La saga dei Kennedy infiamma di nuovo gli Stati Uniti


Il rampollo di una delle dinastie politiche più famose della storia americana lancia da Boston il guanto di sfida a Joe Biden con lo slogan “Per sanare il grande divario”. Erano più di 500 le persone nella sala e quasi altrettante fuori a mostrare i cartelli con le parole chiave della campagna elettorale “Heal the divide”, dove quel “sanare” suona quasi come un mantra nella storia umana e politica del figlio del compianto senatore Bob Kennedy. Robert Kennedy Jr. punta come lo zio John Jfk alla Casa Bianca e annuncia a Boston la sua candidatura alle elezioni del 2024. Si tratta del quarto Kennedy a correre per la Casa Bianca, anche se il suo profilo solleva più di un interrogativo, perfino nella sua stessa famiglia per le sue posizioni controverse. “Una parte della mia famiglia non è qui con me oggi. Molti di loro non sostengono quello che sto facendo oggi: hanno una visione diversa della politica ma rispetto le loro opinioni”, ha detto Kennedy Jr riferendosi all’assenza di parte della sua celebre famiglia. In passato avvocato di grido nelle cause ambientali, Robert Jr si è scagliato contro i vaccini mRna e contro le valute digitali, ad esempio, e nel 2021 a pubblicato il libro “The Real Anthony Fauci”, dove accusa il noto virologo americano di aver aiutato uno “stori co colpo di stato contro la democrazia occidentale” durante la pandemia. A gennaio di quest’anno insieme ad altri ha intentato una causa in Texas contro diverse società di informazione internazionali, tra cui Bbc e Reuters, sostenendo che queste collaborassero con le piattaforme dei social media per censurare i suoi contenuti. Uno dei temi della sua campagna sarà mettere fine alle divisioni che ci sono nel Paese: “Dobbiamo parlare dei valori che abbiamo in comune, non di quello su cui non siamo d’accordo” ha detto il figlio di Bob Kennedy promettendo agli americani che dirà loro sempre la verità. Lui è newyorkese, ma ha scelto Boston per lo storico annuncio, ammiccando ai luoghi cari della famiglia. Robert Kennedy Jr riprende così il filo di una storia di ambizione e potere, dramma e speranza. La scelta di Boston per l’ufficializzazione è un tributo alle profonde radici politiche della sua famiglia nella città, dove suo zio, John F. Kennedy, lanciò la propria campagna presidenziale nel 1960 e suo padre dichiarò le proprie ambizioni presidenziali nel 1968. 69 anni, Robert Jr è il terzo figlio di Bob. Il sogno è quello per cui si era battuto il padre nel 1968. L’obiettivo è quello raggiunto dallo zio John nel ‘60, l’audacia quella dello zio Ted che sfidò Jimmy Carter nel 1980 e come allora un democratico Kennedy sfida un presidente democratico uscente. Un’illusio ne. “La mia missione durante la mia campagna, e poi la presidenza, sarà quella di mettere fine al legame corrotto tra i poteri dello stato e delle grandi imprese che minaccia il nostroPaese, che ci avvelena con sostanze chimiche e farmaci, che ci mantiene in un costante stato di guerra”. Secondo alcuni media sarebbe stato spintodall’ideolo go trumpiano Steve Bannon per una strategia del caos tra i democratici. Più o meno consapevole strumento di rottura tra democratici in modo da favorire i repubblicani, insomma. Ma lui non ci sta e raccoglie la sfida. Sono passati cinquantacinque anni da quando il senatore Robert F. Kennedy è salito sul palco delle nomine presidenziali per cercare di riparare l’enorme breccia che si era aperta nella società americana. Il paese è stato fatto a pezzi dalla guerra del Vietnam, dal razzismo,

dalla povertà, dall’assassinio del presidente Kennedy e dall’imminente uccisione del reverendo Martin Luther King, Jr. Il caos regnava. Una guerra tra l’America centrale e le élites che guidavano il governo stava scoppiando in tutto il paese. Si stava aprendo un grande divario tra bianchi e neri, ricchi e poveri, classe operaia e classe alta. L’offensiva del Tet aveva appena rivelato le menzogne ufficiali sull’andamento della guerra in Vietnam. Il 16 marzo 1968 il senatore Kennedy dichiarò la sua candidatura con queste parole: “Non mi candido alla presidenza solo per oppormi a qualcuno, ma per proporre nuove politiche. Corro perché sono convinto che questo paese sia su una strada pericolosa e perché ho sentimenti così forti su ciò che deve essere fatto, e mi sento obbligato a fare tutto ciò che posso”. Alla fine del 1968, però, Richard Nixon si insediò nella Casa Bianca e la tecnica del divide et impera a lungo praticata dalle élites di potere si insediarono nel corpo politico come una malattia mortale e il pericoloso corso di cui parlava Rfk non è mai stato interrotto. La ruota della storia ha girato e il 2023 assomiglia per molti versi al 1968. Il divario nel paese rimane e si è notevolmente ampliato. Il budget del Pentagono è aumentato esponenzialmente e le tensioni con Russia e Cina mette a rischio il pianeta. Il divario tra ricchi e poveri si è ampliato mentre le élites deridono la classeoperaia e il Dipartimento della Difesa aumenta il suo controllo. Il compiacimento e il sostegno di parte della famiglia Kennedy a Biden contro Robert jr., che dice di stare portando avanti l’ere dità di suo zio e suo padre, sembra ai suoi occhi un tradimento dei loro ideali. Ma nonostante una famiglia attivamente contraria alla sua candidatura, nonostante le critiche dei media su di lui, e nonostante le statistiche gli diano poche possibilità, Rfk Jr. entra in gara. Come suo padre nel ’68, proverà a sanare il grande divario e le spaccature della nazione. Quando Bobby Jr. era giovane, suo padre gli porse un libro e gli disse: “Voglio che tu legga questo”. Era ’La peste’ di Albert Camus. Lo lesse e da allora ha influenzato la sua vita. Proprio come nel 1968, viviamo in tempi di peste e come nei libri di Camus i topi si scatenano, divorando la verità e i valori. Come ha scritto nel suo libro “American Values”, l’analisi di Camus su Sisifo e gli antichi greci gli ha insegnato una lezione importante: “Non è né la nostra posizione né le nostre circostanze che ci definiscono, secondo gli stoici, ma la nostra risposta a quelle circostanze; quando il destino ci schiaccia, piccoli gesti eroici di coraggio e servizio possono portarci pace e appagamento. Applicando la nostra spalla alla pietra, diamo ordine a un universo caotico. Delle tante cose meravigliose che mio padre mi ha lasciato, questa verità filosofica è stata forse la più utile. In molti modi, ha definito la mia vita e mi ha permesso di trovare serenità e scopo anche nelle circostanze più difficili e tragiche”. Nonostante la sua brillantezza, American Values è stato completamente ignorato forse perché al capitolo 9 scrive della lunga guerra tra i Kennedy e la Cia, addirittura incriminandola. E questo probabilmente spiega anche parte dell’animosità nei suoi confronti.

Raffaella Vitulano






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