Quel Coronavirus frutto della ingegnerizzazione di laboratorio


di Raffaella Vitulano

Una sua lunga intervista a un quotidiano italiano nel lontano agosto 2020 l’aveva già anticipato. Ma in un’altra intervista di fine anno il prof. Joseph Tritto - microchirurgo, esperto di biotecnologie e nanonotecnologie nonché presidente della Wabt (World Academy of Biomedical Sciences and Technologies, importante accademia nata sotto l'egida dell'Unesco nel 1987) ribadisce la sua ipotesi: il Coronavirus è frutto di una ingegnerizzazione di laboratorio e presenta tracce di Hiv nel genoma. Il professore non ha cambiato idea. E a chi si ostina a voler capire da dove sia nato il virus, offre ulteriori spunti di riflessione. Il grande rischio che corriamo oggi è la combinazione tra il virus del covid e quello, ancor più terribile (e mai debellato con un vaccino), dell’Hiv. Per anticipare il futuro, del resto, bisogna comprendere il passato. Ma soprattutto essere scienziati. E così Tritto spiega che “in alcune pubblicazioni, ad esempio nello studio dei ricercatori dell’Indian Institute of Technology di New Dehli basato sui genomi di pazienti, raccolti in database globali, si dimostra che il Sars - CoV-2 non è solo un ibrido tra il virus del pipistrello e quello del pangolino. Ma al suo interno ci sono piccoli inserti, dei residui di amminoacidi del virus Hiv - 1, responsabile dell'Aids. La presenza di questi inserti in un virus sviluppatosi in natura non potrebbe mai verificarsi. Non solo. Il genoma del Sars-CoV-2 presenta un’altra modifica sul cosiddetto sito furinico intracellulare, come confermano due studi, uno cinese, uno franco-canadese, che hanno una funzione: l’inserto dell’Hiv-1 permette al Sars-CoV-2 di ancorarsi alla cellula umana e di penetrare la cellula. È quindi presumibilmente responsabile dell'alta infettività del virus. La modifica al sito clivaggio furinico consente invece al virus di moltiplicarsi all'interno della cellula e lo rende fortemente patogeno”. Ma a che scopo sarebbe stato creato questo virus-chimera? Come arma di bioterrorismo o solo a fini di studio scientifico? La risposta si può immaginare ripercorrendo un lungo percorso di collaborazione fra biologi e militari di Cina e Stati Uniti (m anche francesi) che ha portato alle ricerche di Wuhan, finanziate non solo con i soldi di Pechino ma anche con quelli del Pentagono. Una collaborazione che a un certo punto diventa competizione. Tritto ne parla in interviste e meglio lo spiega nel suo ultimo libro “Cina Covid-19 - La chimera che ha cambiato il mondo”.

