Quello 0,000001% che possiede il mondo

 di Raffaella Vitulano

È una minoranza microscopica, solo lo 0,000001% globale. Eppure, quella minoranza ha schiavizzato economicamente le persone di tutto il mondo: un articolo di Goran Sumkoski su ”Geopolitica.ru” cita Michael Chen, analista economico americano, che già nel 2018 sosteneva: “Ovunque vivi nel mondo, vieni derubato. Non da un ladro mascherato, ma dalla cleptocrazia globale: i ricchi hanno derubato i poveri in ogni angolo del mondo negli ultimi sette decenni”. E alla vigilia di Natale é bene ricordarlo per riflettere sulle ingiustizie. Un’imposi zione decennale ben documentata, coordinata e complessa di politiche neoliberiste attuate in ogni angolo e nazione del mondo. E’ davvero piccola questa élite globale che ha privatizzato il mondo. Eppure lo ha fatto, dominando gruppi e istituzioni.

Politiche di privatizzazioni sono state e sono attuate con vari strumenti in ogni Stato-nazione sovrano grazie a fondi di investimento e multinazionali (Tnc) che lavorano in accordo con il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e altre istituzioni finanziarie internazionali, insieme alle banche centrali. E tutto questo con un unico obiettivo: creare un mondo senza confini e nazioni e a favore dello 0,00001% che gravita sempre intorno a nomi di famiglie storiche e altisonanti e tecnici cosiddetti filantropi, come Soros, Gates, Bezos e volti pubblici simili. Tra i molti studi che confermano questa concentrazione di controllo senza precedenti, diamo uno sguardo all’indagi ne sull’architettura della rete di proprietà internazionale, insieme al calcolo del controllo detenuto da ciascun attore globale condotto nel 2011 da Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano Battiston, in Svizzera, che rivela la sorprendente verità su come un piccolo numero di mani stia controllando il mondo intero. Questa concentrazione di controllo economico e finanziario è confermata dall’a nalisi empirica del database Orbis delle imprese transnazionali, identificate come tali secondo la definizione Ocse. Vengono analizzate 30 milioni di entità economiche con sede in 194 Paesi, e la rete interconnessa di 43.060 Tnc che include600.508 nodi e 1.006.987 vincoli di proprietà. Il nucleo di controllo fa capo a un numero microscopico di attori, molto densamente connesso, e questo gruppo di società principali detiene cumulativamente la maggior parte dei profitti operativi del 94,2% nel mondo. Lo studio mostra che la componente più grande (3/4 di tutti i nodi Tnc) rappresenta il 94,2% del totale dei loro ricavi operativi: “Le società transnazionali formano una gigantesca struttura a farfalla e una grande porzione del controllo fluisce verso un piccolo nucleo affiatato di istituzioni finanziarie. Questo nucleo può essere visto come una “super-entità” economica che solleva nuove importanti questioni sia per i ricercatori che per i responsabili politici”.

Questi i risultati chiave raccolti dagli studiosi: 1.318, pari solo allo 0,7% delle multinazionali, guadagnano direttamente il 18,7% dei ricavi di tutte le multinazionali e, sommate ai ricavi delle società da loro controllate, queste società controllano il 94,2% dell’economia globale; 737 top holder accumulano l’80% del controllo sul valore di tutte le multinazionali; 147 “su perconduttori”, che sono per lo più istituzioni finanziarie, rappresentano solo lo 0,3% ma hanno il controllo diretto del 40% sul valore economico in termini di proprietà e controllo delle risorse e profitti delle multinazionali nel mondo, e molto di più attraverso le altre Tnc da loro controllate. Se questi possono già sembrare dati eccezionali, proseguite la lettura. A fare il nome del “Le quattro società che controllano le 147 società che possiedono tutto” è Forbes che, in un suo articolo, conferma che questa manciata di entità ha il controllo finanziario ed economico del mondo intero: McGraw-Hill, che possiede Standard & Poor’s; Northwestern Mutual, che possiede Russell Investments, Russell 1.000 e Russell 3.000; Cme Group che possiede il 90% degli indici Dow Jones; Barclay’s, che ha rilevato Lehman Brothers e il suo Lehman Aggregate Bond Index, l’in dice mondiale dei fondi obbligazionari. Società che probabilmente, dopo aver esaurito tutte le risorse naturali per pagare debiti artificiali virtuali, ne scaricheranno i costi sulle risorse umane per generazioni. Lo studio elenca poi la Top 50 dei detentori di controllo mondiale. Unicredit è l’unica italiana. Una classifica che forse può sembrare noiosa, ma che invece è oltremodo interessante e che vale la pena leggere. Ve lo riportiamo di seguito. E buon Natale.

