Spesa militare record


La spesa militare globale totale ha raggiunto i 2.443 miliardi di dollari nel 2023, con un aumento del 6,8% in termini reali rispetto al 2022. Si tratta dell’aumento su base annua più marcato dal 2009. Del resto, come meravigliarsi con tutte le guerre in corso? Tutti i paesi nel 2023, guidati da Stati Uniti, Cina e Russia, hanno aumentato le loro spese militari, secondo i nuovi dati sulla spesa militare globale pubblicati dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri). Ma ci sono paesi a cui la spesa militare fa buon gioco. Soprattutto a quelli produttori. E’ il caso degli Usa, ad esempio. The Washington Post, in un articolo, esamina nel dettaglio il pacchetto di aiuti all’Ucraina approvato negli Stati Uniti e rileva come almeno l’80% degli stanziamenti resterà nel paese nord americano. Non poco. Gli aiuti alimentari ad esempio devono essere acquistati negli Stati Uniti e per legge devono essere spediti da vettori statunitensi. Fatta eccezione per alcuni aiuti dati a Israele, tutti gli aiuti militari devono essere utilizzati per acquistare attrezzature e fornire addestramento militare statunitense. Viene stimato che il pacchetto completo valga la bellezza di 95,25 miliardi di dollari. Le informazioni fornite dall’ufficio di bilancio della Casa Bianca e una revisione dettagliata del disegno di legge mostrano che quell’80% andrà perlopiù ai produttori di armi negli Stati Uniti per rifornire le scorte o fornire armi o per finanziare le operazioni del Dipartimento della Difesa negli Stati Uniti e all’estero, compresa l’addestramento dei soldati ucraini. Il Washington Post evidenzia un aspetto spesso sottovalutato della guerra russa in Ucraina, ovvero il modo in cui gli alleati Nato hanno speso fondi significativi per l’acquisto di armi statunitensi avanzate per sostituire il materiale che hanno dato all’Ucraina. Finlandia, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi e Polonia dall’inizio della guerra hanno infatti inondato di ordini i produttori statunitensi di armamenti. Ad esempio, la Polonia ha dato 250 carri armati più vecchi all’Ucraina e poi ha firmato più di 6 miliardi di dollari in accordi per acquistare quasi 370 carri armati Abrams (fatti in Ohio). Varsavia ha anche ceduto all’Ucrai na elicotteri d’attacco sovietici e a sua volta ha firmato un accordo da 12 miliardi di dollari per sostituirli con elicotteri Apache (fatti in Arizona). Tra il 2019 e il 2023, secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, la percentuale di acquisti di armi da aziende statunitensi è aumentata a queste percentuali: Paesi Bassi (99%), Italia (89%), Norvegia (89%), Gran Bretagna (89%), Danimarca (70%), Germania (63%) e Polonia (45%). Quindi come appare chiaro anche ai più distratti, il pacchetto di aiuti approvato dal Congresso serve prima di tutto a sostenere il complesso industriale Usa delle armi e ad alimentare l’economia del paese a stelle e strisce. La Cina, secondo paese al mondo per spesa militare, ha stanziato circa 296 miliardi di dollari per le forze armate nel 2023, con un aumento del 6,0% rispetto al 2022. La spesa militare israeliana, la seconda più grande nella regione dopo l’Arabia Saudita, è cresciuta del 24% per raggiungere i 27,5 miliardi di dollari nel 2023. L’In dia è stata la quarta maggiore spesa militare a livello globale nel 2023. Con 83,6 miliardi di dollari, la sua spesa militare è stata superiore del 4,2% rispetto al 2022. Il maggiore aumento percentuale della spesa militaredi qualsiasi paese nel 2023 è stato registrato nella Repubblica Democraticadel Congo (+105%), dove è in corso un conflitto di lunga durata tra ilgoverno e gruppi armati non statali. La spesa militare della Polonia, la quattordicesima più alta al mondo, è stata di 31,6 miliardi di dollari, dopo essere cresciuta del 75% tra il 2022 e il 2023, di gran lunga il maggiore aumento annuale di qualsiasi paese europeo. I ricavi derivanti dalla vendita di armi e servizi militari da parte delle 100 maggiori aziende del settore hanno totalizzato 597 miliardi di dollari nel 2022, il 3,5% in meno rispetto al 2021 in termini reali, anche se la domanda è aumentata notevolmente. E questo perché se la domanda di armi cresce, la produzione non riesce a tenere il passo a causa della carenza di manodopera, aumento dei costi e interruzioni della catena di approvvigionamento esacerbate dalla guerra in Ucraina. A differenza dei principali fornitori statunitensi ed europei, le aziende in Asia, Oceania e Medio Oriente hanno visto i loro ricavi dalle armi crescere in modo significativo nel 2022. I ricavi dalle armi delle 26 aziende tra le prime 100 con sede in Europa sono aumentati solo dello 0,9% per raggiungere i 121 miliardi di dollari nel 2022. Il Medio Oriente ha registrato il maggiore aumento percentuale dei ricavi legati alle armi rispetto a qualsiasi altra regione nel 2022, poiché tutte e sette le società con sede in Medio Oriente nella Top 100 hanno registrato una crescita sostanziale. Incredibilmente, l’unica azienda ucraina nella Top 100, UkrOboronProm, ha visto un calo del 10% in termini reali dei suoi ricavi legati alle armi, arrivando a 1,3 miliardi di dollari. Ma la guerra, si sa, mischia le carte. Il giornalista d’inchiesta e premio Pulitzer Seymour Hersch evidenzia come il Congresso abbia approvato un enorme pacchetto di aiuti per le guerre in Ucraina e Gaza, ma la Casa Bianca ignori le notizie che non vuole sentire. “Sono state due settimane trionfali per la Casa Bianca di Biden (...). Il piacere per il votocondiviso dalla Casa Bianca e dal Congresso, e l’entusiasmo della stampa mainstream, sono stati più che scoraggianti per coloro che avevano ricordi di guerre passate. Miliardi di dollari dei contribuenti americani sosterranno una guerra in Ucraina che molti credono non possa essere vinta, e forse potrebbe essere facilmente risolta, con altri miliardi destinati a sostenere la guerra a Gaza che potrebbe costare a Biden migliaia di voti negli stati contesi dove c’è intensa opposizione agli attacchi israeliani in corso(...). C’è uno schema nella risposta dei media mainstream. Risale alla mia storia decisiva: la rivelazione del massacro di My Lai. Quella storia fu pubblicata in cinque puntate, nell’arco di cinque settimane nel 1969, dal gruppo mediatico clandestino Dispatch News. Avevo provato a convincere le due riviste più importanti d'America, Life e Look, a pubblicare la storia, senza successo. I redattori di entrambe le pubblicazioni mi avevano precedentemente invitato a scrivere per loro come freelance, ma non volevano avere niente a che fare con la storia di un massacro commesso dai soldati americani. È stato un momento spaventoso per me, in termini di fiducia nella professione che avevo scelto. Mi è stato permesso di leggere e copiare a mano gran parte del foglio d’accusa originale dell'Esercito che accusava un triste sottotenente licenziato di nome William L. Calley Jr. dell’omicidio premeditato di 109 esseri umani ’orientali’. Avevo anche rintracciato Calley, l’unico sospettato dell’esercito, l’avevo intervistato in una base in Georgia - era nascosto - e avevo ottenuto la sua affermazione che stava semplicemente facendo ciò che gli era stato ordinato di fare. Considerato tutto ciò, ero più che scosso per non dire terrorizzato dall’incapacità dei redattori senior di importanti riviste di cogliere una storia che avrebbe attirato l’attenzione internazionale, soprattutto quando quegli editori dichiaravano di deplorare la guerra e di volere che finisse”. Oggi, la storia si ripete.

