Guerra fredda, una scaltra partita a poker

di Raffaella Vitulano

A cosa servono i Quantitative easing? Pensiamoci un po’. Il denaro a buon mercato creato dalle banche centrali rende inevitabilmente gli investimenti in macchinari preferibili all’impiego di una forza lavoro umana. Il risultato: si inizia a lavorare sulla prima fabbrica a manodopera zero. E così Mr.Chen Qixing, astuto patron cinese della Everwin Precision Technology Ltd, ha previsto che invece di 2.000 lavoratori, numero attuale della forza lavoro, la sua azienda ne richiederà solo 200 per usare software di sistema e di gestione.
La Banca Centrale ha concesso a Mr.Chen denaro a basso costo e ad un tasso di interesse pari a 0%. È improbabile che l’imprenditore avrebbe fatto la stessa mossa al tasso d'interesse del 10%. Ma sulla macro scala economica più ampia Chen deve porsi una domanda, come tutti gli imprenditori spregiudicati: "Come faranno i 1.800 lavoratori licenziati ad acquistare i prodotti fatti dalla mia azienda?". Alcune delle persone licenziate possono trovare altri lavoretti nel terziario, ma i soldi guadagnati saranno probabilmente sufficiente per tenerli appena in vita. E nel corso del tempo verranno anche automatizzati i friggitori di polpette da fast food. E poi, cosa rimarrà? Il blog Moonofalabama, che riporta la notizia, individua due soluzioni a tale crisi.
Una è quello di affrontare il lato del sottoconsumo e cambiare la distribuzione degli utili di un'economia con una quota molto maggiore di reddito diretta ai "lavoratori" e una quota minore diretta ai "padroni", magari tramite tassazioni più alte per "proprietari" e la ridistribuzione da parte dello Stato, ma anche attraverso il rafforzamento dei sindacati e dei corpi intermedi.
L'altra soluzione per una società capitalista ad una crisi di sovrapproduzione è la distruzione forzata di capacità di produzione (globale) attraverso una grande guerra, che aiuta anche ad aumentare il controllo sul popolo e permette di sbarazzarsi di lavoratori in eccedenza (che vengono inviati al fronte). E questo spiega la evidente scelta dei burattinai del pianeta. Perché, altrimenti, in questi ultimi mesi si assiste a destabilizzazioni di interi paesi?
Forse dobbiamo solo analizzare un po’ di storia.
Nel 1945, l'accordo di Bretton Woods aveva fatto del dollaro la moneta della Riserva Mondiale a condizione che i soldi potessero essere convertiti in oro ad un tasso costante di 35 dollari al grammo. Gli Usa promisero verbalmente di non stampare troppa moneta, ma la Federal Reserve impedì ogni tipo di verifica o controllo, sul processo di stampa. Durante gli anni precedenti al 1970, le spese della guerra in Vietnam hanno fatto prendere coscienza a diversi paesi che gli Usa avevano stampato molto più denaro delle riserve auree. E di conseguenza tali paesi hanno chiesto la restituzione del proprio oro, provocando un rapido abbassamento del valore del dollaro.
La situazione ha raggiunto il suo paradosso nel 1971, quanto la Francia ha provato a ritirare quello che possedeva in oro, e Nixon rifiutò di concederlo. Nel 1973, ancora Nixon chiese al re d'Arabia di accettare esclusivamente il dollaro per i pagamenti del petrolio, e d'investire i profitti eccedenti in buoni del tesoro e biglietti americani. In cambio avrebbe garantito la protezione militare dei campi d’estrazione petroliferi.
La stessa offerta fu estesa all’insieme dei paesi chiave produttori di petrolio del mondo, e nel 1975, tutti i membri dell’Opec accettarono di vendere il loro petrolio solamente in dollari americani, con l’obiettivo di staccare il dollaro dal suo legame con l’oro legandolo al petrolio straniero, forzando così tutti i paesi importatori di petrolio a mantenere una riserva costante dei biglietti della Federal Reserve. E per avere questi pezzi di carta, dovevano inviare dei beni fisici all’America.
La corsa agli armamenti durante la guerra fredda assunse le sembianze di una scaltra partita a poker.
Le spese militari erano i gettoni e gli Usa avevano un infinito approvvigionamento di gettoni. Con i petroldollari a loro favore, sono riusciti a crescere e a spendere più di tutti gli altri paesi del pianeta fino a quando le spese militari americane hanno superato quelle di tutti i paesi del mondo. A confronto, l’Unione Sovietica sembrava stretta in una morsa. Poi, la partita finale con la caduta del blocco sovietico nel 1991.
