Crolla un falso mito. L’aumento delle retribuzioni non causa inflazione


La disuguaglianza di reddito e la povertà aumenteranno se non si riuscirà a mantenere il potere d’acquisto dei salari più bassi. Inoltre, una ripresa post-pandemia tanto necessaria potrebbe essere messa a rischio. E questo potrebbe alimentare ulteriori disordini sociali in tutto il mondo e minare l’obiettivo di raggiungere la prosperità e la pace per tutti. E’ il monito del direttore Generale dell’International Labour Office, Gilbert F. Houngbo, secondo il quale i percettori di reddito più basso sono i più colpiti dalla crisi. I dati per il 2022 suggeriscono che l’aumento dell’inflazione sta facendo sì che la crescita dei salari reali raggiunga ormai cifre negative in molti paesi. L’aumento del costo della vita ha il maggiore impatto sui percettori di reddito più basso e sulle loro famiglie. Questo perché spendono la maggior parte del loro reddito disponibile in beni e servizi essenziali, che generalmente subiscono maggiori aumenti di prezzo rispetto agli articoli non essenziali. L’inflazione sta anche mordendo il potere d’acquisto dei salari minimi. Nonostante gli aggiustamenti nominali, il valore reale dei salari minimi si sta rapidamente erodendo in molti paesi. I dipendenti hanno perso in media sei settimane di salario a causa della crisi Covid-19. L’ero sione dei salari reali si aggiunge poi alle significative perdite salariali subite dai lavoratori e dalle loro famiglie. I dati provenienti da circa 30 paesi che coprono tutte le regioni e le fasce di reddito mostrano che, in media, i dipendenti salariati hanno perso circa sei settimane di salario durante il 2020-21. La perdita è stata maggiore tra le donne, i lavoratori dell’economia informale, i lavoratori a basso reddito e i lavoratori nei paesi a basso e medio reddito. I salari minimi e il dialogo sociale sono pertanto fondamentali per mantenere il tenore di vita dei lavoratori dipendenti. Un adeguato adeguamento dei salari minimi potrebbe essere uno strumento efficace, dato che il 90% degli Stati membri che aderiscono all’Ilo ne dispone. L’ultimo Global Wage Report dell’Ilo sfata così le teorie di alcuni economisti e banchieri centrali secondo cui sono i salari a causare inflazione e devono essere tenuti bassi. Il rapporto, la più autorevolefonte mondiale di informazioni sui salari, mostra un calo dello 0,9% dei salari medi reali mensili dalla fine della prima fase della pandemia di Covid-19. Il calo sale all’1,4% escludendo la Cina dai dati. Nel 2022 il divario tra produttività del lavoro e salari reali è il più alto da oltre 20 anni mentre per la prima volta nel ventunesimo secolo la crescita dei salari reali è scesa a valori negativi. Il rapporto analizza l'evoluzione della spesa salariale totale reale dal 2019 al 2022 per mostrare come le sue diverse componenti - occupazione, salari nominali e inflazione - sono cambiate durante la crisi Covid-19 e, più recentemente, durante la crisi del costo della vita . La scomposizione della massa salariale totale, e la sua evoluzione, viene analizzata per tutti i dipendenti e distingue tra donne e uomini. Il risultato evidente è che in pratica le famiglie di tutto il mondo hanno difficoltà a sbarcare il lunario, dovendo sacrificare gli elementi essenziali di base mentre i prezzi salgono a spirale. Nel 2022, la produttività del lavoro ha superato i salari del 12,6% a livello globale, ma i banchieri centrali in molti paesi (vedi box sotto) chiedono la riduzione dei salari anche se la povertà cresce. Quando invece i governidovrebbero investire nella protezione sociale, nella sanità e nell’assistenza,nell’istruzione e in altri aspetti chiave di una società dignitosa. Il Global Wage Report mostra con chiarezza che salari e potere d’acquisto delle famiglie sono stati notevolmente colpiti soprattutto negli ultimi tre anni prima della pandemia e anche dopo, quando l’economia mondiale ha iniziato a riprendersi da