Faremo shopping col portafoglio dei crediti sull’impronta di carbonio


Dimenticate (forse) il green pass e preparatevi alla app e alle carte di credito che monitoreranno la vostra impronta di carbonio, in base alla quale potrete organizzare la vostra giornata. Abitudini alimentari, come spostamenti e ritmi di lavoro lasciano il segno sull’ambiente. L’insieme di queste condotte dà vita alla cosiddetta carbon footprint, ovvero l’impronta di carbonio sul pianeta in termini di emissioni. L’impronta di carbonio assumerà presto particolare importanza, non solo per i cittadini. A spiegarlo è Barbara Baarsma, amministratrice delegata della Rabo Carbon Bank, che in una video- intervista sostiene la necessità di un “portafoglio personale per il carbonio.” Sembrerebbe cosa buona e giusta ma le finalità di tale portafoglio appaiono parecchio ambigue e ricordano molto l’istituto dei crediti sociali cinesi, di cui abbiamo scritto tempo fa: “Dobbiamo fare in modo che ogni famiglia o ogni cittadino dei Paesi Bassi riceva una certa quantità di diritti di emissione di carbonio. In questo modo potremo assicurarci di non emettere più del nostro limite annuale. I diritti di emissione saranno memorizzati in un portafoglio per il carbonio. Quindi, se volessi fare un viaggio aereo, comprerei alcuni diritti di emissione di carbonio da qualcuno che non può permettersi di volare. Così questa persona povera potrebbe guadagnare qualche soldo in più. Oppure se qualcuno vive in una casa piccola, potrebbe vendere i suoi diritti di emissione a qualcuno che vive in una casa più grande, in questo modo i poveri potrebbero beneficiare della green economy.” Un po’ come la patente a punti, la premialità e la punizione sono dietro l’angolo. Rabobank e Baarsma sono entrambe nel World Economic Forum, piuttosto all’avanguardia su tali questioni di business. Anche le grandi banche la considerano una interessante opportunità. Nel 2021 Barclays si era unita a MasterCard e Doconomy. In Irlanda, Marc Ó Cathasaigh, deputato dei Verdi, ha già visto in pratica nel pub Brew Dog come funzioneranno i menu che riportano l’etichetta Co2 accanto ad ogni voce. Sul lato sinistro del menu normali alimenti a base di pollo, manzo, agnello, ecc. mentre a destra si trovano gli alimenti “a base vegetale”, tra cui la carne lavorata in laboratorio “Beyond Meat”, di cui l’im prenditore Bill Gates è investitore. Sceglierete il vostro cibo in base a crediti di carbonio. E sceglierete tutto, dai viaggi, agli abiti ad altro, in base al portafoglio dei crediti. Quando la maggior parte delle persone sente parlare di emissioni di carbonio e di impronta di carbonio, pensa che si riferiscano solo ai viaggi, al carburante, al gas e all’elettricità.

Ma la questione è molto più profonda. Basta pensare a Doconomy, la cui carta ’Do’ è una “carta di credito” approvata dal World Economic Forum di Klaus Schwab che si prefigge un limite di spesa monitorando l’impron ta di carbonio dei suoi clienti e tagliando le loro spese quando raggiungono il loro limite massimo di emissioni. Portafoglio di emissioni, non di denaro, che nel frattempo sarà diventato valuta digitale che governi e amministrazioni potranno prelevarvi automaticamente nel portafogli in caso di debiti e tasse. Nel febbraio 2019 Mastercard aveva già pubblicato un articolo intitolato Mastercard and Doconomy Launch the Future of Sustainable Payments (Mastercard e Doconomy lanciano il futuro dei pagamenti sostenibili), in cui si pubblicizzava lo sforzo congiunto per combattere il cambiamento climatico abilitando Do come servizio sperimentale di mobile banking gratuito, che consente agli utenti di tracciare, comprendere e ridurre le proprie impronte di Co2 attraverso la compensazione delle emissioni di carbonio. Anche Patricia Espinosa, Segretario Esecutivo delle Nazioni Unite per il Cambiamento Climatico, non ha mai smesso di apprezzare il monitoraggio dell’impronta di carbonio e ne ha tessuto le lodi. Ovviamente, anche Espinosa e le Nazioni Unite sono partner del Wef.L’im pronta di carbonio non riguarda ovviamente soltanto i singoli individui, ma anche i governi che si sono dati importanti obiettivi in tema di efficienza energetica. Attualmente la Co2 resta il nemico pubblico numero uno da debellare, giustificando misure politiche imponenti e finanziamenti pubblici. Ma presto si potrebbe passare al controllo con discrezionalità dei comportamenti, virtuosi e non, di individui ed organizzazioni per concedere loro o privarli di diritti. Supponiamo di voler acquistare un paio di jeans.Immaginate di andare a fare la spesa e di dover tirare fuori la vostra “calcolatrice di carbonio” e rendervi conto che avete solo 10 punti a disposizione. Non potrete comprare i jeans da 21,45 Co2, ma dovrete optare per quelli da 8,98 Co2. Dopotutto, non potrete superare la vostra quota o la vostra carta smetterà di funzionare e il vostro pagamento digitale sarà rifiutato. Nel documento “Global Carbon Capture and Sequestration - Markets and Strategies: 2010 2030”, pdf scaricabile online per 4.950 dollari, poco ci vuole per comprendere che si sta profilando una nuova economia dai giganteschi profitti, soprattutto per i soliti noti. Per la maggior parte delle persone, questo significa pagare per il “reset” del mondo. Il business dell’ani dride carbonica è già inaugurato e da tempo e rischia di lasciare per strada imprese e lavoratori. Si stima che entro il 2050, per garantire il trasporto del CO2 dei vari progetti su scala industriale, dovranno essere costruiti oltre 200.000 km di pipeline, per un costo di 2.500 - 3.000 miliardi di dollari. E la guerra in Ucraina accelererà il progetto. John Kerry (Segretario di Stato Usa nel novembre del 2014), dopo la pubblicazione del rapporto Ipcc sul clima, lanciò il monito: “Il climate change è un’arma di distruzione di massa”. Se ne parlava già nel 1978 nel rapporto governativo di 750 pagine, “Weather modification : programs, problems, policy, and potential”.

