kennedy jr. decisivo tra repubblicani e democratici <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Partito ormai il conto alla rovescia per le elezioni americane. Chi è il candidato più favorito alla corsa alla presidenza quest’anno?</span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Secondo l’ultimo sondaggio Gallup, non si tratterebbe né degli attuali leader del partito, né del presidente Joe Biden, né dell’ex presidente Donald Trump. Non si tratta nemmeno di nessuno degli altri candidati repubblicani, tra cui l’ex ambasciatrice delle Nazioni Unite Nikki Haley. Si tratta - neppure troppo a sorpresa - del candidato indipendente Robert F. Kennedy Jr., unico candidato con un indice di gradimento superiore al 50%, secondo il sondaggio. Ciò che rende la popolarità complessiva di Kennedy così alta è che è meno polarizzante rispetto alla maggior parte degli altri candidati. Rfk Jr. - ex avvocato ambientalista con un messaggio populista che piace sia ai progressisti (è favorevole all'aumento del salario minimo ) che ad alcuni conservatori intransigenti (è scettico sui vaccini, le cui conseguenze anche il presidente della Fda ora ammette essere una “catastrofe” in corso) - è il candidato che con maggiore probabilità sconvolgerà il 2024. Quasi un americano su cinque prenderebbe in considerazione votando per Kennedy, secondo un recente sondaggio della Monmouth University. In un'era di profonda polarizzazione, Kennedy ha trovato una certa popolarità nazionale non essendo particolarmente antipatico alle persone di nessun partito, anche se questo non si traduce in molti sostenitori. C'è un gruppo di americani che detesta profondamente Kennedy, un gruppo che altrimenti ci si aspetterebbe di guardare con affetto un rampollo della famiglia Kennedy di politici democratici: i democratici più anziani. I giovani democratici sono abbastanza divisi su ciò che pensano di Kennedy, con gruppi simili che hanno opinioni favorevoli e sfavorevoli. Percentuali più o meno uguali di repubblicani hanno opinioni favorevoli su Kennedy in tutto lo spettro di età. Ma è molto probabile che i</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> democratici che hanno 65 anni o più non apprezzino Kennedy, con l’80% di loro che ha un’opi nione negativa e solo il 13% un’opinione positiva. I democratici sono più propensi a dire che Kennedy è un conservatore, mentre i repubblicani sono più propensi a dire che è un liberale. Kennedy Jr. ha più sostegno di qualsiasi altro candidato di terze parti, ma ha ancora molta strada da fare per dimostrare che la sua candidatura sia al momento fattibile. Lui e gli altri dovranno affrontare la dura battaglia per qualificarsi per le elezioni poiché ogni stato stabilisce i propri requisiti. Finora, Kennedy Jr. è il primo dei suoi colleghi candidati di terze parti a qualificarsi ufficialmente per comparire nell’ele zione di novembre nello Utah. Ma perché piace così tanto agli elettori? Gli analisti politici offrono varie ragioni. Uno è che ha più a che fare con il suo famoso cognome: essendo il figlio dell’ex procuratore generale e senatore degli Stati Uniti Robert F. Kennedy e il nipote dell’ex presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy ed ex senatore Ted Kennedy. Un’altra teoria sta nella sua insolita piattaforma politica. È membro di una delle famiglie</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> più famose della politica democratica, si è identificato a lungo come democratico e inizialmente voleva sfidare Biden come democratico. Ma negli ultimi anni hastretto amicizia con figure più a destra e il covid-19 gli avrebbe offerto unapiattaforma con cui rivendicare posizioni autonome, anche rispetto ai vaccini, di cui lui parla ampiamente nel suo sito. L’avvocato ambientalista ha definito questa combinazione come quella degli “americani dei Kennedy” - contro la guerra, contro la corruzione, contro l’avidità aziendale e l’establishment – concetti che attraggono trasversalmente i membri di entrambi i principali partiti politici. Come ha affermato il New YorkIntelligencer, Trump lo definisce un liberale; Biden lo definisce un</span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">conservatore; e hanno ragione entrambi. Gallup presume che Kennedy Jr. non sia stato sottoposto al rigoroso del pubblico come hanno fatto tutti gli altri. Ma i numeri potrebbero anche suggerire un fatto che non ha nulla a che fare con lui: agli elettori americani semplicemente non piacciono tutti gli altri in corsa. Parliamo soprattutto di Trump e di Biden. Gli indici di favore di Biden sono</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> pessimi dal 2022, così come i suoi indici di approvazione sull’economia e sulla politica estera. Con tutte le battaglie legali che deve affrontare e le conseguenze della rivolta del Campidoglio del 6 gennaio, Trump non riesce nemmeno a scuotere gli indici di favore abissali. Inoltre, entrambi sono stati presidenti in passato, e storicamente i presidenti in carica hanno valutazioni di favore più basse. Può sembrare un azzardo adesso, ma se l’im magine favorevole di Kennedy Jr. dovesse reggere e lui riuscisse a partecipare ai ballottaggi di novembre, potrebbe attrarre quella che sembra essere una discreta fascia di elettori che non vogliono Trump o Biden. Infine, un altro punto sembra dirimente a favore di Kennedy: i candidati autonomi possono far pendere l’a go della bilancia in una corsa serrata. Ecco perché seguire Robert F. Kennedy Jr è importante. Dietro il trambusto delle candidature di primo livello alla Casa Bianca ci sarà un’altra corsa: lo sprint per arrivare al ballottaggio per coloro che non si candidano come repubblicani o democratici. Ed è lì che gli indipendenti Robert F. Kennedy Jr e Cornel West stanno già compilando le</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> loro pratiche e avviando la campagna elettorale, mentre altri tra cui il senatore democratico Joe Manchin e l’imprenditore Andrew Yang - stanno valutando le loro opzioni. I candidati indipendenti negli Stati Uniti si rivelano sempre controversi. Eppure un candidato indipendente potrebbe davvero cambiare l’equi librio nel 2024? Assolutamente sì. Nel 2016, circa 80.000 voti ripartiti in modo diverso in tre stati - Michigan, Pennsylvania e Wisconsin - avrebbero assicurato la vittoria di Hillary Clinton. Oggi, i sondaggi in un ipotetico incontro Biden-Trump sembrano un pareggio statistico, dando ancora più spazio a un candidato indipendente per cambiare le regole del gioco. Un sondaggio condotto all’inizio del 2024 dal think tank di sinistra Data For Progress, ad esempio, ha rilevato che un “candidato moderato e indipendente” otterrebbe il 13% dei voti e garantirebbe a Trump un leggero vantaggio nel voto popolare su Biden. Nella misura in cui ciò tiene traccia dei risultati in stati indecisi come Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Florida e altrove, anche un candidato che potrebbe guadagnare una percentuale molto più bassa potrebbe far pendere l’ago della bilancia in un’elezio ne molto difficile. La storia suggerisce anche che i candidati indipendenti possono essere decisivi. Nel 1992, ad esempio, il magnate degli affari Ross Perot guadagnò quasi il 19% del voto popolare nazionale. Sebbene non sia riuscito a portare nessuno stato nel collegio elettorale, ha contribuito a garantire la vittoria di Bill Clinton su George HW Bush. Nel 2000, l’attivista liberale Ralph Nader, candidato del Partito Verde, aprì la strada alla sconfitta di misura di Al Gore da parte di George W. Bush, in particolare nello stato decisivo della Florida. Nel 2016, gli esperti hanno analizzato i numeri e hanno scoperto che, se tutti i voti ottenuti dalla candidata del Partito Verde Jill Stein fossero andati a Clinton, avrebbe ottenuto i 270 voti elettorali necessari per essere presidente. </span><span class="Fid_0" face="Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il figlio di Robert F. Kennedy è destinato a diventare il candidato presidenziale indipendente più formidabile degli ultimi due decenni e a sconvolgere i piani dei due partiti principali. Non per niente gli operatori di entrambi i partiti si stanno già muovendo per scongiurare l’impatto. La combinazione del suo nome famoso e della diffusa insoddisfazione degli elettori nei confronti di entrambi i probabili candidati dei principali partiti lo mette nella posizione di guadagnare la quota maggiore di voti per un candidato indipendente da quando Ross Perot ottenne quasi il 19% nelle elezioni del 1992.</span><span class="Fid_0" face="Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> In una corsa serrata in cui ogni piccolo vantaggio conta, entrambi i partiti sono preoccupati di come Kennedy potrebbe tra</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><span style="font-family: times;">rre vantaggio dalle loro coalizioni. Ma Kennedy probabilmente non è il candidato giusto per allontanarli. E nel corso della campagna, è probabilmente più probabile che la candidatura indipendente di Kennedy finisca per danneggiare Trump. Kennedy ha il sostegno di un super Pac, American Values 2024, finanziato principalmente dal donatore conservatore Timothy Mellon e dal miliardario Gavin de Becker. Quel Pac aveva già 9,8 milioni di dollari in banca alla fine di giugno scorso. </span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Robert F. Kennedy Jr. sta raccogliendo assegni dai precedenti donatori di Donald Trump a un ritmo molto più elevato rispetto agli ex contributori di Joe Biden, segno che l’aspirante presidente indipendente potrebbe ottenere di più dall’elet torato repubblicano rispetto agli elettori democratici. Anche se entrambi i partiti insistono sul fatto che Kennedy non sarà un fattore importante nella campagna elettorale, c’è chiara ansia riguardo al suo potenziale impatto, soprattutto tra i repubblicani. L’analisi delle donazioni elettorali di Kennedy alla data di scadenza più recente</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> mostra infatti che la sua cospicua base di donatori ha una chiara tendenza repubblicana. American Values 2024, il super Pac che sostiene Kennedy, ha formalmente incaricato tre società di raccogliere le firme degli elettori in Arizona, Georgia e Michigan, secondo Tony Lyons, co-fondatore del gruppo. I lavoratori assunti dalle aziende hanno iniziato a raccogliere firme in Georgia il 20 gennaio, ed Arizona e Michigan sono a seguire. Lyons afferma che finanzierà e guiderà la raccolta delle firme per Kennedy in 10 degli stati con la più alta soglia di petizioni elettorali richieste.</span></span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-17839523165378158982024-02-05T11:03:00.002+01:002024-03-11T10:09:31.610+01:00Prove di terza guerra mondiale. Così l’Europa si prepara contro la Russia <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="font-family: times;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">I funzionari del Ministero della Difesa tedesco gettano acqua sul fuoco con la “Bild” senza affrontare scenari specifici delineati in un documento: “Posso dirvi che considerare diversi scenari, anche se estremamente improbabili, fa parte delle attività militari quotidiane, soprattutto nell’adde stramento”. Fatto sta che l’Europa si starebbe preparando al fatto che il presidente russo Vladimir Putin possa espandere la guerra del suo paese in Ucraina attaccando i paesi alleati della Nato il prossimo anno, secondo quanto rivelano documenti trapelati pubblicati sul quotidiano tedesco. Secondo la testata – che ha ottenuto informazioni militari riservate dal Ministero della Difesa tedesco – le forze armate del paese si stanno preparando per un attacco russo “ibrido” nell’Europa orientale. Il giornale spiega in dettaglio come potrebbero manifestarsi molteplici potenziali scenari allarmanti nei prossimi mesi. Uno di questi scenari, soprannominato “Alleanza di difesa 2025”, inizierà a febbraio, con la Russia che mobiliterà altri 200.000 soldati. Incoraggiata dal prosciugamento del sostegno finanziario occidentale all’Ucraina, la Russia lancerebbe quindi una massiccia “offensiva di primavera” contro le forze armate ucraine. Il potenziale scenario delinea come la Russia potrebbe iniziare a dichiarare guerra nei Paesi Baltici entro luglio utilizzando “gravi attacchi informatici”, suscitando malcontento tra i cittadini russi in Estonia, Lettonia e Lituania. Entro settembre, tali scontri, mostrano i documenti riservati, potrebbero essere utilizzati dalla Russia come impulso per scatenare “Zapad 2024”, una “esercitazione” militare su larga scala che radunerebbe circa 50.000 soldati russi nell’ovest del paese e in Bielorussia. Da lì, secondo lo scenario, la Russia potrebbe spostare</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">truppe e missili a medio raggio a Kaliningrad, un territorio russo di 86 miglia quadrate incastrato tra Lituania e Polonia, entrambi membri della Nato. Secondo i documenti, la Russia potrebbe bombardare la regione con la propaganda avvertendo di un imminente attacco da parte delle forze Nato, con l’obiettivo finale di conquistare un’area conosciuta come Suwalki Gap, uno stretto corridoio polacco-lituano che si trova tra la Bielorussia e Kaliningrad. Entro dicembre, secondo il complotto - un esercizio di scenario peggiore - la Russia potrebbe quindi approfittare del periodo di transizione successivo alle elezioni presidenziali americane e usare la propaganda, proclamando fittizi “conflitti di confine” o “rivolte con numerose morti” per incitare alla violenza. nell’area di Suwalki Gap e seminano disordini, riferisce Bild. Una parte fondamentale del piano, secondo i documenti, potrebbe essere quella di sfruttare il vacillante sostegno occidentale all’U craina per lanciare una massiccia “offensiva di primavera” nel paese. A seguito di una riunione</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nelgennaio 2025, la Russia potrebbe quindi accusare falsamente gli alleatioccidentali di complottare contro il regime di Putin, cosa che potrebbe poiutilizzare per radunare truppe in Bielorussia e nei Paesi Baltici entro marzo 2025. Il documento trapelato afferma che in questo scenario 30.000 soldati tedeschi sarebbero schierati per la difesa, mentre circa 70.000 forze russe si sarebbero ammassate in Bielorussia. Entro maggio 2025, tale accumulopotrebbe spingere la Nato ad attuare “misure di deterrenza credibile” per prevenire ulteriori incursioni russe, che si traducono in un combattimentotra truppe occidentali e forze russe. Putin e i funzionari russi, dal canto loro, hanno ripetutamente negato che intendano intensificare il conflitto ucraino</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">oltre i confini del paese. Mosca ha deriso decisamente un articolo di un giornale tedesco secondo cui Berlino si sta preparando ad un conflitto armato tra Nato e Russia. Il documento visto dal tabloid a diffusione di massa, che sembra piuttosto essere uno scenario</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> di esercitazione, non è stato verificato in modo indipendente. Newsweek ha contattato il Ministero della Difesa tedesco e la Nato per un commento. La portavoce degli affari esteri russi Maria Zakharova ha liquidato le previsioni come quelle che si potrebbero trovare in un “oro scopo”. Al centro della questione del mantenimento del sostegno militare da parte degli alleati dell’Ucraina per combattere l’aggressione russa è l’argomentazione secondo cui l’Ucraina sta combattendo per tutto l’Occidente.