Sleepy Joe, ovvero come andarsene col botto
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha revocato le restrizioni imposte a Kiev sull’uso di missili a lungo raggio, il che significa che per la prima volta le forze ucraine possono lanciare missili di fabbricazione americana all’interno del territorio russo. La mossa del risvegliato Sleepy Joe, arrivata poche settimane prima che lasci l’incarico e poche ore dopo i massicci attacchi missilistici e dei droni russi, ha innervosito il Cremlino, che ha accusato Washington di “gettare benzina sul fuoco”.
La considerazione che tale escalation da entrambe le parti ognuna delle quali ha l’intento di far desistere l’altro e di prendersi tutto il resto (una strategia nota non a caso con il nome di Mad Dog Strategy) - sia necessaria a preparare il terreno alla pace annunciata da Trump, guadagnando all’Ucraina una posizione di forza nei futuri negoziati, lascia davvero il tempo che trova in questa fase. Il complesso militare-industriale sembra piuttosto voler assicurarsi di far scoppiare la Terza guerra mondiale prima dell’insediamento di Trump, e forse non disdegnerebbe un false flag di convenienza. La decisione degli Stati Uniti è stata presa dopo lo spiegamento di truppe nordcoreane nella regione russa di Kursk, invasa dalle forze ucraine ad agosto. Ed è stata seguita da quella del presidente russo Putin di approvare il decreto che aggiorna la dottrina nucleare. Non male come accelerazione. Biden sarebbe stato informato dai suoi principali consiglieri che l’uso dell’Atacms non avrebbe avuto alcun impatto materiale sull’esito della guerra se non quello di mettere a maggior rischio le risorse e le basi militari degli Stati Uniti e della Nato.
Nonostante ne fosse consapevole quando ha preso la sua decisione, Sleepy Joe ha forzato la mano, dimostrando una volta di più la sua incapacità di comprendere le conseguenze delle sue azioni. Quando gli umani rasentano la follia, danno solo man forte a chi - come Eric Schmidt e il defunto Henry Kissinger nel loro libro Genesis - pensa che presto coloro che controlleranno il mondo saranno i superuomini geneticamente hackerati o altrimenti fusi con tecnologie avanzate come l’Ia, che toglieranno la progettazione intelligente dalle mani di Dio per affidarla a progettisti post-umani di co-evoluzione: “L’umanità sta maneggiando un potere che non può comprendere”. Verissimo. Trump, dal canto suo, ha le stesse probabilità di fare errori a causa della sua debole comprensione delle origini dei conflitti e della sua goffa impazienza di imporre un accordo a Putin. Nel frattempo la Commissione europea, tanto per gettare altra benzina sul fuoco, intende reindirizzare circa 400 miliardi di euro dal bilancio dell’Ue, inizialmente destinato a ridurre le disuguaglianze economiche tra i paesi membri, al rafforzamento del complesso militare-industriale degli Stati fornendo aiuti militari all’Ucraina. Resta il fatto che le fasi finali di una guerra possono generare ilcomportamento più sconsiderato dalle parti. Ricordiamo ad esempio quando gli Stati Uniti hanno usato il pretesto della difficoltà di sottomettere il Giappone per dimostrare la superiorità mortale delle loro armi nucleari. L’ex militare ed ispettore dell’Onu, Scott Ritter, ricorda altresì che la Germania ha inflitto le maggiori perdite di personale agli Alleati nell’ultimo mese della seconda guerra mondiale. Se Trump non è disposto o non è in grado di far sì che l’Ue sostenga la neutralità dell’U craina, la Russia si troverà di fronte al problema di un’Ucraina occidentale generalmente ostile alla fine della guerra. Ma le élites sembrano imperturbabili dalla elezione del Tycoon e tirano dritto con la superbia, l’indifferenza e il sonnambulismo che le contraddistingue. In un articolo pubblicato su Le Figaro, Chantal Delsol - la più importante filosofa cattolica francese vivente - sostiene invece che dovrebbero interessarsene, dato che l’elezione di Donald Trump traduce non l’emer gere, ma la cristallizzazione di una nuova corrente politica ancora senza nome, ma che potremmo chiamare “illiberale”: i popoli si sollevano contro la distruzione delle identità particolari, la mondializzazione, il “senza frontierismo” e la sacralizzazione della sanità. Dall’inizio del secolo, il postmodernismo è stato il regno di una piccola “élite” che impone queste nuove convinzioni. Ciò che chiamiamo illiberalismo è una rivolta popolare contro questo processo: “La seconda vittoria di Donald Trump è parte di una storia che segna una svolta. La profondità di ciò che rappresenta è diventata tale che non si può più parlare in modo spregiativo di frustrazioni e rabbia (...). Non si tratta più solo di un volgare guitto che ridacchia davanti alla folla. Ha un’idea in mente, anche se non è lui a portarla avanti. Altri pensano dietro di lui. E questa corrente si unisce a coloro che in Europa le assomigliano”. L’illiberali smo è così dunque meno liberale del liberalismo delle élites perché ritiene che la libertà debba avere dei limiti (nella globalizzazione economica o nell’apertura delle frontiere o nelle questioni sociali). Ma è più liberale del liberalismo delle élites perché crede nel buon senso del popolo (altrimenti non capisce come si possa essere democratici) e, quindi, reclama la libertà dal basso: lasciateci vivere, lasciateci fare.
