Come il capitalismo prospera su fallimenti, guerre e disastri


Un viaggio attraverso la tempesta perfetta, quello iniziato anni fa da Andrea Mazzalai, consulente economico e finanziario. Per capire le mosse dei governi e cercare di distinguere realtà e finzione, informazione e disinformazione, occorre sempre guardare ai mercati. Oppure seguire il detto “follow the money”. “Per la prima volta dalla caduta del muro di Berlino, il fortino del bund è stato preso d’assalto dalle truppe alleate, con cannonate che hanno fatto esplodere di quasi 30 punti base i rendimenti tedeschi, come non si vedeva dal lontano marzo 1990. Il decennale tedesco, ha sfiorato quota 2,80%.

Germania fotocopia del Giappone

Oggi la Germania è la fotocopia del Giappone, l’essenza di una deflazione da debito al contrario, dove l’inflazione è il retaggio ancestrale che non sparirà mai. 500 miliardi del piano investimenti tedesco per fare cosa, 800 miliardi per giocare con i carri armati? Ridicoli. Nessuna firma sulle terre rare, i dazi sono entrati in vigore, su cosa scommette il mercato? Sul nulla!”. Tutta fuffa, insomma, quella di Berlino, ripiegata sotto l’ombrello Trump. Dopo l’orgia della pandemia e della guerra in Ucraina, all’improvviso in ogni angolo d’Europa i mercati hanno iniziato a scommettere su una nuova guerra, la guerra del riarmo. Tutti a comprare aziende che producono armi, ovunque. Il rialzo in una sola giornata che non si vedeva da secoli. Mazzalai, che anni fa abbiamo intervistato, chiarisce molto nel suo blog citando la serie Diavoli, che racconta l’es senza di un manipolo di psicopatici che ha sequestrato l’econo mia, mentre qualche povero ingenuo ancora si chiede come sia stato possibile: “La finanza è come l’acqua: non si vede, non ha odore, e per il più delle persone è impercettibile” . Un certo Gordon Gekko, nel leggendario film “Wall Street” era stato ancora più esplicito: “Io non creo niente, io posseggo. E noi facciamo le regole, le notizie, le guerre, le carestie, le sommosse, il prezzo di uno spillo: tiriamo fuori conigli dal cilindro mentre altri seduti si domandano come abbiamo fatto. Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, Vero Buddy?? È il libero mercato e tu ne fai parte”.

“Loro - spiega - creano tutto: pandemie, guerre, laboratori per le guerre batteriologiche e via dicendo. La gente comune purtroppo fatica a credere che il suo destino oggi è in mano esclusivamente alla finanza, ad un manipolo di pericolosi psicopatici che manipolano politici e media, giornalisti e analisti, economisti e semplici, inutili idioti, utili solo al loro principale scopo, dimostrare che il denaro non muore mai. E loro, i politici, i banchieri, premono per la guerra, più guerra”. Naomi Klein ricorda che in uno dei suoi saggi più influenti, Milton Friedman formulò la panacea tattica che costituisce il nucleo del capitalismo contemporaneo, la “dottrina dello shock”. Osservavache “soltan to una crisi- reale o percepita produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa il politicamente inevitabile”. E quando la crisi colpisce - ne era convinto il professore dell’università di Chicago - è fondamentale agire in fretta, imporre un mutamento rapido e irreversibileprima che la società tormentata dalla crisi torni a rifugiarsi nella tirannia dello status quo. Servono crisi perenni, altrimenti come si giustificherebbe ai popoli che i soldi destinati alla coesione verranno usati al supermercato dei carri armati o delle bombe per trasformare l’economia industriale fallimentare europea in economia di guerra? Laura Kayali e Marion Solletty su Politico raccontano il tentativo, durato a lungo e finora infruttuoso, dell’attuale presidente francese Emmanuel Macron di sottrarre l’Europa al sostegno militare americano che ha garantito la sicurezza del continente sin dalla fine della Seconda guerra mondiale. Siamo allo scontro degli Usa di Toqueville con Davos, insomma. Ma l’insistenza di Macron sul fatto che l’Europa impari a farsi valere non è sempre stata ben accolta. Indebolito da una serie di goffe mosse diplomatiche e da quelle che i critici definiscono ipotesi irrealistiche sulla possibilità che il deterrente nucleare francese possa essere utilizzato per proteggere l’Europa, il presidente francese fatica a far valere la sua idea di un apparato di difesa europeo indipendente. Anche la Francia del resto è da tempo accusata di arroganza e di promozione sfacciata dei propri interessi industriali con il pretesto di preoccuparsi della difesa europea. Forse per questo Parigi dovrebbe esitare prima di esultare troppo, poiché la maggior parte dell’Europa ha valide ragioni per essere cauta nel seguire l’esempio della Francia, ha affermato Benjamin Tallis, direttore del think tank Democratic Strategy Initiative con sede a Berlino. Con Parigi a pezzi sul fronte economico, dietro le astruse discussioni sulla difesa comune europea si nasconderebbe lo scambio: risorse finanziarie in cambio di protezione nucleare.

