Salvador Allende e il potere delle multinazionali sui governi


Per costruire un sistema multilaterale democratico più forte, responsabile dell’interesse pubblico e impegnato per un pianeta sostenibile, non solo dobbiamo pensare alla narrazione di dove vogliamo andare, ma dobbiamo anche pensare ai modi istituzionali per farlo accadere del “Potere aziendale: allora e adesso”, verificando quanto accaduto. Il potere aziendale ha invece minato le istituzioni in risposta all’appello lanciato da Salvador Allende alle Nazioni Unite nel 1972. Un recente simposio ha approfondito il tema 50 anni dopo quell’appello. E la risposta è stata: un trionfo aziendale chiamato multistakeholderismo. Negli anni il potere corporativo ha dunque plasmato o, come direbbero alcuni, ha deformato l’ordine economico internazionale dove, tra le altre disuguaglianze, le multi nazionali ma non i cittadini sono protette da leggi severe a livello internazionale. La denuncia viene da Harris Gleckman, oggi Senior Fellow presso il Center for Governance and Sustainability e membro del consiglio di amministrazione della Foundation for Global Governance and Sustainability. E’ anche l’autore di “Multistakeholder Governance and Democracy: A Global Challenge”. Dai primi anni ’80 fino alla sua chiusura nel 1992, Harris Gleckman è stato membro dello staff del Centro delle Nazioni Unite sulle società transnazionali. Per lui, il ruolo cruciale di Allende nell’avviare conversazioni globali sul potere delle multinazionali è stato un meraviglioso segno nella storia.

Un segno nella Storia

Stato contro Multinazionali. Le differenze si vedono. Il primo Istituisce un sistema amministrativo per esaminare le fusioni, per esaminare i problemi tecnologici, per esaminare la divulgazione. Ha una struttura amministrativa e standard di salute sicurezza per i lavoratori sul posto di lavoro. Ha un insieme separato di istituzioni per realizzare tutte queste attività; ha un sistema fiscale e un sistema giudiziario. Quando ci si sposta a livello di aziende internazionali, avremmo altrettanto bisogno di tutte queste funzioni. Tutto ciò deve far parte di un pacchetto: il meglio delle pratiche nazionali e tutta un’altra raccolta di caratteristiche istituzionali e concettuali per regolare un mercato globale. E’ questo che Allende aveva segnalato nella necessità di capire come gestire il mercato internazionale. Il Consiglio Economico e Sociale creò allora due organismi. Uno, un organo permanente di governi per continuare gli aspetti politici, la Commissione sulle società transnazionali. E un altro chiamato Centro sulle corporazioni transnazionali (iniziali più comunemente usate, Unctc). E qual è stata la risposta del mondo aziendale? In parte sostenne il Center on Transnational Corporations. La maggior parte, tuttavia, gli ha preferito l’Ocse, che ha prodotto una serie di standard concorrenti che hanno chiamato linee guida volontarie: stabilire alcuni parametri di riferimento cui le aziende si sarebbero ispirate volontariamente.

Le polemiche con l’Ocse

“Questo è stato l’inizio dell’indebolimento di uno sforzo per costruire un sistema globale costruttivo per la gestione di un mercato internazionale”spiega sconfortato Gleckman. La narrazione e la formulazione nei negoziati sul codice di condotta sono rimaste un punto di tensione. L’i dea di pratiche legali e normative normalmente svolte a livello nazionale nei paesi sviluppati è stata spostata nell’area del volontariato. Quali che fossero gli standard, dovevano essere volontari. Analoga la questione tasse, che possono essere opportunamente addebitate alle imprese internazionali. Ciò ha trasformato gli standard contabili in una lotta politica influenzata da lobby aziendali. Le aziende hanno preferito mettersi al tavolo da sole per stabilire regole e standard. E uno dei modi in cui lo hanno fatto è creare un’altra forma di istituzione chiamata organismo multistakeholder. E questa è ora una direzione che, ormai da 15 anni, viene spinta del World Economic Forum, con cui l’attuale Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha un accordo di partnership per aprire maggiormente la porta a questi organismi multistakeholder che portano le multinazionali nel processo di governance.

