Ucraina, ricostruzione possibile solo sradicando le élites corrotte


Oltre a combattere la Russia, gli ucraini stanno combattendo la corruzione interna. Mentre il Regno Unito terrà una conferenza su come ricostruire l’Ucrai na del dopoguerra, molti temono cosa accadrà ai fondi inviati attraverso un sistema in cui il denaro scompare. E’ il racconto di Patrick Wintur che, sul Guardian, adotta in un suo articolo una metafora molto calzante: se in una casa divampa un incendio, la discussione sul colore della moquette sostitutiva non è normalmente la prima priorità, quindi convocare una conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina nel bel mezzo della controffensiva di Kiev può sembrare prematuro e persino allettante. La conferenza di due giorni del Regno Unito che inizierà il 21 giugno è almeno la sesta dall’inva sione della Russia. La prima si è tenuta il 4 luglio 2022 a Lugano, in Svizzera. La Germania, che detiene la presidenza di turno del G7, ha tenuto un evento a Berlino il 24 ottobre, Parigi è entrata in azione il 13 dicembre, Varsavia il 13 febbraio e il Comitato delle regioni Ue ha tenuto un evento il mese scorso, il 25 maggio. La proliferazione di tali simposi solleva un interrogativo di fondo, chiedendo esplicitamente a Kiev se i sistemi anticorruzione saranno in atto per quando i miliardi di aiuti occidentali previsti pioveranno in Ucraina (classificati da Transparency International nel 2021 come il secondo paese più corrotto d’Europa, dietro solo alla Russia). Le stime del costo della ricostruzione variano e ovviamente cambiano con ogni appartamento, diga e centrale elettrica distrutti dalla Russia. La stima dei danni più citata è la valutazione della Banca mondiale di 135 miliardi di dollari di danni fisici e 411 miliardi di dollari di costi di sostituzione. L’analisi britannica è che le tesorerie pubbliche sotto pressione e persino le banche multilaterali semplicemente non avranno tali fondi disponibili una volta che le armi taceranno. Saranno richieste forme di assicurazione di guerra mai tentate prima, e pochi sanno se i conti torneranno. Il settore privato non rischierà un investimento se teme che i fondi non finiscano magari in un nuovo ponte ma nella tasca posteriore di un oligarca. Quindi, all’interno di qualsiasi conferenza sulla ricostruzione deve esserci una discussione, con vari gradi di franchezza, sulle condizioni che l’occidente può stabilire per aiutare l’Ucraina a liberarsi dall’abitu dine alla corruzione. Lo stesso presidente americano Joe Biden ha ammesso a Brookings nel 2015 che “la corruzione è così endemica in Ucraina, così profonda e così consequenziale, è davvero, davvero, davvero, davvero difficile eliminarla dal sistema“. Il procuratore generale, Viktor Shokin, fu licenziato dall’allora presidente, Petro Poroshenko, dopo che Joe Biden disse apertamente che gli Stati Uniti non avrebbero inviato denaro in Ucraina fino a quando non fosse stato licenziato. Shokin fu licenziato, e la garanzia sul prestito da 1 miliardo di dollari fu emessa. Alcuni, come Henrik Larsen, consigliere delle missioni dell’Ue in Ucraina dal 2014 al 2019, insistono sul fatto che ora è il momento giusto per imporre condizionalità legate agli aiuti. Josh Rudolph, del German Marshall Fund, afferma che i donatori, comprese le istituzioni finanziarie internazionali, devono essere più assertivi nel fissare le condizioni:

