La Baronessa e il Banchiere francese per una possibile economia di guerra
Lo spread dell’I talia contro la Francia (riferendoci ai bond decennali, i Btp contro gli Oat), è diventato negativo. In pratica lo Stato francese paga tassi sul proprio debito maggiori che l’Italia. Una notizia di rilievo, che significa che Roma sembra agli investitori più affidabile di Parigi e che la Francia è sulla strada del crack sistemico. Per quanto si sforzi di restare disinvolto e spavaldo, Macron sembra avere le ore contate. Gli ultimi cambi in corsa lo dimostrano. E anche Davos vacilla. I francesi sanno arrabbiarsi a dovere se necessario. Ricordiamo bene le manifestazioni di piazza, e Macron le conosce bene, abbastanza da non provare neppure ad aumentare le tasse. Per tirar su qualche spiccio non gli resta dunque che la guerra in Ucraina, una vera ed impellente necessità per Parigi. Riccardo Ruggeri - da ex operaio Fiat a ceo di New Holland - nella vita ha fatto tanti mestieri (leggiamo sul suo sito “operaio, travet, manager, consulente di business, imprenditore, scrittore, giornalista, editore”).
Dal suo eremo svizzero osserva come campano gli amati italiani, “preoccupato che possano un giorno rassomigliare ai loschi centro e nord europei”. Da quando lo intervistammo a Torino ha dimostrato di non perdere mai di vista gli scenari mondiali, e con l’e sperienza dei suoi novant’an ni ha altresì saputo leggere dietro gli eventi, non arroccandosi mai su posizioni rigide ma comprendendo la fluidità degli ultimi decenni. “Quando noi europei ci renderemo conto che il nostro modello organizzativo (finto democratico) ormai produce solo mostri? Possibile - scrive in suo Cameo - che non capiamo che è suicida entrare nel XXI secolo con questo vecchio arnese organizzativo? Per convincerci basta prendere come esempio proprio la Francia. Applicando il modello organizzativo liberalgollista, il Patriziato francese, sempre al potere da ottant’anni, è riuscito a dividerlo in tre spicchi, equivalenti e incompatibili fra di loro, con dottrine politiche ispirate sia ai giacobini sia ai muscadins. Oggi sono rappresentati da tre leader imbarazzanti, come Emmanuel Macron, Jan-Luc Mélenchon, Jordan Bardella. C’e ra un tempo in cui Alain Minc cantava le lodi del presidente francese Emmanuel Macron, paragonandolo ai generali di Napoleone: un essere straordinario, dotato sia di talento che di fortuna. Otto anni dopo, Minc, ex mentore di Macron e influente consigliere politico, afferma che è il “peggior” presidente dalla fondazione della Quinta Repubblica francese nel 1958. Minc afferma che il narcisismo del presidente lo ha spinto a prendere decisioni sconsiderate che hanno “messo a repentaglio le istituzioni francesi” e rafforzato l’estrema destra in vista delle elezioni presidenziali del 2027. “Macron sta lasciando il Paese in una situazione molto peggiore di quando ha preso le redini del potere”, ha dichiarato Minc in un’intervista a Politico. “Lascerà un panorama politico che forse sarà permanentemente instabile in Francia. È imperdonabile”.
