1st May Day, la disfatta di Google
di Raffaella Vitulano
Google sale alla ribalta nelle
cronache mondiali proprio il primo maggio. Da un lato perchè dopo 18 anni l'ex Ceo Eric Schmidt lascia Google. Dall'altro perchè frana sul fronte dei lavoratori. Solo l’anno scorso il colosso
di Mountain View aveva assunto 50 persone al giorno, tagliando così il
traguardo dei 103 mila 549 dipendenti. Ma oggi, leggendo cosa raccontano
alcuni ex dirigenti, vengono i brividi: in un articolo su Wired
Riccardo Luna si chiede dove siano finiti i diritti dei lavoratori in
questo nuovo mondo luccicante e patinato creato dalle grandi aziende
della Silicon Valley. Oggi, primo maggio, un gruppo di dipendenti di
Google è in protesta contro le rappresaglie seguite alla clamorosa
marcia di sei mesi fa, quando ventimila dipendenti di Google in
cinquanta sedi del mondo scesero in strada per manifestare il loro
dissenso per il modo in cui l’azienda aveva chiuso alcuni casi di
molestie sessuali. Andy Rubin, inventore di Android, il sistema
operativo di quasi tutti i telefonini, insomma un genio, era stato
accusato di molestie sessuali pesanti. Circostanziate, provate. E invece
di licenziarlo e basta, Google gli aveva data una buona uscita di 90
milioni di dollari. Ma non è tutto: Meredith Whittaker, che guidava un
importante progetto di ricerca sull’Intelligenza artificiale e l’etica, è
stata rimossa dall’incarico; stesso trattamento per Claire Stapleton,
che per 12 anni era stata nell’ufficio marketing di YouTube e che negli
ultimi cinque era stata premiata per i risultati ottenuti. “Mettiti in
malattia” le avrebbero intimato nonostante lei non fosse malata. Il New
York Times riporta che il ruolo di Claire Stapleton, manager del
marketing di YouTube, è stato ridimensionato. Meredith Whittaker è stata
informata che la sua posizione sarà ”drasticamente cambiata” e le è
stato chiesto di abbandonare il suo posto alla New York University.
Certo, Google ha la risposta pronta: ”Proibiamo le ritorsioni sul luogo
di lavoro e indaghiamo su tutte le accuse. I dipendenti e i team sono
regolarmente e normalmente assegnati a nuovi incarichi o riorganizzati
per essere in linea con l'evoluzione delle esigenze aziendali. In questo
caso non c'è stata alcuna ritorsione”. Dicono loro. ”Se è questo il
futuro del lavoro, va detto che assomiglia al passato. Ai padroni delle
ferriere” commenta Luna. Ed è così. Perchè come avevamo già raccontato
nel blog sulla ricerca Fnsi, i colpevoli di molestie vengono piuttosto
premiati e le vittime rimosse dall’incarico. Google rigira la frittata,
non si stacca dal cliché e punisce i dipendenti per le voci dissenzienti
all’interno dell’azienda. Un fatto gravissimo.
”Non me ne sono andata – ha scritto Stapleton in una
dichiarazione – perché sono contro Google, sono uscita perché sono
d’accordo con la sua filosofia, perché volevo renderlo migliore. Non sto
parlando contro Google, sto parlando per tutte le persone che hanno
avuto troppa paura di raccontare le loro storie. E capisco bene quella
paura”. Il gruppo ha successivamente pubblicato un documento interno con
una nuova serie di richieste, che comprendono “un’indagine trasparente e
aperta sulle risorse umane e la sua tremenda gestione dei reclami dei
dipendenti in relazione alle condizioni di lavoro, discriminazione,
molestie e ritorsioni”.
Le proteste dei lavoratori vertono su questioni che
vanno dall’etica del lavoro svolto per il Dipartimento della Difesa
degli Stati Uniti alla gestione delle denunce di molestie e all’uso
eccessivo dei lavoratori precari in subappalto da fornitori di
manodopera. Lunedì scorso un dipendente anonimo di Google ha presentato
una denuncia presso il National Labor Relations Board americano,
sostenendo che il suo datore di lavoro aveva violato la legge federale
che vieta ritorsioni nei confronti dei lavoratori che esercitano
un’attività concertata protetta. L’accusa è stata segnalata per la prima
volta da Bloomberg. L’ex dipendente Jack Poulson ha dal canto suo
scritto che, dopo che si è dimesso in segno di protesta, gli è stato
dato un “consiglio” durante un colloquio per una ricollocazione:
”Possiamo perdonare la tua attività politica e concentrarci sui tuoi
contributi tecnici fino a quando non fai qualcosa di imperdonabile, come
parlare alla stampa”. L’azienda teme gli scandali ed incrina così la
sua reputazione. Mettendo il bavaglio alla stampa non aiuta certo la sua
immagine.
