La terza guerra mondiale economica costringe l’Europa in un angolo

 di Raffaella Vitulano

Il mondo è ormai una polveriera. Ovunque si registrano tensioni e fronti aperti. Intanto ad infiammarsi è anche l’economia mondiale mentre gli Stati Uniti spingono per le proprie esportazioni di petrolio, agricole e di armi, imponendo ai paesi di scegliere da che parte stare, senza se e senza ma. E l’Europa, vaso di coccio, cosa ci guadagna? I sindacati greci e quelli tedeschi stanno già manifestando contro l’embargo sul gas della Russia, che penalizzerebbe i rispettivi paesi. In Germania la pensano così anche gli industriali, mentre la Francia si frega le mani col nucleare. Macron tira le fila, visto che grazie al nucleare di Edf/Engie/Electrabel potrebbe stracciare le imprese italiane, per poi comprarle per un tozzo di pane. Dietro la guerra in Ucraina si muovono moltissimi interessi. Da parte di Washington, sicuramente quello di interrompere le forniture di energia a basso costo, di materie prime e prodotti agricoli importati dalla Russia che servono alla produzione industriale manifatturiera e di trasformazione europea, che la rendono competitiva a livello mondiale, sostituendosi nelle forniture energetiche. Eccoli, i vasi di coccio: l’Europa e l’Italia. Soprattutto. Il nostro paese bellicoso (“Il Tempo” lo spiega anche con l’ambizione di Draghi ad occupare la poltrona della Nato) non sembra avere troppa consapevolezza dei rischi. Una conversazione telefonica apparentemente disturbata del 2014 in cui l’As sistente Segretario di Stato Victoria Nuland denigrava l’Ue (“Fuck the Europe”) per la crisi ucraina la diceva già lunga: Nuland diceva chiaramente di preferire le Nazioni Unite all’Ue per tentare di mettere fine alla crisi ucraina. Dopo otto anni assistiamo ai risultati. Washington ha quindi deciso di sfidare Russia e Cina dopo che il blocco russo e il blocco cinese si sono progressivamente riavvicinati grazie al progetto comune di Grande Partenariato Euroasiatico Globale (2016), nel quadro dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai. Nel 2021 l’Unio ne Europea, per far concorrenza alla Cina e imporre il proprio modello politico, ha ideato il Global Gateway per contrastare la Via della Seta. Ma quest’ambizione è stata massicciamente rifiutata. L’iniziativa non è piaciuta soprattutto in Africa, i cui paesi non sono stati consultati dalla l’Ue prima di lanciare l’iniziativa. Al contrario, Pechino ha tenuto incontri e consultazioni con i partner africani per diversi mesi in vista del Forum sulla cooperazione Cina- Africa. L’Europa agonizza. Secondo Euronews, a due mesi dall’inizio della guerra tutte le previsioni e le aspettative di ripresa sono state gettate dalla finestra. L’inflazione annuale nell’Eurozona è salita al 7,5%, dal 5,9% di febbraio. I soli prezzi dell’energiasono aumentati del 44,7% su base annua. Le aziende di tutto il continentestanno combattendo contro fatture incredibilmente alte che minacciano di interrompere la produzione e chiudere le fabbriche. Con la guerra in Ucraina,gli Stati Uniti non sembrano così isolare tanto la Russia, quanto l’Occiden te (il 10% della popolazione) dal resto del mondo (il 90%). Finlandia e Sveziacercano protezione della Nato. Germania ed Italia, le uniche due economie manifatturiere europee con la bilancia commerciale fortemente attiva verso gli Usa, rischiano ora di affondare. Con l’aumento dei costi di produzione delle imprese europee, gli Usa potrebbero invece recuperare competitività vendendoci i loro prodotti, anche alimentari. In questo modo ribalterebbero il disavanzo commerciale verso l’Europa e si pagherebbero l’import dalla Cina. Nella ricerca di sopravvivenza, più che di supremazia ormai - economica, il mondo sta per dividersi. La deflagrazione della Terza Guerra Mondiale dei sistemi economici è già iniziata. L’era della globalizzazione economica è finita. L’Ue è pronta a dichiarare un embargo completo sul petrolio russo dopo le elezioni francesi di questo fine settimana. Michael Hudson, analista finanziario di Wall Street, sostiene che nonostante l’in flazione, la Banca Centrale Europea continua a mantenere invariati i tassi per scongiurare presumibilmente il più grande crack finanziario della storia. I mercati sembrano non aspettarsi molto da un Euro che non riesce a risalire più la china. Per l’Europa, l’alternativa è che esploda il costo in dollari del suo debito estero assunto per finanziare il suo crescente disavanzo commerciale con gli Stati Uniti per petrolio, armi e cibo. Contro la prospettiva di dedollarizzazione causata dal blocco dei Brics, gli Stati Uniti cercheranno di mantenere l’egemonia del dollaro almeno nei confronti dell’Europa. “Il dramma della guerra di aggressione russa all’Ucraina - chiosa l’economista Giulio Sapelli - è tutta qui: un dramma non risolvibile se non trasformando il conflitto da militare in competizione economica, come di fatto sta accadendo, ponendo il dominio del dollaro in discussione e indebolendo le ideologie di autosufficienza energetica sia Usa, sia Ue. Insomma, un dramma che vedrà tacere le armi, ma che inaugurerà una guerra economica di lunga durata di cui sarà difficile prevedere l’esito, se non si ritorna a una volontà comune di perseguire l’equilibrio anziché il dominio” .

