L’incombente tsunami dei derivati da un quadrilione di dollari


Di recente la Silicon Valley Bank (Svb) è crollata ed è stata rilevata dalle autorità di regolamentazione federali. Svb è stata la sedicesima banca più grande del paese e il suo fallimento è stato il secondo nella storia degli Stati Uniti, dopo Washington Mutual nel 2008. Il suo fallimento preoccupa principalmente per la sua esposizione ai derivati, il casinò globale che è così altamente interconnesso da essere un “castello di carte”. L’attua le sistema finanziario è fragile, volatile e vulnerabile agli shock sistemici. È necessario un ripristino, senza dubbio, ma è giusto e doveroso che qualsiasi regolamentazione o azione governativa sia preceduta da una ricerca per accertare l’impatto di qualsiasi azione. I sudati depositi dei cittadini sono ora del resto l’uni ca fonte di liquidità a buon mercato delle banche. Si potrebbe sfruttare quel potere collaborando in un modo che serva l’interesse pubblico. L’avvocato Ellen Brown, presidente del Public Banking Institute e autrice di tredici libri tra cui“Web of Debt, The Public Bank Solution” e “Banking on the People: Democratizing Money in the Digital Age”, sostiene che proprio i derivati in pancia al sistema siano la vera miccia esplosiva: l’aveva intuito bene anni fa anche l’ex segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, John Monks, nel periodo del crollo della Lehman Brothers, quando lanciò l’allarme sulla “finanziarizzazione” dell’economia globale, in cui i sindacati avrebbero dovuto svolgere un ruolo importante mentre il capitalismo veniva rimodellato dalla crisi finanziaria. Un allarme raccolto immediatamente dai sindacati americani dell’Afl-Cio, che ben conoscevano quel casinò di Wall Street e che scrissero all’epoca: “La finanziarizzazione descrive il crescente predominio della finanza sull’economia reale e, almenonegli Stati Uniti, anche sulla politica. Al centro della finanziarizzazione ci sono le dimensioni e il potere crescenti degli hedge fund e dei fondi di private equity con leva finanziaria: pool di capitali privati con leva finanziaria che beneficiano di ampi sussidi fiscali e sono non regolamentati e avvolti nella segretezza. Ma è sia pericoloso che illusorio credere che i fondi pensione in generale possano ottenere tassi di rendimento superiori a quelli di mercato per ampie porzioni dei loro portafogli investendo in pool di attività con leva finanziaria.”. Il monito è attualissimo. I fondi di acquisizione con leva finanziaria e gli hedge fund esistono da anni e non scompariranno di certo ora. I fondi pensione e altri investitori istituzionali li hanno utilizzati correttamente in importi modesti per aiutare a completare i loro portafogli e compensare la volatilità di altri investimenti. ”Ma non c’è motivo - conclusero i sindacati americani - per cui i soggetti che gestiscono private equity e hedge fund debbano ricevere agevolazioni fiscali che lascino ai lavoratori l’onere del pagamento delle aliquote ordinarie”. I posti di lavoro, le prestazioni sanitarie e pensionistiche dei lavoratori e, alla fine, le loro comunità non sono altro che costi che possono essere convertiti in ghiotti rimborsi del debito. I lavoratori americani hanno sperimentato questadinamica alla fine degli anni ’80, ancora nel 2008 e molto più spesso di quelli europei. Ma il rischio è ovunque. L’Afl-Cio ha sempre invitato i settori degli hedge fund e del private equity ad agire in modo responsabile,impegnandosi in un dialogo sia negli Stati Uniti che a livello globale sulla protezione degli investitori, sulla tassazione e sui diritti dei lavoratori nelle società che controllano e influenzano. Esistono modelli di comportamentoresponsabile, come quelli delle società di leveraged buyout (operazione difinanza che consiste nell’acquisire una società con denaro preso a prestito dalle banche) con una significativa storia di confronto con i lavoratori e i lorosindacati, sia negli Stati Uniti che all’estero, che generano rendimenti salutari preservando i posti di lavoro e trattando i lavoratori con rispetto. La finanziarizzazione dovrebbe infatti essere una opportunità, non un rischio. Altrimenti tira fuori una carta e l’inte ro castello crolla. Svb deteneva 27,7 miliardi di dollari in derivati, una somma non piccola, ma è solo lo 0,05% dei 55.387 miliardi di dollari detenuti ad esempio da JPMorgan, la più grande banca statunitense di derivati. Svb potrebbe essere il canarino nella miniera di carbone che prefigura il destino di altre banche troppo estese, ma la Cnn ribadisce che nonostante il panico iniziale a Wall Street, gli analisti hanno affermato che è improbabile che il crollo di Svb scateni l’effetto domino che ha attanagliato il settore bancario durante la crisi finanziaria del 2008. E tuttavia occorre sempre tenere presente che già nel 2002 il mega-investitore Warren Buffett descrisse i derivati come “armi finanziarie di distruzione di massa”. Eppure, a quel tempo, il loro valore “nozionale” totale (il valore delle attività sottostanti da cui i derivati erano “de rivati”) era stimato in soli 56 trilioni di dollari. Investopedia ha riferito nel maggio 2022 che la bolla dei derivati aveva raggiunto una stima di 600 trilioni di dollari secondo la Banca dei regolamenti internazionali (Bri) e che il totale è spesso stimato in oltre 1 quadrilione di dollari. Una cifra che non si riesce neppure a scrivere ma che corrisponde a un bilione di bilioni, cioè un milione alla quarta, 10 alla quindicesima oppure un milione di miliardi (in Italia). Pure la Treccani di matematica spiega che la cifra varia di paese in paese, a seconda che si usi scala corta o lunga del sistema di denominazione. Comunque, una somma enorme. L’88,6% dei derivati sarebbe concentrato solo in quattro grandi banche: JP Morgan Chase (54,3 trilioni di dollari), Goldman Sachs (51 trilioni), Citibank (46 trilioni), Bank of America (21,6 trilioni), seguita da Wells Fargo (12,2 trilioni). Lo scopo originario dei derivati era quello di aiutare gli agricoltori e altri produttori a gestire i rischi di drammatici cambiamenti nei mercati delle materie prime. Ma negli ultimi tempi sono esplosi in potenti veicoli per la speculazione con leva finanziaria (prendere in prestito per giocare d’azzar do). Nella loro forma base, i derivati sono solo scommesse: un gigantesco casinò in cui i giocatori si proteggono da una varietà di variazioni delle condizioni di mercato (tassi di interesse, tassi di cambio, insolvenze, ecc.). Sono venduti come assicurazione contro il rischio, che viene spacciato alla controparte della scommessa. Ma il rischio c’è ancora, e se la controparte non può pagare, entrambe le parti perdono. In situazioni di “importanza sistemica”, il governo finisce per pagare il conto. Ellen Brown spiega che, come in un ippodromo, i giocatori possono scommettere anche se non hanno alcun interesse per l’asset sottostante (il cavallo). Ciò ha consentito alle scommesse sui derivati di accrescere di molte volte il pil globale e ha aggiunto un altro elemento di rischio: se non possiedi il fienile su cui stai scommettendo, c’è la tentazione di bruciare il fienile per ottenere l’assicurazione. Le entità finanziarie che accettano queste scommesse in genere si proteggono scommettendo in entrambe le direzioni e sono altamente interconnesse. Se le controparti non vengono pagate, non possono pagare le proprie controparti e l’intero sistema può crollare molto rapidamente.

Raffaella Vitulano







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