Giorgia on my mind: così l’Europa valuta le politiche della Meloni
Chi chiami se vuoi parlare con l’Europa? Se sei Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo e consigliere chiave del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, il numero da chiamare è quello di Giorgia Meloni”. Esordisce così l’articolo di Politico dedicato alle 28 persone più influenti d’Europa. Il motivo lo spiega qualche riga dopo. “In meno di un decennio, la leader del partito di destra Fratelli d’Italia è passata dall’essere liquidata come una pazza ultranazionalista all’essere eletta primo ministro d'Italia, affermandosi come una figura con cui Bruxelles, e ora Washington, possono fare affari. Anche se ha virato verso il centro, Meloni, che ha iniziato la sua carriera politica come attivista nell’ala giovanile del neofascista Movimento Sociale Italiano e ha elogiato il dittatore Benito Mussolini come ’un bravo politico che ha fatto tutto quello che ha fatto per il bene dell’Italia’, è stata in prima linea in un’ondata che sta trascinando la politica europea verso l’estre ma destra”. Snocciolando le sue politiche, in effetti, dalla sua elezione nel 2022 il primo ministro italiano ha introdotto politiche su questioni come l’immigrazione e i diritti Lgbtq+ che un tempo avrebbero suscitato la condanna di Bruxelles. Invece, la reazione dei leader dell’Unione Europea “è passata dall’indifferenza all’approvazione, con molti che hanno accettato Meloni come la rappresentante gradita dello zeitgeist sempre più radicale che sta sbocciando su entrambe le sponde dell’Atlantico. L’incapacità dei politici convenzionali di contrastare una narrazione ultranazionalista sempre più popolare e la loro disponibilità a collaborare con Meloni sulla scena europea, consentono al primo ministro italiano 47enne (che insiste nell’usare la forma maschile del suo titolo formale, ’Il Presidente del Consiglio’, di essere un uomo forte in grado di esercitare un potere enorme in un momento in cui il continente manca di potenti centristi in grado di affrontarla”. Il sito ricorda di come Meloni fece notizia in tutto il mondo quando divenne la prima donna primo ministro italiana, ma “pochi prevedevano che sarebbe rimasta a lungo in carica. Gli esperti si aspettavano che le lotte intestine avrebbero inevitabilmente diviso la sua coalizione di governo di partiti di destra. Dopo anni di sopportazione delle buffonate dell’ungherese Viktor Orbán, le principali figure Ue non erano entusiaste dell’arrivo di un leader che avevafatto campagna su Dio, patria e famiglia e formato un governo con partitisimpatizzanti per il presidente russo Vladimir Putin. Ma negli ultimi due anniMeloni ha consolidato il suo governo come uno dei più stabili mai esistitinell’Italia del dopoguerra”. A beneficio degli investitori, il sito aggiunge poiche “sebbene il paese sia gravato da un debito nazionale pari al 137% del suo prodotto interno lordo, le previsioni economiche non sono così fosche daspaventare quelli stranieri attratti dall’ambiente politico insolitamentetranquillo”. Il siparietto tra la “stronza” Meloni e il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, rapidamente diventato virale in Italia, non ha fatto altro che rafforzare l’immagine del primo ministro come “un alfa schietto che, nonostante sia fisicamente minuta, riesce comunque a svettare sui suoi rivali. È chiaro che l’apparenza di predominio non è solo superficiale. Nessun membro della sua coalizione osa mettere in scena una sfida interna al suo governo, e l’oppo sizione irrimediabilmente frammentata ammette apertamente di non poterla sconfiggere”. De Luca si morderà le mani per avere alimentato quel siparietto e averle alzato un assist. La stabilità del governo italiano è stata così sorprendente per gli osservatori esterni al Paese che “molti non si sono accorti del regresso democratico, soprattuttoper quanto riguarda la libertà di parola, verificatosi da quando Meloni è entrata in carica”. Il riferimento esplicito è ai giudici italiani che hanno dichiarato illegali alcune delle politiche del suo governo, ai gruppi minoritari come la comunità Lgbtq+. “Invece di condannare l’erosione delle libertà civili in atto nell’Italia di Meloni, i leader Ue l’hanno liquidata come una questione interna. La volontà di guardare dall’altra parte ha una spiegazione semplice:mentre la politica di destra ha consolidato il suo potere in patria, ha anche lavorato duramente per convincere i vertici del blocco che è una partner fidata che li sosterrà sulle questioni chiave a cui tengono. Da quando è salita al potere, Meloni ha portato a termine un impressionante numero di funamboli ideologici. Anche mentre è presidente dell’euroscettico European Conservatives and Reformists Party, un gruppo ombrello paneuropeo che include il partito nazionalista polacco Law and Justice e l’estrema destra Sweden Democrats, il primo ministro italiano ha mantenutoal minimo la sua retorica anti-Ue ed evitato scontri con Bruxelles. E mentre ancora nel 2018 Meloni celebrava la rielezione di Putin come rappresentante ’della volontà inequivocabile del popolo russo’, da quando ha assunto l’incarico ha invece sconcertato i suoi critici emergendo come una delle più accanite sostenitrici dell’Ucraina. La sua immagine di giocatrice di squadra è stata assicurata lo scorso febbraio, quando ha usato la sua influenza per convincere l’ungherese Orbán ad approvare un pacchetto di aiuti cruciale da 50 miliardi di euro all'Ucraina, guadagnandosi gli elogi dei massimi funzionari”. L’articolo di