</span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Nel dicembre 2023, il presidente Joe Biden ha affermato che se Vladimir Putin avesse vinto in Ucraina, la Russia avrebbe attaccato un membro dell’alleanza, un’afferma zione respinta dal presidente russo come 'totale assurdità'. Zakharova ha deriso lo scenario riportato in un post su Telegram: “Ho letto il 'piano segreto' tedesco trapelato nelle informazioni della Bild. È come un potente oroscopo dell’anno scorso per i Pesci in Cancro”, ha ironizzato. Secondo l'articolo 5 del trattato Nato, un attacco armato contro</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> un membro dell'alleanza è considerato un attacco contro tutti e costringerebbe a una risposta collettiva. Per questo ad oggi gli alleati di Kiev hanno cercato di fornire aiuti senza essere direttamente coinvolti nella guerra. Bild ha affermato che il documento “Allian ce Defense 2025” delinea uno scenario in cui l’escala tion potrebbe iniziare già a febbraio, quando la Russia lancerà un’altra ondata di mobilitazione. Entro luglio, la Russia potrebbe iniziare a condurre attacchi informatici e altre forme di guerra ibrida, principalmente negli stati baltici di Estonia, Lettonia e Lituania, dove inciterebbero le minoranze etniche russe. La Russia potrebbe usare questi scontri come pretesto per schierare truppe nella regione attraverso l’e sercitazione Zapad 2024 che coinvolgerà 50.000 soldati nella Russia occidentale e in Bielorussia a partire da settembre. Mentre i piani ottenuti dalla Bild rappresentano uno scenario potenziale preparato dai generali dell'esercito tedesco, gli alleati europei prendono sul serio la minaccia della Russia e si stanno preparando di conseguenza. La settimana scorsa, il Ministro della Difesa Civile svedese Carl-Oskar Bohlin, invitato dalla NATO, ha dichiarato alla conferenza “Po polo e Difesa” che la guerra in Svezia è possibile. Il suo sentimento è stato prontamente ripreso dal comandante in capo militare del paese, Micael Bydén, che ha affermato: “Dobbiamo prepararci il più possibile, a tutti i livelli, in tutta la società”, ha scritto la Cnbc. Alcuni analisti, tuttavia, pensano che il rilascio di tali documenti sia intenzionale e finalizzato a scuotere gli alleati per inviare più armi, munizioni e sostegni economici all’U craina. Nell’ultima guerra della Russia con l’Ucraina, iniziata nel febbraio 2022, si stima che mezzo milione di soldati ucraini e russi siano stati uccisi o feriti. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La Germania fornirà all'alleanza militare della Nato 35.000 soldati a partire dal 2025, ha dichiarato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, secondo un rapporto dell'agenzia di stampa Dpa. L’annuncio è legato a piani estesi - che contano circa 4.000 pagine - elaborati dall’alleanza. Descrivono in dettaglio come i luoghi critici sul territorio della Nato dovrebbero essere protetti mediante deterrenza e difesi in caso di emergenza. Ben 300.000 soldati ed equipaggiamenti della Nato dovranno essere assegnati per un rapido</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> dispiegamento dai loro paesi d'origine verso un territorio o paese specifico. La Germania metterà a disposizione circa 200 aerei e altre risorse chiave per un rapido dispiegamento, ha affermato Pistorius. Circa 4.000 soldati tedeschi saranno stazionati permanentemente in Lituania. I piani sono stati elaborati alla luce della guerra della Russia in Ucraina e mirano a preparare l'alleanza militare agli scenari peggiori come un attacco a un membro della Nato, da parte della Russia o di un gruppo terroristico. </span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Perfino il Times of India e Alaska Commons dedicano spazio al documento tedesco che descrive le possibili azioni russe e occidentali mese per mese, con l’ipotetico scenario dell’“Allean za di Difesa 2025” che prevede il dispiegamento di “centinaia di migliaia di soldati della Nato e lo scoppio di una vera e propria terza guerra mondiale nell’estate del 2025”. In quel giorno “X”, secondo l’esercito tedesco, l’Al leanza avrebbe schierato 300.000 uomini sul fianco orientale, compresi 30.000 soldati tedeschi. Una preparazione</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> minuziosa che, se da un lato è da considerare mera esercitazione alla stregua di un Risiko da tavolo, dall’al tra allarma per la volontà di perseguire conflitti nel mondo nonostante quelli già accesi stiano dimostrando il loro difficile contenimento. La situazione in Ucraina ha già dimostrato la capacità dei conflitti localizzati di avere implicazioni internazionali più ampie. Questi sviluppi evidenziano il fragile equilibrio di potere in Europa e il potenziale di un’escalation che potrebbe avere conseguenze di vasta portata.</span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-size: 1em; font-weight: bold;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-size: 1em; font-weight: bold;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-2854792867547347002024-02-05T11:01:00.001+01:002024-03-11T10:09:09.312+01:00Wikileaks ha tolto i filtri attraverso cui vediamo il mondo <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Roma, Napoli, Bologna, Bari e decine di altre si schierano con il giornalista di Wikileaks, Julian Assange, assegnandogli la cittadinanza onoraria. Fa eccezione secca Milano: “Uno Stato ha il diritto di secretare i suoi documenti”. Questione di opinioni. “Il 20 e 21 febbraio 2024 - giorni per le prossime udienze d’appello presso l’Alta Corte britannica - potrebbero costituire l’ultima occasione per fermare la sua estradizione, fa appello la moglie Stella Assange. E’ il momento di agire per sostenerlo. Ora o mai più”. Sul numero del 5 gennaio abbiamo raccontato delle petizioni bipartisan al Congresso degli Usa in favore della liberazione del giornalista. Oggi vogliamo tornare sul caso Assange raccontandone la storia e i retroscena della sua cattura. Cosa ha fatto Julian Assange per meritarsi tanto odio feroce e un carcere duro nei suoi confronti? Nel 2019 Assange è stato accusato ai sensi dell’Espionage Act per il suo ruolo in quello che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha descritto come “una delle più grandi diffusioni di informazioni riservate nella storia degli Stati Uniti”. Le accuse riguardavano il ruolo di Assange, 10 anni prima, nell’aiutare l’ex analista dell’intelligence dell’esercito americano Chelsea Manning a far trapelare informazioni riservate destinate a “ferire” gli interessi degli Stati Uniti o il vantaggio di nazioni straniere mediante “in trusioni informatiche” violando password sui computer del Dipartimento della Difesa. Oggi Assange è privato della libertà da un decennio e rischia fino a 175 anni se estradato negli Usa per aver rivelato la verità su guerre e rapporti internazionali. Assange ha rivelato, in migliaia di file riservati, comunicazioni tra gli operativi e il Pentagono o il Dipartimento di Stato, squarciando il velo su terribili verità riguardanti le guerre in Afghanistan e Iraq, sulle torture praticate su persone arrestate,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> mettendo in rete informazioni e filmati dopo averli controllati uno per uno eliminando ciò che poteva mettere in pericolo qualcuno (chiedendo per questo anche la collaborazione - mai data - dello stesso Dipartimento di Stato). Quando si quantificano le pubblicazioni che secondo i funzionari statunitensi hanno violato la sicurezza nazionale, il volume della produzione di WikiLeaks è impressionante. Nel caso che coinvolge Manning e Assange si presume la pubblicazione di database contenenti circa 90.000 rapporti di attività significative legate alla guerra in Afghanistan, 400.000 rapporti di attività significative legate alla guerra in Iraq , 800 resoconti di valutazione di detenuti di Guantanamo Bay e 250.000 dispacci del Dipartimento di Stato americano. Numeri da capogiro, ma essenziali. Mentre il mondo osserva con frustrazione e disprezzo il modo in cui viene trattato Julian Assange, pochi rivisitano alcuni degli orribili dettagli che Manning e WikiLeaks hanno contribuito a esporre. “Quelle pubblicazioni, in quel momento, rappresentavano probabilmente la libertà di</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> stampa e la libertà di Internet nella loro forma più forte. E da allora, abbiamo assistito a una serie di iniziative legislative nei Five Eyes ma anche altrove, per fermare questo genere di cose in modi diversi” spiega Robinson, del team legale di Assange. Nel 2006, Assange hainiziato a lavorare su WikiLeaks, un sito web destinato a raccogliere e condividere informazioni riservate su scala internazionale, e nel 2010 si è guadagnato il titolo di “Persona dell'anno” dalla rivista Time. Poi, il crollo.Cercando di evitare l’estradi zione in Svezia per accuse di violenza sessuale, Assange ha ottenuto asilo politico dall’Ecuador e si è rifugiato presso l’am basciata del paese a Londra nel 2012. Nel</span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 578px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">2016, il suo lavoro ha attirato nuovamente l’atten zione internazionale quando WikiLeaks ha pubblicato migliaia di e-mail dalla candidata presidenziale americana Hillary Clinton e dal Comitato nazionale democratico. Dopo che il suo asilo è stato revocato nell’apri le 2019, Assange è stato incriminato negli Stati Uniti per aver violato l’Espionage Act: le autorità statunitensi accusarono Assange di aver cospirato con</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> l’ex analista dell’intelligence dell’esercito Chelsea Manning per entrare in un computer governativo riservato al Pentagono. Julian Assange è però un ex informatore che ha cambiato il corso della storia e ha limitato un genocidio in corso, impedendo la morte sia di soldati americani che di civili vietnamiti. In un’epoca in cui i giornalisti tradizionali sono stati trasformati in propagandisti di uno stato aziendale, WikiLeaks si è distinto per la sua ostinata ricerca della verità. È questa sfida nel portare alla luce la criminalità che ha fatto guadagnare a Wiki-Leaks in generale, e a Julian Assange in particolare, il disprezzo e il disprezzo degli autocrati, non solo di Washington. Verità inconfessabili e orrendi crimini commessi a danno dei più deboli: l’ipocrisia come regola morale in politica estera. Ma WikiLeaks ha tolto i filtri attraverso i quali normalmente siamo indirizzati a vedere il mondo e se oggi abbiamo un’idea del numero di civili uccisi in Iraq e Afghanistan durante l’inva sione americana, o dei crimini di guerra degli Stati Uniti, come l’esecuzione di undici persone ammanettate, tra cui cinque</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">bambini, in un raid del 2006 una casa in Iraq, lo dobbiamo a lui. Dobbiamo a persone coraggiose come Assange gratitudine e solidarietà per il patrimonio di verità che ci ha offerto. Senza il suo lavoro non sapremmo che il Segretario di Stato Hillary Clinton era pienamente consapevole che l’Arabia Saudita era una fonte di “soste gno finanziario fondamentale” per i Talebani e Al Qaeda; o che il governo britannico stesse fuorviando l’opinione pubblica riguardo alle sue intenzioni nei confronti degli ex abitanti di Diego Garcia, molti dei quali furono sfollati negli anni Sessanta e Settanta per far posto a una base americana. Assange ha anche rivelato anche come la Cia affronta la questione dei cosiddetti assassinii mirati. Questi risultati sono costati ad Assange anni di reclusione e reclusione e le sue condizioni mediche hanno iniziato a peggiorare drasticamente. Nel gennaio 2021, il giudice britannico Vanessa Baraitser si è pronunciato contro la sua estradizione in quanto sarebbe stata “oppri mente” date le sue condizioni mentali. Gli Stati Uniti hanno quindi fatto appello alla sua sentenza e hanno vinto, e l’e stradizione di Assange è stata approvata nel giugno 2022. Gli avvocati di Assange hanno presentato ricorso all’Alta Corte britannica nonché alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La prospettiva del processo di Assange ai sensi dell’Espionage Act del 1917 - un’accusa contemplata da Barack Obama, perseguita energicamente sotto Donald Trump e incontrastata, finora, da Joe Biden – ha generato un lento crescente senso di allarme nei media alla libertà di stampa. Ciò è stato dimostrato con la massima forza in una dichiarazione congiunta firmata a fine novembre dal New York Times, dal Guardian, da Le Monde, da El País e da Der Spiegel, le principali pubblicazioni che hanno collaborato con Assange nella pubblicazione degli scoop di WikiLeaks.</span></p><p class="abody split" style="color: #333333; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ritenere responsabili i governi è parte della missione fondamentale di una stampa libera in una democrazia” . I media chiedono quindi al governo degli Stati Uniti “di porre fine al processo contro Julian Assange per aver pubblicato segreti. Pubblicare non è un reato”: in un articolo pubblicato su Harper’s, il giornalista britannico Andrew Cockburn racconta come i documenti pubblici siano pieni di prove che Assange abbia fatto di tutto per eliminare i nomi dai documenti prima di pubblicarli. Il Pentagono, nel frattempo, ha dedicato enormi sforzi per dimostrare il contrario.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Nel 2017, mentre Assange era sequestrato negli angusti confini della sua piccola stanza nell’ambasciata ecuadoregna, WikiLeaks ha svelato in lotti successivi il materiale della Cia noto collettivamente come Vault 7, mettendo a nudo l’interesse dell’agenzia nel prendere il controllo di tv, smartphone e browser web. Questo enorme scoop – “la più grande perdita di dati nella storia della Cia”, secondo una valutazione interna avrebbe suscitato scalpore, la maggior parte proveniente da Michael Pompeo, l’ex membro del Congresso del Kansas che era stato nominato direttore della Cia da Trump.