Minc afferma che i continui errori di Macron dalla sua rielezione nel 2022 affondano le radici nel narcisismo, poiché il presidente crede – secondo Minc – di essere abbastanza intelligente e astuto da risolvere qualsiasi problema gli si presenti. Altri che conoscono Macron lo hanno paragonato a un giocatore incallito, sempre convinto che gli manchi una sola vittoria per far crollare il banco, indipendentemente da quante perdite abbia subito in precedenza. Prendiamo, sempre a titolo esemplificativo, uno dei parametri tipici nel modello organizzativo dell’Occi dente, il debito (sia pubblico e sia privato, sia dei singoli che delle imprese) riferito al pil: Francia 320%, Italia 237%. E oplà, il fallimento del modello dell’ex impero francese è servito. Maiavrei pensato che la pervicace applicazione di un modello organizzativo, non solo vecchio, ma pure incompatibile con il veloce mutamento degli scenari, ci avrebbe portato a questo in così breve tempo”. Ma i media mainstream continuano indifferenti a macinare parole su altro: “È sufficiente guardare i talk delle reti pubbliche e private per capire che, mentre i nostri figli e nipoti stanno entrando in IA, noi adulti stiamo continuando a bisticciare sul nulla”. Riccardo Ruggeri già quindici anni fa sosteneva che “la strategia del Patriziato europeo è quella di impoverire la classe media e sedare quella povera, pur di mantenere la configurazione 7-25-50” . A cosa si riferisce Ruggeri? A quel tempo l’Euro pa rappresentava il 7% della popolazione mondiale, produceva il 25% del pil e consumava il 50% del welfare globale. I Don Rodrigo del Patriziato “avevano creato, per i 450 milioni di europei, uno stile di vita, che ad occhi attenti si presentava già allora finto. Infatti, le spese per garantire sia la pace, e al contempo la socialità, nell’ambizioso Giardino Europa doveva essere messa su spalle altre.” Così è stato. E dove finivano i pochi profitti europei conseguenti? “Una parte andava direttamente nei patrimoni del Patriziato europeo, una parte al welfare del Popolo, per sedarlo e tenerlo politicamente sereno. Le élite europee al potere e quelli che si spacciavano per rappresentanti del Popolo, già tre lustri fa sapevano che il mitico modello europeo era, in realtà, un banale gioco delle tre carte”. Nei successivi 13 anni, lo stile di vita e il welfare sono peggiorati, la transizione ecologica ha azzoppato l’indu stria, le nostre periferie sono diventate ingovernabili. “E ora una Baronessa e un Banchiere d’affari francese cercano di condurci per mano ad una possibile economia di guerra, senza spiegarci che il problema non sono le armi, ma i soldati disposti a morire per una Patria che non esiste”. Persino il The Economist ha dovuto ammettere che “il mondo ricco euroamericano ha le finanze in rovina”.
Per Ruggeri “la cultura della velocità, che l’Occidente ha mutuato dalla Borsa valori, non è compatibile con le regole del compromesso alla base dei processi di pace e del far geopolitica”. Nobel per l’eco nomia nel 2024, i professori Acemoglu e Robinson spiegano, con mirabili esempi, come gli Stati, governati da elites corrotte, alla fine semplicemente falliscano. Ma così è fallita anche l’Europa. I don Rodrigo vivono ovunque e fanno fallire intere nazioni distruggendo la società civile, per arricchirsi. Quando si ritrovano a Davos sfidano la democrazia teorizzata da Tocqueville. Massimo L. Salvadori, professore emerito dell’Università di Torino, si chiede se tuttavia Tocqueville abbia davvero capito l’Ameri ca. “Ciò che sfuggì a Tocqueville - sostiene Salvadori - fu che negli Stati Uniti, accanto alla rivoluzione democratica, stava prendendo piede una rivoluzione capitalistica fonte delle maggiori diseguaglianze. La democrazia americana sarebbe stata profondamente segnata da una nuova élite, quella dei ricchi e dei ricchissimi” poi dilagata. Joel Mokyr, storico dell’economia e uno dei vincitori del Premio Nobel di quest’anno, scrive nel suo libro del 2016, “A Culture of Growth”, che “i motori del progresso tecnologico e, in ultima analisi, delle performance economiche sono stati l’atteggiamento e l’attitudine”. L’a nalista Wolfgang Munchau scrive ne “Il marciume nel cuore dell’Europa” che atteggiamento e attitudine spiegano dunque perché Stati Uniti e Cina siano le uniche superpotenze del XXI secolo. Spiegano anche dove l'Europa ha sbagliato, perdendo l’interesse per la ricerca d’avanguardia molto tempo fa. L’economi sta Yanis Varoufakis, insieme allo stesso Wolfgang Munchau, sfata due ortodossie economiche fallimentari che stanno plasmando il nostro mondo. In primo luogo, smantella la narrazione secondo cui l'Europa starebbe aiutando l’U craina saccheggiando i beni russi congelati, che “oltre a essere legalmente discutibile, è anche economicamente e geopoliticamente controproducente. In secondo luogo, smaschera la battaglia tra banche centrali e ribelli anti-establishment delle criptovalute come una falsa scelta, rivelandola come una pericolosa illusione al servizio dei potenti. Lungi dall'essere rivoluzionarie, le stablecoin stanno forse accelerando l’instabilità finanziaria in vista del prossimo crollo globale?”.
Raffaella Vitulano

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