Ucraina, alle radici della guerra la sfida tra finanza globale ed energia


Una sfida tra finanza globale ed energia globale. Altro che territori geografici. Ci sarebbe di più di quanto non sembri nell’attuale lotta tra l’Occidente consumatore di petrolio e le nazioni produttrici di petrolio. Qualcosa di atavico e che va molto più in profondità della guerra in Ucraina. Perché nella guerra tra finanza globale ed energia, un fatto rimane chiaro: puoi stampare denaro ma non puoi stampare petrolio, il cui prezzo è un sismografo dell’economia mondiale e anche della geopolitica globale. Lo sostiene in un’interessante analisi pubblicata su The Cradle - Karin Kneissl, analista dell’energia e autrice di 14 libri su argomenti legati all’energia e altro, già ministro degli Esteri dell’Austria dal 2017 al 2019 che tra le altre lingue parla correntemente l’arabo classico. Con i tagli alla produzione, l’Opec sta semplicemente anticipando le prossime conseguenze della recessione e si prevede che la situazione dell’approvvigiona mento energetico peggiorerà ulteriormente a partire dal 5 dicembre, quando entrerà in vigore l’embargo sul petrolio imposto dall’Ue. Un conflitto tra finanza ed energia tutt’altro che evidenziato dai media, eppure così importante. A differenza di ciò che era accaduto nel mercato petrolifero tra il 1973 e il 1985, quando il consenso tra i membri dell’Opec era scarso e molti avevano già scritto il necrologio dell’organiz zazione, oggi, ex rivali come l’Ara bia Saudita e la Russia riescono a far convergere i loro interessi in un fronte comune. “E così - scrive l’autrice - Per capire veramente il nocciolo del conflitto in Ucraina, dove infuria una guerra per procura, bisogna scomporre il confronto in questo modo: gli Stati Uniti e i loro alleati europei, che rappresentano e sostengono il settore finanziario globale, sono essenzialmente impegnati in una battaglia contro il settore energetico mondiale. Non si è mai trattato dell’Ucraina”. Dall’inizio del conflitto militare in Ucraina nel febbraio 2022, infatti, abbiamo assistito alla guerra dell’indu stria finanziaria guidata dall’Occi dente contro l’economia energetica dominata dall’Est. E la spinta sarà sempre a favore di quest’ultima, perché, come già detto, a differenza del denaro, l’energia non può essere stampata. “I volumi di petrolio e gas necessari per sostituire le fonti energetiche russe non possono essere reperiti sul mercato mondiale entro l’anno, e nessuna merce è più globale del petrolio. Qualsiasi cambiamento nel mercato del petrolio influenzerà sempre l’economia mondiale”. Il petrolio fa e disfa le nazioni: la citazione incarna l’importanza del petrolio nel plasmare gli ordini globali e regionali, come era avvenuto in Asia occidentale nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale: prima gli oleodotti, poi i confini. Negli ultimi 22 anni abbiamo visto quanto invece sia facile per i governi stampare carta moneta. Per chi poteva farlo, ovviamente, come gli Usa, a differenza dell’Europa.