</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La sofferenza progressivamente grave inflitta al signor Assange, a seguito del suo prolungato isolamento, equivale non solo a detenzione arbitraria”, si legge in un rapporto delle Nazioni Unite del 2020, “ma anche a tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti”. La stessa Corte Suprema statunitense, nel 1971, ha deliberato che è lecito rivelare segreti di Stato se è nell’interesse pubblico farlo. Ma nel 2019 l’amministrazione Trump ha voluto creare un precedente, in barba alla sentenza della Corte Suprema, proprio per poter incarcerare qualsiasi</span><span class="Fid_2" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> giornalista che, in qualsiasi Paese del mondo, riveli segreti ' scottanti' per l’amministrazione Usa, spiega Patrick Boylan, già professore di Inglese per la Comunicazione Interculturale all’Università Roma Tre, ora condirettore del Journal of Intercultural Mediation and Communication. Tre le ipotesi possibili a soluzione di un incredibile caso giudiziario. La prima è l’estradizione. Seconda ipotesi, il ricorso contro la sentenza dell’Alta Corte dello scorso 6 giugno potrebbe essere accolta, sospendendo automaticamente l’ordinanza di estradizione. Terza ipotesi: il perdono presidenziale di Joe Biden.</span></span></p><p class="abody split" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-size: 1em; font-weight: bold;"><br /></span></p><p class="abody split" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-size: 1em; font-weight: bold;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1156px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-60006899307703104182024-01-14T10:20:00.005+01:002024-03-11T10:08:37.678+01:00Il Wef volge al declino. Tramonta Schwab ma risorge Tony Blair col suo club d’élite <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Con oltre 800 dipendenti in 40 paesi, l’ex primo ministro Tony Blair è probabilmente più potente di quanto lo fosse al n. 10 di Downing Street e i suoi consigli valgono milioni di dollari. E’ cresciuto, il cerbiatto britannico della Terza Via, allargando gli orizzonti dai tempi di Londra. In un’intervista al Financial Times, l’ex premier britannico ha rivelato che il suo Tony Blair Institute for Global Change punta a realizzare quest’an no la bellezza di 140 milioni di dollari di ricavi offrendo consulenze ad oltre 40 governi. Consulenze tutte da scoprire, dato che la crescita dell’istituto è destinata a continuare: “Siamo in oltre 30 Paesi, ne abbiamo aggiunti nove lo scorso anno e ne aggiungeremo nove forse quest’anno. Abbiamo una lista d’attesa di governi che vogliono entrare nel programma”, spiega Blair. Cifre record se si considera che i 140 milioni di dollari di ricavi di quest’anno sono il triplo rispetto ai 45 milioni del 2020 e il 16% in più rispetto al 2022. In pratica, il club di Blair realizza le sue entrate prevalentemente inviando i suoi consiglieri (tra cui Sanna Marin, l’ex premier della Finlandia) ai governi. Blair è il presidente esecutivo e spesso il primo punto di contatto dei leader che cercano consigli. Blair è stato duramente criticato per aver offerto consulenze anche al saudita Mohammed bin Salman, ma non fa una piega: “Non ho assolutamente dubbi sul fatto che i cambiamenti che stanno effettuando sono di enorme importanza sociale ed economica e in termini di sicurezza dell’a rea”, ha spiegato l’ex primo ministro britannico. La sua influenza oggi è tale da sfidare anche Klaus Schwab, principe del World Economic Forum che la prossima settimana si riunisce di nuovo a Davos. Blair un tempo era un uomo di Davos, ne conosce bene i meccanismi. Blair ha tratto molta ispirazione dal mondo degli affari al punto da sostenere su Newsweek nel 2015: “Puoi essere un grande comunicatore, ma una volta al potere, sei un amministratore delegato e devi gestire un’attività”. “Il</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> World Economic Forum è il nostro principale esempio dell’a scesa di un’élite globale autoselezionata. È solo uno delle migliaia di nuovi istituti privati focalizzati sul servizio pubblico in tutto il mondo. Molti sono guidati da individui. Blair è uno di quelli”, aggiunse il Newsweek citando anche il miliardario gestore di hedge fund George Soros e la sua Open Society; la Fondazione Mo Ibrahim, fondata dal miliardario sudanese delle telecomunicazioni; la Fondazione Clinton; la Fondazione Bill e Melinda Gates: “Questa non è la morte della democrazia. È un perfezionamento da parte di quei vincitori della razza umana il cui successo li aliena dalle sue imperfezioni. Il sottotesto del Wef, dei think-tank, dei gruppi e delle fondazioni umanitarie che oggi costituiscono una vasta industria globale, è espressamente elitario: la democrazia sta fallendo e loro – i ricchi e capaci, i guru, i promotori e gli agitatori – sono nella posizione migliore. Se tutto il rumore intorno a lui lo ha mai influenzato, ora non ha davvero importanza. Blair si è lasciato alle spalle la politica. La sua posizione non dipende più dagli altri, dagli eventi o dalle opinioni. Il suo è andare oltre, lavorare</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> su qualunque cosa abbia scelto” scriveva Alex Perry nel 2015. Durissima l’analisi del giornalista finanziario svizzero Klaus Stöhlker, che su su In$ide Paradeplatz paragona il Wef ad un venditore ormai troppo lento per i nostri tempi. Solo un terzo dei precedenti 3.000 manager sono infatti attesi nell’edizione 2024. Stöhlker ne ha per l’ex primo ministro britannico, presentandolo come “ un mediocre socialdemocratico che amava assicurareai suoi elettori che avrebbe potuto farlo 5 volte a notte con sua moglie”. Il giornalista ricorda poi che Blair guidò gli inglesi nella guerra in Iraq, che Gerhard Schröder, all’epoca cancelliere tedesco, rifiutò. “Per questo motivo, fino a poco tempo fa Blair era stato tagliato politicamente dal suo partito, i socialdemocratici. Ora tocca al suo collega di partito Schröder, messo al bando perché preferiva vivere con Vladimir Putin piuttosto che con </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">il cancelliere tedesco Olaf Scholz”. “Blair - prosegue - è chiaramente in procinto di istituire una versione moderna del Wef. Preferisce evitare le migliaia di imprenditori e top manager vanitosi e concentrarsi interamente sui padroni, in linea con la tendenza della nuova</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> globalizzazione, dove i capi delle aziende più piccole vengono smistati a favore di quelli delle grandi organizzazioni che fanno davvero la differenza”. </span><span style="font-size: 1em;">La crisi a Davos si vede: mentre negli anni precedenti, a inizio anno, i principali media internazionali speculavano sui visitatori illustri di Davos e sulle interviste in cui Klaus Schwab si limitava a borbottare, oggi regna un silenzio di tomba su un evento che ha dominato la stampa mondiale per oltre 50 anni. L’appello di Schwab a Davos quest’anno è Ricostruire la fiducia, ma “il Wef 2024 sembra una falsa partenza e sembra che gli anni d’oro del Wef di Davos siano finiti”. </span><span style="font-size: 1em;">Klaus Schwab, brillante uomo di marketing ginevrino che pose la sede del Wef nell’esclusi vo sobborgo ginevrino di Cologny, entrò in carica 56 anni fa con il grido di battaglia ’Miglio rare la situazione del mondo’. </span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ma molti dei giovani leader mondiali collocati da Schwab nei governi di tutto il mondo, dalla Merkel a Trudeau e Macron a Karl-Theodor Freiherr zu Guttenberg, Olaf Scholz e Baerbock, non hanno convinto. “Schwab vedeva il Premio Nobel per la pace sempre più vicino. Il suo ego come leader della pace nel mondo è cresciuto</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> oltre il Cervino e il Monte Bianco. Ma dopo l’11 settembre e l’attacco al World Trade Center di New York, il miglioramento del mondo era finito. Gli Stati Uniti hanno intrapreso guerre inutili in Iraq e Afghanistan. La Nato e le sue truppe ausiliarie europee hanno avuto il naso insanguinato in varie piccole guerre. Il miglioramento del mondo secondo il modello Schwab è addirittura avvenuto: sono iniziati 20 anni buoni per milionari e miliardari, che nemmeno una grave crisi finanziaria ha potuto cambiare”. Tuttavia la gente è rimasta povera. E lo è diventata ancora di più. I maestri cinesi apprendisti a Davos con straordinaria diligenza, hanno implementato i messaggi del capitalismo nel proprio paese e in breve tempo hanno creato una Cina che l’Occidente libero, democratico e basato sulle regole non poteva immaginare. “Il Wef, un prodotto di Google, Bill Gates, Blackrock e migliaia di altre società, si è espanso nel mondo. Klaus Schwab, allievo di Kissinger, non ha realizzato le speranze riposte in lui”: senza mezzi termini, il giornalista finanziario si chiede realisticamente come ripristinare la fiducia intenzionalmente distrutta tra Stati Uniti e Russia? Certamente non con i “tea party” a Davos. Come ripristinare la crisi di fiducia tra Occidente e Cina? Con una discesa nella neve alta che raramente è più disponibile? Come ricostruire la fiducia in una guerra in Ucraina che avrà successo per l’Occidente? Con 100 miliardi dall’Europa perché gli americani non vogliono e non possono più pagarli. Come si dovrebbe rafforzare la fiducia all’interno Ue e costruire la fiducia della Svizzera nella Ue? Come si dovrebbe mantenere la fiducia delle persone nelle democrazie? “La missione del Wef prevedeva il ritorno della civiltà occidentale ad un sistema feudale di privilegi illimitati sulla classe operaia”. Se oggi il Wef di Schwab si indebolisce, è solo un segno che la sua missione volgerà presto al termine e che ora è iniziata la fase finale della missione: il ritiro tattico. Il punto è che se a cambiare il mondo deve essere il cinico Tony Blair, sarà difficile uscirne bene dal 2024. </span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Trasformare idee audaci in realtà. Aiutare i governi e i leader a fare le cose, fornendo consulenza su strategia, politica e realizzazione, sfruttando il potere della tecnologia in tutti e tre i settori. Così si presenta Institute Global, il think tank di Tony Blair che produce ricchezza ai clienti ma ne riceve anche molta in cambio di consigli dispensati ad hoc. Dieci i punti individuati per i governi: investimenti nella salute; obiettivi Net-Zero; finanziamenti internazionali sul clima; sicurezza alimentare; intelligenza artificiale; sistemi di identità comuni nei servizi pubblici; infrastrutture</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> digitali; nuove forme di lavoro; catene di fornitura offshoring; governance politiche tecnologiche. “La sfida più grande che i leader devono affrontare oggi - si legge nel sito - è la capacità di portare a termine le cose. Quindi concentriamo il nostro lavoro lì. Lavorando fianco a fianco con leader politici e governi, forniamo supporto per promuovere un cambiamento reale e duraturo. La più grande opportunità per i governi oggi è la rivoluzione tecnologica. In tutto il nostro lavoro, aiutiamo i leader a sfruttare il potere della tecnologia per creare un cambiamento reale per le loro persone”. </span><span class="Fid_2" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il World Economic Forum (Wef) è un aggregatore globale finanziato da contributi delle aziende associate che raccoglie leader mondiali del settore privato, della politica, dell’accademia e della società civile per discutere questioni globali chiave e cercare soluzioni condivise. E’ stato fondato nel 1971 da Klaus Schwab e la sua annuale riunione con di capi di stato e di governo e leader del settore privato si tiene a Davos, in Svizzera. La Great Reset Initiative - di cui molto si parla e scrive soprattutto nel mondo cosiddetto complottista - è un piano di ripresa economica elaborato dal Wef in risposta alla pandemia di Covid-19</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> lanciato nel giugno </span><span style="font-size: 1em;">2020, con un video dell’allora principe di Galles, Carlo. Le critiche al Wef riguardano il fatto che sia un’organizzazione che rappresenta principalmente gli interessi del settore privato, mentre dovrebbe essere più equilibrato nella rappresentanza degli interessi di tutti gli stakeholder, tra cui i governi e la società civile. C’è poi la critica sull’esclusività delle aziende che partecipano al Wef, poiché solo le grandi aziende sono invitate a partecipare. Inoltre, l’elitismo e l’esclusività del Wef può anche essere visto come contrario all’idea di una partecipazione democratica e trasparenza nei processi decisionali.</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-38105030720028046492024-01-14T10:17:00.002+01:002024-03-11T10:08:23.530+01:00'Dammi le mie ossa': le famiglie ucraine combattono per la verità sugli scomparsi <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">AKateryna Dembovska è stato detto che suo marito era morto. Ma ci sono ragioni per dubitare della versione ufficiale dell’esercito ucraino. Lo scrive Katerina Farbar, raccontando che quando il marito di Kateryna Dembovska scomparve in azione nel maggio dello scorso anno, le fu detto che tutto ciò che era rimasto di lui e della sua unità erano un corpo e due sacchi neri in un obitorio di Mykolaiv. Secondo la sua brigata, Volodymyr Dembovskyi, artigliere di una compagnia di fanteria motorizzata, è stato bruciato vivo in un attacco di artiglieria russa contro un villaggio nel sud dell’Ucraina.