La letteratura scientifica mondiale è contaminata da documenti falsi


I documenti falsi stanno contaminando la letteratura scientifica mondiale, alimentando un’industria corrotta e rallentando la legittima ricerca medica salvavita. E’ la denuncia di Di Frederik Joelving (redattore collaboratore di Retraction Watch), Cyril Labbé (professore di informatica all’Universi té Grenoble Alpes) e di Guillaume Cabanac, professore di informatica all’Institut de Recherche en Informatique de Toulouse. L’articolo, riproposto da Naked Capitalism ma originariamente pubblicato su The Conversation, squarcia un quadro inedito raccapricciante. “Le proposte commerciali si accumulavano da anni nella posta in arrivo di João de Deus Barreto Segundo, caporedattore di sei riviste pubblicate dalla Bahia School of Medicine and Public Health di Salvador, in Brasile. Molte provenivano da editori sospetti alla ricerca di nuove riviste da aggiungere al loro portfolio. Altre provenivano da accademici che suggerivano accordi sospetti o offrivano tangenti per pubblicare il loro articolo”. Un amministratore universitario in Iraq è stato più sincero, rivelando l’offerta di una sovvenzione di 500 dollari “per ogni articolo accettato e inviato alla vostra stimata rivista”, come ha scritto Ahmed Alkhayyat, direttore del Centro per la ricerca scientifica dell’Università islamica di Najaf. “Non funziona così, amico”, gli ha ribattuto Barreto Segundo. Considerando il numero di studi fraudolenti o di carta stampata pubblicati, e soprattutto con l’aiuto dell’in telligenza artificiale, forse Larry Ellison di Oracle potrebbe voler riconsiderare il suo: “Con l’IA possiamo progettare un vaccino contro il cancro con la molecola giusta solo per te. E possiamo realizzarlo entro 48 ore dall’esame del sangue alla creazione”. Pensiamo cosa potrebbe accadere se l’intelligenza artificiale venisse addestrata su studi e documenti scadenti. E pensiamo con un certo fastidio (e orrore) alle falsità che potrebbero essere state scritte su riviste scientifiche negli ultimi anni. “Ora - scrivono gli autori - i truffatori si sono infiltrati nell’industria editoriale accademica per dare priorità ai profitti rispetto alle borse di studio. Dotati di abilità tecnologica, agilità e vaste reti di ricercatori corrotti, stanno sfornando articoli su tutto, dai geni oscuri all’intelligenza artificiale in medicina. Questi documenti vengono assorbiti nella biblioteca mondiale della ricerca più velocemente di quanto possano essere eliminati. Circa 119 mila articoli di riviste accademiche e relazioni di conferenze vengono pubblicati a livello globale ogni settimana, ovvero più di 6 milioni all’anno. Gli editori stimano che, nella maggior parte delle riviste, circa il 2% dei documenti inviati, ma non necessariamente pubblicati, siano probabilmente falsi, sebbene questo numero possa essere molto più alto in alcune pubblicazioni”. Sebbene nessun paese sia immune da questa pratica, è particolarmente pronunciata nelle economie emergenti. Come parte del lavoro di rilevamento di pubblicazioni fasulle, il coautore Guillaume Cabanac ha sviluppato il Problematic Paper Screener, che filtra la bellezza di 130 milioni di articoli accademici nuovi e vecchi ogni settimana alla ricerca di nove tipi di indizi che un articolo potrebbe essere falso o contenere errori. È tuttavia estremamente difficile capire esattamente quanto sia grande il problema. Circa 55 mila articoli accademici sono stati ritirati fino ad oggi per una serie di ragioni, ma scienziati e aziende che esaminano la letteraturascientifica per individuare segnali rivelatori di frode stimano che ci siano molti altri articoli falsi in circolazione, forse fino a diverse centinaia di migliaia.Questa falsa ricerca può confondere i ricercatori, che devono districarsi tra dense equazioni, prove, immagini e metodologie solo per scoprire poi che sono stati inventati. Anche quando gli articoli falsi vengono individuati,solitamente da ricercatori dilettanti nel loro tempo libero, le riviste accademiche sono spesso lente a ritrattarli. “Le riviste accademiche - proseguono gli autori dello studio pubblicato su Naked Capitalism - hanno diversi modelli di pagamento. Molte sono basate su abbonamenti e non fanno pagare gli autori per la pubblicazione, ma hanno tariffe elevate per la lettura degli articoli. Anche le biblioteche e le università pagano grandi somme per l’accesso. Un modello open-access in rapida crescita, in cui chiunque può leggere l’articolo, include tariffe di pubblicazione elevate imposte agli autori per compensare la perdita di entrate nella vendita degli articoli”. La Bahia School of Medicine and Public Health, tra le altre, non fa pagare autori o lettori, ma il datore di lavoro di Barreto Segundo è un piccolo attore nel settore dell’editoria accademica, “che porta circa 30 miliardi di dollari all’anno con margini di profitto fino al 40%. Gli editori accademici guadagnano in gran parte dalle quote di abbonamento di istituzioni come biblioteche e università, dai pagamenti individuali per accedere ad articoli a pagamento e dalle quote di accesso aperto pagate dagli autori per garantire che i loro articoli siano gratuiti per chiunque voglia leggerli. Il settore è sufficientemente redditizio da aver attirato attori senza scrupoli desiderosi di trovare un modo per sottrarre parte di quei guadagni”. Ahmed Torad, docente presso la Kafr El Sheikh University in Egitto e caporedattore dell’Egyptian Journal of Physiotherapy, avrebbe chiesto una percentuale del 30% per ogni articolo inoltrato all’edi tore brasiliano. “Questa commissione sarà calcolata in base alle tariffe di pubblicazione generate dai manoscritti che presento”, ha scritto Torad, sottolineando di essere specializzato “nel mettere in contatto ricercatori e autori con riviste adatte alla pubblicazione”. A quanto pare, non si è accorto che la Facoltà di Medicina e Salute Pubblica di Bahia non fa pagare alcun compenso agli autori. Molti poi negano, parlando di “malinteso” da parte dell’editor, spiegando che il pagamento offerto era destinato a coprire presunte spese di elaborazione dell’articolo.

