Il banchiere rockstar che flirta con la Ue


Banchiere rockstar, professore ad Harvard, uomo di Davos: chi è davvero Mark Carney, il nuovo primo ministro canadese? I giornali stranieri scrivono che i trascorsi di Mark Carney rivelano una maggiore aderenza ai costumi e alle fedeltà dei mercati globali piuttosto che alla sensibilità cattolica, nonostante faccia parte del Direttivo del Consiglio per un Capitalismo Inclusivo presso la Santa Sede. Carney non ha mai ricoperto una carica pubblica. Eppure, con una sorprendente ascesa, Carney - ex banchiere centrale, pezzo grosso della finanza globale e attivista per il clima - è stato eletto leader del Partito Liberale canadese, e in poco meno di due mesi di carriera politica si è affermato come 24° primo ministro del Paese, succedendo a Justin Trudeau. A 59 anni, Carney incarna l’archetipo del tecnocrate moderno: un banchiere di carriera con un inconfondibile pedigree globalista. Vero uomo di Davos, la sua visione del mondo è plasmata dai corridoi dell’alta finanza e dalle sale d’élite del processo decisionale politico, credenziali sempre più in disgrazia a Washington, ma profondamente radicate nel Dna istituzionale canadese. Nel 2013, Carney è entrato nella storia come il primo governatore non britannico della Banca d’Inghilterra nei suoi 300 anni di esistenza: un canadese improvvisamente al centro dell’impero finanziario britannico. Per questo la stampa britannica lo ha soprannominato “banchiere rock star”, etichetta che gli è rimasta impressa mentre volava tra i vertici di Davos, le conferenze sul clima e gli incontri a porte chiuse con i leader mondiali. Ora Carney affronta un diverso tipo di turbolenza: lo spietato mondo della politica. In qualità di primo ministro del Canada, sfiderà la guerra commerciale guidata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Carney è inoltre coinvolto in un’organizzazione transnazionale che coniuga il suo cattolicesimo con la sua sensibilità verso il Net-Zero e il Nuovo Ordine Mondiale. Carney fa infatti parte del Comitato Direttivo del Consiglio per un Capitalismo Inclusivo presso la SantaSede, nato nel dicembre 2020 come co-iniziativadella Coalizione per un Capitalismo Inclusivo e della Santa Sede. Sia la Coalizione che il Consiglio sono guidati da Lynn Forester de Rothschild, “filan tropa” miliardaria, imprenditricee due volte fundraiser per la candidatura presidenziale di Hillary Clinton. Il Consiglio, partenariato tra una serie di grandi leader mondiali nel settore degli investimenti, dell’industria (ne fa parte anche Brunello Cucinelli e ne ha fatto parte Sharan Burrow, ex segretario generale del sindacato mondiale Ituc) e del commercio, non ha mancato di suscitare perplessità, come quelle avanzate dal New York Times, che considera con cautela l’ini ziativa di un gruppo di grandi multinazionali - molte delle quali dal passato e dal presente controversi - che hanno dichiarato di voler cambiare i loro modelli di business. Il Vaticano sembra aver “benedetto” un’allean za con Mastercard, Johnson & Johnson, Merck, Rockefeller e British Petroleum per riformare il capitalismo, rendendolo più “inclusivo”. A far parte del Consiglio - scrive Valori.it - è un gruppo di dirigenti battezzati “Guardiani del capitalismo inclusivo”, donne e uomini che “valgono”, in termini di asset gestiti, 10,5 miliardi di dollari. E imprese la cui capitalizzazione in Borsa è di oltre 21 miliardi, con 200 milioni di lavoratori impiegati in 163 nazioni. Frena suor Alessandra Smerilli (docente di Economia Politica presso l’Auxilium e membro del Comitato scientifico di “The Economy of Francesco”), secondo la quale l’iniziativa potrebbe piuttosto trattarsi di un’operazione di greenwashing: “Molti hanno paragonato Economy of Francesco a una nuova Davos. Devo dire che non ci piace molto questo parallelo. Noi vorremmo che fosse un lievito per un cambiamento, non un anti-qualcosa. L’uni ca cosa che mi lascia perplessa delle linee guida per gli investimenti responsabili è il capitolo 4, che affronta il tema delle armi. Dove si concede che si possa investire in armi strettamente indispensabili per la difesa, non per l’offesa. Credo che ci sia bisogno di un po’ più di profezia da parte della Chiesa. Istituti religiosi e diocesi non dovrebbero investire affatto in armi”. Ingenuità di fronte agli squali di Allianz, Calpers, State Street, Bank of America, Visa, EY, BP, Estée Lauder e Tiaa? Il Consiglio è guidato da un nucleo centrale di leader mondiali, noti come Guardians for Inclusive Capitalism, che si sono incontrati ogni anno con Papa Francesco e il Cardinale Turkson. Carney è stato coinvolto nel consiglio fin dall’inizio.

