Quando Sofer scrisse: “Uccidere, uccidere uccidere tutto il giorno, tutti i giorni”

 

Ampie parti dell’opinione pubblica israeliana avrebbero adottato e interiorizzato il “piano decisivo” del ministro delle Finanze nel governo Netanyahu VI dal dicembre 2022, Bezalel Smotrich, per spazzare via il popolo palestinese. Lo denuncia un lungo articolo del quotidiano locale israeliano Sicha Mekomit che ha destato scalpore rivelando un piano di deportazione dei palestinesi in Egitto sostenuto dall’avvocato e politico israeliano, membro della Knesset, leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra. Ma forse la popolazione non è dello stesso avviso. Per Smotrich, “il modello dei ’due Stati’ ha portato Israele a un vicolo cieco. Circa sei anni fa, l’ allora giovane membro della Knesset al suo primo mandato, pubblicò già il suo “piano decisionale”, che presenta ai palestinesi tre opzioni: continuare a vivere sulla propria terra in uno status inferiore, rinunciando a qualsiasi ambizione nazionale, importando il governo dell’Autorità Palestinese o facendo crescere un altro governo arabo locale come alternativa a Hamas; emigrare dalla propria terra; oppure, se scelgono di restare e combattere, verranno tutti riconosciuti come terroristi e affrontati con tutta la forza dell’esercito. Quando, durante l’incontro in cui ha presentato il suo piano a esponenti del sionismo religioso, gli hanno chiesto se la sua intenzione fosse anche quella di uccidere famiglie, donne e bambini, Smotrich ha risposto secco: “Alla guerra come alla guerra”. La rivista culturale israeliana ha pubblicato a sostegno della sua tesi un documento pubblicato il 13 ottobre dal Ministero dell’Intel ligence israeliano che raccomandava l’occupazione di Gaza e il trasferimento totale dei suoi 2,3 milioni di abitanti nella penisola egiziana del Sinai, opzione preferita tra le tre alternative già citate. Il documento raccomanda che Israele evacui la popolazione di Gaza nel Sinai, stabilisca tendopoli e nuove città nel nord del Sinai per accogliere la popolazione deportata, e poi crei una zona di sicurezza chiusa che si estende per diversi chilometri all’interno dell’Egitto. Ai palestinesi deportati non sarebbe permesso di ritornare in nessuna zona vicino al confine israeliano. Potrebbe essere questo il piano di Benjamin Netanyahu? Forse, magari dribblando anche le sue responsabilità. Il primo ministro avrebbe infatti lasciato intendere che le proteste dei soldati riservisti contro la legge di revisione giudiziaria della sua coalizione all’inizio di quest’anno potrebbero essere state un fattore nella decisione del gruppo terroristico Hamas di lanciare la sua brutale incursione. L’idillio tra il più longevo primo ministro nella storia di Israele e il suo popolo sembra oramai definitivamente finito. I militari stessi scesero in rivolta mesi fa contro le sue politiche, e il premier ne avrebbe approfittato per trovare un capro espiatorio per i suoi fallimenti. Secondo un attivista di destra, la fuga del documento sarebbe in realtà stata un tentativo di scoprire se “l’opi nione pubblica in Israele è pronta ad accettare l’idea di un trasferimento da Gaza”. Gli israeliani sono pronti a perdonare tutto, ma non le falle sulla sicurezza. E lapopolazione continua ad additare al suo premier tutta la responsabilità di quanto sta accadendo. Con un post su Facebook Netanyahu ha addiritturaaffermato di non essere stato avvertito dall’intelligence militare e dalla sicurezza interna sulla possibilità di una guerra. Immediata la replica della radio militare, che ribatte che gli avvertimenti sull’eventualità di attacchidell’asse Iran-Hezbollah-Hamas ci sono stati, eccome. Il premier è assediatodagli israeliani stessi: metà di loro vorrebbe Gantz al suo posto, passatodall’opposizione al Consiglio di guerra. La firma del Likud sul piano di trasferimento forzato dei palestinesi sembra evidente. Basta osservare la strategia del premier. “La sinistra non è più in grado di superare l’ultranazionalismo tossico che si è sviluppato qui”, aveva avvertito nel 2018 Zeev Sternhell, storico israeliano sopravvissuto all’Olocausto, uno dei massimi esperti mondiali del fascismo e un importante militante del movimento Peace Now , “è quel tipo di fascismo europeo che aveva quasi spazzato via la maggioranza del popolo ebraico”. Sternhell aveva poi aggiunto: “Non vediamo solo un fascismo israeliano in crescita, ma un razzismo simile