“Gli articoli su riviste indicizzate sono denaro in banca per i loro autori: aiutano - scrivono i tre studiosi - a garantire lavori, promozioni, finanziamenti e, in alcuni paesi, innescano persino ricompense in denaro. Per accademici o medici nei paesi più poveri, possono essere un biglietto per il nord del mondo”. In Egitto, paese afflitto da dubbie sperimentazioni cliniche, le università solitamente pagano grandi somme ai dipendenti per le pubblicazioni internazionali, con un importo che dipende dal fattore di impatto della rivista. L’editoria commerciale odierna è parte del problema. Secondo Bodo Stern, ex direttore della rivista Cell e responsabile delle iniziative strategiche presso l’Ho ward Hughes Medical Institute, organizzazione di ricerca non-profit ed importante finanziatore di Chevy Chase, nel Maryland, la strada da seguire è smettere di pagare le riviste per accettare articoli e iniziare a considerarle come servizi pubblici che servono un bene superiore. Tutto questo è probabilmente iniziato negli anni di Reagan e in California con Howard Jarvis e la sua mania dei tagli alle tasse, che dovevano compensare le entrate più basse con spese più basse. Circa 40 anni fa, i college pubblici statali erano finanziati per oltre il 75% dalle casse del governo statale. Oggi, quella percentuale è scesa a circa il 20% in molte istituzioni. La spinta a trovare denaro è aumentata sempre di più. La spinta verso gli accademici a pubblicare, vincere sovvenzioni, trovare partner di finanziamento privati per un programma o un progetto è diventata intensa. Troppo.

Secondo un rapporto evidenziato da Mit Technology Review, le università cinesi hanno premiato gli autori con una media di 44.000 $ nel 2016 per la ricerca pubblicata sulle importanti riviste scientifiche Science e Nature. Nel frattempo, una scala mobile di incentivi finanziari viene applicata al lavoro presentato in pubblicazioni più piccole. La vendita di articoli scientifici ghostwritten non è limitata alle fabbriche. Parlando in condizione di anonimato, un medico statunitense ha ricordato un incontro difficile con uno studente mentre insegnava durante il suo dottorato in Cina. “Mi ha chiesto di scrivere una bozza di un documento per lei e mi ha offerto la sua carta di debito”, ha detto. “So no rimasto molto scioccato. Non sapevo che potesse funzionare in quel modo”.

Ha anche raccontato di aver rifiutato la proposta di una cartiera di produrre false ricerche per i clienti. “Qualcuno voleva pagarmi 30 mila yuan (4.555 $) per scrivere un articolo”, ha detto. “È uno spreco di risorse, un male per la reputazione, ed è un disastro per le persone che svolgono lavori veri”. Lo scorso maggio Chengyi Zhang, studente magistrale in una prestigiosa facoltà di medicina in Cina, ha pubblicato il suo primo articolo su una rivista scientifica cinese. Poi sono iniziate le chiamate e i messaggi su WeChat. All’improvviso, è stato inondato di proposte di vendita da parte di servizi che offrivano di produrre articoli accademici a suo nome, su qualsiasi argomento volesse. I messaggi promettevano che, per un prezzo di 62 mila yuan (9.000 $), gli articoli avrebbero potuto essere scritti e pubblicati su riviste mediche internazionali. I referenti con cui ha parlato hanno affermato di essere impiegati presso pubblicazioni sottoposte a revisione paritaria, tra cui il Chinese Journal of General Medicine e il Chinese Journal of Hospital Pharmacy. Ma Zhang (nome di fantasia) ritiene che il personale addetto alle vendite facesse in realtà parte di un sistema più grande e oscuro. “Un capolavoro d’arte!” si legge in un post di ottobre su Twitter di Tiger, scienziato di ricerca biomedica cinese che ora vive negli Usa e trascorre gran parte del suo tempo a rintracciare in forma anonima gli articoli falsi. Articoli che, sicuramente, abbondano anche in altri paesi.

Raffaella Vitulano




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