Se la crisi é opportunità per rimettere in Ordine (mondiale)

di Raffaella Vitulano

E se la Brexit non fosse stata un terremoto ma un evento pianificato? E non solo perché a Londra la drammaturgia da secoli si snoda su trame infittite. Ma anche perché aprire le porte del Foreign Office a Boris Johnson (che fino a ieri sembrava messo da parte insieme al popolare Farage) fa riflettere sulla contrapposizione del Regno Unito al progetto egemonico franco-tedesco per l’Europa del III millennio. Che poi sarebbe più l’opposizione tra i cardini del pensiero ordoliberista tedesco (libero dominio del capitale sul lavoro, leggi riforme Hartz) e il neo-liberismo di matrice anglosassone. Ma andiamo per ordine, tenendo bene a mente le flebo che l’Italia potrebbe dover alimentare nelle sue banche, dato che nella sua relazione annuale relativa al nostro paese - riportata dal Guardian - il Fondo monetario internazionale prevede che ci metterà almeno vent’anni a tornare a livelli di Pil pre-crisi, e che questa ripresa lenta e dolorosa sarà esposta a ogni sorta di minacce. Il terrore regna sovrano, e a dire il vero non dovremmo invece dimenticare che il nostro sistema bancario uscì vincente nel post subprime nel settembre 2008, per poi sembrare oggi agonizzante. In otto anni, ci hanno però costretto a salvare le banche francesi e tedesche con un sobrio obolo di circa 125 mld euro. E poi l’austerità di Mario Monti ha fatto il resto. Oggi il rapporto tra Parigi e Berlino rievoca, alcuni sostengono, la solidità di quella che esisteva con la Francia di Vichy. Tra Berlino e Parigi non mettere il dito, insomma; il loro rapporto non sembra avere particolari incrinature. Londra si gioca allora il jolly di una libertà a noi sconosciuta, con una piattaforma di stabilità politica che si va via via sempre più definendo come inedita forse, ma tutt’altro che inaspettata. Il nord, il centro Europa si vanno riorganizzando, eppure ancora c’é chi non vuole capire che la Disunione europea é a un punto di difficilissimo recupero. E spesso proprio il disincanto della “buona comunità”, con fede in una ostinata e stagnante narrativa, fa ostacolo al necessario cambiamento nel recupero della fiducia dei cittadini. Sul prestigioso New York Times, il professore di letteratura e traduzioni presso lo Iulm,Tim Parks, osserva allibito le reazioni post-Brexit: ” Le élites americana ed europea, anziché mettere in discussione la fiducia cieca in un progetto che sta fallendo tutti i propri obiettivi dichiarati, preferiscono insultare la classe lavoratrice britannica che ha osato rompergli il giocattolo”. L’insofferenza si legge spesso sui volti di chi contesta la democrazia relegandola nel populismo. Ci aiuta nell’analisi il sito d’informazione Bloomberg, che nella sezione mercati all’indomani della Brexit (per togliere, due ore dopo, la parola “nuovo” dal titolo) scrive “Draghi vuole un Nuovo Ordine Mondiale che i populisti ameranno odiare”. Un Ordine che, leggendo il pezzo, sarà spiegato al pubblico come “necessario coordinamento fra le banche centrali”. Già in un’intervista video a Davos del gennaio scorso, del resto, Draghi aveva rimarcato quanto sia ”necessario non sprecare mai una buona crisi”per trasferire alla gestione mondiale le poche attività svolte ancora dai governi nazionali. E Brexit lo é. Bloomberg non é un sito complottistico. E’ un'agenzia di informazione finanziaria che appartiene alla più vasta multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo. E se lancia un messaggio, é abbastanza chiaro. Per saperne di più basterebbe leggere anche il capolavoro di Carrol Quigley “Tragedy and Hope”scritto nel 1966. Quigley, storico americano, professore di Scienze Politiche alla Georgetown University, consigliere di Bill Clinton e teorico dell’evoluzione socioculturale, a pagina 324 racconta che (nel periodo 1922-1930, ndr.) ”Le potenze del capitalismo finanziario si dettero anche un obiettivo di lungo termine, niente meno che creare un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private capace di dominare il sistema politico di ogni nazione e l’economia del mondo come un tutt’uno. Questo sistema doveva essere controllato con modalità feudale dalle banche centrali del mondo agendo di concerto, attraverso accordi segreti sanciti in incontri frequenti e conferenze. L’apice di questo sistema era la Banca per i regolamenti internazionali a Basilea, in Svizzera, una banca privata di proprietà e sotto il controllo delle banche centrali mondiali, le quali sono esse stesse istituzioni private. Ogni banca centrale punta a dominare il suo governo attraverso la capacità di controllare i prestiti sui titoli di Stato, di manipolare le valute estere, di influenzare il livello di attività economica del Paese e di condizionare politici cooperativi e compiacenti attraverso ricompense economiche nel mondo del business”. Saranno pure suggestioni, ma l’utilizzo delle crisi comincia a farsi interessante. Non a caso Soros continua a dire che sta per arrivare la catastrofe. Non a caso il Fondo Monetario e la Banca dei Regolamenti Internazionali hanno lanciato l’allarme prevedendo un crash colossale nel 2016.

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