Più chip per tutti. Il rischio è la disruption, la disintermediazione dello Stato di diritto

 di Raffaella Vitulano

Lo aveva già anticipato Wired lo scorso giugno: il primo test per la Commissione europea sarà il green pass. Non solo viatico per allentare le restrizioni sui viaggi durante le vacanze estive, ma anche banco di prova per un futuro sistema di identità digitale comune. Per Bruxelles è ora giunta l’o ra di svelare il progetto, anticipato da un articolo del Financial Times su un wallet digitale. L’iden tificazione digitale non è, di fatto, nulla di nuovo, pensiamo allo Spid. L’obiettivo ulteriore è però conservare su questi wallet documenti che vanno dalla patente alle prescrizioni mediche, dai titoli di studio a pratiche catastali. E, ovviamente, una valuta. Non a caso la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha rilanciato ai partecipanti del Forum virtuale di Davos il “Chip Act”, il piano europeo per recuperare terreno nella produzione di semiconduttori, che sarà presentato a febbraio. Più chip per tutti, insomma. Il fabbisogno dell’Ue raddoppierà in dieci anni, ma i chip serviranno soprattutto per il grande progetto dell’Id digitale, autostrada che per molti esperti viene messa in relazione al Green Pass. Era il 16 settembre 2020, quando la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen presentò una “identità digitale per tutti gli europei”, un documento digitale che consente di fare tutto “da pagare le tasse a prendere a noleggio una bicicletta”. Insomma, un’identità digitale collegata alla nostra vita, che raccoglie dati legati soprattutto alle transazioni finanziarie dei cittadini e che i critici paragonano al modello a crediti sociali cinesi. Bruxelles, ma anche Washington, guardano eccome a Pechino. Già il Recovery italiano, del resto, prevede la nascita di portafogli digitali. Un documento del Senato, alcuni passaggi del Dpcm di giugno, nonché i framework in corso di sviluppo a livello internazionale come quello dell’Oms di agosto 2021 e le linee guida europee, rivelano che la tecnologia della carta verde garantirebbe le stesse caratteristiche necessarie al progetto di valuta elettronica, basata sulla tecnologia blockchain tipica delle criptovalute. L’architettura legale e informatica del green pass sarebbe insomma la stessa sulla quale si svilupperà l’euro digitale promesso dalla Lagarde alla Bce. Il rischio è quello di una società del controllo, alla faccia del regolamentoUe 2021 /953. In prospettiva, l’euro digitale potrebbe condurre all’abolizione totale del contante. Il rischio è la disruption, la disintermediazione dello Stato di diritto, dato che chi non sarà “in regola”col pass dell’Id

