Quando a licenziare è Topolino per accrescere i conti di zio Paperone


Quando scende in campo Mickey Mouse (Topolino), vuol dire che siamo proprio alla frutta. Oggi Topolino insegue Elon Musk e Zuckerberg sulla china dei licenziamenti e ci va giù duro tanto che Minnie come minimo dovrebbe lasciarlo per la sua insensibilità verso il mondo del lavoro. Disney Plus come Netflix, Meta e Twitter. E ieri anche Jeff Bezos si è mostrato sempre più filantropo. Amazon taglia 10.000 posti: tagli al personale senza incertezze, mentre il Ceo della compagnia Disney Bob Chapek annuncia i licenziamenti di massa con un messaggio trapelato da Variety in un promemoria che l’am ministratore delegato, Bob Chapek, ha inviato ai dirigenti della compagnia: “Sono pienamente consapevole che questo sarà un processo difficile per molti di voi e per i vostri team. Dovremo prendere decisioni difficili e scomode”. Se da una parte la casa di Topolino ha visto salire gli abbonamenti alla sua piattaforma Disney+, che dall’8 dicembre lancerà il proprio piano pubblicitario in linea con gli altri servizi streaming, dall’altra ha però registrato un’importante perdita di 1,47 miliardi di dollari lo scorso trimestre in un generale contesto di incertezza che sta colpendo l’intera Hollywood. Per quanto l’espres sione “pink slip” possa far sognare qualche playboy poco avvezzo alle lingue straniere, in realtà l’espressione indica il cartellino rosa con cui viene annunciato un licenziamento. E un sacco di cartellini rosa sono stati presentati nel settore del software. Elon Musk, in seguito alla sua acquisizione di Twitter, ha licenziato sommariamente circa la metà dei 7.500 dipendenti dell’azienda. Nel frattempo Mark Zuckerberg, di Meta, licenzia uno su otto della sua forza lavoro, circa undicimila anime. Musk come Zuckerberg stanno solo affrontando il fallimento del mercato. Ma a farne le spese sono persone reali. L’app di realtà virtuale Metaverse che ha ispirato il cambio di nome della sua azienda è un flop con meno di 200 mila utenti a fine anno, mentre l’azienda puntava ad almeno 500 mila utenti. Meta affronta le minacce sia della propria base di utenti invecchiata che dell’ascesa di Tik-Tok, app cinese più alla moda e meno intellettualmente impegnativa con oltre 1 miliardo di utenti attivi mensili,la cui chiave del successo è il suo formato video in breve e la pagina For You guidata da algoritmi, che offre un flusso di video progettati per ipnotizzarti. Mentre TikTok cresceva, Meta si è bloccato su come affrontare il rivale Snapchat, scimmiottando le sue effimere funzionalità video. E così TikTok ha continuato a perfezionare il suo algoritmo e a creare una nuova destinazione per gli utenti della generazione Z mentre Meta è crollata. Le storie sui licenziamenti sono state guarnite con storie secondarie su dipendenti licenziati, per lo piùnelle aree di sviluppo software, che erano stati assunti come lavoratori ospiti stranieri, provenienti da altri paesi con visti temporanei di lavoro su chiamata da sponsor chiamati H-1B. Alcune di queste storie toccano le corde del cuore. Ma l’algoritmo è implacabile. Una signora di nome Sujatha Krishnaswamy racconta che a inizio anno, mentre era incinta, ha lavorato giorno e notte per fornire con successo una funzionalità fondamentale per la privacy rivolta agli utenti per soddisfare gli obblighi normativi di Twitter nei confronti delle autorità di regolamentazione. Ha amato il suo lavoro, il suo team ed era davvero orgogliosa del lavoro che svolgeva per Twitter: “Ma sfortunatamente, il mio datore di lavoro non mi ha ricambiato”. La regola per i titolari di visto H-1B è che il datore di lavoro è lo sponsor per il visto.

