L'Europa dimentica i propri interessi

di Raffaella Vitulano

Ernest Hemingway l’aveva capito da un pezzo: ”Dobbiamo abituarci all'idea: ai più importanti bivi della vita, non c'è segnaletica”.
Oggi il mondo è a un bivio. Forse è addirittura ad un incrocio. La segnaletica non c’è, e non è detto che vicoli tetri spuntino subito dopo l’angolo. Chi pensa che il buen retiro nel proprio pezzetto di pianeta servirà a rimanere immune da trattati internazionali, rovesci globali e tensioni con la Russia, sbaglia di grosso. Mai come in questo periodo il minimo battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo, e la teoria del caos - applicata con zelo anche nella finanza - regna incontrastata. Nei delicatissimi equilibri del pianeta, il ghiaccio della guerra tra Usa e blocco sovietico sembrava essersi scongelato da anni. Ma gli equilibrismi di maniera hanno negli ultimi mesi lasciato posto ad una facciata ibernata come non mai. Focolai di guerra, mediatica e non, impongono nuove riflessioni all’Europa, vaso di coccio tra i due di ferro, soprattutto alla luce delle sanzioni economiche alla Russia che stanno mettendo in ginocchio parecchie imprese italiane.
Ed ecco che le relazioni con la Russia e la situazione in Ucraina comparivano tra i punti all'ordine del giorno del summit europeo del 19 e del 20 marzo scorsi. I leader europei hanno concordato due punti essenziali: continuare con le sanzioni fino all’entrata in vigore degli accordi di Minsk ed elaborare un piano contro le campagne di disinformazione della Russia. 
A Federica Mogherini, Alta Rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la sicurezza, è stato dato il compito di preparare un ”piano di azione sulla comunicazione strategica” entro il mese di giugno. La prima tappa di questo meccanismo ”anti-propaganda” sarà la nascita di una squadra di comunicazione con base a Bruxelles. Molti media in ogni paese europeo, tuttavia, possono considerarsi portatori sani di propaganda e disinformazione. Col pretesto di arginare fascismi e nazismi, Bruxelles intende frenare l’avanzata dei partiti formalmente di destra e critici con le recenti politiche comunitarie, coprendosi però gli occhi su altri olocausti europei, a partire da quello greco. Il motivo principale che lega gli intenti di questi partiti alla politica estera russa è dunque la comune avversità all’Unione Europea, vista da un lato come la causa della crisi economica e della cattiva gestione di problemi come quelli legati dell’immigrazione clandestina; dall’altro, come una costante minaccia per gli accordi energetici tra Russia e paesi europei, oltre alla pericolosità geopolitica dell’adesione di paesi come l’Ucraina all’Ue, e conseguentemente alla Nato, come sarebbe potuto accadere nel 2004. Così come durante la parabola sovietica creava movimenti filo-comunisti in Europa, ora Mosca sostiene economicamente e politicamente partiti ribelli, con finalità geopolitiche ma soprattutto economiche. Già lo scorso 12 marzo l’Europarlamento aveva votato una risoluzione sulla relazione annuale tenuta dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la sicurezza mettendo sotto accusa il Cremlino. Dopo alcune pagine, il testo della risoluzione parlamentare viene al dunque: il Parlamento “ritiene necessaria una strategia politica globale volta a ristabilire l’ordine politico europeo (…) e a vincolare tutti gli Stati europei, tra cui la Russia; (…) ritiene che lo sviluppo di un dialogo costruttivo con la Russia e con altri paesi del vicinato dell’Ue in materia di cooperazione per rafforzare questo ordine costituisca una base importante per la pace e la stabilità in Europa, purché la Russia rispetti il diritto internazionale e assolva ai suoi impegni relativi alla Georgia, alla Moldova e all’Ucraina, compreso il ritiro dalla Crimea” (par. 30). 
Rispolverato il lessico della guerra fredda per enunciare la necessità di “contenere le ambizioni della Russia nel suo vicinato” (par. 31), il testo assume i toni dell’arringa. Il Parlamento “condanna fermamente il fatto che la Russia abbia violato il diritto internazionale mediante l’aggressione militare diretta e la guerra ibrida contro l’Ucraina, che ha provocato migliaia di vittime militari e civili, così come l’annessione e l’occupazione illegittime della Crimea e le azioni di natura analoga nei confronti dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale, territori della Georgia; sottolinea l’allarmante deterioramento del rispetto dei diritti umani, della libertà di espressione e della libertà dei media in Crimea” (par. 34); “sostiene le sanzioni adottate dall’Ue in reazione all’aggressione russa contro l’Ucraina che potrebbero anche essere rafforzate” (par. 35); “invita i paesi candidati all’adesione ad allineare la loro politica estera nei confronti della Russia con quelli dell’Unione” (par. 36); infine, “sottolinea la necessità di un approccio europeo coerente nei confronti delle campagne di disinformazione e delle attività di propaganda utilizzate dalla Russia all’interno e all’esterno dell’Ue; esorta il Seae e la Commissione a presentare un piano d’azione con misure concrete per contrastare la propaganda russa; chiede la cooperazione con il Centro di eccellenza delle comunicazioni strategiche della Nato sulla