Decathlon a prezzi accessibili, ma ne fanno le spese lavoratori e foreste
Pronti per le vacanze? Sicuramente avrete in valigia capi comodi, magari anche qualcosa del colosso francese degli articoli sportivi Decathlon, noto per i suoi prodotti convenienti e accessibili, ma la cui catena di approvvigionamento è stata a lungo avvolta nel segreto. Un’inchiesta congiunta dei media, condotta da Follow the Money, ha rivelato come alcuni dei principali fornitori dell’a zienda abbiano tratto profitto dal lavoro forzato in Cina e siano stati collegati alla deforestazione illegale in Brasile. Le interviste con i dipendenti del rivenditore illustrano come la sua attenzione al contenimento dei costi finisca per mettere sotto pressione fornitori sempre più in difficoltà, aumentando il rischio di violazioni dei diritti umani e ambientali. In particolare - si legge sul sito - il gruppo cinese Jifa, è coinvolto in pratiche di sfruttamento del lavoro. Secondo quanto riportato dai media locali, una fabbrica Jifa nella regione cinese dello Xinjiang impiega centinaia di lavoratori uiguri, tra cui adolescenti di una scuola vicina dove gli studenti sarebbero sottoposti a una “for ma di lavaggio del cervello”, secondo un importante accademico. Il gruppo Jifa partecipa anche a un programma governativo di trasferimento di manodopera che invia la minoranza uigura a lavorare in tutta la Cina ed è stato ampiamente denunciato come lavoro forzato sponsorizzato dallo Stato dalle Nazioni Unite e dalle organizzazioni per i diritti umani. Un dipendente di Jifa ha affermato che il cotone utilizzato per produrre abbigliamento per Decathlon “potrebbe provenire dallo Xinjiang”. È noto che le piantagioni di cotone nello Xinjiang sfruttano il lavoro forzato. Il principale produttore di calzature di Decathlon, Thai Binh, con sede in Vietnam, utilizza invece pelle brasiliana per realizzare scarpe da trekking e da calcio. Parte di questa pelle proviene da allevamenti brasiliani che hanno praticato la deforestazione illegale. Documenti interni dimostrano quanto Decathlon si concentri sui costi di produzione, con ex dipendenti che affermano che ciò mette sotto pressione i fornitori e mantiene i salari molto bassi. I consumatori occidentali rimasero scioccati quando, 12 anni fa, più di 1.100 persone morirono nel crollo della fabbrica Rana Plaza in Bangladesh. Il disastro suscitò indignazione per le condizioni terribili e pericolose in cui versavano i lavoratori che producevano abiti per alcuni dei più grandi marchi mondiali. Questa rabbia ha portato in ultima analisi a una maggiore trasparenza nelle catene di fornitura globali dell’abbi gliamento e quasi tre quarti dei principali marchi di abbigliamento e calzature ora rivelano i propri fornitori. Ma Decathlon non lo fa, rendendo difficile analizzarne l’impatto umano e ambientale. Fino a poco tempo fa, l’origi ne dei prodotti a marchio Decathlon era un segreto. Tuttavia, nel 2023, un dipendente di Decathlon ha condiviso decine di documenti interni, tra cui un elenco di oltre 1.200 fornitori, con il sito web investigativo francese Disclose. Ha affermato che le sue preoccupazioni in merito alle violazioni dei diritti e alla tutela dell’ambiente erano state spesso ignorate internamente. Interviste con tre dipendenti di Decathlon e un’analisi di documenti interni suggeriscono che la volontà dell’azienda di contenere i costi e di spremere i fornitori è un fattore sostanziale alla base dei bassi salari e della serie di violazioni dei diritti umani individuate lungo tutta la sua catena di fornitura. In risposta a una serie di domande, Decathlon ha tuttavia negato ogni forma di lavoro forzato e si impegna a garantire che la sua catena di fornitura non alimenti la deforestazione. Ai margini del deserto del Taklamakan, nel sud-ovest della provincia cinese dello Xinjiang, si trova il parco industriale di Yengisar. Secondo i media statali, squallidi blocchi residenziali sorgono accanto a fabbriche che hanno ricevuto investimenti per milioni di euro dal governo cinese. Una delle fabbriche apparteneva a Xinjiang Xirong Clothing, una filiale del gruppo cinese Jifa, fino a ottobre 2023. Secondo un’analisi di tre esperti indipendenti, la fabbrica funziona grazie al lavoro forzato. Vari articoli apparsi sui media statali cinesi negli ultimi anni descrivono i legami tra la fabbrica e una scuola vicina, la Yengisar Vocational High School, dove molti studenti uiguri hanno continuato a lavorare dopo il diploma, e alcuni addirittura mentre sono ancora studenti. Secondo l’Au stralian Strategic Policy Institute (Aspi), un think tank che conduce ricerche sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, la scuola sorge su un sito che fino al 2020 era un campo di detenzione uiguro, recintato con filo spinato e apparecchiature di sorveglianza. In risposta alle domande di Follow The Money, Decathlon ha confermato di collaborare con il Gruppo Jifa, ma ha negato qualsiasi collegamento con Xinjiang Xirong Clothing. Tuttavia, il sito web dell’Associazione dell’industria tessile dello Xinjiang ha dichiarato nel 2021 che Xirong, uno dei membri più importanti del gruppo, ha ricevuto ordini da clienti internazionali, tra cui Decathlon. L’indagine ha inoltre portato alla luce altri abusi sul lavoro nella catena di fornitura di Decathlon in un’altra parte della Cina, che coinvolgevano sempre il gruppo Jifa, a