Il bavaglio al dissenso in tempo di democrazia

 di Raffaella Vitulano

L’uomo del Loden ha detto no (anche se poi ha rettificato le parole ribadendo però il concetto): basta con la libertà d’informazione. Ecco a cosa è servito, a suo tempo, l’elogio del tessuto follato (infeltrito) e garzato, impermeabile e peloso. L’adulazione corale ed unanime con cui il Loden era stato accolto sui mezzi di comunicazione, gli aveva concesso l’ebbrezza dell’ascesa improvvisa per essere poi di nuovo relegato nell’armadio.

Che tristezza, che spreco di lana pesante del Tirolo. “Siamo in guerra contro il virus “e dal buio della palude verde come il suo loden oggi l’ex premier Mario Monti invoca i giubbotti protettivi della propaganda. Che a Monti piaccia il verde camouflage, del resto, l’avevamo capito quando appena insidiatosi a Palazzo Chigi, giusto dieci anni fa, intervenne all’assemblea dell’Abi evocando i soliti scenari bellici e innervosendo i sindacati: “Inizia un duro percorso di guerra, certa concertazione è causa dei mali di oggi. Troppo confronto con le parti sociali”.

La democrazia e i corpi intermedi, del resto, non gli sono mai piaciuti, se qualche giorno fa ha lanciato l’ennesimo appello: “Bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informa zione”. Forse al senatore sfugge la differenza tra una gerarchia militare ed una democrazia. Anche Brexit, per Mario Monti è stato eccesso di democrazia. L’informazione va piuttosto somministrata a piccole dosi; e se disturba perché dà voce anche ad altre opinioni deve autocensurarsi. Mario Monti sostiene che se abbiamo rinunciato alla libertà di movimento, possiamo anche rinunciare a un po’ di libertà di pensiero. E anche i governi, secondo il professore, devono continuare le cessioni di sovranità alle organizzazioni sovranazionali non elette. “L’Italia è in guerra. Ha un comando e degli alleati”. Davvero? Chi la comanda e chi sarebbero questi alleati? Monti non é uno sprovveduto, affatto. Quando parla, il senatore a vita é un latore di messaggi ben ponderati. “Le parole di Mario Monti non meriterebbero neanche una replica, trattandosidi affermazioni prive di alcun senso democraticoe in contrasto evidente con la Costituzione italiana e con i princìpi europei in tema di libertà di informazione”, taglia corto Carlo Verna, presidente dell’Ordine dei giornalisti. E tuttavia le parole di Monti, alla guida della Commissione paneuropea dell’Oms, non andrebbero sottovalutate. Quando Mario venne insediato al Governo da Giorgio Napolitano nel novembre2011, Monti aveva già avuto lunga esperienza nella Commissione Trilaterale, il think tank voluto da David Rockefeller la cui prima pubblicazione fu uno studio, ”The Crisis Of Democracy”, nel quale si sosteneva in pratica che le uniche democrazie che funzionavano fossero quelle in cui il popolo restava ai margini del dibattito pubblico. Contro l’uso demagogico della democrazia, Monti sostiene da sempre che “ci sipuò addirittura chiedere se la democrazia come noi la conosciamo e l’integrazione internazionale siano ancora compatibili, e questo porrebbe un problema gigantesco”. E ancora: “Non è saggio aspettarsi che l’opinione pubblica e gli elettori rieduchino i politici da cui vengono diseducati. È romantico e improbabile che il popolo possa avere una visione più lungimirante di quella che gli viene suggerita”. Concetto forbito ribadito nel suo libro “La democrazia in Europa” che scorse via nel silenzio intellettuale dei più e nell’indifferenza rassegnata dei molti, ma che delineò con chiarezza, dietro l’apparente ragionevolezza, il tentativo di superare “la democrazia da parte del popolo” in favore di “una democrazia per il popolo”, nella restaurazione del concetto di oligarchia aristocratica in cui il potere è in mano a pochi ritenutisi migliori, che tuttavia si guadagnano questo diritto attraverso investiture reciproche e autoreferenziali e non elettorali. E tale restaurazione sta avvenendo per mano di unasinarchia. L’idea che occorra ricostruire una comunità politica, armata di corpi intermedi che canalizzino le paure e che facciano un’opera di reale mediazione tra individui e società non passa minimamente per la testa di artefici come il solito Klaus Schwab, presidente del Forum economico mondiale (Wef) di Davos, che la scorsa settimana ha incontrato in sordina il nostro premier Draghi per poi volare a Dubai, e annunciare dopo il Great Reset - una iniziativa chiamata Great Narrative, la Grande Narrativa, “uno sforzo collaborativo dei principali pensatori del mondo per modellare prospettive a lungo termine e co-creare una narrativa che può aiutare a guidare la creazione di una visione più resiliente, inclusiva e sostenibile per il nostro futuro collettivo” spiega il sito del Wef. Sempre “al riparo dai processi elettorali”. Sviluppare la Grande Narrativa, una storia per il futuro, corrisponde un po’ alla narrativa propagandistica di Monti. Un editing, un montaggio che dia senso compiuto ad un racconto che piaccia alle masse. L’informazione non si ponga domande,potremmo avere risposte scomode ed imbarazzanti. Sapete ad esempio quanto tempo Pfizer ha chiesto per fornire al pubblico la documentazione che attesterebbe, di fatto,sicurezza ed efficacia del suo vaccino Pfizer? 55 anni, fino al 2076. 

