Stile ecologico e impronta di carbonio sono già nel vostro portafoglio


Sul suo sito, Cogo si definisce come azienda che vende “prodotti per la gestione dell'impronta di carbonio che consentono a privati e aziende di misurare, comprendere e ridurre il proprio impatto sul clima. Se sei una banca che cerca di essere dalla parte giusta della storia, perché non ti metti in contatto?”. Ecco, credere sempre di essere dalla parte giusta della storia, senza alcun tentennamento al punto tale da imprimerlo sul proprio sito, è davvero suggestivo. Ora, della CoGo poco abbiamo sentito parlare, eppure è una di quelle società che deciderà i nostri destini. Non so se abbiate già verificato sulla vostra app, magari di Intesa San Paolo, l’esistenza di una voce che offre “il tuo stile ecologico”. Pensare che una banca si preoccupi solo del pianeta mentre non è chiarissimo come calcola le vostre percentuali di impronta di carbonio sarebbe da ingenui. Il carbonio fa business eccome. Leggiamo di più nel sito. Aiutare le banche a trasferire i propri clienti verso un’econo mia a basse emissioni di carbonio sembra la mission principale di CoGo, supportando “centinaia di milioni di individui e aziende in tutto il mondo affinché siano più consapevoli dell’impatto della loro spesa sulle persone e sul pianeta. Ogni transazione che effettuiamo contribuisce alla nostra impronta di carbonio. I nostri prodotti consentono alle aziende e ai consumatori di monitorare le loro emissioni di carbonio attraverso la loro esperienza bancaria”. Ecco, già quel monitorare suona sinistro. L’impronta di carbonio appare in tempo reale, sempre e ovunque. Abbinando i dati bancari in tempo reale e il modello Carbon Footprint di CoGo, i clienti di una banca possono “monitorare la quantità di carbonio associata alla loro spesa ovunque e in qualsiasi momento. Co-Go mostra quanto hanno risparmiato agendo e quanto potrebbero continuare a risparmiare, mese dopo mese, anno dopo anno”. Ora, va bene lo stile ecologico, ma che a monitorarlo sia una banca ci rende un po’ sospettosi perché poi il dubbio successivo é: che succede se consumo troppo carbonio acquistando un paio di scarpe di pelle, mangiando una bistecca, bevendo un bicchiere di vino e non scegliendo scarafaggi e cavallette per pranzo?

Grilli per la testa

Oggi, avere grilli per la testa è diventato un diktat e bisogna essere consapevoli delle proprie scelte ecologiche. Sempre e ovunque, come direbbe la neozelandese CoGo, che cita uno studio Bit/CoGo in cui “il 75% delle persone vuole saperne di più sull’impatto ambientale di come spende il proprio denaro e il 62% intende sostenere le banche aiutandole ad agire e a ridurre il loro impatto ambientale”. Su un campione di quanti? CoGo lavora con set di dati di terze parti ed esperti di carbonio mappando questi dati in categorie di spesa per creare modelli che misurino facilmente l’impronta di carbonio dei clienti. Lavorando con aziende di grande portata,integra le funzionalità dei suoi prodotti orientati all’impatto nelle piattaforme digitali utilizzate dai loro clienti ogni giorno. Nel febbraio 2019 CoGo è stata riconosciuta come la prima fintech climatica alimentata da banche aperte al mondo lanciando l’at tività pilota con Santander. Durante la COP26 nel 2021 hanno lanciato la partnership con Nat-West che ha fatto notizia in quanto è stato il primo carbon tracker al mondo completamente integrato in un’app bancaria. CoGo è stato invitato ad accompagnare il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern nella missione commerciale a Singapore e in Giappone. Non una cosa da poco per quella che era nata come piccola azienda neozelandese. Le partnership sul Carbon Management di CoGo sono proseguite con banche innovative come NatWest, Commonwealth Bank e Ing utilizzando dati sulle emissioni specifici per paese e modelli di carbonio per calcolare l’impronta di carbonio dei clienti in tempo reale. Ma cos’è l’impronta di carbonio e perché dovremmo interessarcene? Ogni volta che andiamo in un posto, mangiamo cose, usiamo e compriamo cose nuove, stiamo contribuendo alla crescente quantità di gas serra nell’atmosfera. Anche se in realtà non vediamo o sentiamo questi gas intorno a noi, quasi ogni scelta di consumo che facciamo crea gas serra. Questa è la nostra impronta di carbonio e viene misurata in chilogrammi di anidride carbonica equivalente (Co2). Dove scegliamo di spendere i nostri soldi ha anche un enorme prezzo ambientale. Ogni volta che spendiamo denaro e consumiamo cose dal nostro caffè mattutino al nostro abbonamento Netflix, il nostro consumo ha un impatto e questo si aggiunge alla nostra impronta di carbonio.

