Quel 2 maggio 2014 a Odessa la strage nella Casa dei sindacati

 di Raffaella Vitulano

Il rogo di Odessa del 2 maggio 2014 fu un massacro, non un semplice incendio verificatosi presso la Casa dei sindacati a seguito di violenti scontri armati tra le fazioni di militanti filo russi e di sostenitori del nuovo corso politico ucraino. Fu un massacro su cui ancora si sta indagando, e per il quale non sono stati riconosciuti colpevoli. Eppure morirono ufficialmente 48 persone, ma nella Casa dei sindacati i cadaveri furono molti di più secondo le testimonianze. Matilde Bogner, Capo della missione Onu di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina, spiega sul sito che le difficoltà incontrate nel fare luce su quanto accaduto ad Odessa sono enormi: “Al fine di evitare ulteriori ritardi nei processi relativi ai fatti del 2 maggio, i tribunali dovrebbero concedere loro lo status di priorità. I giudici e le parti del procedimento, compresi i pubblici ministeri, gli avvocati e i parenti delle vittime, dovrebbero godere di un livello di sicurezza sufficiente, anche nelle aule dei tribunali, per consentire l’ef fettivo svolgimento del processo. Al fine di garantire la trasparenza e l’imparzialità delle indagini in corso, l’Ufficio del Procuratore generale dovrebbe considerare di trasferirle da Odessa a Kiev. Inoltre, la mancanza di progressi nel procedimento di appello. L’omissione da parte del tribunale e della polizia di obbligare la presenza degli imputati, ci fa chiedere se scopriremo mai chi è stato responsabile degli scontri che alla fine si sono conclusi con la perdita di 48 vite umane. Anni dopo, sembra che gli ostacoli siano insormontabili e non ci si possa aspettare ulteriori risultati”. Una conclusione drammatica, che fa meglio comprendere il teatro di guerra a cui stiamo assistendo oggi. A Piazza Kulikovo, ancora oggi, la Casa dei sindacati porta le cicatrici della tragedia. L’edificio, un tempo quartier generale del partito comunista, è come una fortezza. Il 2 maggio 2014 a Odessa migliaia di persone si radunarono a Kulikovo Pole, dove era organizzato un presidio permanente in difesa della democrazia e a sostegno del referendum perché la federalizzazione concedesse più autonomia alle regioni orientali e russofone. Una partita di calcio fece affluire quello stesso giorno ad Odessa centinaia di ultras da stadio, centinaia di militanti di Pravy Sector (ultra-nazionalisti ucraini) ed estremisti di altri gruppi ucraini che si scontrarono con i manifestanti di segno opposto. Alcuni cecchini sui tetti spararono su entrambi i gruppi e quella fu la provocazione che spinse gli ultranazionalisti, armati, a riversarsi in Piazza, dove davanti alla Casa dei Sindacati era stato montato il presidio dei militanti russofoni di partiti di sinistra.

Il “Pravy Sector”

Di fronte alla violenza selvaggia degli ucraini del “Settore Destra” pro-Maidan, circa quattrocento russofoni si rifugiarono nella Casa dei Sindacati che si trasformò per loro in una trappola mortale. Vennero lanciate molotov all’interno dell’edificio e coloro che cercavano di scappare dal fuoco vennero uccisi con armi da fuoco e in alcuni casi finiti a bastonate dopo essersi lanciati dalle finestre per sfuggire al rogo. La mattanza continuò all’interno dell’edificio. L’Huffington Post dopo due mesi scrisse: “Questi i fatti come sono immediatamente emersi, al di là di ogni ragionevole dubbio, grazie a video incontrovertibili che mostrano gli ultrà filo-occidentali assaltare e incendiare il palazzo. Eppure, per quasi un giorno intero la stampa italiana è stata incredibilmente vaga nel raccontare l’e vento. Di fronte alle prove schiaccianti dei video e delle testimonianze unanimi, quando ormai tutto il mondo riconosceva la matrice della strage, anche la stampa italiana ha corretto il tiro”.

Anche “Panorama” ne scrisse subito, riportando in un articolo a firma di Evgeny Utkin come subito dopo la strage di Odessa “i nazionalisti ucraini che inneggiano a Bandera, facendo il saluto hitleriano, hanno brindato alla “grigliata russa” nella Casa dei Sindacati, compiacendosi per il lavoro di pulizia fatto dai militanti di Pravy Sector, l’estrema destra di Kiev”. Chi si trovava ai piani superiori cominciò a lanciarsi dalle finestre. Atterravano sull’a sfalto di un piccolo cortile dove ad attenderli c’erano altri neonazisti. Li aspettavano pazientemente, per finirli. Secondo una delle tante versioni sui fatti di Odessa, il “Settore Destro” devastò i luoghi di aggregazione sociale e politica - partiti, sindacati - di una parte della popolazione russofona o filorussa. I media occidentali, increduli, barcollarono di fronte alla propaganda. Oggi, a distanza di otto anni, i morti rimangono. E anche quella stessa propaganda di guerra. Oltre le polemiche, nella memoria restano sicuramente le foto di quel giorno: numerosi colpi alla testa rinvenuti su molti cadaveri; teste, mani e spalle bruciate, mentre le parti inferiori del corpo non furono stranamente toccate dalle fiamme così come gli stipiti in legno accanto ai corpi; una donna morta vicino all’ascenso re nuda al di sotto della vita, con ogni probabilità stuprata e poi bagnata con un liquido infiammabile e data alle fiamme. Sangue sul pavimento, teste bruciate, molte vittime con probabili abiti scambiati dagli assassini; una coppia giovane col collo rotto, un lavoro da “professionisti”.