Una delle prime foto di gruppo pubblicate sul sito web mostra Carney in piedi alla destra di Papa Francesco, tra de Rothschild e Brian Moynihan,Ceo di Bank of America. Nel suo libro del 2021“Value(s): Building a Better World For All”,Carney ha scritto che l’ispirazione per il libro è venuta da Papa Francesco stesso. The Catholic Register riporta che il sito web del Consiglio tradisce una curiosa sovrapposizione di valori cattolici, che si ispirano ampiamente all’enci clica Laudato Si’ di Papa Francesco del 2015, su una base di “va lori” delle Nazioni Unite. Il Consiglio invita le aziende a “unirsi a loro” sottoscrivendo “impe gni concreti in linea con i Pilastri per lacreazione di valore sostenibile del World Economic Forum International Business Council - Persone, Pianeta, Principi di Governance e Prosperità e che promuovono gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite”. Tuttavia la testata cattolica non esita a scrivere che “esaminando gli impegni promessi dal lungo elenco di importanti aziende, è evidente che l’allineamento con i principi del Wef e delle Nazioni Unite prevale su quello dell’insegnamento cattolico”. L’analista Brandon Smith, analizzando il profilo del nuovo presidente canadese, conclude che “viviamo nel mondo dei clown” e che ipotizzare una probabile “guerra tra Canada e Stati Uniti che apre un portale per l’inferno potrebbe essere un po’ azzardato, ma gli eventi recenti mi portano a credere che ci siano ingredienti molto concreti che potrebbero scatenare un conflitto attivo con i nostri vicini del nord”. Il conflitto tra il globalismo di Davos e i nazionalismi si fa sempre più acuto. “Credo sia un potenziale accenno di guerra tra gli Stati Uniti e il nostro vicino. L’elezio ne di Mark Carney sancisce di fatto l’accordo. L’ex banchiere centrale è un noto membro di alto rango del World Economic Forum e un fervente globalista. Ha chiesto un sistema monetario digitale globale e sostiene il concetto di società senza contanti. Senza dubbio aumenterà le tensioni con gli Stati Uniti su ogni fronte, dal commercio ai controlli alle frontiere, e si schiererà con i governi ostili all’America, Europa in primis”, la cui questione “a mio avviso, è come una scintilla accesa in una balla di fieno. Come ho già osservato in articoli recenti, l’Ue sta senza dubbio diventando completamente autoritaria perché sa di poterlo fare. La stragrande maggioranza degli europei è disarmata, il che rende qualsiasi ribellione molto più difficile. Non mi sorprenderei se organizzasse immediatamente una campagna per l’adesione del Canada all’Ue o se creasse politiche che forniscano all’Ue un punto d’appoggio geopolitico in Nord America. Il trattato dell’Unione attualmente richiede che un paese faccia parte geograficamente dell’Europa prima di potervi aderire. Ci sono anche una serie di ostacoli all’inclusione, ma come abbiamo visto con l’U craina, l’Ue è ben lieta di piegare o modificare le regole se le conviene. Se si formasse un’a desione o si firmasse un patto di difesa, il piano attuale Ue per la creazione di un 'esercito europeo' si estenderebbe al Canada, mettendo gli Stati Uniti e il Canada/ Europa in un contesto di escalation. Il Canada sta già lavorando a un accordo di difesa con l’Ue”. I progressisti Usa credono che i movimenti populisti, nazionalisti e conservatori siano una “minaccia per la democrazia”. Considerano i conservatori americani l’ultimo ostacolo al loro “Grande Reset” di Davos (un programma che Carney sostiene con entusiasmo) e faranno tutto il possibile per rimuovere tale ostacolo. Carney inviterà l’Ue ad assumere un ruolo più attivo negli affari canadesi. Ciò non farebbe che esacerbare la situazione diplomatica con gli Stati Uniti. I dazi diventeranno perpetui sotto Carney perché cercherà di provocare. Ma circa il 76% delle esportazioni canadesi è destinato agli Usa e non esiste un sostituto realistico per questo mercato. Il Canada cercherà dunque di bloccare le esportazioni di petrolio verso gli Stati Uniti, opprimendo i cittadini con tasse sul carbonio, una censura rafforzata, una continua immigrazione di massa e divieti sulle armi. Le zone più progressiste del Canada punteranno all’adesione all’Ue. E l’idea di una guerra non suonerà più così folle. Oggi lo status quo per la geopolitica è finito. Con la disgregazione del globalismo, stiamo entrando nel selvaggio West: mettetevi in sella e fate le valigie.

Per Mark Camilleri, presidente e Ceo della Canada Eu Trade and Investment Association (Ceutia), con sede a Bruxelles, tra Ue e Canada ci sono molte complementarietà, come nel settore minerario: il Canada possiede un’abbondanza di risorse naturali che l’Ue non possiede, ma l’Europa crea e produce molti macchinari industriali che contribuiscono all’estrazione di tali risorse., di cui l’Europa ha bisogno come parte della propria sicurezza economica. Dalla firma dell’Accordo economico e commerciale globale (Ceta) tra Canada e Ue e dalla sua attuazione provvisoria nel 2017, gli scambi commerciali sono aumentati. Ma sono ancora dieci gli Stati Ue che devono ancora ratificare il Ceta, tra cui Francia, Italia e Polonia. “Non credo che sia realmente possibile che il Canada aderisca all’Ue. Ma la realtà è che il Canada non ha bisogno di aderire all’Ue per promuovere gli scambi commerciali tra i due Paesi. Anche in questo caso, esiste già un accordo commerciale molto solido: il Ceta. Quando si pensa all’Ue, si pensa spesso agli oneri normativi. Ma la regolamentazione è come il colesterolo. C'è il colesterolo buono e c'è il colesterolo cattivo. C'è una regolamentazione buona e una regolamentazione cattiva. È solo questione di comprenderla”.


Raffaella Vitulano



Commenti

Post più popolari