al nazismo nelle sue fasi iniziali”. Il piano di trasferi-mento è dunque diviso in diverse fasi: nella prima fase, la popolazione di Gaza dovrà essere costretta a spostarsi a sud, mentre gli attacchi aerei israeliani si concentreranno su obiettivi nel nord di Gaza. Nella seconda fase inizierà l’in gresso via terra dell’esercito israeliano a Gaza, che porterà all’occu pazione dell’intera striscia, da nord a sud, e alla “pulizia dei bunker sotterranei dai combattenti di Hamas”. Nello stesso momento in cui la Striscia di Gaza sarà occupata, i cittadini di Gaza verranno spostati in territorio egiziano. Il documento afferma inoltre che gli Stati Uniti dovrebbero fare pressione sull’Egitto affinché accolga i residenti di Gaza, e per incoraggiare altri paesi europei, e in particolare Grecia, Spagna e Canada, ad aiutare ad accogliere e a sistemare i rifugiati che saranno evacuati da Gaza. Anche il giornalista investigativo Kit Klarenberg conferma che l’Istituto per la sicurezza nazionale e la strategia sionista - think tank con sede a Tel Aviv - ha delineato un “piano per il reinsediamento e la riabilitazione finale in Egitto dell’intera popolazione di Gaza”, basato sulla “opportunità unica e rara di evacuare l’intera Striscia di Gaza”. Pubblicato in ebraico sul sito web dell’organiz zazione, il documento è stato scritto da Amir Weitman ed inizia rilevando che ci sono 10 milioni di unità abitative sfitte nel vicino Egitto che potrebbero essere “immediatamente” occupate da palestinesi. Weitman ha poi assicurato i lettori che “il piano sostenibile... si allinea bene con gli interessi economici e geopolitici dello Stato di Israele, dell’Egitto, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita”. Il progetto di Weitman prevedeva che Israele acquistasse queste proprietà al costo di 5-8 miliardi di dollari, un prezzo enorme che riflette solo l’1-1,5% del pil israeliano. “Inve stire singoli miliardi di dollari per risolvere questo difficile problema è una soluzione innovativa, economica e sostenibile”. Weitman ha riconosciuto che il suo piano equivale praticamente ad “acquista re la Striscia di Gaza” da parte di Israele, sostenendo che la mossa sarebbe “un investimento molto utile” per i sionisti perché “ag giungerebbe molto valore nel tempo”. Nel 2004, propio il demografo sionista Arnon Sofer dell’Uni versità di Haifa predisse un bagno di sangue perpetuo: “Quando 2,5 milioni di persone vivranno in una Gaza chiusa, sarà una catastrofe umana. Quelle persone diventeranno animali ancora più grandi di quanto lo siano oggi... La pressione al confine sarà terribile. Sarà una guerra terribile. Quindi, se vogliamo rimanere in vita, dovremo uccidere, uccidere e uccidere. Tutto il giorno, tutti i giorni... l’unica cosa che mi preoccupa è come garantire che i ragazzi e gli uomini che dovranno compiere gli omicidi possano tornare a casa dalle loro famiglie ed essere normali esseri umani”. CJ Atkins, caporedattore di People’s World e vicedirettore esecutivo di ProudPolitics, riferisce che il trasferimento forzato sarebbe stato diffuso nell’establishment politico israeliano dall’Istituto Misgav per la sicurezza nazionale e la strategia sionista, un gruppo di ricerca guidato da Meir Ben Shabbat. La proposta di destra di Misgav rispecchia da vicino la linea di condotta sostenuta dal Ministero dell’Intelligence. Secondo Mekomit, poco più di un mese fa il ministero si era impegnato a trasferire un milione di shekel (circa 250.000 dollari) sul conto bancario del Misgav per “condurre ricerche” sui paesi arabi. Poco tempo dopo apparve l’analisi del mercato immobiliare egiziano di Amir Weitman, stretto collaboratore di Gila Gamliel, capo del Ministero dell’Intelligence. Il ministero ha affermato che il piano di espulsione era esclusivamente opera sua e non era collegato al Misgav, ma il documento governativo è apparso per la prima volta su un gruppo WhatsApp popolato da attivisti di estrema destra che fa pressioni per l’espansione degli insediamenti illegali israeliani a Gaza. La sequenza degli eventi - prima il documento del Misgave ed ora la “fuga” della dichiarazione strategica del Ministero dell’Intelligence - suggerirebbe che non ci sia stato nulla di accidentale nel rendere pubblici i due documenti.



Raffaella Vitulano


Commenti

  1. Grazie per aver condiviso la tua prospettiva approfondita su questo argomento!

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