L’autoinganno dell’Europa che perde di vista i veri problemi
La crisi nel settore automobilistico europeo fa parte di una tendenza più ampia che ha visto l’Europa perdere 850 mila posti di lavoro in tutti i settori tra il 2019 e il 2023. Una ristrutturazione su larga scala nell’industria siderurgica è stata annunciata in diversi gruppi, tra cui Liberty Steel, ThyssenKrupp a Duisburg. Stellantis ha annunciato una ristrutturazione in Italia e Francia, mentre Volkswagen ha rinnegato un accordo di contrattazione collettiva con Ig Metall vecchio di tre decenni che tutelava i posti di lavoro. La Confederazione europea dei sindacati (Etuc) chiede alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di convocare una task force di emergenza di sindacati e datori di lavoro per risolvere la crisi attraverso un potente accordo industriale basato sugli investimenti, non sull’au sterità. Ma parole ed intenti restano sulla carta se poi i fatti vanno nella direzione opposta. Così in pratica scrive Conor Gallagher su Naked Capitalism criticando anche il rapporto sulla competitività da poco presentato. “Il rapporto di Draghi è un documento politico più che economico, destinato non solo a dare copertura alle disastrose politiche del blocco sulla Russia, ma a continuare negli errori. E viene già utilizzato come ulteriore munizione per coloro nei Paesi baltici, in Polonia, nei media, nei think tank finanziati dagli Stati Uniti in Europa e in altri che chiedono alla Germania di sostenere il debito per una Guerra fredda prolungata. In particolare, loro volevano che Super Mario dicesse loro come uscire dalla situazione difficile che avevano creato senza cambiare rotta con la Russia e su una serie di altre questioni, e Draghi ha fatto ciò che chiedevano”. L’economia politica dell’Ue, assorbita da Washington e dalla Nato, sta danneggiando per l’analista i cittadini della classe operaia in tutto il blocco. Il nuovo Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza sta proponendo un’emissione di eurobond da 100 miliardi di euro (per iniziare) solo per pagare più armi da usare contro la Russia. E la Polonia, uno dei maggiori sostenitori della guerra contro la Russia, potrebbe anche ricevere un ulteriore contributo finanziario: Piotr Serafin, uomo di fiducia di Tusk e commissario europeo della Polonia a Bruxelles, si occuperà del portafoglio di bilancio della Commissione Ue, una delle posizioni più potenti. E questo non promette nulla di buono né per gli investimenti né per il coinvolgimento europeo nella guerra. La stessa settimana in cui è uscito il rapporto di Draghi, ne è infatti uscito anche un altro di Nicole Koenig, responsabile delle politiche per la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, comunemente chiamata “Davos con le armi”, che l’anno prossimo accoglierà l’attuale capofila della Nato Jens Stoltenberg come nuovo presidente. Koenig sostiene l’idea di un fondo basato sul debito per alimentare gli acquisti di armi come parte di un’unione di difesa europea. Altro che investimenti per crescita ed occupazione. “Nonostante tutta la preparazione del rapporto Draghi e il fatto che questo fosse accompagnato da appelli simili da parte della Conferenza sulla sicurezza di Monaco e di tutti i think tank finanziati dai plutocrati americani, la risposta immediata della Germania è stata per lo più negativa” scrive Gallagher. Il combattivo ministro della Difesa Boris Pistorius, che ha battuto i pugni sul tavolo per una spesa militare infinita da quando è stato strappato dall’oscura posizione di ministro degli Interni e dello Sport della Sassonia, resta in fiduciosa attesa del suo momento di gloria. La Germania sta affrontando il suo più grande sconvolgimento politico dalla seconda guerra mondiale, si sta deindustrializzando ed è in recessione, causata in gran parte da problemi strutturali e dai suoi stessi passi falsi. Glistandard di vita stanno calando dopo anni di immigrazione record e tutto questo si sta combinando per produrre il governo più impopolare nella storia moderna della Germania. La Polonia e i Paesi Baltici stanno chiedendo di più sul fronte delle armi. I think tank finanziati dagli Stati Uniti negli Stati Uniti e in Europa, che in realtà agiscono come governi ombra finanziati dai plutocrati, stanno spingendo affinché l’Europa utilizzo il debito comune per finanziare la difesa. Un rapporto pubblicato di recente dal Council on Foreign Relations, “Dal conflitto in Ucraina a un’Europa sicura”, sostiene, come tanti altri, che l’Ue debba assumere il ruolo guida nell’assicu rare l’ostilità alla Russia. A tutti gli effetti pratici, l’Ue diventerebbe un membro dell’Alleanza e la cooperazione tra le due entità dovrebbe essere fluida. I membri Ue non Nato - questo il fulcro dell’operazione - godrebbero quindi di una garanzia di sicurezza implicita dell’articolo 5, che verrebbe estesa ai nuovi membri man mano che l’Ue si espandesse per includere alleati non Nato dei Balcani e dell’ex spazio sovietico. Ciò includerà anche ciò che resta dell’Ucraina, Armenia, Moldavia, Georgia e chissà, Kazakistan. L’articolo del Cfr cita il grande discorso di Macron di aprile alla Sorbona come modello, che ovviamente richiede un debito comune dell’Ue. Ma la Germania resta contraria. Berlino sta persino tagliando i contributi Ue, altro che sostenere il debito dell’intero blocco. Nel piano di Draghi o nel discorso di Macron alla Sorbona si possono leggere le loro preoccupazioni per i lavoratori, le famiglie europee e il clima. Ma se un piano per un debito comune dovesse essere approvato, sarà difficile dirigerlo verso priorità che non siano armi. La pubblicazione del rapporto Draghi avviene infatti nello stesso momento in cui Bruxelles spinge per più austerità sui suoi stati membri e sta usando quelle carenze di bilancio artificiali come una ragione per indebitarsi a livello Ue per coprire spese militari. Bloomberg ha inoltre riferito a marzo che i funzionari e gli investitori Ue stanno usando le regole fiscali per spingere per un programma obbligazionario a livello Ue che porterebbe loro grandi profitti consentendo al contempo al blocco di aumentare la spesa militare senza che le singole nazioni contraggano più debiti. “Win-win - scrive Gallagher tranne per la stragrande maggioranza degli europei che lavorano per vivere e continueranno a vedere i servizi sociali crollare mentre la vita diventa più costosa”.