Barclays Plc (Gb); The Capital group companies inc (Us); Fmr corp (Us); Axa (Fr); State street corporation (Us); Jp Morgan Chase & co. (Us); Legal & general group plc (Gb); The Vanguard group, inc. (Us); Ubs ag (Ch); Merrill Lynch & co., inc. (Us); Wellington management co. l.l.p. (Us); Deutsche bank ag (De); Franklin resources, inc. (Us); Credit suisse group (Ch); Walton enterprises llc (Us); Bank of New York Mellon corp. (Us); Natixis (Fr); the Goldman Sachs group, inc. (Us); T. Rowe Price group, inc. (Us); Legg Mason, inc. (Us); Morgan Stanley (Us); Mitsubishi Ufj Financial group, inc. (Jp); Northern trust corporation (Us); Société générale (Fr); Bank of America corporation (Us); Lloyds tsb group plc (Gb); Invesco plc (Gb); Allianz se (De); Tiaa (Us); Old mutual public limited company (Gb); Aviva plc (Gb); Schroders plc (Gb); Dodge & cox (Us); Lehman Brothers holdings, inc. (Us); Sun life financial, inc. (Ca); Standard life plc (Gb); Cnce (Fr); Nomura holdings, inc. (Jp); The Depository trust company (Us); Massachusetts mutual life insur. (Us); Ing groep n.v. (Nl); Brandes investment partners, l.p. (Us); Unicredito italiano spa (It); Deposit insurance corporation of Jp (Jp); Vereniging Aegon (Nl); Bnp Paribas (Fr); Affiliated managers group, inc. (Us); Resona holdings, inc. (Jp); Capital group international, inc.(Us); China petrochemical group co. (Cn).

Raffaella Vitulano






Anche in Italia la ricchezza è in mano a un gruppo ristretto di persone 

Anche in Italia la ricchezza è sempre più in mano a poche persone, mentre cala la disponibilità finanziaria media individuale. A dirlo è lo studio della Scuola Normale di Pisa: “Ricchez za, ricchi e diseguaglianze in Italia”, che ha condiviso i dati che prendono in esame il periodo 1995 - 2016, raccolti nel corso di uno studio condotto da Salvatore Morelli - dell’Università Roma Tre -, Paolo Acciari e Facundo Alvaredo. Dall’in dagine è emerso che dal 1995 al 2016 gli italiani più ricchi hanno visto un raddoppio delle proprie fortune, passando dal 5,5% della ricchezza netta media reale al 9,3% del totale. Al contrario, i più poveri hanno visto il proprio patrimonio netto medio calare da 27 mila euro a 7 mila. Analizzando la percezione che illustri nomi dell’econo mia e della finanza hanno di sé, emerge la totale mancanza di consapevolezza dei Paperoni italiani. La possibilità della tassazione dei patrimoni registra, nella grande maggioranza degli intervistati, una netta ostilità. E ancora: “C’è una sottovalutazione della gravità delle disuguaglianze”.

Ra.Vi


Le strategie dei miliardari americani per evitare di pagare le tasse 

Un’inchiesta di ProPublica riportata da La voce di New York svela come tre dinastie statunitensi siano riuscite a beffare l’erario per oltre un secolo. Dando l'esempio ai Bezos e Musk di oggi. L’inchiesta si è concentrata in particolare sulla parabola elusiva di tre famiglie che costituisconol’essenza dell’American Dream: gli Scripps, iMellon, e i Mars. Secondo Forbes, la loro ricchezza combinata supera i 114 miliardi di dollari ma c’è un’imposta in particolare a cui le famiglie sembrano essere allergiche: quella di successione, grazie al Grantor retained annuity trusts (trusts di rendita trattenuti dal concedente), in sigla Grat, strumento societario che permette di “congelare” il patrimonio in un trust per metterlo al riparo dall’imposta di successione(titolare formale della somma è infatti il trustee,che non è un erede). L’unica tassa da pagare è quella per costituire il trust stesso. La cifra depositata nei Grat, inoltre, genera interessi su cui il fisco non può mettere naso. Un patrimonio di 200 milioni di dollari genera un interesse annuo del 3%: non solo gli eredi non pagheranno imposte di successione fintantoché la somma è al sicuro nel Grat, ma intascheranno anche 6 milioni di dollari netti esentasse.

Ra.Vi.


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