Follow the $cience, così Big Pharma ha dirottato l’assistenza sanitaria
Francis Collins, ex direttore dei National Institutes of Health, fa mea culpa: “Non abbiamo ammesso la nostra ignoranza e questo è stato un errore profondo” ha ammesso, riferendosi ai vari errori della comunità scientifica in tempi di covid-19 che hanno portato a una schizofrenia politica tra i politici e a disordini tra la gente. Questo malessere non si è placato, ed oggi deflagra di fronte al terremoto che sta causando Robert F. Kennedy Jr. “In Covid’s Wake: How Our Politics Failed Us” (2024) di Stephen Macedo e Frances Lee, è probabilmente destinato a diventare il resoconto standard della politica della pandemia per un certo periodo. “Le scelte difficili sono state oscurate da slogan come ’segui la scienza’. Benefici e danni sono stati distribuiti in modo iniquo. Le politiche adottate hanno ampiamente favorito i computer portatili e hanno lasciato senza protezione i cosiddetti lavoratori essenziali; le chiusure prolungate delle scuole hanno colpito più duramente le famiglie meno privilegiate. La scienza è stata politicizzata e il dissenso è stato relegato ai margini”. I liberaldemocratici speravano di trovare un “equivalente morale della guerra”, che invitasse i cittadini a dimostrare la virtù civica e lo spirito di sacrificio tipici del tempo di guerra. È chiaro anche all’osser vatore più superficiale che la risposta al Covid sia stata un fallimento delle “élite istruite”.
Macedo e Lee ammettono di far parte di quella tribù, nata mentre ogni stato o regione fungeva da “laboratorio di democrazia”.
Mostrandone i fallimenti, “In Covid's Wake” è un’efficace accusa ai nostri leader politici, di sinistra e di destra. Macedo e Lee concludono che il fiasco del Covid presenta alcune somiglianze con precedenti gravi errori politici, come quelli del Vietnam e della guerra in Iraq. La caverna di Platone, del resto, è davvero affascinante asoltare gli scienziati quando sentenziano che i sintomi della nuova variante Status del famigerato covid portano nient’altroche - udite udite - voce roca. Durante il covid, come in quegli episodi precedenti, sono state adottate politiche errate: circoli chiusi di élite politiche, diffidenti nei confronti dell'opinione pubblica e del contributo più ampio, hanno cercato di mantenere le principali decisioni politiche all’inter no di comode comunità di addetti ai lavori. Le menti più brillanti ai massimi livelli hanno affermato fin da subito che c’era una sola via da seguire. La sintesi è che le norme della democrazia liberale hanno fallito durante il Covid. È difficile sostenere il contrario. Anche la scienza biomedica ha fallito in troppi modi per poterli elencare, e chi è intellettualmente onesto non può meravigliarsi dello scetticismo dei cittadini. Ammettiamolo, è superfluo dire che negli ultimi anni tanto la politica quanto l’establishment medico hanno minato notevolmente la propria credibilità con il loro zelo religioso nella scienza che non ammetteva mai contraddittorio né dubbi, posizione piuttosto propria della fede. E questa orribile violazione della fiducia ora porta molti pazienti a considerare con scetticismo molti interventi medici, soprattutto le vaccinazioni, che pure hanno rappresentato una delle più importanti scoperte scientifiche nella storia della medicina e hanno contribuito in modo fondamentale ad incrementare la speranza di vita della popolazione umana. Parte dello scetticismo è giustificato dalla scienza politicizzata o dalla medicina militarizzata, dalla cattiva comunicazione e dalla gestione opaca della vicenda covid (Pfizergate compreso). Basti leggere il dossier delle ricercatrici indipendenti Debbie Lerman e SashaLatypova, un resoconto del coordinamento militare e di intelligence confocus su Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Germania, Paesi Bassi, Italia. La sintesi è che il covid non sarebbe stato un evento di salute pubblica, sebbene sia stato presentato come tale alla popolazionemondiale. Si sarebbe piuttosto trattato di un’o perazione globale, coordinata attraverso alleanze militari e di intelligence pubblico-private e invocando leggi concepite per gli attacchi con armi Cbrn (chimiche, biologiche,radiologiche, nucleari). Notizie manipolate? Chissà. Certo è che, secondo il giornalista investigativo Paul D. Thacker, l’ex ceo di Reuters - che fa ancora parte del consiglio di amministrazione della società madre, la Thomson Reuters Foundation - è anche membro del consiglio di amministrazione di Pfizer, azienda produttrice del vaccino contro il covid-19, dal 2014. E in qualità di membro del consiglio di amministrazione, era (ed è tuttora) tenuto a possedere azioni di Pfizer. Durante la pandemia di covid- 19, Reuters ha ripetutamente verificato le dichiarazioni e gli articoli che criticavano i vaccini, ma i fact-checker dell’organizza zione giornalistica non hanno mai trovato difetti in Pfizer, racconta Paul D. Thacker, direttore di The Disinformation Chronicle. James C. Smith, noto anche come Jim Smith, è stato ceo di Reuters dal 2012 al 2020. Durante la pandemia di covid-19, i responsabili della sanità pubblica sono apparsi scioccati e sgomenti per il fatto che la popolazione si opponesse agli sforzi volti a proteggerli da una minaccia virale emergente, forse considerando l’adesio ne come logica, scientificamente fondata o non richiedente spiegazioni. La pressione dei media ha fatto molto. Sasha Latypova va dritta al punto: “Non c’è bisogno di tecnologie avanzate, chip cerebrali o indirizzi Mac iniettati per controllare le menti altrui. La