Shandong, in Cina, dove le autorità cinesi hanno finanziato un programma di “aiuti industriali allo Xinjiang” mediante il dispiegamento di un gran numero di uiguri in fabbriche in altre parti del paese per lavorare “in condizioni che suggeriscono fortemente il lavoro forzato”, secondo un rapporto dell’Aspi pubblicato nel 2020. Nell’estate del 2024, un giornalista sotto copertura di Cash Investigation ha visitato le due fabbriche Jifa nello Shandong. In una delle fabbriche, indicando le lunghe file di tessuto, il direttore della fabbrica ha affermato che il cotone utilizzato per realizzare gli indumenti Decathlon “potrebbe provenire dallo Xinjiang”, le cui piantagioni di cotone spesso si basano sul lavoro forzato. Quando il giornalista sotto copertura ha parlato al telefono con il direttore della fabbrica Jifa di Liudi qualche giorno dopo la visita, quest’ultimo ha affermato che le varietà di cotone “sono selezionate da Decathlon. Produciamo solo i prodotti. Le materie prime sono selezionate dal nostro cliente”. In risposta alle domande di Follow The Money sulle origini del suo cotone, Decathlon ha affermato: “Il 100% del cotone proviene da fonti impegnate in pratiche responsabili, come il cotone biologico e riciclato. Più in generale, continuiamo a migliorare la tracciabilità di tutte le nostre materie prime”. Se tali sforzi siano sufficienti è discutibile, sostiene il giornalista. Dall’altra parte del mondo, nello stato brasiliano del Mato Grosso, oltre 800 chilometri quadrati di vegetazione nella zona umida tropicale del Pantanal sono stati distrutti attraverso la “deforestazione chimica” per far posto agli allevamenti di bovini di Claudecy Oliveira Lemes. A causa delle multe per la deforestazione, Lemes non può più vendere il bestiame direttamente ai macelli. Ma può vendere le mucche alle fattorie vicine, che a loro volta possono venderle agli allevatori di carne bovina o ai macelli Jbs, che ha legami con i fornitori di Decathlon. Secondo i dati sulle esportazioni della dogana brasiliana, nell’estate del 2023 la Jbs ha spedito 30 pallet di pelle bovina dal porto brasiliano di Santos a una conceria vietnamita vicino a Ho Chi Minh City chiamata Tong Hong Tannery. Tong Hong sarebbe il principale fornitore di pelle di Decathlon per le sue scarpe. Secondo uno dei documenti interni, in Bangladesh produrre una scarpa costa in media 3 centesimi di dollaro al minuto. La pressione sui costi rende difficile aumentare i salari dei lavoratori tessili in fabbrica. Secondo uno dei documenti interni trapelati, i lavoratori di Edison Footwear in Bangladesh, un “fornitore a bassissimo costo”, hanno guadagnato in media 8.447 taka al mese nel 2020, l’e quivalente di 87 euro. Uno studio del 2023 condotto dal Bangladesh Institute of Labour Studies ha scoperto che un lavoratore tessile nella regione in cui opera Edison Footwear ha bisogno di almeno 21.000 taka (165 euro) al mese per rimanere al di sopra della soglia di povertà.
Di proprietà della dinastia miliardaria Mullie - una delle famiglie più ricche di Francia Decathlon è rinomata per la sua vasta e conveniente gamma di prodotti, dai pantaloni da sci agli scarponi da trekking, dalle tende alle biciclette. Accessibile, pratico ed economico: ecco come Decathlon è diventata un’a zienda da miliardi di dollari. Nel 2023, ha registrato un fatturato di 15,6 miliardi di euro e un utile di 931 milioni di euro, secondo gli ultimi dati disponibili. Con oltre 1.700 negozi e una presenza in 72 paesi, Decathlon afferma di essere il più grande rivenditore di articoli sportivi al mondo. A differenza della maggior parte dei grandi marchi di abbigliamento, Decathlon non divulga informazioni sui suoi fornitori, il che significa che il suo impatto sociale e ambientale è difficile da analizzare. Gli abusi sul lavoro e la distruzione ambientale rilevati nella catena di fornitura di Decathlon sono tuttavia una conseguenza diretta della decisione del rivenditore di mantenere i prezzi il più bassi possibile. E questo ricasca ovviamente sui costi umani di produzione. Come è stata condotta questa ricerca? L’indagine congiunta tra la piattaforma investigativa francese Disclose, il programma televisivo francese Cash Investigation e Follow The Money si basa su decine di documenti interni, forniti da un dipendente di Decathlon. Ricercatori con esperienza in Cina hanno supportato l’indagi ne sul Gruppo Jifa, aiutando a setacciare i media e i profili social cinesi e fornendo un contesto essenziale. Un giornalista di Cash Investigation si è infiltrato in due fabbriche in Cina e ha parlato con i dipendenti. Per indagare sull’ori gine della pelle, l’indagine si è basata sui dati di importazione ed esportazione delle dogane vietnamita e brasiliana e sulle informazioni fornite dall'agenzia ambientale dello stato brasiliano del Mato Grosso. Da questi dati è emerso che esistono flussi commerciali tra allevamenti responsabili della deforestazione e macelli, concerie e produttori di scarpe che collaborano con Decathlon. Il Gruppo Jifa possiede circa 20 fabbriche, la maggior parte delle quali situate nella provincia orientale cinese dello Shandong. Decathlon le ha fatte ispezionare nel 2022 e 2023: su una scala da A (molto buono) a E (molto scarso), Jifa ha ricevuto una B per i suoi sforzi nella lotta al lavoro forzato.
Raffaella Vitulano


- Ottieni link
- X
- Altre app
Commenti
Posta un commento