L’America non ha abbastanza armi per un conflitto importante
L’America non ha abbastanza armi per un conflitto importante. E lo sanno bene i lavoratori dello stabilimento Lockheed Martin di Orlando, Florida. Mentre tutti i leader più o meno sconsiderati si affannavano a parlare di guerra, la scorsa estate i dipendenti di diverse grandi aziende del settore della difesa sono scesi in sciopero. Le loro lamentele, a tutt’oggi in piedi, mettono in luce un problema molto più grande che cova sotto la superficie. Christopher Leonard, autore di “Kochland and The Lords of Easy Money: How the Federal Reserve Broke the American Economy” , lo racconta bene in un reportage - pubblicato su Politico - dall’enorme fabbrica di missili della Lockheed Martin, a metà strada tra Disney World e gli Universal Studios. Randy Tejada è un meccanico di elicotteri dell’esercito americano in pensione di 32 anni, entrato a far parte della Lockheed Martin nel 2022, lavorando alla catena di montaggio. Ma la scorsa primavera, dopo due anni di tira e molla con la dirigenza per problemi di stipendio, Tejada, insieme a diverse centinaia di suoi colleghi di Orlando, ha deciso di averne abbastanza. Gli stipendi non tenevano il passo con l'inflazione; tra la fine del 2020 e la metà del 2022, ad esempio, i lavoratori hanno ottenuto un aumento del 3%, mentre l'inflazione aumentava del 12%. I loro piani sanitari erano costosi, le pensioni di cui godevano i lavoratori più anziani erano scomparse e il costo degli affitti a Orlando era alle stelle. Quando Lockheed Martin ha offerto al sindacato un nuovo contratto, il sindacato ha chiesto aumenti salariali a due cifre per coprire i costi più elevati. L’azien da ha invece offerto circa il 3-4%. Il 1° maggio, i dipendenti hanno lasciato il lavoro e sono entrati in sciopero. Per quasi un mese, hanno lasciato vuote le postazioni di lavoro dove un tempo si assemblavano componenti missilistici, sistemi di sorveglianza e altre apparecchiature di difesa. Gli operai in sciopero hanno poi saputo che la Lockheed Martin stava assumendo dirigenti, ingegneri e lavoratori a contratto per mantenere attiva la fabbrica. Lo sciopero alla Lockheed rientrava in un’ondata di agitazioni sindacali che ha travolto il complesso militare- industriale americano nell’ultimo anno. Il 1° maggio, circa 4.000 lavoratori sono scesi in sciopero. Quasi 1.000 di loro lavoravano per la Lockheed Martin, sia nello stabilimento di Tejada ad Orlando che in un altro complesso a Denver. Si è trattato del primo sciopero sindacale nello stabilimento di Orlando dal 1963. Altri 3.000 dipendenti sono scesi in sciopero a Hartford, nel Connecticut, contro la Pratt & Whitney, che produce motori e altri componenti critici del caccia F-35 della Lockheed Martin. A metà maggio, circa 2.500 dipendenti della General Dynamics hanno rischiato di entrare in sciopero in una fabbrica di sottomarini nucleari, prima di raggiungere un accordo dell’ultimo minuto. Lo scorso autunno, 33.000 lavoratori sono scesi in sciopero alla Boeing, con ripercussioni sulla produzione di aerei sia commerciali che militari e ottenendo un aumento salariale del 38% dopo sette settimane. “Qualcosa sta andando storto - scrive Leonard nelle linee di montaggio dell’ar senale democratico americano, e sta accadendo in un momento di crisi. La Casa Bianca, il Pentagono e gli alleati americani all’este ro chiedono alle aziende di difesa di aumentare la produzione per soddisfare le esigenze di un pericoloso momento geopolitico. L’America sta esaurendo missili, munizioni e corazzate. Gli alleati aspettano anni per le consegne.Persino il Pentagono deve fare la fila e attendere i ritardi nelle spedizioni di armi importanti, come i missili Hellfire, i lanciarazzi Javelin e i sofisticati intercettori per la difesa aerea”. L’Ameri ca sta cercando di aumentare la sua capacità militare per produrre più munizioni, missili e navi, ma per farlo deve