Politico riferisce poi che “l’ascesa di Meloni ha coinciso con una resa dei conti a livello di blocco con la crisi migratoria, e la politica ha astutamente usato la sua immagine appetibile per far pendere l'Ue verso il suo approccio preferito per affrontare la questione”. Il fatto che le idee del primo ministro italiano non siano necessariamente nuove non hanno impedito ai leader europei di guardare con ammirazione al 'modello Meloni'. I venti politici stanno gonfiando le vele di Meloni. Con i tradizionali potenti di Parigi e Berlino praticamente fuori gioco, il primo ministro italiano sta beneficiando di un vuoto di potere che le lascia spazio per portare avanti le sue politiche. In un momento di debolezza per i leader convenzionali europei, “si è posizionata efficacemente come un ponte tra un’estrema destra la cui presenza nei governi europei è in costante crescita e i leader liberal democratici che la vedono come una rappresentante accettabile di un movimento che non comprendono del tutto. La complicata relazione di Meloni con von der Leyen sottolinea il potere che detiene attualmente”. A Bruxelles c’è chi liquida le preoccupazioni su Meloni sostenendo che, se mai dovesse rappresentare una minaccia per la Ue, altri leader potrebbero prendere l’iniziativa di isolarla, come hanno fatto con l’ungherese Orbán. “Il problema è che Meloni non è un nuovo Orbán, ma piuttosto un Orbán sotto steroidi. Rappresenta un paese più grande e ricco che è un membro fondatore dell’Ue e ha un enorme potere contrattuale”, ha spiegato il ricercatore di estremismo politico Pietro Castelli Gattinara. Quanto ai cugini americani, la rielezione di Trump darà a Meloni ancora più slancio, per quanto l’ex stratega capo di Trump, Steve Bannon, abbia recentemente sostenuto che gli sforzi di Meloni per ingraziarsi i centristi a Bruxelles hanno affondato la sua possibilità di essere rilevante con la nuova amministrazione degli Stati Uniti, che le preferirebbe Le Pen, Farage e Orbán. Tuttavia, mentre il primo ministro italiano potrebbe essere appena nel radar di Trump, è invece “adorata dal miliardario Musk, un fan delle sue politiche sull’immigrazione, che ha applaudito la sua guerra alla magistratura e le ha recentemente conferito il Global Citizen Award dell'Atlantic Council a New York” definendola un potenziale interlocutore con l’amministrazione Trump. “Nessu no crede seriamente che il legame di Meloni con Musk le consentirà di convincere Trump a continuare a sostenere l’Ucrai na o a non imporre le tariffe generali promesse sui beni europei. Il presidente eletto ha costantemente dimostrato di seguire la propria agenda, e la sua tendenza a rompere con i suoi stretti consiglieri significa che nemmeno il Ceo di SpaceX ha la garanzia di avere la sua attenzione a lungo”. Finora, conclude Politico, “Meloni ha usato la sua influenza principalmente in Italia. La domanda ora è se inizierà a flettere i muscoli a livello internazionale e se - con un nuovo vento che soffia attraverso l’Atlantico - continuerà a giocare bene con istituzioni come l’Ue e la Nato, o se, come suggerisce Bannon, tornerà alle sue radici di destra e sfiderà lo status quo”.
Il potere, come la natura, aborrisce il vuoto”. Così esordisce il quotidiano online raccontando il continente che si scompone per il malessere economico, le guerre alle porte, la rinascita dell’estrema destra e un’incombente freddezza da parte del suo alleato di lunga data a Washington. “Negli anni precedenti, personaggi come il presidente francese o il cancelliere tedesco si sono contesi in modo affidabile i primi posti nella nostra classifica. Quest’anno, tuttavia, né Emmanuel Macron né Olaf Scholz hanno raggiunto il traguardo. La loro influenza è diminuita, lasciando che altri, spesso provenienti da punti inaspettati o non convenzionali, subentrino e riempiano il vuoto”. Come negli anni passati, il quotidiano ha diviso la lista in tre categorie: Doers (i più abili nell’impor re la propria volontà), Disruptors (coloro che scuotono lo status quo) e Dreamers (le cui idee audaci stanno guidando il dibattito). In cima c’è la persona più potente d'Europa , qualcuno che incarna tutti e tre i tratti dell'influenza in un modo che quest'anno sembra particolarmente risonante. L’inclusione non è né un'approvazione né un riconoscimento, quanto un’istantanea del potere, come giudicato da giornalisti e dagli addetti ai lavori con cui parlano. Tra i politici influenti citati da Politico troviamo, nella classifica dei “fattivi”, Ursula von der Leyen. I fan di von der Leyen insistono sul fatto che è ben preparata per il compito che la attende, descrivendola come una forza della natura instancabile con un profondo senso di responsabilità e un'etica del lavoro folle. Ma i detrattori sostengono che queste stesse qualità la contraddistinguono come qualcuno che fa fatica ad ascoltare e che si fa più facilmente nemici che amici, tratti problematici data l’immensità del lavoro che la attende. Tra i “disgregatori” primeggia Friedrich Merz, capo dell’Unione Cristiano- Democratica di centro-destra tedesca, la cui dedizione alla moderazione fiscale potrebbe essere un fattore importante nel 2025, quando inizieranno i negoziati per il prossimo bilancio settennale del blocco. In pole tra i “sognatori” (tra cui Papa Francesco) troviamo Mark Rutte, nuovo segretario generale della Nato e il cui obiettivo principale sarà cercare di mantenere Washington a bordo dopo la rielezione di Donald Trump.
Raffaella Vitulano
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