I limiti dei princìpi democratici come vincolo negli affari globali


Un editorialista del Financial Times ha pubblicato un pezzo particolare e rivelatore che riflette sullo scarso esito del secondo vertice di Biden per la democrazia. Edward Geoffrey Luce, giornalista inglese e già speech writer per l’ammini strazione Clinton, spiega che se gli Stati Uniti hanno preso a cuore una grande lezione del 21° secolo, è che la democrazia non si crea sotto la minaccia delle armi. Il ventesimo anniversario dell’invasione dell’Iraq lo ha ricordato agli americani. Una caratteristica sorprendente dell’articolo di Luce è il modo in cui sottolinea alcune delle ipocrisie statunitensi mentre considera il secondo vertice per la democrazia del presidente Joe Biden, svolto la scorsa settimana, “sia virtuale che surreale”. Se non altro perché tra i partecipanti ci sono stati l’India, che è in procinto di incarcerare il leader dell’opposizione Rahul Gandhi con una sentenza di diffamazione inventata; Israele, il cui leader, Benjamin Netanyahu, vuole imbavagliare l’indipendenza giudiziaria; e il Messico, il cui leader, Andrés Manuel López Obrador, starebbe cercando di porre fine a elezioni libere. Il presidente filippino Rodrigo Duterte, accusato di crimini contro l'umanità, ha accettato l’invito del presidente Biden a partecipare al Summit per la democrazia. “Con amici come questi - scrive - la democrazia difficilmente ha bisogno di nemici”. Gli obiettivi di Biden sarebbero stati pure nobili, ed è degno di nota il fatto che né l’Ungheria né la Turchia, considerate a Washington e nell’Europa occidentale come democrazie illiberali, siano state invitate. Ma qualche dubbio sull’opportunità di tale vertice resta: secondo V-Dem, istituto di ricerca svedese, quasi tre quarti della popolazione mondiale ora vive in autocrazie rispetto a meno di mezzo decennio fa. Questo cambiamento vertiginoso giustifica il termine “recessione democratica”.

“È difficile credere che una Russia democratica liberale avrebbe invaso l’Ucraina. È altrettanto difficile immaginare che il popolo di un’Ucraina autocratica combatta ferocemente per la propria libertà come sta facendo ora. È quindi ragionevole che gli Stati Uniti pensino che diffondere la democrazia sia nel loro interesse nazionale. Il problema è che l’America non è molto brava in questo” . Da nessuna parte gli Stati Uniti hanno speso più energia che in Medio Oriente. Ma la risposta democratica è stati quasi uniformemente negativa. “L’unico paese del mondo arabo convertito recentemente alla democrazia, la Tunisia, è stato recentemente perso a causa di un colpo di stato. La democrazia di Israele, nel frattempo, è in bilico. Questo senza menzionare il fatto che lo stato- nazione ebraico non è esattamente democratico con i territori arabi che occupa” . Sarah Margon, che Biden ha nominato per guidare gli sforzi della sua amministrazione sullademocrazia e i diritti umani, ha ritirato il suo nome a gennaio dopo che i senatori si sono opposti alle sue critiche a Israele. Luce ricorda che l’unico successo assoluto nella promozione della democrazia statunitense fu il Piano Marshall per l’Eu ropa del dopoguerra e spiega che dal momento che il destino della democrazia sarà in gran parte determinato nel cosiddetto sud del mondo - le parti del mondo che non sono né a ovest né sull’asse emergente Cina-Russia - sarebbe pragmatico chiedere loro cosa ne pensano. A giudicare dal loro numero di voti alle Nazioni Unite, a molti importa poco del destino dell’Ucraina. La loro replica è che l’occidente sembra non preoccuparsi molto dei loro conflitti. Come ha affermato l’anno scorso il ministro degli Esteri indiano, Jaishankar, “l’Europa deve uscire dalla mentalità secondo cui i suoi problemi sono i problemi del mondo, ma i problemi del mondo non sono i problemi dell'Europa”.

Ciò che Jaishankar intendeva veramente, ovviamente, era l’occidente nel suo insieme. Ma è stato attento a escludere gli Stati Uniti, proprio come Biden è attento a non menzionare l’arretramento democratico dell’India. Ciascuno ha bisogno dell’altro per contrastare la Cina. L’analista non esita a dire che quella che tra le due grandi potenze, la Cina o gli Stati Uniti, aiuterà di più il sud del mondo avrà maggiori probabilità di plasmarne il futuro politico e l’alli neamento della politica estera. Infatti, “sono dei sottoprodotti dell’invasione russa dell’Ucrai na è che ha portato in primo piano questa pressante questione. La Casa Bianca di Biden sta cercando di elaborare un approccio coerente degli Stati Uniti al sud globale, ma i funzionari ammettono che è un lavoro in corso. La Cina ha pompato più denaro nel mondo in via di sviluppo di tutto l’occidente messo insieme, con effetti sia positivi che negativi. Se il Mali, la Cambogia e la Bolivia di questo mondo diventeranno democrazie è nelle loro mani. Il modo migliore per spingerli su quella strada è fare meno lezioni e ascoltarli di più”. Altrimenti quella che l’Ft titola come L’imbarazzan te vertice democratico di Biden sembrerà sempre più una panoplìa dei tentativi statunitensi per sostenere il suo potere in declino. Gli Stati Uniti stanno cercando di guidare un gruppo di paesi che insieme hanno più pil combinato della Cina e dei suoi alleati. Ma questo evidenza problemi. Lo stesso G7 ha ormai un pil combinato inferiore rispetto ai Brics. Il vertice per la democrazia, lanciato nel dicembre 2021 come evento virtuale, dovrebbe discutere di difesa dall’auto ritarismo, lotta alla corruzione e promozione del rispetto dei diritti umani. E questo prima di arrivare al secondo problema: che gli Stati Uniti sono stati a volte perfettamente d’accordo nel sostenere gli autoritarismi quando si adattavano agli interessi occidentali. Alcuni critici sostengono che gli Usa starebbero seguendo le orme evangelizzatrici della Gran Bretagna, che ha nei decenni giustificato la sua condotta in nome della civiltà. Il conflitto ucraino ha dimensioni che vanno dalla geopolitica alla geoeconomia. Il vero problema del vertice sulla democrazia sta nel fatto che il lavoro urgente da fare ha bisogno di più di una chiamata Zoom. Molti paesi semplicemente non vogliono essere costretti a scegliere tra Stati Uniti e Cina. Il Pakistan, ad esempio, alleato degli Stati Uniti ma sempre più dipendente dal commercio con la Cina, ha cortesemente rifiutato di partecipare al vertice quest’anno, così come ha fatto al vertice inaugurale del 2021. Allo stesso modo, la posizione assunta o meno da Brasile, India e Sud Africa quando si tratta della guerra in Ucraina - poiché hanno continuato ad acquistare petrolio e armi russe - dimostra i limiti dei princìpi democratici come vincolo fattore negli affari globali. Eppure ci sono questioni cruciali in gioco.

Raffaella Vitulano





Commenti

  1. Grazie per l'impegno profuso per rendere questo blog così utile e informativo

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