</span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Gli altri soldati, compreso il loro comandante, non sarebbero stati in grado di salvare lui e altri sei soldati poiché il loro edificio era stato avvolto dalle fiamme. Ma Dembovska non crede alla leadership della 59a Brigata o alle sue indagini e ha cercato da sola di scoprire esattamente cosa sia successo a suo marito l’8 maggio 2022. “Voglio sapere la verità, anche se è morto, e sento nel profondo che non è così”, ha detto a openDemocracy Dembovska, ingegnere della sicurezza ferroviaria. Lei è una delle migliaia di persone i cui parenti in servizio nell’esercito ucraino sono considerati dispersi. Insieme ai civili dispersi, i soldati dispersi in Ucraina sono circa 24.000, secondo un registro ufficiale. Come ha scoperto openDemocracy, l’e sperienza dei parenti dei soldati dispersi può variare da brigata a brigata. In questo caso, una storia di conflitto che ruota attorno al comandante del battaglione, così come il trattamento dei parenti da parte della brigata, dice Dembovska, ha portato lei e altri parenti a dubitare della versione ufficiale. “Se è morto come si dice - bruciato - allora dammi quelle ossa”, ha detto Dembovska. Per mesi, i parenti dei soldati hanno detto a openDemocracy che la 59a Brigata non ha fornito il numero</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> esatto dei soldati morti nell’attacco russo, né ha condotto un’indagine interna, né ha comunicato adeguatamente con i parenti. In alcuni casi il comportamento della leadership della brigata è stato aggravato dalla maleducazione dei funzionari militari, che secondo le famiglie hanno trattato il loro dolore come un fastidio e il loro desiderio di sapere cosa è successo ai loro figli e mariti come intempestivo. Due famiglie hanno seppellito quelli che gli era stato detto fossero i resti dei loro figli senza ricevere alcuna risposta alle loro preoccupazioni. I parenti dei soldati dispersi spesso hanno solo frammenti di informazioni sull’ultima ubicazione dei loro cari, informazioni ricevute nelle rare occasioni in cui hanno ricevuto una telefonata o un messaggio. Per le truppe di prima linea la comunicazione è un privilegio solo nei momenti di inattività da parte delle forze russe. Se accade il peggio, a volte i parenti ricevono il corpo della persona amata e possono seppellirlo. Altri potrebbero trovare una foto del soldato in un campo di prigionia russo (Pow). Se un</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> soldato muore ed è impossibile recuperare il suo corpo, i suoi commilitoni informeranno i parenti più prossimi di averlo visto morire. Questo è quello che è successo a Dembovska, madre di due figli, che all’inizio ha creduto alle affermazioni della brigata secondo cui i pochi resti dei corpi dei sette soldati si trovavano nell’obitorio di Mykolaiv. I test del Dna dovevanoessere condotti rapidamente affinché i parenti potessero celebrare i funerali.Tuttavia, si aspettava un resoconto ufficiale della morte di suo marito, come secondo le leggi. Ma ciò non è avvenuto. Per mesi l’in dagine della brigata sull’attacco dell’inizio di maggio 2022 non si è concretizzata, e nemmenoun’indagine della polizia. Nei giorni prima della scomparsa, Volodymyr </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">aveva espresso preoccupazione sulla sua sopravvivenza, dicendo che l’artiglieria ucraina nelle vicinanze si stava comportando male. L’artiglieria ucraina schierata nelle vicinanze di stanza a Novohryhorivka, ha detto, non aveva risposto al fuoco dell’artiglieria russa. La 59a Brigata ha impiegato quasi un anno</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> per avviare le indagini sulle circostanze della scomparsa dei sette soldati. Solo nell’aprile 2023, secondo un documento visionato da openDemocracy, la 59a Brigata ha condotto le indagini richieste dalla legge sulla scomparsa dei soldati. Fino al novembre 2022, la brigata ha affermato di non poter avviare l’indagine perché Novohryhorivka si trovava in una zona di combattimento attiva. L’11 novembre dello scorso anno l’intera regione di Mykolaiv è stata dichiarata sotto il completo controllo ucraino. Nel frattempo, le spiegazioni del comandante dell’unità, Yan Yatsyshyn, non hanno soddisfatto i parenti dei soldati. Nelle telefonate e nelle chat di Signal, Yatsyshyn ha detto a Dembovska che i soldati erano stati bruciati vivi nel seminterrato dell’edificio. Eppure i compagni di suo marito hanno detto a Dembovska che Yatsyshyn era raramente in prima linea con i soldati. OpenDemocracy ha visto una copia dell’indagi ne della brigata, infine prodotta nell’aprile 2023, che mostra discrepanze sull’ora dichiarata dell’inizio del fuoco dell’artiglie -ria</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> russa. Un consulente legale militare che in precedenza ha prestato servizio come avvocato in un'altra brigata sostiene che, secondo la sua esperienza, di solito ci sono buone ragioni per ritardare le indagini sui soldati scomparsi. Ad esempio perché la brigata sta combattendo in prima linea. Ma in questo caso c’erano attriti tra il comandante Yatsyshyn e i suoi subordinati. Nelle prime fasi della guerra della Russia contro l’Ucraina, ha detto Dembovska, suo marito e i suoi commilitoni avevano avuto “conflitti” con la leadership del battaglione perché non avevano ricevuto l’intero stipendio e per essere stati mandati a combattere senza ciò che consideravano attrezzature e armi necessarie. Yatsyshyn ha detto a open-Democracy che Dembovskyi e altri soldati “avevano scioperato” per gli stipendi non pagati nella primavera del 2022, ma ha detto di non conoscerne il motivo poiché non era stato fisicamente presente durante lo sciopero. In un altro presunto episodio un soldato ha accusato Yatsyshyn, e un gruppo composto da un massimo di altri dieci soldati, di averlo picchiato. Quel soldato, Oleksandr Huryn, ci ha mostrato le immagini dei lividi che dice siano stati causati dal pestaggio, così come un rapporto medico ufficiale che descrive le sue ferite a seguito della presunta aggressione di Yatsyshyn. La schiena e le gambe di Huryn appaiono gravemente contuse durante una visita in ospedale. Huryn, un soldato esperto assegnato al comando di Yatsyshyn dalla 123a brigata ucraina, ha affermato di aver ricevuto questa ”punizione” nel settembre 2022 per aver disobbedito a un ordine di Yatsyshyn che considerava illegale sostenendo che mancavano ordini chiari: “Mi ha picchiato con un manganello della polizia in faccia, dicendo: '<span style="font-family: times;">Imparerai cosa succede quando non ascolti i miei comandi'”, ha ricordato Huryn. </span></span><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Un test del Dna è l’ultima parola per stabilire se i resti di un soldato sono quelli di un parente che una famiglia può seppellire, e il servizio forense del ministero degli Interni ucraino conduce i relativi test per i soldati scomparsi e i loro parenti. Ma sebbene i parenti stretti del gruppo di soldati abbiano fornito campioni di Dna per confermare i resti nelle settimane successive all’attacco dell’8 maggio, sono seguiti mesi di attesa per una risposta da parte delle forze dell’ordine di Mykolaiv. Sono seguiti mesi di strazio. Solo nel novembre 2022</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Dembovska è stata informata dai pubblici ministeri di Mykolaiv che, all’epoca, non c’era “nessuna corrispondenza” tra i presunti resti di suo marito e l’anali si eseguita sul Dna grazie al fratello, ma l’indagine sul caso di Volodymyr Dembovskyi scomparso in azione rimane aperta. Registrato ufficialmente come soldato scomparso e non come vittima, Volodymyr era rimasto sul libro paga dell’unità dopo l’attacco del maggio 2022. Era questo che aveva tratto in inganno la famiglia. Ma l’aveva anche insospettita fortemente. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Quando sua madre smise improvvisamente di ricevere i pagamenti nel gennaio 2023, chiamò la brigata e qualche tempo dopo, in aprile, le fu detto dal commissario militare venuto a casa sua che Volodymyr era stato ufficialmente dichiarato morto. Nonostante non le sia stato permesso di ottenere un’analisi del Dna indipendente diversi mesi dopo la scomparsa di Volodymyr, Dembovska ora si considera fortunata: all’inizio di quest’anno, ha trovato un uomo in una fotografia ufficiale di una colonia carceraria russa nella regione occupata di Luhansk</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> che crede assomigli a suo marito. Kateryna crede che suo marito possa essere il secondo uomo da sinistra, il cui volto è parzialmente nascosto da un letto. Ciò ha dato a Dembovska una nuova speranza di non lasciarsi convincere a seppellire i resti finché non sarà certa che appartengano a suo marito. Eppure Dembovska dice di essere preoccupata per la liberazione di suo marito dalla prigionia russa. Se Volodymyr ritorna, teme, potrebbe ritrovarsi di nuovo in prima linea, o addirittura finire in prigione se accusato di essersi arreso volontariamente.</span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1179px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-46001191414615814162024-01-14T10:14:00.001+01:002024-02-19T10:30:23.816+01:00A favore di Julian Assange, perché il giornalismo non è un crimine <div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ennesima petizione bipartisan al Congresso degli Stati Uniti in favore della liberazione di Julian Assange. Uno stupratore, un terrorista e una spia che ha sulle mani il sangue di innocenti: con queste pesantissime accuse Julian Assange - giornalista che con la sua organizzazione WikiLeaks ha rivelato al mondo le prove di crimini di guerra, torture e altri sporchi segreti dei potenti - da oltre un decennio è al centro di una feroce e sistematica persecuzione politica, aveva ribadito in un libro appassionante e inquietante Nils Melzer, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura: indagato in Svezia per stupro e negli Stati Uniti per spionaggio, rifugiato per sette anni</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">nell’ambasciata ecuadoregna a Londra, dal 2019 Assange è rinchiuso nel famigerato carcere di massima sicurezza di Belmarsh, la Guantánamo britannica, in attesa della decisione sull’estradizione richiesta dagli Stati Uniti, dove l’attivista australiano rischia fino a 175 anni di carcere. Il libro, già presentato all’Ordine nazionale dei giornalisti, documenta nei dettagli come i governi di Stati Uniti, Regno Unito, Svezia ed Ecuador abbiano messo illegalmente a tacere il fondatore di Wiki-Leaks. Le sue rivelazioni sono esplosive: Assange ha dovuto affrontare gravi violazioni del diritto a un giusto processo, prove manipolate, tortura psicologica, sorveglianza costante, diffamazioni e intimidazioni. Un vero e proprio calvario</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> che il compianto Daniel Ellsberg, whistleblower dei Pentagon Papers, ha definito “lo scandalo giudiziario del secolo”. Ed è ora Paul Gosar a presentare una risoluzione in cui afferma che “le attività giornalistiche regolari” sono protetti dal Primo Emendamento e che il governo degli Stati Uniti dovrebbe porre fine ai procedimenti giudiziari contro il fondatore di Wikileaks Julian Assange, accusato di aver pubblicato documenti militari statunitensi riservati. Assange deve affrontare 17 accuse per presunto ricevimento, possesso e comunicazione al pubblico di informazioni riservate ai sensi della legge sullo spionaggio e un'accusa di presunta cospirazione per commettere intrusioni informatiche. Le accuse sono state</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> avanzate dall'amministrazione Trump in relazione alla pubblicazione nel 2010 di dispacci trapelati a Wikileaks dall’analista dell’intelligence dell'esercito americano ed soldato dell'esercitoChelsea Manning che descrivevano dettagliatamente i crimini di guerra commessi dal governo degli Stati Uniti nella baia di Guantánamo, a Cuba, nel campo di detenzione, in Iraq e in Afghanistan. I materiali denunciavanoanche casi di torture e consegne da parte della Cia. 13 anni fa è statopubblicato anche un video che mostrava l’esercito americano che uccidevacivili in Iraq, tra cui due giornalisti della Reuters. La risoluzione cita che Assange, cittadino australiano, è stato accusato dal governo degli Stati Uniti di presunta associazione a delinquere finalizzata all'intrusione informaticacon l’accusa di aver aiutato Manning ad accedere ai </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">computer del Dipartimento della Difesa senza autorizzazione, anche se Manning “aveva già accesso al suddetto computer”, che la presunta violazione dei computer del Dipartimento della Difesa era impossibile e non c’e rano prove che il signor Assange avesse avuto contatti con Manning. La risoluzione arriva dopo numerosi altri sforzi bipartisan quest'anno da parte dei legislatori degli Stati Uniti e dell'Australia, che chiedono agli Stati Uniti di ritirare le accuse e di porre fine alle loro richieste di estradizione. I gruppi bipartisan invitano il presidente Biden ad archiviare il caso contro il fondatore di WikiLeaks Julian Assange, avvertendo della grave minacce alla libertà di stampa in caso di condanna. Lo scorso settembre, una delegazione di parlamentari australiani provenienti da tutto lo spettro politico ha visitato Washington e ha incontrato funzionari statunitensi per fare pressioni a favore di Assange. Il primo ministro australiano Anthony Albanese</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> ha sollevato il caso con il presidente Biden durante la sua visita alla Casa Bianca in ottobre. Anche Marjorie Taylor Greene, repubblicana, e Alexandria Ocasio-Cortez, democratica, hanno stabilito un’al leanza con l’obiettivo comune di liberare il fondatore australiano di WikiLeaks, il giornalista Julian Assange. La voce collettiva avverte di un potenziale danno alle relazioni bilaterali Usa-Australia se il procedimento giudiziario contro Assange continua. La loro lettera aperta al Presidente afferma con enfasi che “è dovere dei giornalisti ricercare fonti, comprese prove documentali, per riferire al pubblico sulle attività del governo”. Il gruppo avverte inoltre che un procedimento giudiziario così frivolo potrebbe potenzialmente criminalizzare le pratiche giornalistiche standard, sopprimendo così il funzionamento di una stampa libera. “Il punto è che il giornalismo non è un crimine”, ha detto il rappresentante Jim McGovern. “La posta in gioco è troppo alta perché possiamo restare in silenzio”. Assange soffre di problemi di salute fisica e mentale, inclusi problemi cardiaci e respiratori. Profonde preoccupazioni riguardo a questo caso sono state ripetutamente espresse dai media internazionali, dai difensori dei diritti umani e dalla libertà di stampa e dai membri del Congresso Implorando gli americani di mettersi nei panni australiani, l’ex vice primo ministro australiano Barnaby Joyce ha detto ai giornalisti dopo aver incontrato i funzionari statunitensi durante la sessione parlamentare: “Immagina se il governo australiano dicesse ad un americano: 'Ehi tu, per quanto ci riguarda, hai commesso un crimine e andrai a Canberra dove noi ti manderò in prigione per 175 anni. Ti sentiresti come un topo in un tubo di scarico”<span style="font-family: times;">. </span></span><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Secondo il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, Assange è stato arbitrariamente privato della sua libertà da quando è stato arrestato il 7 dicembre 2010. Dov’è oggi l’indignazione per il silenzio su Julian Assange? Perché delle sorti dell’infor matore si parla sempre poco e sempre con cautela? Eppure il 12 ottobre 1969 il giornalista Daniel Ellsberg copiò un dossier segreto con l’intento di svelare la verità sulla guerra del Vietnam, costruita sulle fondamenta della menzogna. Alla fine la verità si è scontrata con le bugie</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> di politici e burocrati; il segretario alla Difesa Robert McNamara ha successivamente ammesso che l’attacco nel Golfo del Tonchino non ha mai avuto luogo, ma la guerra ha portato alla morte di 58.200 americani e ha distrutto la vita di oltre 2 milioni di vietnamiti. Fu questa perniciosa operazione di inganno - intesa a tenere il pubblico all’oscu ro - che spinse Ellsberg ad agire. La decisione di Daniel Ellsberg di pubblicare i Pentagon Papers è stata un atto di valore riconosciuto da tutti: le sue azioni hanno salvato innumerevoli vite. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Julian Assange è un ex informatore che ha cambiato il corso della storia e ha limitato un genocidio in corso , impedendo l’inutile dissoluzione sia dei soldati americani che dei civili vietnamiti. In un’epoca in cui i giornalisti tradizionali sono stati trasformati in propagandisti di uno stato aziendale, WikiLeaks si è distinto per la sua ostinata ricerca della verità. È questa sfida nel portare alla luce la criminalità che ha fatto guadagnare a Wiki-Leaks in generale, e a Julian Assange in particolare, il disprezzo e il disprezzo degli autocrati di Washington e di tutte le</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> capitali europee, nonché di funzionari pubblici che salgono sul podio per tenere lezioni a dittatori insignificanti sul buon governo e sul rispetto della libertà di stampa mentre tentano di silenziare i giornalisti e limitare la libertà di stampa. Quella vera. Per onorare Ellsberg e il suo lavoro sui Panama Papers - ad esempio è necessario non solo ricordarlo come una figura storica, ma portare avanti il suo lavoro e la sua eredità per smantellare la macchina della guerra che ha causato troppe vittime e porre fine al regime di segretezza che sempre l’accompagna.</span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1179px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-85599923048384828132023-12-31T11:37:00.007+01:002024-02-19T10:30:11.104+01:002024, Odissea negli spazi: a sistemarli ci penseranno i robot <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">A fine anno si tirano le somme di quello passato e si profetizza su quello futuro. Allegramemte o tristemente, dipende solo dal nostro spirito. I fatti, però, concorrono a darci un’idea di ciò che ci aspetta. E’ quanto pensiamo leggendo che nel 2024 probabilmente le macchine si creeranno da sole: la RoboFab, ad esempio, apre una fabbrica in cui i robot vengono creati dagli stessi robot prodotti. Sarà un trend? Agility Robotics ha annunciato l’imminente apertura della sua nuova struttura RoboFab a Salem, in Oregon. L’impianto di 70.000 piedi quadrati sarà in grado di produrre più di 10.000 robot umanoidi Digit all’anno. I lavori di costruzione saranno completati proprio nel 2024. Una delle caratteristiche più notevoli di Digit è il design del suo “volto”. Il robot è dotato di una testa minimalista con un design bianco e aerodinamico, grandi occhi led lampeggianti e un indicatore luminoso aggiuntivo sul retro. Come ha sottolineato un rappresentante</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> dell’azienda, gli occhi animati migliorano l’interazio ne con le persone trasmettendo informazioni e intenzioni al robot attraverso semplici espressioni e movimenti facciali. Un’altra aggiunta interessante sono i bracci meccanici. Sono adattati per funzionare con attrezzature da magazzino, come i contenitori. Progettare bracci robotici non è un compito facile, soprattutto quando si tratta di renderli scalabili, agili e sufficientemente resistenti da resistere agli abusi quotidiani. La caratteristica principale dell’im pianto è propro che i dispositivi di questo stesso modello saranno coinvolti nello stesso processo di produzione. Agility Robotics apre così una nuova pagina nella storia della robotica commerciale, che avrà sicuramente un impatto sul mercato del lavoro e sulla vita di tutti i giorni, aiutando Amazon e altre aziende giganti con trasporti, sollevamenti e spostamenti pericolosi.Recentemente anche Pechino ha annunciato l'obiettivo di produrre in serie robot umanoidi entro il 2025. Ma per Digit c’è già un</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> crescente arretrato di ordini. Agility ha prodotto circa 100 robot dalla sua fondazione nel 2016 e prevede di spostare la produzione di Digit dalla sede centrale di Tangent, Oregon, alla più spaziosa sede di 70.000 metri quadrati. Le aziende che partecipano al Programma Partner di Agility riceveranno la consegna dei loro robot nel 2024, prima di una consegna più ampia nel 2025. Ed ecco che il nuovo anno segnerà una svolta nel mondo produttivo. Costruire robot bipedi in grado di camminare senza cadere è una sfida ingegneristica che ha messo in difficoltà molti campioni della robotica. Dare loro mani e braccia abili e programmarli in modo che possano lavorare in sicurezza insieme (per ora) agli umani sono altri grandi ostacoli. I concorrenti in questo spazio includono Tesla con il suo Optimus, Boston Dynamics con Atlas , Sanctuary AI con Phoenix, Figure con il suo robot omonimo e Apptronik con Apollo. Amazon, che impiega una moltitudine di robot orientati allo scopo, recentemente sta testando Digit</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> in un laboratorio a sud di Seattle. L’utilizzo iniziale di questa tecnologia sarà quello di aiutare </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">i dipendenti nel riciclaggio delle borse, un processo altamente ripetitivo di raccolta e spostamento delle borse vuote una volta che l’inventario è stato completamente prelevato dalle stesse. Digit può spostare, afferrare e movimentare gli articoli negli spazi e negli angoli dei magazzini in modi nuovi e le sue dimensioni e forma” sono adatte per edifici progettati per gli esseri umani”. Dopo le polemiche del Black Fridaye e gli scioperi ad oltranza, Amazon punta sull’Agili tà attraverso il suo Fondo per l'innovazione industriale, presumibilmente come parte di un round di finanziamento da 150 milioni di dollari. Quante volte vi sentite scarichi per il troppo lavoro?. Ecco, a differenza vostra, Digit capisce quando sta esaurendo le batterie e sa avvicinarsi e collegarsi da solo alla stazione di ricarica. o di ricaricarsi.Testando i robot in laboratorio, Amazon spera di capire come potrebbero muoversi in un vero centro logistico circondato da persone.</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Un robot bipede può gestire una superficie irregolare meglio di un robot su ruote. Per tranquillizzare gli umani sulò fatto che i robot tolgano loro lavoro, Amazon incontrerà il Mit in ottobre per un progetto che mira a studiare l’impatto dell'automazione sul lavoro. La multinazionale sostiene che i 750 mila robot distribuiti nell’ultimo decennio hanno contribuito a creare 700 nuove categorie di posti di lavoro per gli esseri umani. Mah. “I robot sono bravi a svolgere compiti ripetitivi e prevedibili e, così facendo, possono consentire ai dipendenti di assumersi responsabilità più complesse che ci aiutano a soddisfare meglio i clienti”. La forza lavoro umana di Amazon sta imparando a conoscere i propri colleghi robot che costano dai 10 ai 12 dollari l’ora, secondo Damion Shelton, CEO di Agility Robotics. Ma Amazon sta commettendo un errore investendo in robot umanoidi per le attività di magazzino? Aaron Saunders, CTO di Boston Dynamics, ha dichiarato a TechCrunchche mentre i robot umanoidi hanno “grande potenziale” nel colmare il gap tecnologico e saranno fondamentali nel campo della robotica generica, “gli umanoidi non sono necessariamente il fattore di forma migliore per tutte le attività. Solo perché gli esseri umani possono spostare le scatole non significa che siamo il fattore di forma migliore per completare tale compito” spiega Saunders, aggiungendo che Boston Dynamics' robot Stretch, un robot mobile automatizzato che ha un braccio simile a una gru e si muove su ruote, non è un umanoide e, di conseguenza, può “spostare scatole in modo più efficiente ed efficace di un essere umano”. Gli esseri umani, insomma, rompono le scatole più dei robot. Soprattutto nel campo delle rivendicazioni sindacali. Facciamocene una ragione. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Punti di forza di Digit sono la capacità del robot di adattarsi alle infrastrutture di magazzino esistenti e alle planimetrie non necessariamente progettate per i robot e l’automazione. “Immaginate i robot che lavorano in spazi costruiti per le persone, accanto alle persone” dice un narratore in una pubblicità per Digit, descrivendo il robot alto oltre un metro e mezzo con gli occhi sorridenti come “avvicinabile”. Boston Dynamics - filiale della casa automobilistica Hyundai - afferma di aver ottenuto qualcosa di simile anche con Stretch, un robot con un braccio simile a una gru che si</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> muove su ruote e che può entrare nelle strutture o nelle infrastrutture già esistenti, avendo il potenziale di svolgere diverse attività in tutto il magazzino, tra cui la depallettizzazione degli articoli e il caricamento dei camion. E così mentre l’attuale applicazione di Digit si concentra solo sullo spostamento di pacchi, la sua azienda afferma sul suo sito web che la prossima applicazione del robot riguarderà lo scarico dei rimorchi e, più avanti, il servizio di consegna alle persone. In confronto, le applicazioni attuali e future di Stretch sembreranno limitate agli spazi di magazzino. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il co-fondatore e Ceo di Agility Robotics, Damion Shelton, sostiene che il robot da magazzino è “solo il primo caso d’u so” di una nuova generazione di robot che spera verrà abbracciata piuttosto che temuta mentre si preparano a entrare nelle aziende e nelle case: “Tra 10, 20 anni vedrete questi robot ovunque”.Ford è diventato uno dei primi clienti di Digit nel 2020, annunciando l’intenzione di utilizzare il robot bipede per le consegne dei pacchi mentre le case automobilistiche si preparano a un futuro in cui le autovetture possono effettuare consegne a domicilio.</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Sebbene ciò possa evocare terrificanti immagini della cultura pop di macchine fantascientifiche senzienti che conquistano il mondo, il video dimostrativo rivela qualcosa di molto più banale, se non noioso. A chi l’ha visto, Digit sembra più “l’incarnazione fisica dell’intelligenza artificiale”. Nessuno stupore per qualcosa di più che annunciato. La clip mostra il monologo interiore del goffo Digit sovrapposto allo schermo mentre il robot riflette lentamente sul suo compito. Gli uomini sanno fare di meglio che raccogliere i contenitori della spesa e spostarli.</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-size: 1em; font-weight: bold;">Raffaella Vitulano</span></p></div></div><br />Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-8674936038065998082023-12-31T11:35:00.004+01:002024-02-19T10:29:57.563+01:00Russia, come la guerra sta cambiando il lavoro <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Tutto per il fronte. Ovvero, come la guerra sta cambiando il mercato del lavoro russo. Lo sfruttamento sta diventando sempre più diffuso nei luoghi di lavoro russi in un contesto di grave carenza di dipendenti. Adolescenti, anziani e persino prigionieri stanno colmando drastiche lacune nella forza lavoro russa create da persone reclutate nell’esercito o in fuga dal Paese. Lo racconta Azamat Ismailov, citando il demografo indipendente Alexey Raksha, per il quale la guerra in Ucraina ha portato alla carenza di circa un milione di persone nel mercato del lavoro russo. Ciò include un numero di persone tra 300 mila e 500 mila che sono stati reclutati nell’esercito durante la mobilitazione dello scorso anno, e almeno mezzo milione in più che hanno lasciato il paese dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Sempre meno lavoratori stranieri arrivano nella Federazione Russa, mentre molti di coloro che sono già nel Paese stanno valutando la possibilità di tornare in patria. Raksha, che</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">coordina gli attivisti coinvolti in un’organizzazione sindacale, ha affermato che molti dei giovani che non sono stati ancora mobilitati temono che le aziende li consegnino al Ministero della Difesa. Di conseguenza, preferiscono lavorare nell’economia sommersa o essere lavoratori autonomi piuttosto che cercare un lavoro legale. I loro timori sono comprensibili: molti datori di lavoro russi sono direttamente coinvolti nella mobilitazione e nella coscrizione per il servizio militare. Dall’anno scorso, il ministero della Difesa ha richiesto alle aziende di tenere i registri militari dei propri dipendenti e ricevono regolarmente richieste per garantire la presenza dei propri dipendenti all’ufficio di registrazione e arruolamento militare. Un sistema simile operava nell’ex Urss e non è mai stato abolito formalmente. In una lettera pubblicata sul canale Telegram “Sisifo del lavoro”, un dipendente anonimo di uno stabilimento della difesa ha scritto che gli uomini vengono indotti con l’inganno a credere che lavorare li esenterà dall’obbligo di arruolarsi</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">nell’esercito. Raccontano che con l’inizio della mobilitazione magari lo stabilimento ha ricevuto l’autorizzazione ad esentare i lavoratori dal servizio attivo e, aspettandosi un aumento degli ordini, ha cominciato ad assumere tutti coloro che non volevano andare nella zona di combattimento. Ma i nuovi arrivati hanno una spiacevole sorpresa. Su richiesta delle autorità, lo stabilimento è obbligato a privare il 20% dei lavoratori dall’esenzio ne. Se ci saranno nuove ondate di mobilitazione, ciò avverrà a spese di coloro che sono arrivati per ultimi. La carenza di manodopera è solitamente una buona notizia per i lavoratori. I salari aumentano, le condizioni di lavoro diventano più sopportabili e i lavoratori discriminati hanno maggiori possibilità di trovare lavoro in Russia, soprattutto nelle fabbriche legate agli ordini della difesa statale, dove le donne, gli anziani e le persone con disabilità sono più richiesti che mai. Ma la crescita dell’occupazione e del reddito ha un prezzo elevato. Molti dipendenti vengono esortati a lavorare a un ritmo stakanovista, </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">riferendosi proprio al movimento stakanovista dell’era di Stalin che prende il nome da un minatore di carbone, Alexei Stakhanov, noto per aver lavorato </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">così duramente da produrre più carbone del necessario e il cui esempio è stato utilizzato dal governo per sfruttare i lavoratori. I datori di lavoro non solo motivano i lavoratori con bonus, ma li costringono anche a fare straordinari, anche se i lavoratori raccontano che ciò avviene spesso in un modo che, a livello superficiale, appare volontario. Alcuni stabilimenti che producono attrezzature militari hanno introdotto la giornata lavorativa di 12 ore e la settimana lavorativa di sei giorni. Molti dipendenti sono contenti di guadagnare di più. Sergei, un impiegato in una fabbrica della AvtoVaz, un’azienda automobilistica statale russa, dice: “Nella nostra produzione, i salari sono aumentati. Ciò è dovuto principalmente alla comparsa di un bonus per l’assentei smo (un bonus per non aver perso alcuna ora di lavoro). “Quelli di noi che non hanno mollato, ora lavorano sette giorni su sette</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> e fanno gli straordinari. Tutto questo viene pagato al doppio della tariffa. Gli stipendi sono buoni. È realistico ricevere una paga superiore a 150mila rubli (circa 1.350 sterline). Ma il lavoro, ovviamente, è estenuante”.