Il difficile rapporto tra le guerre e il clima

 di Raffaella Vitulano


La profezia è un affare precariamente incerto. Eppure un forte senso di inevitabilità predestinata pervade buona parte del pensiero attuale sul cambiamento climatico da parte dell’industria della sicurezza nazionale. In tale visione, il futuro dell’umanità sarebbe dettato dal clima, letteralmente grado per grado. Dovremmo davvero stare attenti a questa svolta degli eventi. Il controllo del tempo, del resto, è già stato arma della Guerra Fredda. E con l’aumentare delle tensioni il controllo del clima è stato visto come un’arma che potrebbe essere ancora più devastante della guerra nucleare. Guerra climatica, per l’appunto. Nell’agosto del 1953 gli Stati Uniti formarono il President’s Advisory Committee on Weather Control. Il suo scopo dichiarato era determinare l’effi cacia delle procedure di modifica del clima e la misura in cui il governo dovrebbe impegnarsi in tali attività. La guerra climatica potenzialmente minaccia il futuro dell’u manità, ma è stata casualmente esclusa dai rapporti per i quali l’I - pcc (il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici) ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2007. La geopolitica rimane la fonte principale in grado di generale un conflitto. Ma non sarebbe l’unica causa. Non lo è stata in passato, ma rischierebbe di non esserlo nemmeno in un futuro prossimo. È il risultato di uno studio pubblicato su Nature, in cui si analizzano diversi scenari attraverso le considerazioni di esperti e si calcolano le probabilità di influenza del riscaldamento globale rispetto alla nascita di conflitti armati. Lo studio di Nature indica che alcune mosse, come migliorare la sicurezza degli stock alimentari e “fare scorta”, possa aumentare la sicurezza e diversificare le opportunità economiche, soprattutto nei Paesi con un’economia già fragile. Questi fattori, assieme ad altri, potrebbero mitigare l’effetto del clima nella generazione di problematiche conflittuali e belliche.

Renzo Rosso, docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia a Milano, conferma che la manipolazione meteorologica può essere usata come strategia di guerra. Un articolo pubblicato sulla rivista “Advancing Earth and Space Science” dal Prof. A. More ha messo in relazione l'eccesso di mortalità durante i combattimenti della Prima Guerra Mondiale con la diffusione dell'influenza spagnola dovuta anche alle eccezionali condizioni climatiche di quel periodo. Un ulteriore fattore che ha accentuato la pandemia è stato l'effetto della situazione meteorologica sulla migrazione degli uccelli, per esempio l'anatra germano reale, che è portatrice del virus. Anche il prof. Adriano Mazzarella (Responsabile Osservatorio Meteorologico Università degli Studi di Napoli Federico II) approfondisce potenziali tecniche di guerra meteorologica, che consiste nell’uso di tecniche di modificazione atmosferica per scopi militari, come l'inseminazione delle nubi (cloud seeding). Queste pratiche rientrerebbero tuttavia tra quelle vietate dalle convenzioni internazionali, così come l’u so di armi chimiche o biologiche. Ma si mormora che, in un recente passato, il controllo meteo fu usato - o almeno si tentò di farlo - nei Balcani e nel Golfo Persico. La modifica del clima diventa insomma parte della sicurezza nazionale e internazionale per le sue applicazioni offensive, difensive e dissuasive. Uno studio dell’agosto 1996 commissionato dall’Aeronautica Usa “Il meteo come moltiplicatore di forza, Possedere il tempo nel 2025” rende esplicito che l’obiettivo di base da un punto di vista militare è “Owning the Weather”.