semplice ripetizione di parole e frasi può fare il lavaggio del cervello alla maggior parte degli esseri umani, se non prestano attenzione attiva o non hanno le capacità per riconoscere e contrastare questo attacco alle loro menti (...). Non c’è bisogno di impianti cerebrali o nanotecnologie su esseri umani che, opportunamente, non sono mai stati addestrati al pensiero critico e non sono mai stati educati oltre il livello di un servo obbediente e compiacente”. Pensiamo alla tv spazzatura o ai social che inebetiscono. Oggi, di fronte agli evidenti conflitti d’interesse, per ripristinare la fiducia del pubblico, l’unico meccanismo con cui un governo o l’establishment scientifico può riguadagnarsi la fiducia è l’one stà. Che lezioni abbiamo imparato dal covid-19? Prima di tutto, che il sogno neoliberista non è il modo di fare sanità pubblica. Veterinari e scienziati avicoli, ad esempio, sanno bene da decenni che i vaccini contro i coronavirus hanno una breve emivita. Semplicemente non funzionano molto bene a lungo. Allora, perché l’e stablishment biomedico ha dato per scontato che i coronavirus umani sarebbero stati diversi? Le aziende farmaceutiche si sono inserite nei media, nelle scuole di medicina, nelle organizzazioni non profit e nelle agenzie federali. Questa enorme influenza ha permesso loro di plasmare la narrativa sulla salute pubblica. La giornalista Sharyl Attkisson - vincitrice per cinque volte dell’Em my Award - ha rivelato come le aziende farmaceutiche, le agenzie federali e i media tradizionali lavorino insieme per insabbiare le lesioni da vaccino, sopprimere i fallimenti degli studi clinici e mettere a tacere gli esperti che ne parlano. L’ex giornalista investigativa della Cbs alza il sipario su una rete di denaro, messaggi e manipolazioni che raggiunge ogni angolo della sanità moderna, soprattutto dopo l’11 settembre. Nell’ambito della sua indagine, l’autrice ha effettuato un reportage direttamente dalle operazioni militari e assistito al lancio del vaccino antivaioloso e dell’antrace. L’indagine ha messo in luce un modello di controllo della narrazione ed ha aperto gli occhi della Attkisson sulle manipolazioni delle narrazioni mediche. Oltre a scoprire le carenze istituzionali nella supervisione dei vaccini governativi e militari, la Attkisson ha parlato anche di un’altra pietra miliare della fiducia pubblica: le organizzazioni non profit, che secondo lei hanno legami nascosti con l’indu stria. Aveva chiesto un’intervi sta all’industria degli anti traspiranti sul presunto collegamento al cancro al seno. I rappresentanti dell’industria dei cosmetici non volevano essere intervistati e continuavano a dire: “Intervi state l’American Cancer Society”. E lei si chiedeva: perché pensano che l’American Cancer Society li difenderà? Perché ne sono così sicuri? Il collegamento aveva fatto scattare l’allarme.
Le donazioni, ad esempio, rappresentano un grave conflitto di interessi. Le aziende farmaceutiche bloccherebbero anche la pubblicazione degli studi a loro sfavorevoli. L’influenza dell’indu stria farmaceutica non inizia con la pubblicità o le lobby, ma nella scuola di medicina. La Attkisson sottolinea uno dei conflitti più inquietanti nella formazione clinica: il Manuale Merck, libro di testo fondamentale utilizzato dagli studenti di medicina in tutti gli Stati Uniti, è scritto e pubblicato dalla stessa azienda farmaceutica che produce vaccini e farmaci. Il problema non sparisce dopo la laurea. I medici sono tenuti a seguire continui corsi di formazione medica per mantenere la loro licenza, e questi corsi sono spesso finanziati o presentati dalle aziende farmaceutiche. La dipendenza della Fda dal denaro dell’industria crea ulteriori conflitti di interesse. Gran parte del budget della Fda proviene dalle tasse pagate dalle stesse aziende che regolamenta. Big Pharma è anche l’inser zionista dominante nei media tradizionali e le notizie imparziali sulle aziende farmaceutiche hanno cominciato a scomparire. Le Big Tech sono un altro gatekeeper: i media digitali avrebbero dovuto dare più voce, più libertà e un migliore accesso alle informazioni. Invece, ora decidono quali messaggi vedere e quali far sparire.
Ad inquinare il rapporto tra agenzie e pazienti ci sono anche le fusioni e le acquisizioni di studi medici secondo un modello di private equity (Pe),che hanno raappresentato una tendenza per altre specialità (dermatologia, oftalmologia, ortopedia), non sempre con esiti positivi. La chirurgia plastica e le relative spa mediche sono attualmente il punto di forza per i private equity, e sempre più studi vengono contattati per venderli. I chirurghi plastici spesso non conoscono i pro e i contro di queste iniziative imprenditoriali, mentre la maggior parte delle entità di private equity conosce il business, ma non la chirurgia plastica. Sono principalmente interessati al risultato finale finanziario, non al servizio al paziente, e spesso non sono inclini ad ascoltare i chirurghi che sanno come gestire uno studio di successo. Tra il 2000 e il 2023, le acquisizioni finanziate da Pe nel settore della chirurgia plastica sono cresciute del 4300% in termini di volume di attività e del 7630% in termini di investimenti di capitale. E un’indagine congiunta di Kff Health News e Nbc News ha scoperto che molte catene di chirurgia estetica sono state oggetto di decine di cause legali per negligenza e negligenza medica che denunciavano lesioni deturpanti, tra cui 12 casi di morte ingiusta presentati negli ultimi sette anni.
Raffaella Vitulano

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