Cautela verso Parigi

Nonostante tutta la loro retorica grandiosa degli anni '60, “i francesi non sono mai stati un’alter nativa credibile” agli americani, ha detto. “Gli europei nelle élite decisionali capivano che sarebbero stati più sicuri, più sostenuti dal tipo di potere che gli Stati Uniti potevano fornire”. Bruxelles da sola, comunque, non può sopravvivere. E’ un corpo vuoto, artificiale che esiste soltanto perché erano gli Stati Uniti a garantirne l’esistenza, e nel momento stesso in cui Washington si allontana e inizia a colpire Bruxelles con i dazi, l’Unione non ha reali possibilità di sopravvivere. E così gli stati nazionali rialzano la testa, altro che Ue. Alcuni retroscena raccontano come le élites di Parigi puntassero in realtà le loro fiches sul takeover dell’Italia, che secondo i progetti di Davos poteva venire aggregata alla Francia, almeno nel nord Italia. Economicamente la Francia veleggia allegramente verso il crac: dopo l’attacco al North Stream, l’assenza di accesso all’uranio del Niger, la fine del franco Cfa, il fallimento della firma del Trattato Mes per fare il takeover sulla Penisola, La Francia è a pezzi. Ecco perché propone il nucleare come un piazzista e punta alla ricchezza finanziaria delle famiglie, dove l’I talia primeggia e che la Francia si sogna. Il rischio è che il nucleo di Davos (Parigi e Londra), disperata, facciano qualche follia: i false flags sono sempre imprevedibili. E anche l’attivazione del Trattato del Quirinale, per qualche specialissima ragione per una crisi là da venire.

Wolfgang Münchau è direttore di Eurointelligence e editorialista di UnHerd: “Ciò che i nostri leader fanno è ripetere il mantra che faranno tutto il necessario per aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia. L’espressione di moda è stata notoriamente impiegata da Mario Draghi come una minaccia credibile contro gli speculatori. Ma ciò che ha funzionato così bene nella finanza non funziona così bene in guerra. Quando combatti una guerra, sei soggetto a ogni genere di costrizione, fisica, umana, finanziaria e politica. Questo è ciò che significa essere in una democrazia: ci impone semplicemente di non poter fare tutto il necessario”. “Devo ancora vedere uno scopo strategico dietro a qualsiasi cosa gli europei, incluso Starmer, abbiano fatto nelle ultime due settimane. Tutto ciò che hanno fatto è stato il risultato della prima mossa di Trump. Non stanno anticipando la seconda”né la pace. Basti pensare a Mette Frederiksen, il primo ministro danese: “Capisco che molte persone credano che una soluzione pacifica o un cessate il fuoco siano una buona idea, ma rischiamo che la pace in Ucraina sia in realtà più pericolosa della guerra”. Münchau ricorda come gli europei avessero inventato la diplomazia strategica. Niccolò Machiavelli era italiano. Il duo franco-austriaco di Klemens von Metternich e Charles Maurice de Talleyrand erano i maestri della strategia politica all’ini zio del XIX secolo. Più o meno nello stesso periodo, Carl von Clausewitz, uno storico militare prussiano, scrisse il suo famoso libro Sulla guerra , un capolavoro sulla guerra strategica. Quindi, dove sono finiti tutti i nostri grandi pensatori strategici europei? “Di sicuro non sono in politica. E nemmeno, dovrei aggiungere, nel giornalismo. Invece, ora parliamo all’infinito di relazioni all’interno della Ue o transatlantiche. Nessuno parla di interessi strategici. Ma, allora, se credi nei giochi win-win, come fanno gli europei, chi ha bisogno di strategia?”. Stefan Zweig scrisse The Royal Game nel 1941, poco prima di suicidarsi e prima che i nazisti regnassero sovrani. Riusciva a vedere esattamente cosa la mancanza di strategia avesse fatto all’Europa. La sua storia di scacchi rappresentava ciò che si stava svolgendo nella politica globale: l’antico ordine venne superato in astuzia dal nuovo. Oggi sta accadendo di nuovo e l’Europa è sotto scacco.



Raffaella Vitulano




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