Quando non hai più un datore di lavoro, sei senza sponsor. Allora hai sessanta giorni per trovare un nuovo sponsor. Se non puoi, il tuo visto H-1B scade e devi tornare nel tuo paese d’o rigine. Come si può ben immaginare, durante quei sessanta giorni di assenza di sponsor, gli H-1B licenziati sono alla disperata ricerca di un nuovo sponsor. Dal punto di vista della contrattazione salariale, è un mercato di acquirenti. Non sappiamo quanti degli undicimila licenziati alla Meta siano H-1B, ma si dice che siano più del 15% della media aziendale di dipendenti, tra i due e i cinquemila. Poiché il mercato dei lavori tecnologici è inondato da H-1B licenziati (prevalentemente indiani con alte capacità tecnologiche), i grandi perdenti saranno i lavoratori americani. Donald Trump e la sua amministrazione si oppose duramente alla cattiva prassi dei lavoratori ospiti temporanei; ma alla fine vinsero le forze unite della Camera di Commercio e della magistratura federale. Come scrisse un rapporto del 2021 sulla rivista Forbes: “Con i visti H-1B, l’ammini strazione Trump è entrata in carica come un leone ed è uscita come un agnello”. E’ possibile che questi licenziamenti, forse con altri in arrivo, riaccenderanno il problema degli abusi di H-1B in particolare e dell’immigrazione legale in generale. Un indiano che preferisce mantenere l’anonimato commenta che le persone di tutto il mondo dovrebbero opporsi a programmi di visti di massa come la serie H1: “Ma non accadrà mai; è la versione moderna del furto coloniale britannico. Questa volta invece di rubare materie prime e rispedire i prodotti finiti, stanno usando la fuga dei cervelli per indebolire i nostri paesi mentre forniscono software per lo più inutili come Twitter e Facebook. Chiamiamola così, servitù a contratto”. Non è solo per la paga bassa durante il periodo del visto e/o della carta verde, ma quei dipendenti devono comportarsi meglio dei dipendenti nativi americani. Più della metà di tutti i visti H-1B negli Usa sono stati assegnati a cittadini indiani, mentre la seconda quota è andata ai lavoratori cinesi (9,7%). Altri paesi che ricevono un’ampia quota di visti durante questo periodo includono il Canada (3,8%), le Filippine (3,0%) e la Corea del Sud (2,8%). Numeri che erano già un grosso problema durante l’amministrazio ne Clinton. Secondo ZipRecruiter, a partire dal 6 novembre 2022 la paga media annua per un H-1B negli Stati Uniti è di circa 53.546 dollari all’anno; cifra che non è media per i neolaureati, ma per tutti gli ingressi. Sembra che il programma di visti H1 abbia avuto un enorme successo soprattutto per gli oligarchi e i Paperoni che assumono personale immigrato. Per le famiglie della classe media che devono mandare i figli al college, mica tanto.

Raffaella Vitulano


Immigrati ricattabili dai datori di lavoro accettano salari inferiori alla media 

Irecenti licenziamenti di Meta includono i titolari di visto, qualcosa che potrebbe costare il potere tecnologico a Washington. Chi perde il posto, infatti, perde anche i vantaggi che includono il sostegno all’immigrazione. I lavoratori licenziati H-1B hanno 60 giorni per trovare un altro datore di lavoro o affrontare l’abban dono del paese, perdendo la possibilità di residenza permanente o carta verde. E così cercano disperatamente di trovare immediatamente un altro datore di lavoro. Tale disperazione significa non avere praticamente alcun potere contrattuale con i potenziali datori di lavoro. E gli immigrati fanno enormi sacrifici solo per rimanere nel paese legalmente, inclusi salari più bassi e condizioni di lavoro scadenti, esercitando in pratica una pressione al ribasso sui salari, in diretta concorrenza con i lavoratori statunitensi. L’anno scorso, Facebook ha infatti accettato di pagare più di 14 milioni di dollari per risolvere una causa del Dipartimento di Giustizia sostenendo di “rifiutarsi di prendere in considerazione” lavoratori statunitensi per lavori assegnati invece agli immigrati titolari di H-1B .

Ra.Vi.

Visti temporanei di lavoro e green cards alla base dell'espansione tecnologica Usa 

Per decenni, l’industria tecnologica Usa è prosperata sulla espansione dei visti di lavoro temporanei e delle carte verdi. I critici del programma cosiddetto H-1B sostengono che questi lavoratori immigrati possono guadagnare meno dei lavoratori statunitensi e sono soggetti ai ricatti dei datori di lavoro. Jim Hacking, avvocato specializzato in immigrazione, sostiene che i titolari di visto H-1B potrebbero richiedere un visto per affari, come un B-1, che concederebbe il permesso ai lavoratori di rimanere (senza lavorare) negliStati Uniti mentre il nuovo visto è in attesa. I salari prevalenti tra immigrati consentono stipendi inferiori al salario medio. Uno studio del 2020 dell’E conomic Policy Institute ha rilevato che il 60% delle posizioni H-1B certificate dal Dipartimento del lavoro degli Usa paga livelli salariali inferiori alla media locale. I licenziamenti, a loro volta, indeboliscono il potere della tecnologia solleticando i responsabili a distorcere il mercato del lavoro durante le inevitabili flessioni nel settore tecnologico.

Ra.Vi.

Commenti

Post più popolari