La questione è stata ampiamente documentata e dovrebbe far parte del dibattito sui cambiamenti climatici. “La capacità di conoscere l’ambiente dello spazio di battaglia meglio di chiunque altro è fondamentale (…) Se sappiamo cosa succederà nell’ambiente prima e più lontano dei nostri avversari, allora possiamo utilizzare la nostra flotta e le nostre forze congiunte in misura maggiore” spiega Defense News. Il primo tentativo di guerra meteorologica sarebbe stato messo in opera dagli americani, nella seconda guerra mondiale, durante il bombardamento delle città tedesche di Amburgo e Dresda: in seguito agli incendi provocati dalle bombe al fosforo, le intense correnti ascendenti di aria rovente determinarono un fortissimo richiamo di venti dalle zone circostanti che raggiunsero la velocità di 200 km/h causando effetti rovinosi. Durante il conflitto vietnamita, gli americani con l’operazio ne “Popeye” tentarono con oltre 2.500 missioni aeree di inseminare le nubi con ioduro d’argento al fine di incrementare le piogge nelle zone dove passavano i rifornimenti ai vietcong. Il clima può davvero aumentare il rischio di conflitti? Di tutt’altro avviso è David N. Livingstone, professore di geografia e storia intellettuale alla Queen's University di Belfast e membro della British Academy: “Questo modo di predire il destino dell’umanità è stato adottato da giornalisti e politici, scrittori di divulgazione scientifica e accademici allo stesso modo: il riscaldamento globale significa guerra, carestia e morte certa - con il come e quando a volte calcolato con incredibile specificità. Il riscaldamento globale è davvero un pericolo molto reale e presente. E non c'è dubbio che il cambiamento climatico può, in alcune occasioni, essere legato alla violenza e alla guerra. Ma questa tendenza crescente verso quella che alcuni hanno chiamato la “cartolarizzazione del cambiamento climatico” e l’impulso a ridurre il conflitto semplicemente a questioni meteorologiche, porta con sé il suo stesso tipo di pericolo morale. La facilità con cui questa connessione diretta tra clima e guerra si è infiltrata nell’establish ment della sicurezza nazionale è preoccupante perché l'attribuzione di tali poteri causati al clima “semplifica eccessivamente sistemi invece influenzati da molti fattori geopolitici e sociali”ignorati nelle agende riduzioniste del clima. Anche Halvard Buhaug, politologo presso il Peace Research Institute di Oslo, ha serie riservesul suprematismo climatico: “La variabilità climatica è un cattivo predittore di conflitti armati” osserva “e le guerre civili in Africa sono spiegate molto meglio dall'esclusione etnopolitica e da una scarsa economia nazionale”.

Raffaella Vitulano


Sette volte in cui la Storia ha cambiato corso per il meteo 

La invasione napoleonica della Russia (giugno 1812 - dicembre 1812). Il ritiro di Napoleone dalla Russia ghiacciata dopo un’invasione fallita. L’invasione hitleriana dell'Unione Sovietica (giugno1941 - dicembre 1941). 129 anni dopo, l'esercito tedesco di Hitler la Wehrmacht, proprio come la Grande Armée di Napoleone, non fu attrezzata per un inverno così brutale.

Nagasaki invece di Kokura (9 agosto 1945). Kokura fu risparmiata da una giornata nuvolosa e con poca visibilità. Per errore fu colpita Nagasaki.Distruzione dell'Armata spagnola (Agosto 1588). L'Armada fu devastatadalle tempestedel Nord Atlanticoe moltenavisiincagliarono inIrlandae Scozia. Fuga da Long Island (Agosto 1776) Gli inglesi misero all’angolo Washington. Lafitta nebbia permise alle truppedi fuggirea Manhattansenza vittime. Battaglia delle Ardenne (dicembre 1944 - gennaio 1945). Quando il tempo cambiava, cambiava anche l'andamento della battaglia. Fu l’ultimo tentativo offensivo delle potenze dell'Asse contro gli Alleati. Tornado salva Washington (24 agosto 1814). Alla fine dell'invasione e della successiva tempesta, il tempo inclemente aveva ucciso più soldati britannici che americani.

Ra.Vi.

Come distruggere il nemico utilizzando strumenti inediti 

Secondo Ohmura, direttore dell’Istituto di ricerca climatologia di Zurigo, la guerra meteorologica potrebbe articolarsi con scenari di volta in volta differenti. E sì, perché ci sono modi differenti di influire sul meteo. C’è la classica inseminazione delle nuvole per far piovere (utilizzata soprattutto negli Emirati Arabi ma discussa in Europa), ma esistono anche soluzioni più devastanti per vincere una guerra. Eccone alcune: 1) deflagrazioni nella stratosfera di ordigni contenenti biossido di carbonio e metano in grado di produrre una coltre di particelle finissime che riesce ad oscurare il Sole e ad indurre la morte per congelamento del nemico a terra; 2) impieghi di armi laser indirizzate sul deserto per surriscaldare l’aria e provocare devastanti tempeste di sabbia ; 3) esplosioni di miscele speciali sotto la superficie del mare per causare un maremoto con onde alte trenta metri in grado di annientare qualsiasi unità navale e porti nemici, per centinaia di chilometri; 4) armi a microonde per creare un fittissimo pulviscolo e una cortina per mettere fuori uso le apparecchiature radar.

Ra.Vi.

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