Sale la protesta ad Ottawa, camionisti contro le restrizioni

 di Raffaella Vitulano

Chi ha paura dei camionisti canadesi? Non se ne scrive molto in Italia, ma la loro protesta contro le restrizioni apparentemente contro il Covid-19 sta infiammando i giornali stranieri. La chiamano Freedom convoy, evocando in quella coda di motrici di autoarticolati, che ad un certo punto, si estendeva per oltre 70 chilometri, la libertà contro misure oggi apparentemente contraddittorie, se non senza senso. Un po’ quello di cui si sta cominciando a discutere anche a casa nostra. La protesta dei camionisti canadesi è iniziata con l’estensione dell’obbligo vaccinale anche ai lavoratori transfrontalieri il 15 gennaio scorso, con l’imposizione dell’obbligo vaccinale a chiunque voglia passare il confine e una quarantena di due settimane al rientro dagli Stati Uniti. Regole simili sull'altro lato del confine sono entrate in vigore sabato. Secondo il sindacato Canadian Trucking Association il 90% della categoria è vaccinato e dunque il punto non sarebbe tanto il vaccino quanto i lasciapassare. Questione di politica, di diritto; non più sanitaria. Camion a migliaia. Decine di migliaia. Un rappresentante della Royal Canadian Mounted Police ha parlato di 50.000; ma quella cifra è svanita rapidamente dall’etere. Il sindaco di Ottawa Jim Watson ha dichiarato lo stato di emergenza per le proteste dei camionisti contro le restrizioni anti Covid che hanno portato all’occu pazione e alla paralisi della capitale, con mezzi e tende che bloccano le strade. Non capita tutti i giorni, del resto, che il Canada diventi il centro rovente di un movimento di protesta globale. Watson ha chiesto così l'aiuto del governo centrale e di altre giurisdizioni, ma il capo del governo canadese pare se la sia data a gambe. Mentre la colonna dei manifestanti si avvicinava ad Ottawa, Trudeau aveva annunciato di essere positivo al Covid. Poi, l’atteggiamento del premier laburista ha svelato i suoi timori, non cercando mai un dialogo con i camionisti: era in realtà stato portato, assieme alla famiglia, in una località segreta, come in tempo di guerra ed risultato irrintracciabile per una settimana. Ha quindi pensato di riapparire di fronte all’au la parlamentare solo per accusare i manifestanti di essere un pericolo per la democrazia. Dal suo bunker, il primo ministro in fuga si era scagliato ancora più severamente contro la protesta dei camionisti, affermando “Non c’è posto nel nostro Paese per minacce, violenze o odio”. Forse per questo non ha voluto spedire ad Ottawa l’e sercito canadese? Certo, aver assistito a scene di un paese completamente priva di una leadership non ha giocato a suo favore. Un primo punto sul pallottoliere è raggiunto, la provincia di Alberta ha ceduto alla cancellazione del passaporto vaccinale. Ma i manifestanti al confine hanno intenzione di rimanere a lungo. La polemica è tutta con Trudeau. Intanto la protesta in Canada fa scuola e si espande: ispirati dai camionisti canadesi a Ottawa, proteste similari prendono piede in tutto il mondo. Già sono all’opera gruppi in Olanda, Austria, Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda. I cittadini chiedono di poter lavorare e vivere normalmente senza dover fronteggiare misure draconiane ormai difficilmente giustificabili dal punto di vista sanitario. Quella che è iniziata come una protesta locale nelle province della prateria per attraversare il confine, avanti e indietro, tra Canada e Stati Uniti, ora è esplosa. Per due anni i camionisti hanno sfidato le intemperie e le buche della strada per tenere ben forniti gli scaffali. Hanno assicurato ai concittadini, chiusi nelle loro cabine dei camion in cui vivono e dormono, i beni primari, senza chiedere nulla. Ma no, non è abbastanza per i maniaci del controllo e per i burocrati. A metà gennaio, tutti i conducenti avevano dovuto sottoporsi ad ulteriori test Covid per poter attraversare il confine, insieme alla prospettiva di una quarantena di 14 giorni per alcuni. Ed ecco la deflagrazione. Le ultime restrizioni - i cosiddetti “manda ti” provenienti dalle viscere di una burocrazia irresponsabile e capricciosa - sono state la classica ultima goccia e i camionisti ne hanno avuto abbastanza. Questo movimento viene politicamente additato a destra, ma i camionisti respingono al mittente le etichette parlando semmai di un messaggio globale coordinato: gli sforzi dei politici per proteggere le persone dal coronavirus sono, invece, vere e proprie restrizioni antidemocratiche sulle libertà individuali. Vero è che il Convoglio dei camion della libertà ha attirato il sostegno di molti repubblicani negli Stati Uniti, tra cui l’ex presidente Donald Trump, che ha definito il primo ministro canadese Justin Trudeau un “pazzo di estrema sinistra” che ha “distrutto il Canada con folli mandati anti Covid”. Il capo della polizia di Ottawa Peter Sloly ha aggiunto che “elementi significativo degli Stati Uniti” sono stati coinvolti nel finanziamento e nell’organizzazione del convoglio dei camionisti e che la loro impressionante raccolta fondi significa che possono sopportare sanzioni finanziarie significative.