Un cadavere femminile trascinato sul pavimento dal vero posto in cui la donna era stata uccisa. E poi, l’immagine più atroce ritrae una donna incinta, una delle impiegate che quel giorno facevano le pulizie degli uffici e innaffiavano piante e fiori: strangolata con un filo elettrico su una scrivania, la schiena riversa all’indie tro, il pancione in evidenza in alto. Aveva tentato di resistere: si possono vedere i fiori scaraventati sul pavimento. Qualcuno scrive di un cartello esplicativo sulla vittima: “Abbiamo eliminato la Mamma! Gloria all’Ukraina!”.

Bastano queste foto a descrivere l’orrore, il crimine, il massacro perpetuato su esseri umani? “Hanno dato la caccia a chi scappava dal palazzo come i lupi fanno con le prede... ”: così la Bbc inglese ha descritto allora i fatti di Odessa. E oggi: “È impossibile ricordare senza rabbrividire la terribile tragedia di Odessa, dove i partecipanti a una protesta pacifica sono stati brutalmente uccisi e bruciati vivi nella Casa dei sindacati”.

Raffaella Vitulano


Dopo otto anni nessuno è stato punito L’Onu: “La polizia non garantì sicurezza” 

A otto anni dal feroce massacro, nessuno è stato punito per quanto accaduto a Odessa. I principali imputati sono ancora nella lista dei ricercati. In tutto questo tempo l’Onu, l’Osce, Amnesty, la Russia, così come altre organizzazioni internazionali, hanno ripetutamente criticato la giunta dell’Ucraina per un’indagine superficiale e restia sulla tragedia di Odessa. Matilde Bogner (Onu) aggiunge: ”A differenza delle proteste di Maidan, in cui gli scontri hanno avuto luogo principalmente tra manifestanti e polizia o contro-manifestanti sostenuti dalla polizia, gli scontri a Odessa sono avvenuti tra persone con opinioni politiche diverse sul futuro e sull’as setto costituzionale dell’Ucraina, a seguito del cambio di governo nazionale a seguito delle proteste di Maidan. Contrariamente alle proteste di Maidan, a Odessa la polizia è stata passiva, persino negligente, non garantendo la sicurezza delle assemblee e dei loro partecipanti. Mentre ci sono molte domande senza risposta su quei tragici eventi di Odessa, ci sono tre cose che sono chiarissime: 1) entrambi i lati degli scontri sono stati violenti; 2) la polizia non è riuscita a garantire la sicurezza e 3) tutte le vittime meritano giustizia e i responsabili di omicidi e morti dovrebbero essere ritenuti responsabili”.

Ra.Vi.

Le iniziative dei sindacati internazionali a sostegno dei rifugiati ucraini 

I fondi raccolti dalle organizzazioni sindacali aderenti alla Ituc sono utilizzati dalle organizzazioni membri in Ucraina per aiutare le persone in disperato bisogno, mentre i sindacati nei paesi vicini sostengono il crescente numero di rifugiati. Tra le molte iniziative per l’Ucraina, gli aiuti del fondo Ituc consentono alla Fpu e alla Kvpu di mantenere i loro edifici aperti e riscaldati e di aiutare le persone in fuga . Centinaia di migliaia di persone hanno già beneficiato di questo rifugio e dell'assistenza umanitaria di base. Il sindacato romeno Bns è stato in grado di fornire forniture vitali all'Ucraina, come acqua, prodotti in scatola, biancheria da letto e medicinali. Il sindacato austriaco OeGB ha utilizzato il fondo per acquistare beni umanitari e inviarli oltre confine. Il sindacato moldavo Cnsm ha risposto alle centinaia di migliaia di rifugiati che attraversano il confine dall’Ucraina offrendo alloggio in edifici di sua proprietà. In Polonia, Solidarnosc, Opzz e Fzz hanno fornito cibo, acqua, vestiti e alloggi di emergenza ai rifugiati ucraini. Uni Global Union ha avviato un progetto nella regione per fornire ai rifugiati informazioni sui loro diritti, nonché servizi di traduzione attraverso i sindacati locali.

Ra.Vi.



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