Un mondo smart e clean è davvero sostenibile? Forse non lo è. Perché anche per andare al ristorante, a seconda di quale sarà la propria “impronta di carbonio,” ci saranno cose che si potranno e cose che non si potranno ordinare dal menu. A seconda di quanti punti avrete ancora a disposizione per quel mese, verrà stabilito se vi sarà permesso mangiare “cibo vero” o “ci bo da laboratorio. Lo stesso accadrà quando andrete al supermercato a fare la spesa settimanale. A ogni articolo acquistato verrà assegnato un valore di Co2. L’intera faccenda sembra ridicolmente distopica, ma non inverosimile. Dopo lo spartiacque della pandemia e i lockdown, nella finestra di Overton tutto è possibile. Sostituite il punteggio di credito sociale con l’impronta di carbonio e il gioco è fatto.

Raffaella Vitulano


Il cambiamento climatico cambierà le azioni dei cittadini 

Senza anidride carbonica, è impossibile avere qualsiasi tipo di cibo sulla superficie della terra” spiegava nel 2014 Jacques Amouroux, ingegnere chimico presso il Pierre e Marie Curie di Parigi, al vertice di una conferenza organizzata dalla European Materials Research Society. Tutto sommato, ricordava qualcuno, la vita sulla Terra ha prosperato con successo per 3 miliardi di anni, contando sul biossido di carbonio in combinazione con l’acqua e l’energia solare. Eppure la Co2 è sempre più incriminata. I tempi sono cambiati. David Keith, geo-ingegnere e noto diffusore delle teorie catastrofiste che attribuiscono alla Co2 un ruolo nefasto (sponsorizzato dal lungimirante Bill Gates), presenta un suo marchingegno che succhia il biossido di carbonio dall’atmosfera. E c’è chi parla di conflitto di interesse del ricercatore con doppio impegno. Le multinazionali, dal canto loro, vivono bene il controllo di emissione. Basta sapersi reinventare nel global warming, sottoscrivendo un appello del Leaders Group on Climate Change (Clg), promosso da Re Carlo III. Il Carbon Capture and Storage (Ccs) offre l’occasione di una rinnovata leadership planetaria, ma sembra siano i leader di sempre ad accaparrarsi il posto di comando. Ai cittadini non resta che sostenere (anche finanziariamente) le modifiche strutturali dell’ambiente .

Ra.Vi.

Emissioni associate alla produzione diverse da quelle al consumo 

La impronta di carbonio misura la quantità di emissioni di anidride carbonica (Co2) associate a tutte le attività di una persona o altra entità (un edificio, una società, un Paese ma anche un’azienda, un programma di computer, lo stile di alimentazione personale, eccetera). Inoltre, il concetto di impronta di carbonio spesso include anche le emissioni di altri gas serra, come metano, protossido di azoto o clorofluorocarburi (Cfc). Le impronte di carbonio sono diverse dalle emissioni pro-capite dichiarate da un paese. Piuttosto che leemissioni di gas serra associate alla produzione, le impronte di carbonio si concentrano sulle emissioni di gas serra associate al consumo. Includono le emissioni associate a merci importate in un Paese ma prodotte altrove e generalmente tengono conto delle emissioni associate al trasporto e al trasporto internazionali, che non sono considerate negli inventari nazionali standard. Di conseguenza, l’impronta di carbonio di un paese può aumentare anche quando diminuiscono le emissioni di carbonio all’interno dei suoi confini.

Ra.Vi.

Commenti

Post più popolari