I dati evidenziano che gli Stati Uniti rimangono il principale finanziatore della Nato, ma i membri europei aumentano la quota. Nel 2023, i 31 membri della Nato rappresentavano 1.341 miliardi di dollari, pari al 55% della spesa militare mondiale. La spesa militare degli Stati Uniti è aumentata del 2,3% per raggiungere i 916 miliardi di dollari nel 2023, pari al 68% della spesa militare totale della Nato. Tutti i Paesi europei membri della Nato, tranne tre - Italia, Grecia e Romania hanno aumentato la loro spesa militare nel 2023. La quota complessiva sul totale Nato è stata del 28%, la più alta in un decennio. “Per gli stati europei, gli ultimi due anni di guerra in Ucraina hanno cambiato radicalmente le prospettive di sicurezza”, commenta Lorenzo Scarazzato, ricercatore presso il Programma di spesa militare e produzione di armi del Sipri. “Questo cambiamento nella percezione della minaccia si riflette in quote crescenti del pil destinate alla spesa militare, con l’obiettivo Nato del 2% sempre più visto come una linea di base piuttosto che una soglia da raggiungere”. La spesa sembra dunque destinata ad aumentare. Anche l’ebook di Sbilanciamoci! e Greenpeace “Economia a mano armata 2024. Spesa militare e industria delle armi in Europa e in Italia”documenta la crescita delle spese militari in Europa, in Italia e nel mondo e denuncia la china pericolosa che stiamo percorrendo. Nella corsa alla produzione di armamenti partecipano, tra l'altro, anche i big delle piattaforme digitali. Il dossier conferma le indagini del Sipri con un occhio a casa nostra. Un contributo importante al report è offerto da Gianni Alioti che, con il suo lavoro, offre un’atten ta ricostruzione dell’industria militare in Europa e in Italia. In due capitoli analizza la struttura del settore, la classifica delle maggiori imprese delle armi - da Leonardo (ex Finmeccanica) a Fincantieri - la gerarchia esistente tra i produttori, la scala multinazionale delle attività, la dimensione finanziaria che diventa sempre più importante, e non ultimi i dati sull’occupazione.

Una documentazione preziosa mentre l’Orologio dell’Apocalisse (la valutazione periodica del rischio di catastrofe planetaria iniziata nel 1947 dagli scienziati del Bullettin of the Atomic Scientists) non ha mai indicato un livello di rischio alto come ora.

Raffaella Vitulano




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