Le filantropie aziendali

Quindi un altro modo in cui la pressione del mondo aziendale ha influenzato la governance del mercato è che le multinazionali ora sono coinvolte nelle politiche nella governance globale al pari dei governi, lasciando la porta aperta alle filantropie aziendali, di cui abbiamo già ampie ricadute nell’attuali tà. Si pensi a Covax, organismo multistakeholder creato per finanziare l’accesso al vaccino per molti paesi in via di sviluppo. Covax non ha raggiunto i suoi obiettivi. E qualche settimana fa, uno dei finanziatori di Covax, la Global Alliance on Vaccine Initiative (Gavi), sostenuto in gran parte e centralmente dalla Fondazione Gates, ha detto: non funziona. Smetteremo di finanziarlo. Nel frattempo, l’Organizzazione mondiale della sanità sta dicendo molto chiaramente che il Covid è ancora un problema nei paesi in via di sviluppo e in altre parti del mondo e servono soldi. Ma i finanziatori aziendali hanno detto che basta così. “Sfortunatamente - conclude Gleckman - anche su consiglio dell’attuale Segretario Generale Onu, molti paesi che in precedenza avrebbero potuto donare le loro donazioni all’Oms per fare vaccini Covid, hanno finanziato Covax, che ora sta crollando. C’è bisogno di dire altro?”.

Raffaella Vitulano



L’esperto Gleckman: cinque possibili percorsi per riequilibrare la governance 

Il primo è la necessità di tenere le transnazionali fuori dal processo di governo degli affari internazionali. Una seconda area è il lavoro svolto nell’ambito del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, dove stanno negoziando un trattato vincolante che tratta la questione delle responsabilità transfrontaliere.Una terza area è quella di continuare a sollevare l’attenzione sul modo in cui gli organismi multistakeholder entrano nel processo decisionale pubblico e dove i governi sono trattati come se fossero uguali agli accademici o al mondo aziendale o alla società civile. “Questo forum non hauna base in alcun concetto di democrazia”. Quarto percorso è iniziare a immaginare e costruire il tipo di modalità e gli organismi con cui dovremmo essere in grado di governare il mercato internazionale. Infine, cosa vorremmo veramente per aumentare la democrazia adattandola alla regolamentazione delle forze dominanti nel mercato, assicurando che venga mantenuto il giusto equilibrio tra multinazionali e lavoratori che sono impiegati direttamente o indirettamente; tra multinazionali e prodotti e servizi che esse forniscono; e tra multinazionali e risorse naturali che stanno utilizzando.

Ra.Vi.

La coscienza di Walmart e il capitalismo degli stakeholders 

"Quando ha sviluppato una coscienza Walmart?”. La domanda, posta in un titolo del Boston Globe dell’anno scorso, avrebbe fatto rivoltare Milton Friedman nella tomba. In un saggio del New York Times Magazine l’economista premio Nobel aveva cercato fin dal primo paragrafo di strappare a brandelli l’idea che le imprese debbano avere responsabilità sociali. Occupazione? Discriminazione? Inquinamento? Mere “parole d’ordine”, aveva scritto. Solo gli uomini d’affari possono avere delle responsabilità. E la loro unica responsabilità come manager, secondo lui, era verso i proprietari di un’azienda, i cui desideri “in generale saranno quelli di fare più soldi possibile, nel rispetto delle regole di base della società” - scrive The Economist. Oliver Classen (ong svizzera Public Eye) critica per questo il 'Manifesto di Davos' lanciato dal Forum economico mondiale (Wef) che promuove l’idea di 'capitalismo degli stakeholder'. Ed esprime forti dubbi su un manifesto che secondo lui rappresenta soltanto un modo per evitare nuove regolamentazioni, magari utilizzando anche fondi pubblici.

Ra.Vi.

Commenti

Post più popolari