</span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il rovescio della medaglia di tali iniziative è l’aumento degli infortuni e dei decessi sul lavoro. Un altro collaboratore del canale Telegram 'Sisifo del lavoro' ha scritto: “Secondo le istruzioni di Putin, ci viene dato il diritto di trascorrere la nostra vita al lavoro. Ogni giorno potete restare quattro ore in più e siete cordialmente invitati a lavorare 12 ore nel vostro giorno libero. Non devi andare in vacanza, solo lavorare e lavorare. Chi lavora in questo modo ha cominciato a svenire e ad andare in congedo per malattia con malattie croniche che si sono riacutizzate”. La direzione di un’azienda fa annunci a gran voce: 'Lavoreremo sei giorni alla settimana, 12 ore al giorno', spiega Alexey, “Ma la realtà è diversa. In tutte le aziende che conosco bene gli straordinari restano volontari, perché non ci sono abbastanza risorse. Un manager dirà: 'Tutto è per il fronte!' Ma il caposquadra dirà agli operai: Non sarà così”. Cosa accadrà in futuro, quando i combattimenti finiranno o le autorità perseguiranno una nuova ondata di mobilitazione? Pavel Kudyukin, veterano del movimento democratico e sindacale di sinistra della fine degli anni '90, ritiene che la smobilitazione dell’esercito e la conversione della produzione militare nel dopoguerra potrebbero provocare un aumento della disoccupazione con il ritorno di migliaia di uomini in Russia, innescando un’esplosione del malcontento sociale. L’effetto di un nuovo ciclo di mobilitazione di massa potrebbe essere simile all’effetto di uno sciopero generale: gli uomini in età lavorativa verranno ritirati in massa dai loro posti di lavoro e non ci sarà nessuno a lavorare. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Anche i prigionieri vengono sempre più reclutati nel mondo del lavoro, con diverse grandi imprese russe che hanno recentemente annunciato la loro disponibilità ad assumere detenuti. Tra queste Ozon (società di e-commerce soprannominata “l’Amazon della Russia”). Sebbene i datori di lavoro affermino che le condizioni di lavoro dei prigionieri sono le stesse dei dipendenti civili, fino al 75% dei loro stipendi può essere trattenuto dallo Stato. Ciò significa, in pratica, che molti prigionieri sono vittime del lavoro forzato. Vladimir Putin ha recentemente approvato la</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> sostituzione della reclusione con il lavoro forzato per 100 mila detenuti, e il vice primo ministro Marat Khusnullin promuove l’idea di sostituire i migranti nei cantieri con prigionieri. Ma è improbabile che una simile pratica si diffonda, poiché decine di migliaia di prigionieri sono già stati reclutati per combattere la guerra in Ucraina, che ha creato problemi al settore carcerario. Le aziende gestite dal Servizio penitenziario federale, responsabile dei servizi penitenziari, sono così a corto di lavoratori che stanno prendendo in prestito personale dalle fabbriche ordinarie. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Altro chiaro indicatore della militarizzazione dei rapporti di lavoro è lo sfruttamento della manodopera giovanile, anche nella produzione militare. Le imprese della difesa a Omsk - una città nella Siberia orientale - non possono assumere lavoratori e stanno lavorando al reclutamento dalle scuole. Agli studenti che hanno completato la nona classe (14 o 15 anni) viene promesso un lavoro dopo un anno di studio in una scuola tecnica. In Tatarstan i minorenni assemblano droni kamikaze iraniani come parte del loro percorso scolastico. Ancora più spesso, gli scolari cuciono uniformi militari, reti mimetiche, francobolli e</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> così via come parte della loro educazione patriottica. In tutta la Russia, la domanda di dipendenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni è aumentata del 60-70% quest’anno, secondo i reclutatori, facilitata da una nuova legge che consente ai minorenni di firmare contratti di lavoro senza il permesso dei genitori o dei tutori. I bambini di età compresa tra 14 e 16 anni possono lavorare fino a 24 ore settimanali in alcuni settori, salendo a 36 ore per quelli sopra i 16 anni. In Tatarstan, un nuovo disegno di legge consentirebbe agli adolescenti di età compresa tra 16 e 18 anni di lavorare in industrie pericolose come produzione di armi.</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-75064776804238067642023-12-31T11:32:00.001+01:002024-02-19T10:29:45.946+01:00Si scrive Onu e si legge multinazionali. La vittoria del modello multistakeholder <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Nick Corbishley non ha dubbi: il modello multistakeholder adottato dalle Nazioni Unite conferisce alle aziende ancora più potere sulla società, sull’economia e sull’ambiente, a scapito delle istituzioni democratiche nazionali. Il giornalista investigativo sostiene che nel mezzo di guerre che si propagano e di altre crisi globali, la presa del controllo delle Nazioni Unite da parte del World economic Forum continua a ritmo sostenuto. E’ una questione di potere, ma non necessariamente politico. Anzi. L’importante, per il Wef, è saperli plasmare i politici. Ma questo lo vedremo dopo. Torniamo al vertice COP 28 di pochi giorni fa, tenutosi a Dubai, una delle città più climatizzate del pianeta. Inevitabile che i gruppi indigeni abbiano scatenato una tempesta per il numero senza precedenti di lobbisti dei combustibili fossili presenti ai colloqui delle Nazioni Unite. Secondo un’analisi citata dal Guardian, almeno 2.456 lobbisti dei combustibili fossili hanno avuto accesso ai negoziati. Si tratta di quattro volte il numero registrato per la Cop27 di Sharm el-Sheikh, di per sé un anno record, e sette volte il numero di delegati indigeni ufficiali. Ai negoziati erano fortemente rappresentate anche le grandi aziende agricole, il che non sorprende dato che uno dei principali punti di discussione dell’evento di quest’anno è stato il problema delle emissioni del settore alimentare.</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Le lobbies presenti alla Cop28</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Erano presenti partecipanti provenienti da alcune delle più grandi aziende agroalimentari del mondo – come l’azienda di confezioni di carne Jbs, il gigante dei fertilizzanti Nutrien, il gigante alimentare Nestlé e</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> l’azienda di pesticidi Bayer, nonché potenti lobbies del settore. Gli interessi dei produttori di carne e latticini erano particolarmente ben rappresentati con 120 delegati a Dubai, il triplo del numero che ha partecipato alla Cop27 a Sharm El-Sheikh, in Egitto. Nel complesso, l’analisi della lista dei delegati mostra che il numero totale di persone che rappresentano gli interessi dell’a groalimentare è più che raddoppiato dal 2022 fino a raggiungere 340. Decuplicati rispetto al 2022 anche gli oltre 100 delegati recatisi a Dubai come parte delle delegazioni nazionali, il che garantisce un accesso privilegiato ai negoziati diplomatici. Il rapido aumento sia del numero che, presumibilmente, dell’influenza dei lobbisti aziendali al vertice delle Nazioni Unite sul clima è parte di un cambiamento raramente discusso ma estremamente significativo nella governance globale che è in corso da decenni ma è pericolosamente vicino al completamento: la presa di potere delle Nazioni Unite</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> da parte delle multinazionali e comunque delle aziende. Un processo destinato ad accelerare ulteriormente. La completa sottomissione dell’Onu agli interessiaziendali, delineata dal World Economic Forum con la sua Global RedesignInitiative nel 2010 e perseguita con successo da allora, dovrà essere sancita nelle regole e nei regolamenti dell’organiz zazione mondiale in occasione del Future Summit delle Nazioni Unite del 2024. Ciò è importante anche per il previsto accordo sulla pandemia, che consiste nel conferire all’Oms poteri di gran lunga maggiori di quelli avuti sino a pochi anni fa. E’ su questo che punta il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che ha istituito un comitato consultivo di alto livello sul multilateralismo </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">efficace per elaborare proposte di riforma. Ma il gruppo G77, che rappresenta i paesi del Sud del mondo, oppone resistenza. Il modello multi-stakeholder” non li convince affatto. L’attuale sistema di governance globale assegna sempre</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> meno ruolo ai governi e maggiore ruolo alle aziende di tutte le dimensioni, che guidano il progresso nelle nuove tecnologie; le aziende energetiche, industriali e agricole sono responsabili di una parte enorme delle nostre emissioni globali di carbonio e dell’inquina mento; le banche e le società finanziarie gestiscono i nostri flussi finanziari globali; e le aziende private consegnano la maggior parte dei nostri beni.</span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">I l processo decisionale intergovernativo</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ma i nostri trattati multilaterali ignorano in gran parte questi attori, presupponendo erroneamente che l’azione dello Stato sia sufficiente per regolare questa rete globale di attori privati. Ma questo sembra ormai impossibile nei fatti. Se ne compiacciono evidentemente il World Economic Forum e i suoi tre dirigenti più anziani: Klaus Schwab, il suo presidente esecutivo; Mark Malloch- Brown, allora vicepresidente; e Richard Samans, il suo amministratore delegato.</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La creazione di un sistema di governance multi-stakeholder è ormai di fatto parziale sostituzione del processo decisionale intergovernativo. Principale stakeholder del Wef sono le imprese transnazionali, che oggi dominano i processi politici, finanziari, economici e produttivi. Se sancito nelle norme e nei regolamenti delle Nazioni Unite in occasione del Future Summit delle Nazioni Unite, il modello multi-stakeholder del Wef garantirà alle aziende, molte delle quali in parte o addirittura in gran parte responsabili delle gravi crisi che il mondo si trova ad affrontare, ancora più potere e influenza su società, economia e ambiente, a scapito delle istituzioni democratiche nazionali. Ciò significherà ancora meno rappresentanza democratica e responsabilità nelle decisioni prese dalle istituzioni delle Nazioni Unite. Dopotutto, il Wef rappresenta alcune delle persone e delle aziende più ricche e influenti del mondo come Apple, Blackrock (o Blackstone Group), Citi, Deutsche Bank, Exxon Mobil, Foxconn, Glencore, e così via in ordine alfabetico. Non male questa accelerazione per un processo di trasformazione relativamente recente. Sono tre gli elementi fondamentali del modello di governance multi-stakeholder del Wef: le strutture multi-stakeholder non significano ruoli uguali per tutti gli stakeholder; l’impresa è al centro del processo; l’elenco dei multi-stakeholder del Wef comprende principalmente quelli che hanno legami commerciali con l’a zienda: clienti, creditori, fornitori, collaboratori, proprietari ed economie nazionali. Tutti gli altri potenziali stakeholder sono raggruppati come “go verno e società”. Si noti che Schwab non dice nulla sulla democrazia in questo approccio alle attività multi-stakeholder. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Ciò che preoccupa alcuni analisti riguardo all’aspetto del multistakeholderismo è che il segretario generale è indubbiamente la figura pubblica di spicco del sistema multilaterale intergovernativo. Il World Economic Forum è invece il principale sostenitore del fatto che un sistema di governance multi-stakeholder dovrebbe in pratica marginalizzare il sistema multilaterale. Nel 2021 il Wef e l’Ufficio del Segretario generaleOnu hanno concluso un memorandum d'intesa sul coinvolgimento del settore aziendale nell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile, che non è mai stato reso pubblico dalle Nazioni Unite né presentato</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> all'Assemblea Generale. L’approccio del segretario generale, chiamato governance multistakeholder, aumenterebbe l’influenza delle aziende sulla governance globale, aggravando le conseguenze dannose del dare priorità al “ritorno sugli investimenti” rispetto ai bisogni sociali ed ecologici. L’Onu starebbe dunque dando sponda al multistakeholderismo dando influenza e potere agli attori aziendali senza un dibattito pubblico sul carattere democratico di quest’ultimo, senza un dibattito pubblico sulla sua effettiva capacità di risolvere i problemi o su come vengono selezionati gli stakeholder. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il Wef ha svolto un ruolo significativo nel definire la politica globale, attraverso il suo Young Global Leaders Forum (da 2005 ad oggi) e il programma Global Leaders for Tomorrow (1993-2003). Questi due programmi hanno contribuito a creare capi di governo o leaders aziendali. Si pensi a Bill Gates (Microsoft), Paul Allen (Microsoft), Mark Zuckerberg (Meta), Jeff Bezos (Amazon), Jack Ma (Alibaba Group), Jimmy Wales (Wikipedia), Niklas Zennström (Skype), Ana Botín (Grupo Santander) Richard Branson (Virgin), Stéphane Bancel (Moderna), Elon Musk, Eric Schmidt (Google) e Larry Page (Google).</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> Tutti passati dai corsi del Wef. Oppure, in politica: Tony Blair e Gordon Brown, Angela Merkel e José María Aznar; l’ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti Larry Summers; l’ex presidente francese Nicholas Sarkozy e l’attuale presidente Emmanuel Macron; gli ex presidenti della Commissione Ue Manuel Barroso e Jean Claude Juncker. Nel novembre 2019, appena tre mesi prima che la pandemia di Covid-19 iniziasse, il club di Davos ha portato a termine la madre di tutte le partnership pubblico-private, firmando un accordo di partenariato strategico con le Nazioni Unite.