digitale potrebbe non avere accesso a servizi fondamentali. Ecco perché, in questo senso, il green pass diventerebbe essenzialmente una piattaforma elettronica pensata per esistere anche senza vaccino, ma che erogherebbe diritti e libertà concessi dal gestore della piattaforma, proprietaria e a totale controllo statale. La “disruption”- come necessario cambiamento repentino che apre a nuovi e diversi modi di fare, pensare, progettare - era stata caldeggiata da Draghi in un documento del G30. Distruzione creativa dell’econo mia cui il green pass, volente o nolente, è funzionale: sostenere solo le imprese che sanno cavalcare i cambiamenti in atto ed escono dalla crisi in gran forma e pronte a fare più profitti. Possibile alternativa al green pass potrebbe essere una blockchain controllata dall’individuo, non dall’Inps o da altre istituzioni dello Stato. Il sistema crittografico a chiave pubblica permetterebbe di inviarli o farli vedere tutti, o una parte soltanto, a chi si vuole ne prenda visione e per un periodo di tempo determinato. Un sistema che decentralizzerebbe, mentre l’euro digitale centralizzerebbe. Il governo Draghi, già dallo scorso aprile con il decreto Sostegni, ha creato la piattaforma nazionale Digital green certificate (Pn-Dgc) per l’emissione, il rilascio e la verifica dei certificati verdi, rendendo interoperabili le banche dati dell’anagrafe nazionale vaccinale, quelle regionali e le ha collegate al sistema della tessera sanitaria gestita dal ministero dell’E conomia, facendo diventare il tutto il gateway portante dell’in tera infrastruttura digitale basato sulla tecnologia della blockchain mediante l’unificazione di tutte le banche dati in un unico sistema elettronico. Il compito della certificazione è stato affidato, per l’Italia, al Poligrafico della Zecca dello Stato. L’account del green pass diventa così l’i dentità digitale pubblica degliutenti abilitati e verificati, da custodire nei portafogli digitali installati sui cellulari. Il cittadinosi trasforma così in un Id account a cui saràpossibile collegare funzioni, servizi e diritti divaria natura. E’ il modello cinese, che tanto l’Occidente pare biasimare ma a cui pare si stia ispirando. Da tempo, infatti, la Cina sta sperimentando il cosiddetto sistema dei crediti sociali che tende a classificare la “buona reputazione” dei propri cittadini. E con la scusa di giocare una partita geopolitica e tecnologica, nella quale è in gioco l’autonomia dell’Eu ropa su più piani, Bruxelles tenta l’affondo su Pechino, che cerca di anticipare le mosse dei rivali sostituendosi nella distribuzione di mezzi digitali di pagamento in tutto il mondo. La Cina sembra essere in vantaggio rispetto agli altri paesi, tanto da avere già introdotto, a livello sperimentazione, lo yuan elettronico nella città di Shenzhen. Pechino è quasi pronta a lanciare definitivamente in Cina, e poi nel resto del mondo, un canale di pagamento sul modello del borsellino digitale denominato in yuan e direttamente presso la Banca del popolo della Cina. Il cittadino diventa utente; il governo diventa piattaforma. Il progetto dell’euro digitale è in corso, ma ci vorranno almeno cinque anni. Il lancio dell’euro digitale da parte della Bce “sarà inevitabile” sostiene l’italiano Fabio Panetta, capofila del progetto nell’esecutivo della Bce: i singoli cittadini europei potranno disporre di un piccolo conto - forse fino a un massimo di tremila euro per volta - direttamente presso la Bce. Con quello dovrebbero poter compiere acquisti al dettaglio piccoli e medi attraverso lo smartphone o con un mezzo simile a una carta di credito o un microchip. L’euro digitale sarà una moneta della Banca Centrale esattamente come lo sono adesso le banconote, col vantaggio che la Banca Centrale Europea non può fallire, quindi i depositi in euro digitale sarebbero sicuri. Il mondo delle cripto valute e il modello cinese hanno ispirato Usa, Cina ed Europa. Ecco spiegata la necessità dei microchip: saranno i microprocessori a tecnologia avanzata a tenerci vincolati alla società che stanno costruendo per noi.

Raffaella Vitulano






Una valuta prodotta in Europa ma gestita dai soliti fondi 

La von der Leyen evoca autonomia europea anche per la moneta digitale. Ma chi la produrrebbe? Per ora, l’azienda di punta è l’olandese Advanced Semiconductor Materials Lithography (Asml) di Eindhoven, da lei visitata lo scorso novembre. ma sbirciando tra gli azionisti della compagnia, poco c’è di olandese: oltre ai soliti noti colossi speculativi del globalismo Vanguard,BlackRock e Norges Bank, il principale azionista al 9,57% è Capital Research & Management Company, fondo di Capital Group Companies di Los Angeles, che ha percentuali altissime anche in Enel e Unicredit. E non è tutto: nel settore è attivo anche il gigante Nvidia, sviluppatore e produttore di processori ad alta tecnologia, posseduto indovinate da chi? Da Vanguard, Fidelity, StateStreet, BlackRock attraverso il solito gioco delle matrioske. Proprio Nvidia è stata attenzionata dalla Commissione Ue per aver provato ad acquisire a ottobre scorso per 40 miliardi di dollari la compagnia inglese Arm Holdings in modo da assumere il controllo totale di progetti, mercato e licenze in fatto di microchip.

Ra.Vi.

Come funzionerà la moneta digitale Pronti Tokyo, Mosca e El Salvador 

Il funzionamento sarà alquanto simile a quello delle criptovalute: nella Ue l’euro digitale verrà gestito e regolato tramite la tecnologia blockchain (un archivio inviolabile su internet) e, per poterlo utilizzare nella compravendita di beni e servizi, sarà necessario creare un proprio portafoglio digitale per effettuare le transazioni in peer-to-peer, ovvero senza la necessità di un intermediario. Non sarà necessario aprire un conto bancario in quanto il Digital Euro verrà immesso dalla Bce direttamente nelle tasche dei cittadini, rimuovendo i rapporti con le banche private. E qui la questione sarà delicata. Il Digital Euro, al contrario delle criptovalute, non sarà decentralizzato in quanto l’intera infrastruttura verrà controllata dalla Bce. Nel 2022 il Giappone introdurrà la moneta digitale di Stato: il CriptoYen. El Salvador ha annunciato l’intenzione di costruire una vera e propria Bitcoin City, una sorta di paradiso fiscale privo di tasse. Nei piani della banca centrale russa, il rublo digitale avrà lo status di valuta reale (Legal tender) e negozi e imprese saranno obbligati ad accettarlo.

Ra.Vi.


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