Crisi della politica ed indebolimento del centro


Il vero problema dell’Occidente non è Trump o Le Pen”: il quotidiano tedesco Handelsblatt non gira intorno al problema. “Chiunque attribuisca il crollo dell’Occidente all’ascesa dei populisti di destra e dei loro elettori non ha colto il punto. Il vero problema è un altro, e può essere risolto. Non sono tanto gli elettori che intraprendono strade anti-liberali o i politici senza scrupoli provenienti dalle fila della nuova destra. Sono soprattutto i rappresentanti del centro liberale ad esagerare la propria importanza e a trascurare il fatto che hanno perso il loro potere di persuasione e la loro capacità di mobilitare la fascia media della società. O per dirla in un altro modo: il vero problema dell’Occi dente, la cui disintegrazione ha raggiunto un ritmo nuovo in vista della possibile vittoria elettorale di Donald Trump negli Usa, non sono i populisti di destra come Marine Le Pen, Donald Trump, Giorgia Meloni o addirittura Alice Weidel. Sono uomini come Emmanuel Macron, Joe Biden e Olaf Scholz. Alla fine, è il fallimento della classe media nel corso di molti anni nel produrre rappresentanti politici di alto livello di cui la gente si fida per apportare cambiamenti e dare forma alle cose”. Se si considerano i principali paesi occidentali, si vedrà che i capi di governo sono uomini che storicamente sono stati impopolari e che solitamente erano già impopolari quando hanno assunto l’inca rico. Forse perchè molti loro, avendo frequentato scuole e circoli elitari, di governo capivano poco o nulla ed erano pronti a servire solo la finanza o il deep state. Secondo i sondaggi, Joe Biden, il presidente degli Stati Uniti, era già considerato dalla stragrande maggioranza degli elettori americani, nella migliore delle ipotesi, il male minore rispetto a Donald Trump quattro anni fa. Emmanuel Macron è riuscito a vincere le ultime elezioni presidenziali solo indicando il male maggiore che sarebbe salito al potere in caso di sua sconfitta. “L’iperglobalizzazione, che ha cercato di minimizzare le barriere al commercio e agli investimenti globali, ha portato alla perdita di posti di lavoro, al calo dei salari e all'aumento della disuguaglianza dei redditi in tutto il mondo liberale. Ha anche reso il sistema finanziario internazionale meno stabile, portando a ricorrenti crisi finanziarie. Questi problemi si sono poi trasformati in problemi politici, erodendo ulteriormente il sostegno all’ordine liberale” scrive Michael Hudson, professore di ricerca in Economia presso l’Università del Missouri, Kansas City, e ricercatore associato presso il Levy Economics Institute del Bard College, aggiungendo che “abbiamo bisogno di un nuovo vocabolario politico”.