L’Europa, oltre la sua mitizzazione, diverrà un paradiso neoliberista per il settore finanziario sfruttando la crisi autoinflitta per spostare più potere a Bruxelles, premiare gli investitori finanziari e punire i lavoratori che frenano la produttività, inseguendo il successo degli Stati Uniti nei regni del private equity e del capitale di rischio a scapito dell’assisten za sociale e sanitaria. “Mio padre era indiano e mia madre è olandese, e sono nato e cresciuto nel Regno Unito. Nel 2009 scrive sul Guardian Hans Kundnani - ho iniziato a lavorare presso l’European Council on Foreign Relations (Ecfr), un think tank europeo di politica estera con uffici in sette capitali europee. All’epo ca mi consideravo un 'pro-europeo', ovvero qualcuno che sostiene l’integrazione europea o il ’progetto europeo’ nella sua forma attuale. Davo per scontato che l’Ue fosse una forza positiva, sia internamente all'Europa che nel mondo esterno. Ma man mano che imparavo molto di più sull’Ue durante i sei anni in cui ho lavorato all’Ecfr, ho iniziato a pensare che molto di ciò che pensavo di sapere sulla sua storia fosse in realtà un mito, il prodotto di una sorta di auto-idealizzazione dell’Ue”.
La stabilità geopolitica sta scemando e le nostre dipendenze si sono rivelate vulnerabilità. L’Europa ha improvvisamente perso il suo principale fornitore di energia, la Russia e le aziende Ue devono affrontare costi dell’elettricità che sono 2- 3 volte superiori a quelli degli Stati Uniti e prezzi del gas naturale 4- 5 volte più alti. L’Europa è stata in grado di soddisfare la sua domanda di energia importata acquistando abbondante gas da gasdotto, che ha rappresentato circa il 45% delle importazioni di gas naturale Ue nel 2021. Ma questa fonte di energia relativamente economica è ora scomparsa a un costo enorme per l’Europa. L’Ue ha perso più di un anno di crescita del pil, mentre ha dovuto reindirizzare ingenti risorse fiscali ai sussidi energetici e alla costruzione di nuove infrastrutture per l’importazione di gas naturale liquefatto. Gli elevati costi energetici in Europa sono un ostacolo alla crescita, mentre la mancanza di capacità di generazione e di rete potrebbe impedire la diffusione della tecnologia digitale e dell’elettrificazione dei trasporti. Ce n’è abbastanza per capire che qualche mossa si è rivelata drammaticamente sbagliata o azzardata.
Philip Pilkington, economista ed autore di “Reformation in Economics”, ritiene che molta della teoria economica neoclassica contemporanea sia ideologia: “Ogni economista, compreso Draghi, sa che gli alti prezzi dell’energia dovuti all’esplosio ne del Nordstream e alle sanzioni sono la ragione principale della morte della competitività dell’Ue. Ma nessuno lo dirà. L’Europa morirà di bugie, proprio come l’Urss”. Nel tempo della de-globalizzazione gli economisti si trovano oggi ad affrontare un’incer tezza fondamentale. Si è giunti alla fine di un viaggio iniziato molti decenni prima. “A Bruxelles, si sta celebrando la commedia dell’assurdo” taglia corto l’ex sottosegretario Michele Geraci, ex allievo del Premio Nobel per l’E conomia Franco Modigliani e già banchiere d’affari durante più di un decennio trascorso ai massimi livelli della finanza internazionale tra Londra e Wall Street. La mancanza di competitività autoimposta dall’Ue richiede ora centinaia di miliardi per essere corretta. Ma la spesa pubblica per la difesa riuscirà a fare ciò che tutte le armi impiegate nella guerra per procura in Ucraina e le sanzioni senza precedenti non sono finora riuscite a fare?
Raffaella Vitulano
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