questione” (par. 37). Quanto alla Nato, il Parlamento europeo considera che “la cooperazione Ue-Nato debba essere rafforzata e che sia necessario intensificare la pianificazione e il coordinamento tra la difesa intelligente della Nato e la messa in comune e la condivisione dell’Ue” (par. 54). L’Europarlamento, infatti, “ritiene che gli Stati Uniti siano il principale partner strategico dell’UE e promuove un maggior coordinamento, in condizioni di parità , con tale paese in materia di politica estera dell’Unione Europea e a livello globale; sottolinea il carattere strategico del partenariato transatlantico su commercio e investimenti che ha il potenziale di consentire ai partner transatlantici di fissare standard globali in materia di lavoro, salute, ambiente e proprietà intellettuale e rafforzare la governance globale” (par. 52); infine “sottolinea la necessità di definire una strategia dell’Ue in coordinamento con gli Stati Uniti” (par. 55). 
Con tali premesse, il quadro è abbastanza chiaro e non lascia margini alla diplomazia. La condivisione delle posizioni di Washington concernenti l’Ucraina, espresso in termini inequivocabili dalla risoluzione votata dal Parlamento europeo, esclude senza appello la possibilità di un accordo tra Europa e Russia, che danneggerebbe gravemente l’egemonia statunitense, ma apre il varco a dubbi sulla difesa degli interessi fondamentali dell’Europa. Gli equilibri economici del pianeta, del resto, passano proprio da qui: la rilevanza dell’Ucraina nella strategia del controllo americano sull’Europa era stata lucidamente evidenziata, non a caso, da Zbigniew Brzezinski già vent’anni fa, quando non era facile immaginare il ruolo centrale che l’Ucraina avrebbe assunto sullo scacchiere eurasiatico. Eppure il geopolitico americano ne aveva indicato la funzione di “perno”, d’importanza vitale per la Russia e per l’intera Eurasia. “L’Ucraina, un nuovo ed importante spazio sullo scacchiere eurasiatico, – si legge nel suo volume La grande scacchiera – è un perno geopolitico, perché la sua esistenza stessa come paese indipendente serve a trasformare la Russia. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. La Russia senza l’Ucraina può ancora lottare per uno statuto imperiale, ma allora diventerebbe uno Stato imperiale prevalentemente asiatico, più facilmente trascinabile in conflitti debilitanti con le risorte popolazioni dell’Asia centrale (…) Comunque, se Mosca riprende il controllo dell’Ucraina, coi suoi 52 milioni di abitanti e le sue grandi risorse, nonché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente ritrova il modo per diventare un potente Stato imperiale, esteso sull’Europa e sull’Asia”. Kiev, dunque, “testa di ponte democratica” degli Stati Uniti nel continente eurasiatico. È lo stesso Brzezinski a dichiarare esplicitamente: “Un’Europa allargata e una Nato allargata serviranno gl’interessi a breve e a lungo termine della politica statunitense. Un’Europa allargata estenderà il raggio dell’influenza americana senza creare, allo stesso tempo, un’Europa così politicamente integrata che sia in grado di sfidare gli Stati Uniti in questioni di rilievo geopolitico, in particolare nel Medio Oriente”. In questo scenario, la tesi dello ”scontro delle civiltà” svolge in queste ore egregiamente il suo ruolo. La Grecia, intanto, è alla canna del gas.
Ma quale? L’antitrust europeo ha accusato formalmente Gazprom di "abuso di posizione dominante" per le sue pratiche commerciali nell'Europa centrale e orientale, con cui ha attuato una "politica dei prezzi sleale" e ha "ostacolato la concorrenza transfrontaliera" creando "barriere artificiali". L'azienda ha 12 settimane per rispondere, con una potenziale multa da 14,3 miliardi. Il gas in questione per Atene è ora proprio quello del gigante statale russo che, dopo lo stop al progetto South Stream da parte di Bruxelles, punta le sue carte sul nuovo piano voluto da Vladimir Putin in persona: far transitare il combustibile diretto verso l’Europa in un nuovo gasdotto (ribattezzato Turkish Stream) attraverso Turchia e Grecia. L’oligarca russo Miller ha già offerto 3 miliardi in anticipo al leader Tsipras. 
L’Europa, stretta tra i lacci di bilancio, deve tenerne conto. Ipotizzando futuri geopolitici, infine, non dimentichiamo le varie esercitazioni militari della Nato che lasciano presagire uno scenario drammaticamente rischioso. L’economia e i mercati hanno ormai bisogno di guerre come un cane rabbioso. Dopo una prima fase definita "magnifico balzo" (Noble Jump) tenutosi in aprile in Polonia con la partecipazione di forze tedesche e italiane, abbiamo avuto la seconda recentemente a largo della Scozia, definita Joint Warrior, e per ammissione della stessa Nato è stata la maggiore esercitazione navale: vi hanno partecipato dall’11 al 24 aprile 50 navi da guerra (tra cui un gruppo italiano) e 70 cacciabombardieri (che, bisogna sempre ricordare, hanno duplice capacità anche nucleare). Il tutto serve a preparare la madre di tutte le esercitazioni per la cosiddetta ”Trident Juncture 2015” - la maggiore esercitazione dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi che si terrà proprio in Italia dal 28 settembre al 9 novembre, cui parteciperanno tutte le forze della Nato.

Commenti

Post più popolari