E non si tratta solo di abbassare o alzare i toni del dibattito politico, come si stente stancamente dire in tv. Michael Hudson spiega come la schiacciante sconfitta del 4 luglio dei conservatori britannici neoliberisti favorevoli alla guerra da parte del partito laburista neoliberista favorevole alla guerra solleva la questione di cosa intendano i media quando descrivono le elezioni e gli schieramenti politici in tutta Europa in termini di partiti tradizionali di centro-destra e centro-sinistra sfidati dai neofascisti nazionalisti. Le differenze politiche tra i partiti centristi europei sono ormai marginali, tutti sostengono tagli neoliberisti alla spesa sociale a favore del riarmo, della severità fiscale e della deindustrializzazione che il sostegno alla politica Usa-Nato comporta. La parola “centri sta” significa non sostenere alcun cambiamento nel neoliberismo dell’economia. I partiti centristi sono impegnati a mantenere lo status quo pro-Usa post-2022. “Ciò significa lasciare che i leader statunitensi controllino la politica europea tramite la Nato e la Commissione Europea, la controparte europea del Deep State americano. Questa passività europea sta mettendo le sue economie su un piede di guerra, con inflazione,dipendenza commerciale dagli Stati Uniti e deficit europei derivanti da sanzioni commerciali e finanziarie sponsorizzate dagli Stati Uniti contro Russia e Cina. Questo nuovo status quo ha spostato il commercio e gli investimenti europei dall’Eurasia agli Stati Uniti. Gli elettori in Francia, Germania e Italia si stanno allontanando da questo vicolo cieco. Ogni partito centrista in carica ha perso di recente, e i loro leader sconfitti avevano tutti simili politiche neoliberiste pro-Usa. Come Steve Keen descrive il gioco politico centrista: “Il partito al potere adotta politiche neoliberiste; perde le elezioni successive contro rivali che, quando arrivano al potere, adottano anche loro politiche neoliberiste. Poi perdono e il ciclo si ripete”. Le elezioni europee, come quella di novembre negli Stati Uniti, sono in gran parte un voto di protesta, con gli elettori che non hanno nessun altro posto dove andare se non votare per i partiti nazionalisti populisti che promettono di distruggere questo status quo. Questa è la controparte dell’Europa continentale del voto per la Brexit della Gran Bretagna. Stiamo assistendo a un rifiuto popolare dello status quo. I partiti centristi definiscono neofascista tutta l’opposi zione nazionalista, proprio come in Inghilterra i media descrivono sia i Tories che i Labour come centristi ma Nigel Farage come un populista di estrema destra”. I partiti socialdemocratici che erano di sinistra un secolo fa stanno imponendo austerità e tagli alla spesa sociale. Questo non è propriamente conservatore o centrista. È un’austerità che riduce il lavoro e la spesa pubblica, che i partiti di sinistra sostenevano molto tempo fa. L’idea che il centrismo significhi stabilità e preservi lo status quo si rivela quindi contraddittoria. L’attuale status quo politico sta riducendo i salari e gli standard di vita e polarizzando le economie. Ciò che viene definito “estrema destra” sostiene (almeno nella retorica della campagna) invece politiche che un tempo venivano definite ““di sinistra”. E come nel caso della vecchia sinistra, i principali sostenitori della destra sono gli elettori più giovani. Dopotutto - aggiunge Hudson - stanno sopportando il peso del calo dei salari reali in tutta Europa. Cinquant’anni fa molti potevano permettersi di acquistare una casa accendendo un mutuo trentennale che assorbiva solo il 25% del loro reddito da lavoro dipendente. Ma le famiglie, le aziende e i governi di oggi sono obbligati a prendere in prestito somme crescenti solo per mantenere il loro status quo. Ecco perché “la vecchia divisione tra partiti di destra e di sinistra è diventata priva di senso”. I paesi Brics+ stanno esprimendo le stesse richieste politiche per una rottura con lo status quo che le popolazioni nazionali in Occidente stanno cercando di mantenere. Dopo la seconda guerra mondiale, l’internazio nalismo prometteva un mondo pacifico. Oggi si ignora il diritto internazionale. Isolare gli alleati europei e di altri paesi dai loro precedenti scambi e investimenti con Russia e Cina, rende quegli alleati più dipendenti dagli Stati Uniti. L’Euro pa deve restare isolata. “Se i partiti politici non centristi non intervengono per invertire questa tendenza, le economie europee (e anche quelle americane) saranno travolte dall’at tuale polarizzazione economica e militare nazionale e internazionale. Quindi, ciò che si rivela radicalmente destabilizzante è la direzione in cui si sta dirigendo lo status quo odierno sotto i partiti centristi”, che “non stanno producendo stabilità, ma una contrazione economica mentre l’Europa diventa un mero satellite della politica statunitense e del suo antagonismo con le economie dei Brics.

Cos’è esattamente una crisi della democrazia?, si chiedeva Noam Chomsky. Il Memorandum Powell è uno dei precursori dell’assalto neoliberista che stava prendendo piede nell’amministrazione Carter e decollò con Reagan e Thatcher. Il memorandum Powell, rivolto al mondo degli affari, era il lato duro; il rapporto della Commissione Trilaterale era il lato morbido liberale. Il memorandum Powell, redatto dal giudice Lewis Powell, non ha fatto sconti. Ha invitato il mondo degli affari a usare il suo potere per respingere quello che percepiva come un attacco importante al mondo degli affari e il messaggio era chiaro: lanciare una dura guerra di classe. L’attivismo degli anni ’60 stava portando troppa democrazia. Tutti i tipi di gruppi chiedevano maggiori diritti. La soluzione era evidente: più moderazione nella democrazia. In altre parole, un ritorno alla passività e all’obbe dienza affinché la gente, i popoli, siano responsabili “spettatori, non partecipanti”, tenuti in linea con “illusioni necessarie” e “semplificazioni eccessive emotivamente potenti”, ciò che Lippmann chiamava “fabbricazione del consenso”, arte primaria della democrazia. La costruzione dell’Europa nel mondo del dopoguerra è stata, come diceva Jacques Delors, “il frutto della virtuosa storia d’amore tra la Democrazia Cristiana e la Socialdemocrazia”. Ma l’Europa sociale di Delors, su cui abbiamo scritto fiumi di parole, è rimasto un sogno fatalmente minato dai dogmi di austerità su cui è stata costruita. Lo storico Laurent Warlouzet ha definito l’Europa un “compromesso in evoluzione tra il dirigismo francese e l’ordoliberismo tedesco”, definizione che individua le caratteristiche e le debolezze strutturali del rinnovato patto sociale immaginato da Delors, che considerava i “due grandi principi della libera concorrenza e della stabilità”- cioè i due pilastri del progetto di società dell’ordoliberismo tedesco- come contributi fondamentali allo spirito e al funzionamento della Comunità economica europea” in una sorta di inconsapevolezza degli effetti collaterali che avrebbero sul modello sociale complessivo. All’interno di una costituzione economica con una forte vocazione mercantilista, orientata principalmente alla stabilità dei prezzi, era inevitabile che un progetto socialdemocratico avesse uno spazio di manovra estremamente ristretto.

Raffaella Vitulano


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