Né saremo informati nel dettaglio di cosa voglia significare per Monti la sua frase: “Serve un trattato globale anti-pandemia. Ripensiamo la governance Onu, è vecchia”. Qualche spunto lui ce lo dà: “Ri formare la sanità a partire dai medici di famiglia; un comitato One Health che si occupi di uomini, fauna e Terra; la creazione di un Global Health & Finance Board nell’ambito del G20, un Trattato pandemico per il processo decisionale congiunto e una politica globale sui vaccini contro la pandemia in corso e quelle che verranno. Covid-19 spalanca una possibilità inattesa per il fiorente settore privato sanitario europeo: tuffarsi nel rilancio dell’investimento sanitario pubblico privatizzandone i profitti. A questo serviranno le modifiche al sistema finanziario globale e l’istituzione di un consiglio sanitario globale che “po trebbe forse evolversi fino a diventare un consiglio globale per i beni pubblici”. La narrazione dei fatti può dunque prescindere dai contenuti: se vuoi far credere in qualcosa devi produrre una storia che metta gli eventi in fila come vuoi tu. Devi costruire un racconto che sostenga la tua tesi. Elementare. Come raccontare di complottismi quando in realtà élites transnazionali del potere globale esistono di fatto e hanno frantumato il modello sociale europeo sconfinando in una guerra con altri mezzi: l’Enocrazia, il potere all’Economia e al Mercato che, grazie alle straordinarie conquiste della tecnoscienza, ha conquistato la vetta, relegando il Popolo alla periferia. Per quante sciocchezze possiamo dire o scrivere, è estremamente più sciocco (e pericoloso) impedire di dirle o scriverle.

Raffaella Vitulano




L’eutanasia del modello sociale Ue: “Le pecore non guidino il pastore” 

Quella che si sta verificando in questi tempi, parafrasando Keynes e l’eutanasia del rentier (l’investitore senza utilità), è l’eutanasia del modello sociale europeo. Il darwinismo sociale e la distruzione creativa del Gruppo dei 30 hanno stabilito che comparti attualmente in difficoltà siano affollati da milioni di imprese zombie immeritevoli di aiuti. Monti aveva già parlato della “monotonia del posto fisso, nella vita è bello cambiare”. Ma in un’intervista a Der Spiegel chiude il cerchio sulla democrazia: “... se i governi si facessero vincolare del tutto dalle decisioni dei loro Parlamenti, senza mantenere un proprio spazio di manovra, allora una disintegrazione dell’Euro pa sarebbe più probabile di un’integrazione”. Tempo fa Mario Monti, ebbe a dichiarare che “la democrazia è una forma di governo sbagliata perché è assurdo che siano le pecore a guidare il pastore”. Il concetto lo ribadì in occasione del divorzio tra la politica e la Banca d’Italia, ove disse che ci sono “valori che saranno meglio tutelati, se affidati a qualcuno che può permetterselo trovandosi al riparo dal processo elettorale”.

Ra.Vi.


Le previsioni per il 2030 del World Economic Forum 

2021 nuovo anno zero. Ricordiamo le “8 previsioni del Wef per il mondo nel 2030”. La prima è: “Tutti i prodotti saranno servizi; non possiederai nulla e sarai felice”. In secondo luogo, non avrai né lavorerai producendo nulla che costi molto carbonio, come il bestiame o i trasporti. Terzo, non andrai più in ospedali o cliniche, ma verrai curato, o ti curerai, “a casa”. Quarto, non mangerai carne. Cinque e sei: gli Stati Uniti non saranno più dominanti e i valori occidentali saranno “al punto di rottura”. Settimo, il cambiamento climatico avrà sfollato un miliardo di persone. E infine: “Saremo pronti per andare su Marte dove scopriremo la vita aliena”. Altre previsioni: l’intelligenza artificiale causerà un boom di produttività; l’Africa sarà un banco di prova per la convivenza uomo-robot; il dollaro non sarà più la valuta di riserva del mondo; coltiveremo materie plastiche dalle piante; i telefoni cinesi domineranno; le catene di approvvigionamento globali si sgretoleranno; le piccole imprese useranno i super computer. Tre i principali sviluppi: rinnovata attenzione a salute e resilienza, impegno di zero emissioni e capitalismo degli stakeholder.

Ra.Vi.


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