Fast and furious, la realtà senza freni né regole d’ingaggio
Né l'Europa né gli Stati Uniti sembrano possedere la tempra per una vera guerra. E men che meno i loro cittadini”. Non fa giri di parole Alastair Crooke, ex diplomatico britannico ed fondatore e direttore del Forum Conflitti con sede a Beirut, un’organizza zione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occiden te: “In Occidente sono in atto cambiamenti striscianti e fragorosi. Una nuova dottrina politica ha preso piede: il pensiero populista conservatore occidentale (e più giovane) viene ricostruito in modo più rude, più meschino e molto meno sentimentale o tollerante. Aspira anche a emergere come dominante, deliberatamente coercitivo e radicale. Gettando in aria componenti dell’ordine esistente per vedere se possono essere implementati in modo vantaggioso (ad esempio, maggiori entrate da rendita) per gli Stati Uniti”.
Il cosiddetto modello di ordine basato su regole (ammesso sia mai esistito al di là della narrazione) è stato fatto carta straccia. Oggi è una guerra senza limiti, senza regole; senza legge; e nel completo disprezzo per la Carta delle Nazioni Unite. I confini etici, in particolare, vengono liquidati in alcune parti dell’Oc cidente come deboli, a sostegno piuttosto del relativismo morale. Parallelamente, qualcosa di profondo ha rimodellato la politica estera israeliana e statunitense: ignorare le regole con l’intento di scioccare. Agire rapidamente e rompere le cose. Negli ultimi mesi, Israele ha colpito con la forza militare in Cisgiordania, Iran, Siria, Libano, Yemen, Qatar e Tunisia, oltre a Gaza. A giugno, questi due stati nucleari hanno bombardato gli impianti nucleari di un firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare sotto la protezione dell’Aiea: l’Iran. Il “movimento veloce, rottura totale” è stato chiaramente evidente quando Israele, con il supporto degli Stati Uniti, ha lanciato il suo attacco a sorpresa contro l’Iran il 12 giugno, spingendo anche sul versante sanzioni. “La nuova dottrina del potere è emersa da un Occidente in crisi finanziaria, ma essendo nata dalla disperazione, potrebbe benissimo fallire. Il Financial Times ricorda come “fino a poco tempo fa, élites economiche, finanzieri, imprenditori e dirigenti di grandi aziende facevano affidamento su una classe politica di tecnocrati - o aspiranti tecnocrati - di destra e di sinistra, moderati, ragionevoli, più o meno indistinguibili tra loro,che governavano i loro Paesi sulla base di principi liberaldemocratici, inconformità con le regole del mercato, a volte mitigati da considerazionisociali. Questo era il consenso di Davos”. Ma il crollo del liberalismo globale e delle sue illusioni, insieme alla sua struttura tecnocratica di governo e ai suoi eccessi, ha semplicemente confermato - soprattutto ai cittadini - che la sfera degli “esperti” tecnocratici non era né competente né fondata sulla realtà. Davos ci ha provato, ma ha fallito. A quel punto la strategia ombrello dell’ordine internazionale basato sulle regole è finita. La nuova era è quella del dominio forzato, che sia da parte di Israele o degli Stati Uniti. Questa dottrina è incentrata sul dominio ottenuto tramite pressioni finanziarie o militari. Ed è simboleggiato dal passaggio di nomenclatura negli Stati Uniti dal Dipartimento della Difesa al Dipartimento della Guerra. Il Financial Times spiega come “le nuove élite tecnologiche americane, i Musk, gli Zuckerberg e i Sam Altman di questo mondo, non hanno nulla in comune con i tecnocrati di Davos. La loro filosofia di vita non si basa sulla gestione competente dell’ordine esistente, ma, al contrario, su un desiderio irrefrenabile di mandare tutto all’aria. Ordine, prudenza e rispetto delle regole sono un anatema per chi si è fatto un nome muovendosi velocemente e rompendo le cose. Per la loro stessa natura e il loro background, i signori della tecnologia sono più simili ai leader nazionalisti-populisti (i Trump, i Netanyahu, i Ben Gavir e gli Smotrich) e, in modo diverso, alla fazione evangelica (da cui era emerso Charlie Kirk), piuttosto che alle classi politiche moderate di Davos che (collettivamente) disprezzano. “Qual è la visione comune di queste fazioni occidentali apparentemente disparate che ora abbracciano questa dottrina politica più rude, più meschina e molto meno sentimentale o consensuale? Qual è lo scopo di gettare in aria tutti i pezzi del Medio Oriente con un effetto così brutale, come è evidente al mondo da Gaza? L’egemonia regionale israeliana e il controllo statunitense sulle risorse energetiche della regione: è questo l’obiettivo?