L’emergere dell’illiberalismo alla fine del XX secolo nei paesi dell’Europa centrale non è stato altro che il preludio a un vasto processo di cui la seconda elezione di Trump rappresenta una sorta di culmine”. E ancora: “Non sarà Trump a tenere discorsi di scienza politica. È stato semplicemente il giullare intrepido e senza scrupoli che ha aperto le porte sbarrate. Ma l’enorme movimento che sta scatenando non è solo frustrazione e rabbia. Nasconde una corrente post-liberale, più vicina al liberalismo classico, ancorata a fondamenti nazionali e morali, finora paralizzata dalla censura”. Possiamo aspettarci che in un futuro non troppo lontano la stessa cosa accada nella maggior parte dell’Europa. Per l’analista militare americano Will Schryver, secondo qualsiasi logica ragionevole di conflitto i russi sarebbero pienamente nei loro diritti naturali di reagire alle risorse Nato che hanno svolto un ruolo così essenziale in diversi attacchi dannosi contro di loro, nella maggior parte dei casi fornendo direttamente l’intelli gence, la sorveglianza, i dati di puntamento e persino la guida in tempo reale alle armi fornite e spesso gestite dalla Nato destinate a uccidere i russi. La Russia non ha ancora risposto con la forza avendo preso una ferma decisione strategica di gestire attentamente l’escala tion di questo conflitto, che potrebbe teoricamente sfociare in importante scambio nucleare. Tutto questo mentre gli Stati Uniti accusano la Russia di prepararsi a tagliare i cavi sottomarini che trasportano il traffico Internet in tutto il mondo, e la Russia accusa le potenze occidentali di prepararsi a fare la stessa cosa. In alcuni casi, questi cavi sottomarini si estendono letteralmente da un continente all’altro e quindi è impossibile sorvegliarli. Ciò significa che sono un obiettivo estremamente vulnerabile e probabilmente è solo questione di tempo prima che qualcuno decida di attaccarli. Per il professore della Columbia University Jeffrey Sachs “la situazione è molto più seria di quanto pensiamo”. Il mondo è in bilico e sull’orlo dell’esplosione. Ed “è tutto davvero scioccante”. Mentre in molti avevano paventato una prossima fine del conflitto con l’arrivo della nuova amministrazione Trump, l’interregno di Biden potrebbe invece portare al collasso finale. Il confronto diretto tra Stati Uniti e Russia “comporta minacce molto serie e reali” - ha dichiarato Sachs durante una conferenza - dato che le due parti possiedono migliaia di testate nucleari. Secondo l’economista, negli Stati Uniti qualsiasi discorso sui pericoli intrinseci di uno stallo tra due superpotenze nucleari è considerato “di pessimo gusto” e liquidato come “il presidente russo Putin sta solo bluffando”.