Raffaella Vitulano




Raccolte di fondi dagli Usa Il 90% degli autisti è vaccinato 

Il Canada, con una popolazione di 38 milioni di abitanti, ha segnalato oltre 3 milioni di casi di covid e 34.000 decessi dall’inizio della pandemia, cifre pro capite di gran lunga inferiori rispetto agli Stati Uniti, dove i decessi totali per covid hanno superato i 900.000. I canadesi hanno per lo più assecondato le restrizioni del paese. Anche il 90% dei camionisti canadesi è già vaccinato,afferma la Canadian Trucking Alliance, che ha sconfessato i conducenti coinvolti nelle proteste di Freedom Convoy. Il sostegno al Freedom Convoy è arrivato, in parte, dall’e stero, in particolare dagli Stati Uniti Durante il fine settimana, i legislatori repubblicani statunitensi hanno promesso di “indagare” su GoFundMe, con sede in California, dopo che il sito di raccolta fondi ha rimosso un account che aveva raccolto 9 milioni di dollari in donazioni per i camionisti canadesi. Sostegno anche dal patron di Tesla, Elon Musk. In un tweet, l’ex ambasciatore canadese negli Stati Uniti Bruce Heyman ha criticato i legislatori statunitensi che hanno elogiato i manifestanti, definendoli “politici statunitensi radicali”.

Ra.Vi.

Peter Doshi (Bmj): Big Pharma non condizioni le politiche sanitarie 

Peter Doshi, senior editor del prestigiosissimo “British Medical Journal”, in un’intervista al “Fatto Quotidiano” sostiene che ad oggi le case farmaceutiche produttrici del vaccino non hanno ancora resi pubblici “i dati originali e dettagliati raccolti nel corso delle sperimentazioni cliniche” che rischiano di rimanere secretati per anni. Tutto quello che sappiamo sui vaccini, ha sottolineato Doshi, viene da ciò che hanno dichiarato le stesse case farmaceutiche. Questo è inaccettabile. “So no dati che condizionano le nostre scelte di politiche sanitarie, non possiamo basarci solo sulla fiducia. Ci deve essere un modo per verificare in modo indipendente”, ha detto Doshi, secondo cui “Big Pharma è l’industria meno degna di fiducia al mondo.Almeno tre delle aziende che producono i vaccini contro il Covid-19 hannosubito condanne civili e penali in passato che gli sono costate miliardi di dollari. Oggi le compagnie farmaceutiche stanno guadagnando miliardi di dollari senza che vi sia un adeguato controllo indipendente delle loro affermazioni scientifiche”.

Ra.Vi.


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