</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-78985638206923264202023-12-18T10:49:00.004+01:002024-02-05T11:11:36.466+01:00Il trasporto aereo va troppo di moda. Soprattutto per Zara & Co. <div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Pensateci bene prima di scegliere la modalità di consegna negli acquisti online: più rapida è la consegna, maggiore è il danno ambientale. Un caso su tutti, spiace ripeterlo, è l’industria del fast fashion, incentrata su cicli di produzione di breve durata, il che significa che centinaia di migliaia di tonnellate dei suoi prodotti viaggiano su aerei merci in tutto il mondo. Grazie al loro modello di business, il colosso spagnolo della moda Zara e i rivenditori online globali come Shein aprono la strada a questa tendenza. Public Eye ha indagato sul fenomeno della “moda aerea” e chiede alle aziende di eliminare gradualmente questa attività dannosa per il clima. Abbigliamento, prodotti tessili e scarpe non sono beni deperibili. Eppure vengono trasportati in aereo. A pensarci bene, è davvero uno spreco. La sola Unione Europea ha importato ed esportato oltre 700.000 tonnellate di queste merci nel 2022. Ciò equivale a 7.000 grandi aerei cargo o a circa</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> 20 voli cargo che trasportano solo articoli di moda - ogni giorno. Se ciò da un lato riduce i tempi di consegna, dall’altro aumenta le emissioni legate ai trasporti: la moda trasportata per via aerea è circa quattordici volte più dannosa per il clima rispetto all’abbigliamento trasportato principalmente via mare. Il risultato dell’indagine non lascia adito a dubbi. La società madre di Zara, Inditex, è di gran lunga responsabile del volume più elevato di trasporto aereo di merci. Indipendentemente da dove vengono fabbricati, praticamente tutti i prodotti Zara & Co. finiscono nei grandi centri di distribuzione gestiti dal gruppo intorno all’aeroporto di Saragozza, nel nord della Spagna. Lì, i prodotti vengono ispezionati e imballati per essere spediti ai negozi di tutto il mondo. Inditex prenota circa 32 voli cargo a settimana a Saragozza, ciascuno trasportando circa 100 tonnellate di vestiti. Si tratta di oltre 1.600 viaggi all’anno. Davvero un brutto record per la multinazionale spagnola. Nel 2022 sono state consegnate in questo modo almeno</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> 42.658 tonnellate di merci nell’intera Ue. La situazione peggiora quando la merce arriva direttamente ai clienti come pacchi individuali. Nel luglio 2022 il gruppo di moda cinese ha stretto una partnership strategica con China Southern Airlines, in base alla quale gli aerei cargo della più grande compagnia aerea asiatica fanno la spola avanti e indietro esclusivamente per Shein sulle sue rotte principali tra Guangzhou e Los Angeles o Amsterdam. I capi vengono preparati in Spagna per essere poi spediti nei 5.815 negozi sparsi in tutto il mondo. Inditex possiede i marchi Zara, Zara Home, Massimo Dutti, Bershka, Pull& Bear, Oysho e Stradivarius; gestisce 38 negozi in Svizzera, nonché 7 negozi online, nonché una società commerciale e una società di ottimizzazione fiscale a Friburgo, in Svizzera. Può contare su un utile netto di 4,1 miliardi di euro. Un fatturato di 32,6 miliardi di euro ha prodotto un margine di profitto superiore al 12,5%. Con questa cifra Inditex ha addirittura superato Nestlé, che ha registrato un</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> margine di poco inferiore al 10% per il 2022. E’ questa la strategia di vendita di Zara: i clienti devono rendersi conto</span></span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0 split" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">che devono comprare subito qualcosa che gli piace perché potrebbe non essere disponibile la prossima settimana. Le scorte in negozio devono essere sempre scarse affinché sembri sempre l’oc casione giusta per acquistare. La tendenza al fast fashion ha delle conseguenze. Secondo uno studio della Fondazione britannica Ellen MacArthur, la produzione tessile è raddoppiata a livello mondiale tra il 2000 e il 2015 e si prevede che raddoppierà nuovamente entro il 2030. Per questo motivo la Commissione europea si rivolge soprattutto a Zara & Co. quando chiede divieto di distruzione dei tessili invenduti e informazioni sull'impronta ecologica dei capi. E giustamente. Nel 2022, la società madre di Zara ha stabilito un nuovo record di produzione di 621.244 tonnellate di tessuti. Nonostante la perdita di importanti affari dalla Russia, il volume delle vendite è aumentato del 10% rispetto all’anno record</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> precedente nel 2021. Dopo estenuanti negoziati sul divieto di distruzione dei prodotti tessili e delle calzature rimasti invenduti, i paesi europei hanno concordato sul fatto che in futuro, i prodotti dovranno essere efficienti dal punto di vista energetico, durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili per poter essere offerti sul mercato interno dell’Ue. No alla distruzione dell’invenduto, insomma. Ma questo orientamento mal si concilia con il fast fashion di Inditex. Una camicia a maniche lunghe può viaggiare molto nella catena di produzione e distribuzione: dal cotone coltivato negli Stati Uniti alla produzione di filati, tintura e cucitura in Bangladesh, e poi come prodotto finito trasportato via nave in Germania prima della consegna a casa del cliente. Pensate un po’. In questo modo si percorrono più di 35.000 chilometri, ovvero quasi un giro del mondo per una t-shirt. Il centro logistico centrale “Plaza” vicino all’aeropor to di Saragozza opera su quattro turni, 360 giorni all’anno. Non tutto viene trasportato in aereo. Tutto ciò che può raggiungere i suoi negozi via terra da Saragozza entro 36 ore ha maggiori probabilità di essere trasportato da grandi camion. Ciò significa che i negozi e i negozi online nell’Eu ropa occidentale e centrale vengono riforniti in piccola parte anche su strada. Ma è davvero troppo poco. Inditex ha recentemente iniziato a utilizzare i treni merci, che vanno da Sète nel sud della Francia a Poznan in Polonia, per consegnare al magazzino utilizzato per ricevere ordini online nell’Europa centrale. Nel viaggio di ritorno, Ikea utilizza la stessa composizione del treno per trasportare i mobili prodotti dalla Polonia in Spagna. In questo modo si risparmiano complessivamente 12.000 tonnellate di emissioni di Co2 all’anno: un buon inizio, ma solo una goccia nell’oceano.</span></span></p><div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px; width: 1194px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 597px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Il salario medio di una sarta in Bangladesh corrisponde in media all’equivalente a 84 euro al mese per 75 ore settimanali. I lavoratori di Gazipur e Dhaka chiedono un aumento del salario minimo a 201 euro. Ma i datori di lavoro si oppongono, anche facendo riferimento ai bassi prezzi di acquisto pagati dalle aziende di marca internazionale. Se Zara & Co. risparmiassero sui costi di trasporto aereo, del tutto inutili, e quindi pagassero di più i produttori, nelle casse ci sarebbero molto più soldi disponibili per pagare salari migliori. Tuttavia, per garantire</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> che tutti i salari forniscano almeno un salario dignitoso, sarebbe necessaria una redistribuzione più completa dei guadagni lungo la catena di approvvigionamento. Il fast fashion richiede molta flessibilità da parte dei fornitori. Ciò aumenta la pressione sulle fabbriche, che viene avvertita dai lavoratori. Ordini più grandi con tempi di consegna più lunghi sono generalmente migliori per le fabbriche e la forza lavoro perché forniscono sicurezza di pianificazione e consentono una distribuzione uniforme dell’orario di lavoro. Più brevi sono le scadenze, più ordini parziali vengono affidati a subappaltatori e maggiori sono gli straordinari previsti.</span></span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Nel 2022, il Gruppo ha assegnato ordini per 1,25 miliardi di euro a 170 stabilimenti in Bangladesh, secondo quanto pubblicato dal portale finanziario locale “The Finance Today”. Secondo una rivista specializzata, Inditex trasporta anche capi confezionati via camion a Delhi, in India, da dove vengono trasportati in aereo a Saragozza. La ragione di ciò sono apparentemente i ricorrenti problemi di capacità all’aeroporto di Dhaka, dove gli indumenti confezionati rappresentano l’85% dei volumi di carico. Inditex mostra i suoi muscoli negoziali in queste situazioni, acquistando</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> fino al 70% della capacità di carico dell’aeroporto di Dhaka. Un importante fornitore del Bangladesh con circa 6.000 dipendenti produce principalmente magliette da donna per Zara, producendo da gennaio ad agosto quasi 10 milioni di articoli. Un quarto di loro è arrivato in Spagna in aereo, spesso via Doha o Dubai. Inditex paga questo fornitore solo circa 2,10 $ per maglietta. Se vengono spediti grandi volumi di abbigliamento via mare, i costi di trasporto per capo ammontano solitamente a pochi centesimi, a differenza del trasporto aereo, che è costoso.</span></span></p><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p></div></div></div><p class="abody" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-86462306932179067262023-12-18T10:45:00.006+01:002024-02-05T11:10:38.909+01:00Tesla, ruote a terra per il gioiello di Elon Musk<div class="article_body0" style="margin: 10px 0px 0px; padding: 0px;"><div class="first column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><span style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> </span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Tesla, gestita dal miliardario Elon Musk, sta affrontando una pressione crescente in Svezia, Norvegia e Danimarca da parte dei sindacati che sostengono i meccanici IF Metall in Svezia, che hanno scioperato alla fine dello scorso ottobre chiedendo un contratto collettivo con l’azienda. Giorni fa un grande fondo pensione danese ha dichiarato che venderà le sue partecipazioni in Tesla a causa del rifiuto della casa automobilistica di concludere tali accordi, mentre il più grande sindacato danese si è unito allo sciopero dei lavoratori dell’a zienda in Svezia. La decisione della corte è arrivata dopo che Tesla ha citato in giudizio Post-Nord per la decisione dei suoi lavoratori di interrompere la consegna delle targhe per le sue nuove auto in uno sciopero di solidarietà, ed è una decisione provvisoria prima di una sentenza definitiva. Il tribunale distrettuale di Solna ha affermato di aver deciso che PostNord non dovrebbe essere costretta a effettuare consegne a Tesla prima che il caso sia chiuso. Molti lavoratori portuali, gli autisti, gli elettricisti e gli addetti alle pulizie rifiutano, o minacciano di rifiutare, di prestare servizio a Tesla in segno di solidarietà con IF Metall. I paesi nordici rappresentano mercati chiave per Tesla, che ha una politica avversa alla contrattazione collettiva dato che sostiene che il suo personale ha condizioni altrettanto buone o migliori di quelle richieste da IF Metall. Il sindacato svedese, If Metall, inizialmente ha cercato il sostegno dei sindacati di tutta Europa e degli Stati Uniti per il suo sciopero contro Tesla in Svezia. La United Auto Workers (Uaw) negli Stati Uniti ha risposto a questo appello annunciando campagne di sindacalizzazione per 13 case automobilistiche non sindacalizzate,</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> tra cui Tesla. Musk si dice contrario “all’idea dei sindacati. Semplicemente non mi piace nessuna cosa che crei una sorta di rapporto come signori e contadini”. Eppure l’anno scorso la Norvegia è stata il quarto mercato più grande per Tesla in termini di numero di vendite di auto nuove. La Svezia è stata la quinta più grande e la Model Y di Tesla è stata l’auto più venduta in Svezia quest’anno. Alcuni fondi pensione svedesi hanno esortato Tesla a firmare l’accordo con il sindacato, ma finora si sono trattenuti dal vendere le loro azioni. I lavoratori nordici non sono dunque affatto contenti della Tesla di Elon Musk e stanno mostrando il loro disappunto. Molti compagni nei paesi vicini ora sono solidali o si preparano ad esserlo nei fatti. I meccanici addetti alla manutenzione delle Tesla in Svezia, che hanno iniziato a scioperare in ottobre, sono stati raggiunti da lavoratori portuali e colleghi dei concessionari di automobili in una crescente campagna anti-Tesla. E ora gli aiuti cominciano</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> ad arrivare anche da oltre i confini nordici. Non dimentichiamo che il sindacato svedese IF Metall aveva già spinto Tesla a firmare un contratto collettivo su salari e condizioni di lavoro. I capi dei sindacati continentali hanno ben chiaro cosa pensano di Musk e chiedono il coinvolgimento della Ue: “È ora che l'Unione europea si faccia avanti e diventi più dura nei confronti di Musk”, ha detto a Politico Claes-Mikael Ståhl, vice segretario generale della Confederazione europea dei sindacati. I sindacati nordici sono infastiditi da Tesla e stanno iniziando ad aiutare i colleghi svedesi. Il sindacato danese dei trasporti 3F Transport </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">ha iniziato a bloccare il trasporto di Tesla attraverso la Danimarca in rotta verso la Svezia, dopo una richiesta di IF Metall, racconta l’emittente danese Dr. Il sindacato norvegese Fellesforbundet ha dichiarato che boicotterà le Tesla dirette in Svezia che transitano attraverso i porti norvegesi, se Tesla non acconsentirà alle richieste di If Metall entro il 20 dicembre.</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Analogamente, si è unito alle proteste anche il sindacato dei trasporti finlandese Akt, annunciando di voler bloccare l’arri vo delle Tesla nei porti finlandesi se non verrà raggiunto un accordo entro il 20 dicembre: “È una parte cruciale del modello di mercato del lavoro nordico avere contratti collettivi e sostenersi a vicenda” ha dichiarato in un comunicato Ismo Kokko, presidente dell’Akt.</span></p></div></div><div class="last column" style="float: left; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’azione dei lavoratori portuali finlandesi fa sì che i veicoli o i componenti Tesla destinati ai mercati svedesi non vengano caricati dai portuali, ha affermato il sindacato in una nota. I sindacati nordici non sono gli unici lavoratori a sfidare Musk. Negli Stati Uniti il sindacato United Auto Workers sta spingendo per sindacalizzare i lavoratori Tesla, poiché la società ha dovuto affrontare accuse di rottura dei sindacati. È un problema crescente anche per Tesla in Germania, dove ha una gigafactory vicino a Berlino. L’IG Metall, il più grande sindacato tedesco, ha affermato che sta assistendo a un aumento delle</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> iscrizioni da parte dei lavoratori Tesla preoccupati per le loro condizioni di lavoro. Musk ha da parte sua recentemente espresso la sua totale avversione ai sindacati, che non si fanno intimidire. Il capo dell’Ig Metall, Christiane Benner, ha messo in guardia Musk dalle sue opinioni antisindacali in un’intervista di ottobre con Bloomberg, dicendo: “Devi stare attento. Qui le regole del gioco sono diverse”. Jørn Eggum, leader del Fellesforbundet norvegese, ha dichiarato: “È una battaglia collettiva, a nostro avviso. Non c’è dubbio che Tesla sia un’azienda ostile ai lavoratori. Tesla sta sistematicamente minando gli sforzi di sindacalizzazione e sta cercando di implementare le condizioni statunitensi in Europa”. Eggum è chiaro sul fatto che Fellesforbundet entrerà nella mischia se Tesla proverà a far entrare le auto attraverso i porti norvegesi. “Agiremo per bloccarli”, ha promesso. A Fellesforbundet si è unito il sindacato industriale danese Dansk Metal nella sua dimostrazione di sostegno. “In Dansk Metal avremmo voluto vedere un coordinamento nordico per esercitare la massima pressione possibile su Tesla”, ha affermato René Nielsen, vicepresidente di Dansk Metal. Il sindacato danese sta seguendo da vicino l’azione in Svezia, ha aggiunto Nielsen. E sta valutando quali altri azioni intraprendere in Danimarca. Una appena attuata è stata che il primo grande investitore istituzionale del paese ha venduto pubblicamente le azioni di Tesla in risposta alla disputa. Il gruppo pensionistico danese PensionDanmark A/S non ha rivelato l’enti tà della sua partecipazione a Bloomberg, ma i media locali Frihedsbrevet hanno riferito che si trattava di circa 400 milioni d<span style="font-family: times;">i corone (58 milioni di dollari). </span></span><span style="font-family: times;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Sebbene nessun altro fondo pensione nordico abbia al momento formalmente aggiunto Tesla alla propria lista di esclusione, la pressione degli investitori comincia a farsi sentire sulla casa automobilistica. Velliv Pension & Livsforsikring A/S, che gestisce circa 47 miliardi di dollari, ha detto a Bloomberg di essere “consapevole delle sfide associate a Tesla” e di aspettarsi che la società cambi il suo comportamento. Il fondo ha affermato di aver contattato i suoi partner di sorveglianza Esg chiedendo loro di avviare un dialogo con la società di Musk</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> per conto di Velliv e di altri investitori. Anche PensionDanmark, il fondo in uscita da Tesla, ha affermato di aver inizialmente contattato la società nel tentativo di convincerla a firmare un contratto di lavoro, ma l’amministratore delegato di Tesla ha fatto spallucce definendo “folle” l’azione sindacale svedese. Anche il presidente del sindacato 3F che sta dietro lo sciopero danese, Jan Villadsen, è membro del consiglio di amministrazione di PensionDanmark. Il fondo conta più di 800.000 membri e un patrimonio totale di 45 miliardi di dollari. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">In Svezia, il consiglio etico congiunto dei fondi AP di proprietà statale - il cui patrimonio complessivo ammonta a circa 247 miliardi di dollari - ha contattato Tesla per discutere dei diritti dei lavoratori e sta “seguendo da vicino lo sviluppo”. L’am ministratore delegato che gestisce un altro fondo danese, AkademikerPension, che ha un patrimonio di circa 24 miliardi di dollari, ha affermato che la posizione di Tesla sui diritti dei lavoratori l’ha inclusa nella lista di monitoraggio del fondo per gli investimenti. “Sembra che il management di Tesla non abbia ancora capito che condizioni</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> di lavoro adeguate creano più valore e meno rischi nelle aziende”, ha detto via e-mail il Ceo Jens Munch Holst. ”Siamo preparati al fatto che questo conflitto richiederà molto tempo prima di ottenere un contratto collettivo”, ha detto Jesper Pettersson, portavoce di IF Metall. La resa dei conti con Elon Musk si fa dura a seguito del rifiuto della società statunitense di firmare un contratto collettivo che copra i diritti fondamentali come i livelli salariali e l’orario di lavoro. La rottura dei rapporti è ormai estesa a Danimarca e Norvegia e sarà difficile per Musk mettere un argine.</span></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><br /></span></p><p class="abody" style="color: #333333; font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div><br style="clear: both; margin: 0px; padding: 0px;" /></div><p><br class="Apple-interchange-newline" /></p><div id="copyright-block" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; caret-color: rgb(0, 0, 0); color: black; float: right; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 20px 0px 0px; orphans: auto; padding: 0px; text-align: start; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; width: 1179px; word-spacing: 0px;"></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4617111915369427716.post-71030622573638345082023-12-12T18:49:00.005+01:002024-02-05T11:11:01.536+01:00C’era una volta la transizione verde<div class="first column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="maintitle" style="color: #6699cc; font-family: Georgia, "Times New Roman", Times, serif; font-size: 1.6em; font-weight: bold; line-height: 1.1em; margin: 0px 15px 0px 0px; padding: 0px 10px;"><br /></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Eminenti scienziati di tutto il mondo hanno consegnato alle Nazioni Unite una sorprendente dose di realtà, che in realtà da tempo era un ingombrante elefante nella stanza: sta “divenendo inevitabile” che i paesi non raggiungano l’ambizioso obiettivo fissato otto anni fa per limitare il riscaldamento della Terra. Sulla stessa linea gli emiri, che non ci pensano proprio a scalfire i petrodollari. Ma basta guardare anche alla California per scoprire che uno dei sindacati più potenti dello Stato, The Trades, non allenta la presa sui posti di lavoro nel settore petrolifero. Con i funzionari federali che spingono per ottenere finanziamenti green il più velocemente possibile in vista delle elezioni del 2024, la riluttanza dei sindacati a rinunciare ai posti di lavoro legati ai combustibili fossili mina gli obiettivi climatici aggressivi dei democratici. I sindacati continuerebbero insomma a dare grattacapi ai democratici sul clima, dopo una presa di coscienza globale. I legislatori stanno infatti investendo miliardi nelle industrie rispettose del clima, ma la transizione occupazionale è in ritardo. Come costruire rapidamente enormi quantità di infrastrutture per l’energia pulita senza compromettere la manodopera? lavoratori di The Trades hanno beneficiato di accordi di lavoro a progetto con grandi aziende come Chevron, che garantiscono che i progetti siano gestiti da dipendenti sindacali che trattano su salari, benefici, orari e altri standard lavorativi prima che i lavoratori entrino in un cantiere. Questi accordi di contrattazione collettiva sono meno comuni nei settori delle energie rinnovabili, dove le aziende sono spesso restie a collaborare con i sindacati. Ed ecco che The Trades diventa un alleato chiave per l’indu stria petrolifera: lo scorso anno si è battuto contro la legislazione volta a creare una zona cuscinetto tra i pozzi di petrolio e gas e luoghi sensibili come case</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">e scuole. Il sindacato si è anche opposto a un disegno di legge presentato quest’autunno nella legislatura della California che impone alle grandi aziende di segnalare le emissioni di gas serra attraverso le loro catene di approvvigionamento. Il disegno di legge è stato comunque approvato, ma l’opposizione dei Trades ha avuto più peso di quella delle compagnie petrolifere nella lotta contro maggioranza democratica sempre più progressista dello stato. La United Steelworkers, i cui membri gestiscono raffinerie di petrolio in tutto lo stato, ha approvato una tabella di marcia di transizione di 12 anni sviluppata da economisti dell’Università del Massachusetts Amherst, che propone alla California di spendere 470 milioni di dollari all’anno per sostenere i lavoratori licenziati dai lavori legati ai combustibili fossili. A ottobre, Usw si è unita a una nuova coalizione sindacale, comprendente sezioni della United Auto Workers, della Service Employees International Union e della Federazione americana dei dipendenti statali, provinciali e municipali, che ha pubblicato le priorità politiche tra cui</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> la sostituzione salariale, la copertura sanitaria, la riqualificazione e il sostegno al ricollocamento per i lavoratori licenziati. Ma The Trades non è membro di quella coalizione sindacale e si oppone alle proposte che stabiliscono una tempistica per l’eliminazione dei combustibili fossili. Secondo il Dipartimentodell’Energia, la California ha circa 112.000 lavoratori nel settore dei combustibili fossili, rispetto ai 115.000 dell’industria solare. Un rapporto commissionato dal sindacato stima che una riduzione del 50% nei settori del petrolio e del gas entro il 2030 - come previsto dalla politica statale che miraalla neutralità del carbonio entro il 2045 - richiederebbe oltre 30 mila licenziamenti. A complicare il quadro, anche la lotta tra sindacati </span><span class="Fid_0 split" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">e aziende di energia rinnovabile nonché le divisioni della sinistra rispetto alle tecnologie emergenti che ricevono sussidi più generosi. I politici statunitensi e Wall Street, del resto, hanno sacrificato il tenore di vita e la ricchezza delle classi medie e lavoratrici negli ultimi 30-40 anni, accumulando miliardi nel settore della difesa e</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> in quello bancario, nonostante le guerre siano una delle attività che generano maggiori emissioni di carbonio. Difficile bombardare e allo stesso tempo chiedere ai cittadini l’acquisto di un veicolo elettrico e un fornello ad induzione per “salva re il pianeta”. Per non parlare dell’enorme differenza di impronta di carbonio tra l’1% della popolazione mondiale più ricca e tutti gli altri. Ora, arrestare il treno merci dell’aumento del consumo di energia, inclusa la difficoltà di abbandonare i combustibili fossili, la troppo frequente incapacità di considerare i costi energetici totali (comprese le infrastrutture) e ambientali di una riduzione delle emissioni di carbonio, e la riluttanza a frenare il consumo di energia (attraverso la fissazione dei prezzi o divieti) è praticamente impossibile nel sistema neoliberista. La transizione verde sta aprendo gli occhi e si sta scontrando (era ora) con la realtà. Con la domanda di veicoli elettrici al di sotto delle aspettative, i produttori stanno riducendo la produzione e riacquistando invece le scorte. Gli sviluppatori di energia eolica offshore hanno annullato i</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> progetti. Quest’anno l’indice S& P Global Clean Energy è sceso del 30%. La capitalizzazione di mercato di Ford è scesa a 42 miliardi di dollari. Come ben spiega l’economista francese Jean Pisani-Ferry in un rapporto commissionato dal primo ministro francese e pubblicato in inglese a novembre, “attri buendo un prezzo - finanziario o implicito - a una risorsa gratuita (il clima), la transizione aumenta i costi di produzione, senza alcuna garanzia che la riduzione dei costi energetici finirà per compensarli, mentre gli investimenti richiesti non aumentano la capacità produttiva”. Benvenuti nel mondo reale, lontano da slogan politici e da fanatismi di ogni colore. Pisani- Ferry stima che una famiglia francese della classe media spenderebbe il 44% del reddito disponibile annuo per una pompa di calore e il 120% per un’auto elettrica. Questi investimenti stimolano la domanda, ma non lasciano le famiglie in condizioni migliori poiché semplicemente fanno la stessa cosa di ciò che sostituiscono. E se le tasse aumentano per pagare questi investimenti, le famiglie si troveranno in condizioni finanziarie peggiori. Quando la curva del beneficio marginale sociale è più ripida della curva del costo marginale privato, prevalgono le restrizioni limitazioni della produzione. Per anni i costi dell’energia eolica e solare sono crollati, ma dal 2021 sono aumentati. La danese Orsted, la più grande società di sviluppo eolico del mondo, ha ricevuto una multa di 4 miliardi di dollari all’inizio di novembre per aver ritirato due progetti al largo del New Jersey. L’azienda oggi vale il 75% in meno rispetto all’inizio del 2021. ClearView Energy Partners stima che circa il 30% della capacità eolica offshore contrattata dallo stato sia stata cancellata e un altro 25% potrebbe essere riappaltato. Forse non sarebbe stato comunque facile ottenere un ampio sostegno sociale per un’azio ne concertata. Ma non è stato fatto alcun tentativo serio. </span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Secondo il Fondo monetario internazionale, sarà possibile decarbonizzare l’economia globale senza mettere in crisi le finanze pubbliche. Ma un articolo del Financial Times frena gli entusiasmi. Le stime dell’Fmi presuppongono infatti un accordo globale per fissare un prezzo o una tassa sul carbonio e ridistribuire i proventi ai Paesi in via di sviluppo, eliminando anche gli attuali sussidi per i combustibili fossili. La realtà dei tentativi dei Paesi di decarbonizzare le loro economie è ben lontana da queste ipotesi. Nel frattempo, le entrate derivanti dalle tasse sul carbonio potrebbero non compensare la perdita di entrate</span><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> dei governi. I pochi Paesi che hanno fatto i propri calcoli sui probabili costi della transizione verde prevedono un impatto maggiore rispetto all’Fmi.</span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"><b>Stanziamenti occidentali e attendismo del mondo arabo</b></span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> </span></p><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">L’Office for Budget Responsibility del Regno Unito ha dichiarato già nel 2021 che il raggiungimento dello zero netto comporterebbe un aumento del debito pari al 21% del pil entro il 2050, con la perdita dell’imposta sui carburanti che rappresenterebbe il costo maggiore. Pisani-Ferry, che ha guidato un recente rapporto per il governo francese, ha stimato che potrebbe aggiungere fino a 25 punti percentuali di pil al debito pubblico entro il 2040. </span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">La Commissione europea ha annunciato un piano da 2,3 miliardi di euro per passare a fonti energetiche più pulite e sostenibili nei prossimi due anni. Lo ha dichiarato la presidente Ursula von der Leyen alla Cop28 a Dubai. Questo piano si aggiunge all’iniziativa Global Green Bond da un miliardo di euro presentata a giugno, con cui l’Ue e i suoi Paesi membri prevedono di investire “più di 20 miliardi nella cooperazione energetica solo in Africa”. Gli Usa stanziano 3 miliardi di dollari destinati al fondo per il clima, mentre la presidenza della Cop 28 ha annunciato che 116 Paesi si impegnano</span><span class="Fid_0" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;"> a triplicare la capacità di energia rinnovabile da qui al 2030. La strategia di adattamento adottata dal Consiglio di cooperazione di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar è invece quella di costruire resilienza attraverso la consapevolezza che il petrolio e il gas sono destinati a rimanere e che tuttavia l’intensità delle emissioni deve essere ridotta nel tempo. Dopo Microsoft, un’altra azienda fondata da Bill Gates chiude un accordo importante alla Cop28: è TerraPower, che ha firmato un memorandum con gli Emirati Arabi Uniti sui reattori nucleari avanzati.</span></p></div></div><div class="last column" style="caret-color: rgb(51, 51, 51); color: #333333; float: left; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif, Georgia; font-size: 16px; margin: 0px; padding: 0px; width: 589.5px;"><div class="div_padding0 split" style="margin: 0px; padding: 3px;"><p class="abody" style="font-size: 1em; line-height: normal; margin: 10px 15px 0px 0px; overflow: hidden; padding: 0px 10px; text-overflow: ellipsis;"><span style="font-weight: bold; line-height: normal; margin: 0px; padding: 0px;">Raffaella Vitulano</span></p><br /></div></div>Il Blog di Raffaella Vitulanohttp://www.blogger.com/profile/11027985484538399921noreply@blogger.com0