quella crisi - dall’aumento globale dell’inflazione. In assenza di adeguate risposte politiche, il prossimo futuro potremmo assistere a una forte erosione dei redditi reali dei lavoratori e delle loro famiglie e un aumento del disuguaglianza, minacciando la ripresa economica e forse alimentando ulteriori disordini sociali. Dalla precedente edizione del Global Wage Report due anni fa, l’umanità ha assistito a diverse crisi sovrapposte: la pandemia di Covid-19, lo scoppio della guerra in Ucraina nel febbraio 2022 e l’aumento del costo della vita che è iniziata nel 2021 e si è intensificata rapidamente durante il 2022 in tutti i paesi e le regioni. Non sorprende dunque che, in questo clima di incertezza, il Fondo Monetario Internazionale abbia abbassato la sua proiezione per la crescita globale nel 2022 dal 3,6 % ad aprile 2022 al 3,2% a luglio, mentre le previsioni di ottobre prevedono che la crescita globale avrà un rallentamento tra il 2 e il 2,7% nel 2023: per molte persone il 2023 sarà vera recessione. Proiezioni suggeriscono intanto che l’infla zione raggiungerà l’8,8% a livello globale entro la fine del 2022, scendendo al 6,5% non prima del 2023 e al 4,1% nel 2024. Il rapporto stima inoltre che le retribuzioni mensili globali sono scese in termini reali dello 0,9% nella prima metà del 2022, il primo dato negativo registrato dalla prima edizione della Relazione globale sui salari nel 2008. Le tendenze salariali regionali confermano il trend negativo ovunque. In Nord America (Canada e Stati Uniti Uniti), la crescita salariale è scesa al -3,2% nella prima metà del 2022. In America Latina e nei Caraibi dell’1,7% nella prima metà del 2022. L’Unione Europea segna un -2,4% nel primo semestre del 2022. Peggio nell’Europa orientale,dove la crescita dei salari reali è scesa a 3,3%. In Asia e nel Pacifico va leggermente meglio ma il dato è sempre negativo dell’1,3%. Disastrosa l’Africa, dove già si era registrato forte calo della crescita salariale del 10,5% nel 2020. Il rapporto dimostra infine che in 52 paesi ad alto reddito per i quali i dati sono disponibili, la crescita dei salari reali è stata inferiore alla crescita della produttività dal 2000. Considerando che il forte calo della crescita della produttività del lavoro durante il 2020 aveva momentaneamente ridotto il divario, l’erosione dei salari reali nella prima metà del 2022, combinati con una crescita della produttività positiva, ha ancora una volta aumentato il divario tra produttività e crescita salariale. In effetti, nel 2022 il divario tra crescita della produttività e crescita salariale raggiunga il suo punto più largo dall’inizio del ventunesimo secolo, con una crescita della produttività del 12,6%. punti sopra la crescita salariale.

Raffaella Vitulano


Money, money, money La Fed non cambia idea 

Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell prosegue tuttavia sulla sua strada e torna ad affermare che il più grande ostacolo rimasto per domare l’inflazione è la carenza di lavoratori, che sta dando agli americani maggiore influenza per rivendicare una retribuzione più alta. “Per essere chiari, una forte crescita dei salari è una buona cosa”, ha detto. “Ma affinché la crescita dei salari sia sostenibile, deve essere coerente con un’ inflazione del 2%”. Ciò richiederà una riduzione della domanda di lavoro rallentando l’economia, ha affermato. Le osservazioni di Powell arrivano proprio tra le crescenti critiche dei legislatori progressisti e dei sindacalisti secondo cui le mosse della banca centrale di alzare i tassi per contrastare l’inflazio ne stanno punendo ingiustamente i lavoratori e aumentando le possibilità di una recessione. Sul fronte del lavoro, ha citato pensionamenti più alti del previsto, l’impatto del virus Covid-19 e un calo dell’immigrazione come ragioni principali per cui ci sono meno persone che partecipano alla forza lavoro rispetto a prima della pandemia.

Ra.Vi.




Commenti

Post più popolari