Non solo Ucraina, così il mondo rischia una guerra (già) mondiale


L'invasione russa dell’Ucraina sta facendo notizia in tutto il mondo ormai quasi da un anno. E a guardare bene, non solo non accenna a placarsi, ma sta preparando il terreno per una violenza su larga scala. La guerra ha messo a nudo le tensioni nell’esercito russo che le operazioni in Siria (2015) e Ucraina (2014 e 2015) avevano mascherato. Ha rivelato la risolutezza e la caparbietà dell’Occidente che i fiaschi in Afghanistan, Iraq e Libia avevano oscurato. Tuttavia, la guerra è tutt’altro che finita. L’economia russa ha saputo adattarsi alle massicce sanzioni occidentali. Il Cremlino è convinto che la Russia abbia potere di resistenza, se non di vittoria. Basta leggere i loro notiziari che, al netto della evidente propaganda, raccontano una realtà diversa di quella raccontata dai media occidentali. Mosca potrebbe insomma ancora forzare un brutto accordo e creare un preoccupante precedente per l’aggressio ne altrove. E non è impossibile improbabile ma difficile da escludere del tutto - che utilizzi un’ar ma nucleare come ultimo tiro di dadi. La guerra ha poi messo in luce l’influenza e l’autonomia delle medie potenze non occidentali come la Turchia e l’India. Altrove nel sud globale, la guerra ha scoperto molti nervi. La maggior parte delle capitali non occidentali si è unita ai voti dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite contro l’aggressione della Russia. Ma pochi hanno condannato pubblicamente Putin o imposto sanzioni. Questo fa una grossa differenza. Molti paesi si vedono sostenere costi per una guerra che molti credono sia un problema dell’Euro pa, anche in contrasto con i loro interessi. Anche la frustrazione nei confronti dell’Occidente gioca un ruolo, sia per l’accaparramento del vaccino Covid-19, la politica migratoria o l’ingiustizia climatica. Molti vedono un doppio standard nell’indignazione per l’Ucraina visti gli interventi dell'Occidente altrove e il passato coloniale. In effetti, al di fuori dell’Europa, le più grandi ramificazioni della guerra sono economiche. I nervosismi finanziari innescati dall’invasione e dall’annuncio delle sanzioni hanno agitato i mercati che il Covid- 19 aveva già scosso. I prezzi delle materie prime alimentari e del carburante sono aumentati vertiginosamente, innescando una crisi del costo della vita. Sebbene da allora i prezzi siano scesi, l’inflazione rimane dilagante, amplificando i problemi del debito. La pandemia e la crisi economica sono due tra le numerose minacce che si rafforzano a vicenda, in particolare includendo anche il cambiamento climatico e l’insicu rezza alimentare, che possono affliggere paesi vulnerabili e alimentare disordini. Nella lista di quest'anno, il Pakistan è un ottimo esempio. E come lui molti altri. Nel complesso,il 2022 è stato un anno inquietante, tanto più che è l'ultimo di una serie. La pandemia ha sconvolto gran parte del globo. Una folla inferocita ha preso d’as salto il Campidoglio degli Stati Uniti. Ora, una grande guerra infuria in Europa, il suo architetto invoca l’escalation nucleare e diversi paesi poveri affrontano crisi del debito, fame e condizioni meteorologiche estreme. Nessuno di questi eventi è arrivato senza preavviso, eppure qualche anno fa nessuno l’avrebbe previsto. Il 2023 vedrà le maggiori potenze entrare in guerra? Difficile dirlo. Dopo gli ultimi anni, sarebbe compiacente respingere l’impensabile. Ma una decina di guerre tengono banco nel mondo. Quella in Ucraina si è ripercossa attraverso crisi in tutto il mondo e il suo impatto è stato particolarmente acuto nel Caucaso meridionale: due anni dopo la loro ultima guerra per il Nagorno-Karabakh, l’Armenia e l’Azerbaigian sembrano avviati verso un altro scontro. Le massicce proteste contro il regime, la spietata repressione dell’I ran e la sua fornitura di armi alla Russia hanno poi lasciato la Repubblica islamica più isolata che mai da decenni. Nulla, per ora, fa pensare che il regime si frantumi. Ma nemmeno una repressione può sedare la profonda rabbia della società. Nel frattempo, i colloqui per rilanciare l'accordo sul nucleare del 2015, in stallo dall'inizio di settembre, sono ora congelati. Anche lo Yemen è nel limbo. Una tregua ad aprile tra i ribelli Houthi e il governo riconosciuto a livello internazionale del paese, sostenuto principalmente dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, è scaduta a ottobre. I principali combattimenti non sono ripresi, ma entrambe le parti si stanno preparando a tornare in guerra dopo la tregua mediata dalle Nazioni Unite in un brutale conflitto durato otto anni. Una delle guerre più mortali del 2022, nella regione etiope del Tigray e dintorni, si è intanto per ora interrotta. Ma la calma è fragile. Le questioni chiave rimangono irrisolte. M23 - un gruppo ribelle precedentemente dormiente, che i rapporti delle Nazioni Unite suggeriscono sia sostenuto dal Ruanda - sta invece scatenando il caos nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. I combattimenti hanno allontanato decine di migliaia di persone dalle loro case e potrebbero sfociare in una più ampia guerra per procura regionale. Anche Burkina Faso, Mali e Niger non mostrano alcun segno di respingere le ostinate insurrezioni islamiste. I leader occidentali, il cui coinvolgimento militare nell'ultimo decennio ha fatto poco per arginare la violenza, sembrano non sapere come rispondere ai colpi di stato in Burkina Faso e Mali. Dall’assas sinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021, Haiti è intanto stata paralizzata dallo stallo politico e dalla violenza dilagante delle bande. I servizi pubblici sono crollati e il colera si sta diffondendo. Le cose vanno così male che alcuni haitiani ora ripongono le loro speranze nelle truppe straniere, nonostante la triste eredità dei precedenti interventi. Il Pakistan sta entrando in un anno elettorale con un corpo politico profondamente diviso, mentre l’ex primo ministro Imran Khan suscita un sostegno populista contro il governo e l’onnipotente esercito. E poi c’é Taiwan: il più grande punto di infiammabilità tra Stati Uniti e Cina sembra sempre più instabile, poiché Washington cerca di mantenere il primato nella regione e Pechino persegue l'unificazione con l’isola. Il mondo è seduto a un tavolo da poker, ma la posta è altissima.