272 pagine di nomi, date, luoghi e fatti che nonlasciano spazio a troppe repliche. La storia inizia dopo l’epidemia di Sars del 2003, quando i cinesi tentarono di sviluppare vaccini per combattere la malattia mortale. Nel suo racconto la direttrice del laboratorio di Wuhan, la virologa Shi Zhengli, vuole lavorare a un virus più potente per realizzare un vaccino più potente affiancandosi a medici e biologi che fanno capo all'ambito politico- militare, come Guo Deyin, studioso di vaccini anti-Aids e anti epatite virale ed esperto di tecniche di ricombinazione genetica. L’introduzione dei nuovi inserti ingegnerizzati nel genoma del virus è il frutto della collaborazione tra il team della dottoressa Shi e quello di Guo Deyin. “È ragionevole pensare che la Shi abbia agito solo nell’ottica del prestigio scientifico, senza però tenere conto dei rischi in termini di sicurezza e degli interessi politico-militari che la sua ricerca avrebbe suscitato”. La diffusione sarebbe poi avvenuta tramite una fuga accidentale, causata da un blackout, o una contaminazione accidentale del personale. E oggi, “è estremamente improbabile trovare un vaccino unico che blocchi il virus, considerate le tante mutazioni del Sars-CoV-2. Il prof. Tritto spinge perché ora a livello mondiale si raggiungano regole per la ricerca sulle chimere, sul funzionamento dei laboratori a sicurezza P4, sui rapporti tra laboratori militari e civili, obbligando la Cina ed altri Paesi a sottoscrivere la Convenzione sulle armi biologiche e tossiniche. “Anni fa l’Onu ha elaborato un documento sottoscritto praticamente da tutte le nazioni: riguardava la protezione del genoma umano, del quale è stata vietata ogni manipolazione. Una raccomandazione ben poco rispettata. Molti ricercatori si sono pronunciati contro tali manipolazioni, per fare solo un esempio il Gruppo Etica dell’Università di Stanford: ma i loro appelli sono rimasti fino ad ora inascoltati”. E’ da molti anni, almeno dal 2007, che anche gli americani lavorano sui coronavirus. Il centro base per le ricerche è quello di Fort Detrick. Il presidente Barack Obama aveva pensato di chiuderlo, invece le attività vanno ancora avanti”. E non è un caso. “Og gi la ricerca biotecnologica è controllata dal settore militare. Negli Stati Uniti il 70% delle ricerche sono finanziate da programma ‘Darpa’del Pentagono. Biologi e militari lavorano fianco a fianco in Israele, come in Cina”. “Negli Stati Uniti le ricerche sul versante delle armi biologiche a mRNA messaggero sono cominciate molti anni fa, nel 2007, con gli il contributo fondamentale dei ricercatori Dennison e Baric. Proprio per questo motivo, perché erano preparati su questo terreno, è stato poi relativamente facile, per gli americani, brevettare e produrre in tempi record i vaccini di Pfizer e Moderna, potendo anche usufruire dei colossali finanziamenti stanziati da Donald Trump che voleva a tutti i costi vincere la corsa al primo vaccino, così come è successo”. Grazie a molte collaborazioni con il laboratorio cinese, gli occidentali sarebbero stati tutti perfettamente a conoscenza di quanto veniva fatto a Wuhan. Così come conoscevano l’efficacia dei vaccini, che si degrada nel tempo: “Gli israeliani sapevano fin da subito che il vaccino di Pfizer non andava oltre i sei mesi di efficacia”. Ecco perché il rischio che corriamo oggi è che il susseguirsi delle varianti renderà sempre più ravvicinati i richiami. Sono stati i calcoli matematici effettuati dal World economic forum di Davos a prevederlo: “Al summit di Davos sono stati presentati schemi matematici e algoritmi che già anticipavano, prima dello scoppio della pandemia, ritmi e tempi. Pensate che era già stato stilato l’elenco di tutte le varianti, definite con lettere greche. E pensate che la variante omicron era stata prevista in arrivo per marzo 2022: invece è arrivata prima. Un piccolo errore di calcolo”. Questo virus, con le sue varianti, insomma, avrebbe “tut te le potenzialità e le caratteristiche per essere utilizzato come arma biologica”. Ecco perché “i vaccini possono attenuare l’impatto della pandemia, ma questo virus costruito in laboratorio non lo si neutralizza con la strategia vaccinale”. Tuttavia, Tritto apre ad una speranza: “Oltre 200 farmaci già disponibili, ben conosciuti ed utilizzati per altre indicazioni, hanno dimostrato un’efficacia clinica evidente nelle fasi precoci della malattia e ridotto il tempo di degenza e mortalità nelle fasi progressive del Covid”.

Raffaella Vitulano





l rischio è che la variante Omicron si fonda col ceppo robusto dell’Hiv 

La sequenza di varianti e di richiami vaccinali provocherà quella che il professor Tritto chiama una dow regulation del sistema immunitario: “In sostanza, quando si affievolisce l’effetto, hai bisogno del buster, e man mano l’organismo diventa sempre più immunodepresso. E c’è il concreto rischio di perder traccia di ogni immunità naturale”. Il vero pericolo, oggi, è proprio che la variante omicron possa fondersi con un ceppo virale più robusto, quello dell’Hiv. E sarebbe un problema serio. Dovevamo uscirne migliori, insomma. Ma pare che dalla pandemia stentiamo proprio ad uscire. Non sarà possibile licenziare il professor Tritto come un diffusore di fake news. E’un uomo di notevole levatura nella comunità scientifica mondiale. Uno degli obiettivi dellaWorld Academy of Biomedical Sciences and Technologies è quello infatti di analizzare l’effetto delle biotecnologie - come l’ingegneria genetica - sull’umanità. E nel genoma ci sono inserti di Hiv: cosa impossibile in natura. La Cina lo ha creato per scopi scientifici e militari. E sono molti a credere che gli 007 occidentali lo sanno.

Ra.Vi.

Il parere della Fondazione Veronesi: serve un’analisi bioetica razionale 

Grazie alle nuove conoscenze in genomica e biologia molecolare i ricercatori hanno a disposizione nuove tecniche sperimentali che permettono loro di creare dei “virus potenziati”per fini di ricerca. Ma la questione merita“un’analisi bioetica razionale”: è quanto sosteneva già nel 2016 il Comitato Etico Fondazione Veronesi. La creazione di virus ingegnerizzati “è utile perché permette ai ricercatori di decifrare la correlazione tra ilgenoma degli agenti patogeni e il loro fenotipo, ecioè l’insieme delle loro caratteristiche osservabili. Ciò consente di comprendere meglio i meccanismi molecolari attraverso cui un agente patogeno diviene pericoloso per l’uomo o l’ambiente”.

D’altro canto, però, “tali virus potrebbero comportare danni seri e irreversibili per l’umanità e l’ecosistema qualora fossero accidentalmente o intenzionalmente rilasciati fuori da ambienti controllati”. In particolare, il Comitato si concentra sulle implicazioni etiche delle cosiddette “ricerche duali”, foriere di applicazioni benefiche “ma i cui risultati potrebbero portare anche alla creazionedi nuovi armamenti o a danneggiare seriamente la salute pubblica e l’ambiente”.

Ra.Vi.


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