La popolarità di questo punto di vista negli Stati Uniti potrebbe portare a una situazione catastrofica, quando non ci sarà più tempo per dire: “Scusate, abbiamo sbagliato”. “Avremo un minuto prima che il missile atterri... Ed è così che finisce il mondo”, conclude Sachs. Non siamo insomma ben guidati dai falchi dal grilletto facile a Washington e in Occidente. La decisione di Biden, presidente uscente, sconfitto e rinnegato dal proprio stesso entourage come inadatto a proseguire nel ruolo di comando, è stata seguita dalla Francia, che consentirà l’utilizzo in profondità degli Scalp, e dal Regno Unito, che consentirà l’uso degli Storm shadow. L’u nica possibilità di una sconfitta della Russia che non passi attraverso un olocausto nucleare potrebbe essere un col-lassodell’economia a causa delle sanzioni, ma questa strada si è dimostrataimpercorribile e quella della sopraffazione militare nucleare dovrebbe essere ovviamente preclusa. Eppure si spinge in questa secondadirezione, mettendo a rischio l’umanità. Le scelte occidentali odierne,della Realpolitik hanno evidentemente solo il cinismo, mentre restanoavulse dalla realtà. Ma guardando oltre le apparenze, si scorge che forse più che una pericolosa provocazione rivolta alla Russia, gli attacchi Atacm e Storm Shadow rappresentano un tentativo di capovolgere – letteralmente – la politica estera Usa. Piuttosto che puntare un nemicostraniero che minaccia l’egemonia statunitense, la politica estera vieneallora trasformata in un’arma carica puntata sulla guerra interna all’America, rivolta specificamente a Trump, la cui priorità assoluta è “smantellare l’intero establishment neocon globalista”. L’oligarchia dei manovratori dietro le quinte - il cosiddetto Deep State - naturalmenteesiste, ma non è un partito, né un’asso ciazione segreta, né una setta, ma una congerie mobile di partiti, associazioni segrete, sette, lobbies di varia natura, totalmente incapaci di progettare persino il male a lungo termine; capacissimi però di tenere la barra a dritta del proprio interesse economico. Non ci sono più “guerre facili” (cit. Brzezinski) da combattere, non bisogna farsi ingannare dal desiderio di averne una.
Alastair Crooke, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelli gence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea. Dell’altro fronte aperto, quello mediorientale, Crooke spiega che gli israeliani, nel complesso, mostrano l’ottimistica certezza di poter manipolare Trump, non tanto per la piena annessione dei Territori occupati, quanto piuttosto per intrappolarlo in una guerra contro l’Iran. Le nomine del team di Trump, finora, rivelano una squadra di politica estera di feroci sostenitori di Israele e di appassionata ostilità all’Iran. I media israeliani la definiscono una “squadra da sogno” per Netanyahu. E in effetti sembra proprio così, dato che con il nuovo capo della Cia, conta su un noto ultra-falco anticinese. Eppure, nella sfera interna, il tono è esattamente l’opposto. Tutto questo è sicuramente voluto. Ma altrettanto rischioso. Che sia intenzionale o meno, Trump sta tenendo le carte coperte sui fronti bellici. In un’importante valutazione della Strategia di Difesa Nazionale, la Rand (think tank del Pentagono) ha concluso con un’analisi inesorabilmente cruda e cupa di ogni aspetto della macchina bellica statunitense. In breve, gli Stati Uniti “non sono preparati”, si legge nella valutazione, ad affrontare una seria “competizione” con i loro principali avversari, e sono vulnerabili o addirittura nettamente superati in ogni ambito bellico. L’Occidente tuttavia continua a respingere la richiesta più importante di Putin: nessuna adesione alla Nato per l’Ucraina e un impegno alla sua neutralità. L’insistenza sul fatto che un giorno l’Ucraina entrerà a far parte della Nato significa che la Russia continuerà a premere finché non potrà imporre la sua volontà a tutta l’U craina. Eppure l’”Impero a tutti i costi” (cioè lo Zeitgeist citato dalla Rand Organisation) è ora “più disperato che mai nel trovare una guerra da combattere per ripristinare le sue fortune e il suo prestigio”. Una situazione di stallo che non fa presagire nulla di buono. In un conflitto