Raffaella Vitulano


Kosovo sotto osservazione E’ tutto lì il potenziale incendiario 

Adegenerare a livello globale, a differenza di quello ucraino, che è localizzato sul territorio di un solo paese, potrà essere il conflitto tra la Serbia e i separatisti del Kosovo controllati dall'Occidente. E’quanto sostiene l’esperto militare ucraino Oleg Starikov: “Se divamperà, sarà di portata globale. In Ucraina abbiamo un conflitto armato, una guerra che però è controllata dalla comunità occidentale”. Ma in caso di conflitto militare in Kosovo, “vi saranno coinvolti molti paesi del mondo, e non per niente l’Occidente sta già iniziando a rafforzare il proprio fianco orientale con sistemi di difesa aerea. Se inizia lì, l’intera area balcanica esploderà tutta, e di fatto si potrebbe verificarsi una guerra mondiale. La Russia dovrà intervenire senza indugi per fornire armi ai serbi”mentre i tedeschi daranno i loro Patriot ai polacchi. “Tutti capiscono perfettamente a cosa può portare questo. Se inizieranno le operazioni aeree, sciami di 50-60 droni partiranno, apriranno sistemi di difesa aerea e difese missilistiche. Ci sarà una guerra aperta nel teatro delle operazioni europeo. Non ci sarà solo la Russia. La Bielorussia sarà coinvolta e i cinesi saranno presenti”.

Ra.Vi.


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