fare affidamento quasi interamente su un gruppo di cinque aziende di difesa della Fortune 500. Invece di assumere più dipendenti e pagarli di più nel tentativo di trattenerli, queste aziende sono molto più concentrate sul soddisfare le esigenze di Wall Street, cercando di attrarre investitori e aumentare il prezzo delle loro azioni tagliando i costi, oltre a utilizzare miliardi di dollari di fatturato per pagare dividendi consistenti agli azionisti e riacquistare azioni proprie. Di conseguenza, i lavori nel settore manifatturiero della difesa stanno diventando sempre meno attraenti, proprio in un momento in cui dovrebbero diventarlo molto di più. Molti lavoratori stanno abbandonando il settore o rifiutano di entrarvi proprio mentre la domanda di tali competenze è in aumento. Tejada è esattamente il tipo di dipendente che il Pentagono vorrebbe disperatamente che aziende come Lockheed assumessero: ha esperienza. È patriottico, con esperienza militare. E vuole costruirsi una carriera nell’industria della difesa. Il suo sindacato a Orlando rappresenta molti di questi tipi di lavoratori, ma proprio lì è stato difficile per il sindacato affiliarne abbastanza. La Florida è uno stato con il ’diritto al lavoro’, il che significa che l’iscrizione al sindacato è facoltativa. I lavoratori di una fabbrica organizzata sono liberi di tornare alle loro postazioni e riprendere il lavoro, lasciando tutti gli altri in picchetto a lottare per un contratto che alla fine si applicherebbe a tutti. L’onere di mantenere un picchetto efficiente ricade sulle spalle di lavoratori a ore come Gideon Spence, un trentasettenne macchinista della fabbrica missilistica che costruisce componenti di precisione per i sistemi d’arma dei missili F-35 e Hellfire. Spence è un uomo corpulento con una folta barba rossa e brillanti occhi azzurri, ossessivamente concentrato sul suo lavoro. Spence è tra i più giovani della forza lavoro della Lockheed, un membro della nuova generazione di lavoratori che gli appaltatori militari stanno cercando di attrarre e formare. Ma persone come Spence stanno entrando nel settore e scoprono rapidamente che è molto diverso da quello descritto dai veterani del settore nella sala sindacale. A differenza dei suoi predecessori, Spence non ha una pensione, deve pagare di tasca propria una quota maggiore dell’assicurazio ne sanitaria e i suoi aumenti di stipendio sono rimasti ben al di sotto dell’aumento dei costi dell’af fitto, dell’assicurazione auto e della spesa alimentare. La debolezza del sindacato lo rese un bersaglio vulnerabile. La storia dei sindacati e del complesso militare- industriale può essere descritta al meglio come lunga e travagliata. “Una delle principali promesse di un’industria della difesa in espansione - spiega Leonard - è la creazione di posti di lavoro ben retribuiti in tutto il paese, un fatto che aziende come Lockheed Martin promuovono con forza. I posti di lavoro nel settore della difesa rappresentano circa il 10% della produzione manifatturiera americana, e la maggior parte di questi posti di lavoro è costituita da attività manifatturiere avanzate e di alto livello, che richiedono elevate competenze e formazione. Ma, per motivi importanti, anche gli interessi dei sindacati e dell’industria della difesa sono sempre stati in conflitto. Gli appaltatori della difesa e il Pentagono hanno un interesse primario nel produrre armi al minor costo possibile, il che significa mantenere bassi i costi della manodopera”. La mancanza di personale qualificato è uno degli ostacoli più importanti all’espansione del settore.
A metà del gennaio 2024, l’amministrazione Biden aveva pubblicato una strategia di 59 pagine volta a rimodellare l’industria della difesa. La strategia si basava su quattro pilastri: espandere la catena di approvvigionamento della difesa rendendola più resiliente, riformare il processo di acquisizione del Pentagono e stipulare nuovi accordi commerciali che potessero stimolare la base industriale della difesa statunitense. Il quarto pilastro era lo sviluppo di una forza lavoro in grado di costruire effettivamente le armi. Il rapporto strategico affrontava il problema senza mezzi termini: “Il mercato del lavoro non dispone di un numero sufficiente di lavoratori con le competenze necessarie per soddisfare la domanda interna di produzione e sostentamento”. Per risolvere questo problema, raccomandava investimenti in programmi di formazione professionale e apprendistato, insieme a un programma da 300 milioni di dollari per mettere in contatto gli appaltatori della difesa con programmi di formazione comunitari incentrati su competenze scientifiche e manifatturiere. Ma tutto è rimasto sulla carta, anche dopo lo sciopero di un mese.
Raffaella Vitulano

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