aperto della Nato con la Russia, le aree di sosta in Polonia e Romania verrebbero colpite per prime e più duramente, ma gli attacchi molto probabilmente interesserebbero tutta l’Europa e il Mediterraneo. I missili e i sottomarini russi affonderebbero diverse navi nel giro di poche ore, tra cui, quasi certamente, una portaerei statunitense. Questo, ovviamente, è uno scenario da incubo, che rischia molto verosimilmente di sfociare in una guerra nucleare. Le persone trascurano inoltre di considerare il fatto che le forze statunitensi sono disperse in tutto il mondo, in oltre 750 basi straniere di varie dimensioni e importanza strategica. In altre parole, la maggior parte non riesce ad apprezzare il fatto che la potenza militare statunitense è altamente diluita e l’unico modo per concentrare una forza sufficiente ad affrontare i russi sarebbe quello di evacuare letteralmente quasi ogni base statunitense significativa sul pianeta, Giappone, Corea, Guam, Siria, Turchia, numerose nazioni africane, ecc. Si creerebbe un enorme vuoto di potere in tutto il mondo e costituirebbe una tentazione irresistibile da sfruttare per le potenze ostili a Washington. Significherebbe la fine dell’impero e dell’egemo nia globale americana. Quando Donald Trump entrerà in carica il 20 gennaio, tutte le sue promesse elettorali di porre fine alla guerra in Ucraina in 24 ore e quasi altrettanto rapidamente di porre fine alla guerra di Israele contro i suoi vicini saranno messe alla prova. Trump sarà davvero “il Presidente Usa che riporterà l’America a Dio”? Così aveva predetto nel 1980, l’eremita e mistico americano cattolico trasferitosi a Loreto, Tom Zimmer. Una rivelazione fatta da padre Giacomo Capoverdi, sacerdote americano di origini italiane appartenente alla Congregazione dell’Immacolata Concezione, che nel 2017 pubblicò un video in cui raccontava che un amico gli aveva consigliato, in un futuro viaggio in Italia, di recarsi a Loreto per incontrare Zimmer, che gli predisse che Donald Trump sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti e che, per il suo mandato, sarebbe stato protetto dalla mano di Dio per salvare l’America e liberare il mondo dalle tenebre del male: “C’è un uomo che proprio ora, negli Stati Uniti, ha la mano di Dio su di lui e Dio lo userà in futuro come Presidente degli Usa, il suo nome è Donald Trump” profetò Zimmer. Molti bollano la notizia come una bufala, ma quaranta anni fa sembrava incomprensibile e impossibile che quell’uomo – noto allora come un ricco palazzinaro e playboy – potesse scalare la vetta del suo partito e poi quella più alta della Casa Bianca. Come se questa rivelazione non bastasse, c’è poi la testimonianza del dottor Antonio Leonardo Montuoro, laico consacrato all’Ordine Francescano Secolare di Loreto, che raccontò che l’eremita, nel 1983, in occasione del Giubileo della Redenzione indetto da Giovanni Paolo II, sentì la necessità di acquistare un mattone della Porta Santa in Vaticano, facendo incidere il nome di Donald John Trump. Zimmer morì nel 2009 dopo il ritorno negli Stati Uniti, e il “Il Messaggero della Santa Casa di Loreto” ne ricordò la figura nel numero 4 del 2018. Quel che possiamo dire oggi è che sicuramente Trump e il suo staff gestiranno l’impero in modo diverso, più rozzo, più sfacciato, in alcuni casi con più immediata brutalità, ma quello rimarrà un impero proprio come è stato a lungo, inciampando tuttavia in troppe guerre. Dieci anni fa il giornalista Patrick Lawrence pubblicò un libro intitolato “Time No Longer: Americans After the American Century”, in cui postulava che “coloro che pretendevano di guidare la gli Usa avrebbero avuto 25 anni, a partire dagli eventi dell’11 settembre 2001, per decidere cosa fare mentre l’impero si scontrava con il 21° secolo. Avrebbero potuto accettare l’eclissi del primato americano con attenzione, immaginazione, coraggio e rifare tutto, la consapevolezza dell’America di sé stessa, il suo posto nel mondo e così via, oppure avrebbero potuto farlo in modo disordinato e violento. Non immaginavo la portata della situazione: ecco cosa significa confusione e violenza”.
Raffaella Vitulano

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