E anche qui ci sarebbe da discuterlo. Fed e Bce non sono mai state sullo stesso piano. Nel solo 2022, il dollaro Usa ha stampato più cartamoneta che in tutta la sua storia. L’energia, invece, non può essere stampata. E qui arriva il problema fondamentale per Washington: il settore delle materie prime può superare l’industria finanziaria. Quando, nel 2005, Kneissl pubblicò il suo libro “The Energy Poker,” si occupò anche della questione valutaria, ovvero se nel lungo periodo il petrolio sarebbe stato prezzato in dollari. All’epoca, gli interlocutori dei Paesi arabi dell’Opec risposero all’unanimità all’ex ministro degli Esteri austriaco che il dollaro Usa avrebbecontinuato ad essere usato nelle transazioni. Tuttavia, 17 anni dopo, questa opinione si è drasticamente ridimensionata. Riyadh si sta avvicinando all’idea di commerciare il petrolio in altre valute, come indicato quest’anno nelle discussioni con i Cinesi, che vorrebbero commerciare in yuan. I Sauditi continuano inoltre ad acquistare prodotti russi e, come altri Stati dell’Asia occidentale e del Sud globale, hanno scelto di ignorare le sanzioni occidentali contro Mosca e si stanno sempre più preparando alla nuova condizione internazionale di multipolarità. Washington, quindi, non ha più la capacità di esercitare un’influenza assoluta sull’Opec, che ora si sta riposizionando geopoliticamente come Opec+ allargato. Molte capitali arabe non hanno inoltre dimenticato la destituzione del presidente egiziano Hosni Mubarak, avvenuta nel 2011, e la rapidità con cui gli Stati Uniti avevano abbandonato il loro alleato di lunga data. La riunione ministeriale dell’Opec+ del 6 ottobre è stata una chiara anticipazione di queste nuove circostanze. Tra poche settimane si terranno negli Stati Uniti le elezioni di mid term e le conseguenze dell’aumento dei prezzi dei carburanti si manifesteranno senza dubbio alle urne. La guerra ucraina ha del resto posto fine all’era della globalizzazione iniziata nel 1989 e sta ponendo a seri rischi agli Stati Uniti. Ad allarmare in tal senso è Fareed Zakaria, uno degli opinionisti più autorevoli degli Stati Uniti, che sul Washington Post scrive di ritenere esagerati gli allarmi su una guerra nucleare, ma che una guerra mondiale si sta pur combattendo. Infatti, “l’Occidente sta conducendo compatto una guerra economica su scala globale contro la Russia, che sarebbe stata inimmaginabile solo un anno fa”. Ed è probabile che le conseguenze di questa guerra persistano per i “decenni” a venire. La visione di Zakaria si inserisce su quella di Karin Kneissl: tale guerra, che appunto segna la fine della globalizzazione post ’89 per aprire l’era della competizione tra potenze, pone rischi altissimi, “anche per gli Stati Uniti”, scrive Zakaria, il quale, in prosegue annotando come le sanzioni abbiano fallito nel loro scopo di far collassare la Russia, che invece ha rivelato una “resilienza” inattesa. E ciò sarebbe principalmente dovuto al fatto che la Russia è uno dei maggiori produttori di materie prime al mondo. Il tema di fondo resta poi il Dollaro e il suo utilizzo come moneta di conto per gli scambi internazionali. La mossa dell’Opec di tagliare la produzione di petrolio presa l’altro giorno contro la volontà americana e l'annunciata visita del Sultano degli Emirati Arabi a Mosca certamente non aiutano a calmare le acque e rendono sempre più chiara la scelta di campo degli arabi in favore della Russia e l’abbandono del Dollaro. “Il defunto ex ministro del petrolio saudita Zaki Yamani una volta aveva descritto le alleanze petrolifere come più forti dei matrimoni cattolici. Se così fosse - conclude la Kneissl - il vecchio matrimonio Usa-Saudita è attualmente in fase di disgregazione e la Russia ha chiesto il divorzio dall’Europa”.

Raffaella Vitulano


La sottile linea rossa della Nato Dopo Kabul, non può perdere Kiev 

La guerra tra energia (produttori) e finanza si scarica soprattutto sull’Europa: dove la Ue ha deciso di vietarsi di acquistare energia dalla Russia mentre l’eurocrazia di Bruxelles aumenta il suo debito con il casinò finanziario. Un mix esplosivo di collettivismo e di nazionalismi che non coinvolge nessun altro che gli europei, mentre oltreoceano i neocon continuano a trarre profitto utilizzando i mercati finanziari per saccheggiare e depredare intere nazioni. L’impressione è che gli alleati smetteranno di armare Kiev e avviare negoziati con Mosca solo dopo che i loro principali concorrenti industriali in Europa saranno falliti. O meglio, fintantoché non capitalizzeranno le risorse alimentari della steppa pontico-caspica: stiamo parlando di 1 milione di km2 di produzione alimentare, dalla Bulgaria fino alla Russia. La sottile linea rossa della Nato, insomma, è che non può permettersi di perdere sia Kabul che Kiev. E terrà duro. Ma la Russia non permetterà alla Nato di controllare l’Ucraina, costi quel che costi. Ne andrebbe dello sviluppo del Partenariato della Grande Eurasia. In mezzo, una ormai disperata Europa.

Ra.Vi.


Sale la tensione. Se l’Iran aiuta Mosca Israele fornirà armi a Kiev 

Secondo i servizi segreti di Washington e dei suoi alleati, l’Iran sta rafforzando il suo impegno a fornire armi alla Russia e prevede di inviare non solo droni d’attacco ma pure quelli che alcuni funzionari hanno descritto come i primi missili terra-terra di fabbricazione iraniana destinati all’uso contro le città e le posizioni delle truppe ucraine. Lo scrive il quotidiano Washington Post. Il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian nega tuttavia che “la Repubblica islamica dell’Iran abbia fornito o fornirà alcuna arma da usare nella guerra in Ucraina”. “Noi crediamo che il rafforzamento delle armi di ciascuna parte della crisi prolungherà la guerra”, ha aggiunto. La notizia ha comunque destato preoccupazione in Israele - antagonista diretto della Repubblica islamica -, dove non si sono fatte attendere le prime reazioni. Il ministro per gli Affari della diaspora Nachman Shai - il cui paese ha fornito a Kiev solo aiuti umanitari e forniture limitate di dispositivi di protezione per i dipendenti dei servizi di emergenza civile - ha espresso il suo supporto al sostegno bellico per Kiev: “È arrivato il tempo per l’Ucraina di ricevere anche aiuto militare, come lo stanno fornendo gli Usa e le nazioni Nato”.

Ra.Vi.


Commenti

Post più popolari