“Non puoi uscire da questa guerra e restituire il sistema politico agli oligarchi. Ma non si può nemmeno avere un sistema dominato dall’ufficio del presidente ucraino, come sarebbero inclini a fare alcuni alti incaricati di quell’ufficio”. La condizionalità proviene attualmente da tre fonti: le sette condizioni di adesione fissate dall’Unione europea lo scorso anno, le istituzioni finanziarie internazionali e un gruppo informale di ambasciatori del G7 con sede in Ucraina. La speranza è che un quarto punto di pressione si stia evolvendo sotto forma di una piattaforma di coordinamento dei donatori multi-agenzia del G7 istituita a gennaio. Egor Sobolev, un tempo capo della commissione anticorruzione del parlamento e ora combattente in prima linea, una volta ha detto mentre stava combattendo a Bucha che durante una pausa nel bombardamento un commilitone in un’altra trincea gli ha urlato: “Egor, pensi che quando avremo respinto i russi potremo anche sbarazzarci della corruzione in Ucraina?”. Anche Mykhailo Zhernakov, il direttore della Dejure Foundation con sede a Kiev, mostra poca pazienza con l’argo mentazione secondo cui è meglio rimandare le riforme anticorruzione fino all’indomani della guerra. Oleksandr Novikov, il capo dell’a genzia anticorruzione ucraina, ha del resto messo in guardia sull’e mergere di una nuova classe di oligarchi che sfruttano il caos per guadagno personale. Molti affermano che il controllo dell’ascesa di una nuova classe di oligarchi è stato ostacolato dall’abbandono sotto la legge marziale di molte delle straordinarie misure di trasparenza dell’Ucraina, compresi i registri della proprietà e del reddito dei funzionari pubblici. Il fondatore di YouControl, Serhii Milman, è uno dei tanti che afferma che questi registri dovrebbero ora essere riattivati, poiché “in assenza di registri aperti, la corruzione cresce in modo esponenziale”. Il 17 maggio, l’allora presidente della corte suprema, Vsevolod Kniaziev, sarebbe stato sorpreso a ricevere una tangente di 2,7 milioni di sterline. L’episodio rivelerebbe un ordinamento giuridico compromesso, privo di un codice morale anche in tempo di guerra. Vasyl Lozinskyi, il viceministro delle infrastrutture, è stato licenziato a gennaio e messo agli arresti domiciliari dopo essere stato accusato di aver gonfiato il prezzo delle attrezzature invernali, inclusi i generatori, e di aver sottratto 400.000 dollari. Rischia da otto a 12 anni di carcere se condannato, ma nega di aver commesso un illecito. Nel frattempo, il ministero della Difesa è stato colto alla sprovvista quando i giornali ucraini hanno riferito che il suo dipartimento degli appalti aveva pagato prezzi gonfiati per le razioni dei soldati, sollevando preoccupazioni per le tangenti. Alla conferenza di Londra, l’Ucraina punterà sulla trasparenza digitale. Ma l’ufficio del presidente, abituato a gestire un’economia di guerra necessariamente riservata e centralizzata, farà fatica a restituire le redini al popolo. Il governo dell’Ucraina e la società americana BlackRock hanno intanto firmato un accordo sulla creazione del “Fondo di sviluppo ucraino” per completare la vendita completa delle principali attività dello stato ucraino, dal suolo alle reti elettriche. Alcuni esperti ritengono che Kiev intenda saldare i propri debiti diventando proprietà del capitale transnazionale. Black Rock è infatti il più grande fondo di gestione patrimoniale al mondo con un’enorme influenza politica in tutto il mondo e suoi ex manager sono oggi nel governo Biden. Non è solo azionista nelle principali società finanziarie, farmaceutiche, industriali, militari e giornalistiche, ma è presente anche nella Banca mondiale e gestisce tutti i programmi del Federal Reserve per l’acquisto di obbligazioni societarie. La collaborazione del governo Zelensky con BlackRock (i cui servizi saranno pagati con fondi inviati dall’Occidente) è iniziata nel settembre 2022, quando il New York Times ha riferito di negoziati tra il presidente ucraino e il capo dell’azienda, Larry Fink. In base all’accordo, le società strategiche ucraine passano sotto il controllo transnazionale. Nell’ambito del piano sarà gestito anche il debito pubblico ucraino. Il ministro ucraino per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov ha pubblicato su Twitter un video patinato che mostra il futuro fantascientifico dell’Ucraina. Il video la mostra come il “paese più libero e conveniente nei prossimi 10 anni”presentandola come “il primo Paese ad abbandonare la cartamoneta” e in cui abbondano i programmi di tele-sanità e tele- istruzione, in cui le decisioni dei tribunali sono guidate dall’intelligenza artificiale e le città possono persino difendersi con una “modernissima cupola di ferro.” Mentre la guerra infuria, i funzionari ucraini si concentrano su “rivesti menti positivi” del conflitto, vantandosi delle possibilità di investimento emerse durante il conflitto, dell’app Diia (“lo stato in uno smartphone”), dell’app e-grivna per la valuta digitale, delle crescenti capacità tecnologiche stimolate dal coinvolgimento delle multinazionali, di un’ulteriore cristallizzazione del partenariato pubblico-privato come strumento della società civile e la nascente rivoluzione “verde”. Strutture di governance opache spingono verso la Quarta Rivoluzione Industriale, che consentirà di ricreare l’intero sistema finanziario globale con il pretesto di promuovere la sostenibilità, creando piuttosto ambienti economici favorevoli agli obiettivi dei grandi gruppi di potere.

Raffaella Vitulano


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