Gli Stati Uniti erano oramai una super potenza incontrastata e senza rivali. Furono in molti a pensare, e a sperare, che questo avrebbe segnato l’inizio di una nuova era di pace e stabilità. Non fu così. Lo stesso anno esplode la prima guerra del Golfo. E dopo aver annientato l'esercito iracheno e distrutto le loro infrastrutture, incluse le stazioni di depurazione e gli ospedali, hanno imposto sanzioni durissime, impedendo in tal modo la ricostruzione delle infrastrutture. Sanzioni avviate da Bush padre e sostenute durante tutta la presidenza Clinton e che, sono durate più di un decennio, e si stima abbiano ucciso più di 500.000 bambini. L'amministrazione Clinton era perfettamente al corrente di queste cifre. In rete gira ancora una spiazzante intervista di Cbs News rivolta al segretario Madeleine Albright. Alla domanda della giornalista ”Abbiamo sentito che più di mezzo milione di bambini sono morti, sono più dei bambini molti a Hiroshima, ne valeva veramente la pena?” lei risponde di ghiaccio : ”Penso che fu una scelta difficile, ma noi crediamo che fosse il giusto prezzo da pagare”. Mezzo milione di bambini, capite?
Nel novembre del 2000 l’Iraq decise di vendere il suo petrolio esclusivamente in Euro. Si trattava di un attacco diretto al dollaro e al dominio finanziario americano, e questo non sarebbe stato tollerato. In risposta il governo americano iniziò una campagna di propaganda offensiva, accusando l’Iraq di possedere armi di distruzione di massa con l’intenzione di utilizzarle. Nel 2003, gli Usa invasero l’Iraq e una volta preso il controllo del paese la vendita del petrolio torno immediatamente al dollaro, fatto che comportò una perdita dal 15 al 20% sui guadagni, in ragione dell’elevato valore dell’Euro. Ma in pochi anni anche la parità sarebbe stata ridotta. Arrivarono poi altri documenti custoditi nei cassetti dei piani alti. Resi pubblici da molti siti indipendenti d’inchiesta prevedevano, nei successivi 5 anni, l’attacco a 7 paesi, cominciando dall'Iraq, la Siria, il Libano la Libia, il Sudan, la Somalia per finire con l'Iran. Un progetto minuzioso. C’era la Libia di Gheddafi, in cui era in corso un processo costitutivo di un blocco di paesi africani al fine di creare una moneta basata sull’oro e chiamata “Dinaro” con l'intenzione di sostituire il dollaro in queste regioni. L'Iran, che da tempo conduce una campagna attiva con lo scopo di metter fine alla vendita del petrolio in dollari americani, e che recentemente ha stipulato accordi per vendere il petrolio in cambio di oro. La Siria, l'alleata più vicina dell'Iran, uno degli ultimi produttori di petrolio indipendenti nella regione cui è legata da accordi di difesa reciproca. Ecco spiegato il ricorso all’esercito. Ma la questione è estremamente delicata e rischiosa, dato che Cina e Russia hanno dichiarato pubblicamente e in termini ben precisi che non tollereranno un attacco contro l’Iran o la Siria. E hanno coscienza del fatto che se crolla l’Iran potrebbe non restare altra via d’uscita al valore del dollaro se non quello di affrontare una guerra.
Sarà interessante analizzare gli eventi del prossimo semestre. Entro fine mese: il rinnovo delle sanzioni europee alla Russia (con gli Usa fortemente determinati a rinnovarle e gli europei indecisi); la ratifica del controverso accordo con l’Iran (con Neocon americani, Israele, Arabia Saudita fortemente intenzionati a contrastarlo); la decisione dell’Fmi ad accettare la moneta cinese all’interno del paniere di monete dei Diritti Speciali di Prelievo (insieme a dollaro euro yen); la scadenza della trattativa sul debito greco, con tutti gli effetti geopolitici che la questione sta assumendo; l’avvio della operazione militare a guida italiana sulle coste libiche. Luglio vedrà poi la riunione della SCO, l’alleanza militare asiatica a guida russo-cinese e la riunione degli esponenti della Banca dei Brics per muovere i primi significativi verso strutture alternative a Fmi e Banca Mondiale. Ancora, nel corso del semestre assisteremo all’accelerazione degli Usa per costringere la Ue a firmare il Ttip (ed in Asia l’accordo Transpacifico). per non parlare delle esercitazioni militari per il controllo del territorio (a riprova di come sia prevista una precipitazione della crisi economica e relative rivolte sociali). La traiettoria è dunque impervia e potrebbe portare dritto all’impensabile. Certo è che chi stampa i dollari ha più da perdere se il dollaro dovesse crollare. Dal 1913, questo potere è detenuto dalla Federal Reserve. Ma vale davvero la pena di scatenare una terza Guerra Mondiale per mantenere il controllo del sistema finanziario mondiale?

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