Raffaella Vitulano


La guerra del litio scatena gli appetiti dei belligeranti 

Un’interessante intervista realizzata da Pierluigi Mele su Rainews all’economista Giuseppe Sabella evidenzia come le prevalenti interpretazioni della guerra in Ucraina vertano sull’ espansione a Est dell’Alleanza Atlantica. Oppure, sulle spinte imperialiste di Putin. Sabella parla invece dello “scudo ucraino”, quella Terra di mezzo nel sud del Donbass, che in termini di risorseminerarie generali non ha praticamente pari in Europa e nel mondo. All’interno di questa zona geologica si trovano grandi riserve di minerali di ferro, di uranio e di zirconio, oltre che pietre preziose e semipreziose e materiali da costruzione. Non solo dunque le cosiddette “Terre Rare”, ma anche uranio, titanio, minerali di ferro e manganese. L’U craina ha infine probabilmente il maggior potenziale di “oro bianco” - il litio - dell’intera regione europea, insieme alla Serbia. L’Ucraina ha il cuore dell’innovazione tecnologica e digitale. Obiettivo del capo del Cremlino è fare della Russia il più importante fornitore di materie prime della “fabbrica del mondo”, la Cina. Per questo, Putin vuole lo “scudo ucraino”.

Ra.Vi.

La Libia chiude i petro-rubinetti Nuovo grattacapo per Biden 

Dal sud all’est della Libia, i notabili della tribù e i lavoratori del settore petrolifero hanno chiuso i più grandi impianti petroliferi come protesta contro il governo di Dabaiba (dal 15 marzo 2021 primo ministro ad interim, che lo scorso 10 febbraio sarebbe sopravvissuto a un tentativo di omicidio nel centro di Tripoli), la corruzione e l’uso dei proventi del petrolio. Nuovo grattacapo dunque per Biden e Borrell. I manifestanti hanno detto che i pozzi di petrolio rimarranno chiuse fino a quando Dabaiba rimarrà attaccato al potere. Quindi, Biden e l’Ue non potranno contare sul gas e sul petrolio libico, almeno per i prossimi anni. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva annunciato la proroga dello stato di emergenza relativo alla Libia, per un altro anno, a partire dal 25 febbraio “per affrontare la minaccia alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”. La portata dell’emergenza nazionale era stata ampliata nell’aprile 2016. In due dichiarazioni registrate, i manifestanti a Zueitina nel nord e a Ubari nel sud-ovest hanno accusato il governo di unità nazionale di corrompere la scena politica in Libia e accendere la guerra e la divisione.

Ra.Vi.






Commenti

Post più popolari