Viva il vintage

Un tracker dell’impronta di carbonio tiene traccia delle nostre emissioni di carbonio ed è quindi il nostro impatto personale sul pianeta. Pensiamolo come un fitness tracker che conta i nostri passi, tranne per il fatto che questo tracker conta il carbonio associato alla nostra spesa. Per darci un’idea della quantità di emissioni, ogni 2 dollari spesi in un rivenditore di moda australiano crea in media 1 kg di Co2 e, e 1 kg di Co2 e viene generato guidando un’auto media per 4 chilometri. Alcuni settori e aziende più sostenibili otterrebbero risultati molto migliori di altri nel calcolo delle emissioni e del loro impatto di carbonio: i fornitori di energia rinnovabile e i rivenditori di moda di seconda mano, ad esempio, avrebbero un impatto molto inferiore sulla nostra impronta. Dopo la carbon footprint, CoGo rilascia il carbon feedback, ovvero un consiglio su come ridurre e, se è il caso, compensare la propria scelleratezza climatica. Hai fatto benzina? E allora CoGo ti chiede perché non usi il bus. Un abito nuovo? Perché non hai riparato il vecchio? E così via, come un grillo parlante elettronico e transumanista per farvi diventare vegani e volare di meno. Potrebbe non sembrare controverso, ma gli attivisti per il clima stanno sempre più respingendo l’attenzione sull'impronta di carbonio personale come una distrazione. Molti scienziati, nel frattempo, vedono la modifica degli stili di vita individuali come un passo fondamentale per cambiare i sistemi. Al centro del dibattito c’è una semplice domanda: quanto conta davvero tutto ciò che facciamo per il clima?

Raffaella Vitulano


Green washing, ovvero aziende che predicano bene e razzolano male 

Le aziende di combustibili fossili hanno promosso l’idea dell’impronta di carbonio personale e dell’azione individuale mentre loro stesse facevano pressioni per indebolire le normative sull’inquinamento. Ma non erano la prima industria a farlo. Già negli anni ’70, il gruppo ambientalista Keep America Beautiful pubblicava pubblicità che incoraggiavano le persone a riciclare rifiuti, salvo poi scoprire che l’organizzazione era stata finanziata da aziende che sfornavano bottiglie di plastica. L’industria del tabacco ha preso le distanze dai danni causati dalle sigarette con pubblicità incentrate sull'idea della“libertà di scelta” di un individuo.Quando le aziende sono state portate in tribunale dai medici, hanno sostenuto che le morti per malattie cardiache e polmonari erano colpa dei fumatori che acquistavano i loro prodotti. Uno studio sulla rivista One Earth ha scoperto che il gigante petrolifero ExxonMobil minimizza la realtà del cambiamento climatico spostando la responsabilità dalle aziende ai consumatori. Altre due società di combustibili fossili, Bp e Shell, non hanno risposto a una richiesta di commento. Eppure insieme al gigante petrolifero francese Total queste quattro società private sono indirettamente responsabili dell’11% delle emissioni di Co2 e metano. Insieme alle società statali in Arabia Saudita, Russia e Iran, sette società sono responsabili del20%delle emissioni.

Ra.Vi.

71% di emissioni Co2 solo da 100 aziende L’azione personale è una goccia nell’oceano 

Tu ed io contribuiamo relativamente pocoallacrisiclimatica”, confessa EmilyAtkin,unagiornalistaclimatica che gestisce una newsletter che evidenzia l’ipocrisia nell’industria dei combustibili fossili. “Le nostre impronte di carbonio personaliinrealtà noncontano moltonel grande schema del cambiamento climatico”. E se lo dice lei. Non si può darle torto guardando al divario tra ciò su cui i governi si erano impegnati, ossia1,5 gradi-2 gradi di riscaldamento, e la realtà a cui potremo essere costretti entro la fine del secolo, ossia 2,4-2,8 gradi.La statistica che ritiene100aziende responsabili del 71% delle emissioni di Co2 è diventata un grido di battaglia virale per le persone che sostengono che l’azione personale è inutile. Mamentrequesteaziendeestraggonopetrolio, gas e carbone utilizzati per generare tali emissioni, la responsabilità sulle emissioni è scaricata sui consumatori. L’Agenzia internazionale per l’energia prevedecheil40%deitaglialleemissioni necessari per decarbonizzare l’economia globale entro il 2050 proverrà da politiche su cui le persone hanno scarso controllo, come produrre più elettricità da energie rinnovabili o utilizzare tecnologie più pulite nell’industria. Insomma, i cittadini possono fare la loro piccola parte ma non essere puniti con punteggi di crediti sociali peremissioni dicarbonio.

Ra.Vi.

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