Certamente, ma è molto di più” aggiunge Alastair Crooke. Questo vortice in Medio Oriente è comunque collegato alla bellicosità apparentemente distinta di Trump nei confronti del Venezuela (e al concomitante accordo di favore con l’Argenti na)? Sì, il punto è portare i giacimenti di scisto dell’Argentina e le enormi riserve di petrolio del Venezuela sotto il controllo degli Stati Uniti, per dare agli Stati Uniti un dominio energetico globale con cui mitigare la minaccia rappresentata dai crescenti deficit statunitensi che travolgono il governo statunitense. La situazione di stallo in Venezuela si collega al progetto mediorientale in quanto rappresenta un altro aspetto di un progetto egemonico più ampio: consolidare l’emisfero occidentale nel dominio di interesse americano, insieme al Medio Oriente. Come ha fatto l’Occidente ad infrangere regole via via sempre più impunemente? Come sostiene Evan Osnos in The Haves and Have Yachts, negli ultimi cinquant’anni gli oligarchi e i paperoni della tecnologia hanno sempre più respinto i vincoli alla loro capacità di accumulare ricchezza, rinnegando l’idea che le loro grandi risorse comportino comunque una responsabilità nei confronti dei cittadini. “Hanno abbracciato un’etica libertaria che li vede semplicemente come individui privati, responsabili del proprio destino e autorizzati a godere delle proprie ricchezze come meglio credono. Ma, cosa ancora più significativa, non hanno rinunciato alla prerogativa di usare il proprio denaro per plasmare il governo e la società secondo la loro visione tecno-autarchica. Il modello risultante, tracciato nel libro di Osnos, è stato una semplice aritmetica: soldi che fanno soldi”. Tutto qui, in una condizione che è stata loro concessa da politici distratti ed indifferenti alle promesse in campagna elettorale e da tecnocrati insidiatisi col tempo nei governi.
La lezione che i signori della tecnologia - precisa l’ex diplomatico britannico Alastair Crooke - hanno assimilato è: quando uno stato o qualsiasi altra entità diventa incompetente, l’unica cura storica per tale sclerosi politica non è il dialogo, né il compromesso: è la ’proscriptio’. È ciò che i Romani traducevano con purga formalizzata. Silla lo sapeva. Cesare la perfezionò. Augusto la istituzionalizzò. Prendete gli interessi delle élite, negate ai cittadini risorse, spogliateli delle proprietà e costringeteli all’obbedienza... o peggio!”. Le élite di oggi sono affascinate dall’anti ca nozione di grandezza individuale e dal contributo che tale grandezza può offrire sulla carta alla civiltà. Questo vale per i singoli Stati, ma soprattutto per personalità che li governano. Pensiamo alla Francia, naturalmente. Ma la grandeur è trasversale agli Usa come a tutta l’Europa, dove era nata e sviluppata, ci sta conducendo ad un punto ancor più radicale: un tentativo di trasformazione finanziaria globale. Altro che crisi del 2008 che azzoppò la classe media.
Il mondo è in fiamme e la paura verso Mosca sta aumentando a dismisura in Europa, facendo leva sulla politica del rischio calcolato, volta a arruolare gli Stati Uniti in un progetto per indebolire e frammentare la Russia in più parti. Eppure proprio il crollo dell’Unione Sovietica aveva regalato alla vecchia Europa gli enormi mercati dell’Europa orientale, dei Balcani e dell’ex Unione Sovietica, oltre a risorse ed energia a basso costo. Un regalo prezioso, un allargamento ad est che avrebbe dovuto porre le basi per la crescita. Ma la Ue non ha saputo gestirlo, adottando piuttosto un progetto acquistato senza lungimiranza con la tentazione di una facile ricchezza. “Trump ha accelerato notevolmente la crisi europea, senza smembrare affatto il mercato russo: a che prezzo Francia, Germania o Italia manterranno il loro precedente peso politico o la loro influenza globale? La politica del rischio calcolato della minaccia russa sta sfuggendo di mano ai guerrafondai. Ma né l’Europa né gli Stati Uniti sembrano possedere la tempra per una vera guerra. E certamente, nemmeno i loro cittadini”, conclude Crooke.
Raffaella Vitulano

Commenti
Posta un commento