Nel Primo maggio mondiale riemerge poi l’annosa
questione del rilancio delle aziende, troppo spesso mal gestite, le cui
crisi vengono addossate poi sulle retribuzioni dei dipendenti. ”Viste le
crescenti disuguaglianze e aziende che si appropriano di una quota
sempre più importante di ricchezza tenendo in ostaggio i governi, la
Confederazione internazionale dei sindacati (Ituc) chiede un nuovo
contratto sociale, sostenuto da una garanzia universale per i
lavoratori, in questo anno del centenario dell'Organizzazione
internazionale del lavoro: ”Lavoratori di tutto il mondo stanno lottando
per far fronte a diseguaglianze senza precedenti e insicurezze
economiche, che minacciano la democrazia e minano la fiducia nei
politici e nelle istituzioni che dovrebbero servire le persone, ma non
lo fanno”. Attualmente ci sono 300 milioni di lavoratori poveri nel
mondo, 190 milioni di persone ufficialmente disoccupate e il 60% di
lavoratori nel mondo del lavoro informale. Ogni 11 secondi un lavoratore
muore nel mondo a causa di condizioni di lavoro non sicure. ”Queste non
sono solo statistiche: riflettono la storia di disperazione, privazione
e rabbia. Dobbiamo stabilire le regole dell’economia globale, la cui
dichiarazione che sarà adottata dall'Oil a giugno dovrebbe essere il
punto di partenza”, sostiene la Ituc.
Ignorando la possibilità di un rallentamento
economico più grave, Gita Gopinath, capo economista dell’Fmi, ha
esortato i governi a essere pronti a rispondere con politiche
macroeconomiche più accomodanti. Nelle prossime settimane il Board dei
governatori Fmi voterà un quadro strategico per l'impegno in termini di
spesa sociale, tra cui protezione sociale, salute e istruzione. Le
Global Unions hanno sollecitato il Consiglio ad adottare una politica
che sia in linea con il consenso politico globale per la protezione
sociale universale.
Una nota dei sindacati internazionali riguarda poi il
salario minimo. Nel suo consiglio di politica economica e nel recente
articolo, lo staff dell’Fmi sostiene che l’introduzione del salario
minimo sia affidata a ”esperti indipendenti”. Tali suggerimenti sono
contrari alle norme internazionali sul lavoro, compresa la Convenzione
n. 131 dell'Oil sulla fissazione dei salari minimi, che richiede il
coinvolgimento diretto delle parti sociali e la considerazione dei
bisogni dei lavoratori e dei lavoratori. ”La rimozione, come suggerito,
delle procedure partecipative per la fissazione dei salari minimi è
antidemocratica e porterebbe a un processo decisionale tagliato fuori
dalle realtà dei lavoratori. Salari minimi adeguati dovrebbero basarsi
soprattutto sulla base di una stima del costo della vita, ed essere
sviluppati con il pieno coinvolgimento dei sindacati e datori di lavoro,
come parte del processo trasparente tripartito” conclude la Ituc.
Sul fronte del primo maggio europeo, infine, la
Confederazione europea dei sindacati (Ces) taglia corto: ”Qualcosa è
andato storto nell'Unione europea. Quattro esempi testimoniano questo
disturbo: il fatto che centinaia di migliaia di scatole cinesi siano
state autorizzate anche se l’unico scopo di queste società fantasma è
quello di eludere le tasse, le leggi sul lavoro e i regolamenti;
decisioni della Corte di giustizia europea che hanno autorizzato
restrizione dei diritti fondamentali dei dipendenti a supporto delle
pratiche commerciali; rivelazioni regolari, come quelle di Panama Papers
e Paradise Papers, che mostrano l’incapacità dell’Ue di prevenire
l’evasione fiscale; l’accettazione che, nonostante drammi come il Rana
Plaza, molte aziende continuino a chiudere gli occhi sui fornitori che
ignorano i più basilari diritti sociali, ambientali e umani. La teoria
della "supremazia degli azionisti" è stata ormai promossa dalla
Commissione Europea mentre l'economia reale e i lavoratori sono stati
dimenticati. Ecco perché è il momento di ripensare il ruolo degli oltre
140 milioni di lavoratori europei”.
E qui alcune proposte: limiti rigorosi alle
delocalizzazioni e alle sedi fiscali; la creazione di un’autorità
indipendente che regoli la mobilità dei dipendenti; il rafforzamento
della partecipazione dei dipendenti nei consigli di amministrazione
delle aziende; il dovere di diligenza nei confronti dei subappaltatori;
un quadro di informazioni vincolanti adattato alle sfide del XXI secolo:
le regole contabili non dovrebbero essere lasciate ad un'organizzazione
privata (l'International Accounting Standard Board) interessata
principalmente al valore per gli azionisti, ma dovrebbero tener conto
della loro sostenibilità.
( 1 maggio 2019 )
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