Nyt: “La Nato? Negli anni ha lavorato più come un’agenzia di rating”


Lasciato sedimentare un po’ l’esi to dell’incontro, possiamo scrivere che sicuramente il premier ucraino Zelensky è stato inevitabilmente il protagonista del vertice Nato a Vilnius, in Lituania. Quando i partner Nato gli hanno offerto un processo collaborativo in base al quale l’Ucrai na sarebbe stata pronta per l’in gresso attraverso la necessaria ricostruzione delle sue forze armate unita a riforme istituzionali per combattere la corruzione e rafforzare la democrazia, Zelensky ha definito il ritardo “assurdo” e “debole” da parte di suoi ospiti. E lo ha fatto sui social media per assicurarsi di mettere in imbarazzo tutti i soggetti coinvolti. Gli osservatori al vertice hanno così affermato che il consenso tra i partecipanti fosse quello di proporre aiuti a Zelensky evitando tuttavia qualsiasi impegno che avrebbe aumentato il rischio di un’escalation in una guerra nucleare. Zelensky ha ormai dato prova che farebbe tutto il possibile per provocare l’allargamento della guerra se gli fosse data la possibilità di farlo. Oltre a ciò, la maggior parte dei capi di stato riuniti a Vilnius ha riconosciuto che, dal punto di vista della politica interna, i rispettivi connazionali sono diventati sempre più stanchi della guerra. E ci sono le elezioni in arrivo, non solo negli Stati Uniti, entro la fine dell’anno e nel 2024. Un ordine tuttavia è arrivato forte e chiaro: inviare più soldati in Europa per aumentare le risorse disponibili per un potenziale combattimento contro i russi. In questo momento, il numero di truppe statunitensi in tutta Europa sarebbe di circa 100 mila più circa 100 ufficiali della Cia e alcuni membri del personale delle operazioni speciali sul campo nella stessa Ucraina. Se la Nato frena, i neoconservatori e i sostenitori della cosiddetta democrazia liberale stanno lavorando duramente per far accadere qualcosa come una guerra con la Russia. Non la temono. Come è avvenuto con l’Iraq, l’Afghanistan e altri paesi, sono i neocon - dominanti nelle politiche estere di entrambi i partiti - ad essere in prima fila a chiedere una potente risposta militare. La conquista dell’Ucraina è stata del resto molto redditizia per i miliardari americani. I volumi di vendita dei loro produttori di armi sono saliti alle stelle. E i produttori americani di gas naturale liquefatto hanno registrato un boom grazie alle sanzioni contro Mosca. Ma questi benefici per gli Stati Uniti, tuttavia, sono appannaggio solo delle multinazionali americane - e dei megainvestitori che le controllano - ma non del popolo statunitense. Tantomeno di quello europeo. L’Eu ropa dovrebbe aprire gli occhi sui rischi che sta correndo. E se lo scrive il New York Times con l’elo quente titolo “La Nato non è quella che dice di essere” - sarebbe proprio ora di svegliarci. Un editoriale a firma di Gray Anderson e di Thomas Meaney è davvero esplicito e ricorda quanto il giornalismo americano sia davvero libero rispetto a quanto accade in Europa, in cui ogni critica viene liquidata come disinformazione. “I leader della Nato hanno tutte le ragioni per brindare al loro successo - esordiscono -. Solo quattro anni fa, alla vigilia di un altro vertice, l’organizzazione sembrava essere in acque basse”.

Dopo l’invasione russa dell’U craina, la situazione è cambiata. Gli alleatidell’Unione Europea stanno finalmente mantenendo le promesse a lungo rimandate di aumentare le spese militari. Anche i critici dell’organizzazione come i falchi cinesi che la vedono come una distrazione dalla reale minaccia nell’Asia orientale - ammettono che lo scopo della Nato è principalmente la difesa dell'Europa. “Ma la Nato, sin dalle sue origini, non si è mai occupata principalmente di aggregare il potere militare (...) Piuttosto, si proponeva di vincolare l’Europa occidentale a un progetto molto più vasto di un ordine mondiale guidato dagli Stati Uniti, in cui la protezione americana serviva da leva per ottenere concessioni su altre questioni, come il commercio e la politica monetaria. In quella missione, ha avuto un notevole successo (...). La Nato ha agito come agenzia di rating per l’Unione europea nell’Europa orientale, dichiarando i paesi sicuri per lo sviluppo e gli investimenti. L’orga nizzazione ha spinto gli aspiranti partner ad aderire a un credo liberale e favorevole al mercato, secondo il quale - come ha affermato il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Bill Clinton - “il perseguimento di istituzioni democratiche, l’espansione del libero mercato” e “la promozione di sicurezza collettiva” hanno marciato a passo serrato. Quando le popolazioni europee “si dimostrarono troppo testarde, o indesiderabilmente influenzate da sentimenti socialisti o nazionalisti, l’integrazione atlantica procedette ugualmente. La Repubblica Ceca è stato un caso eloquente”. Il nuovo secolo ha registrato la stessa tendenza, con un appropriato spostamento di enfasi. In concomitanza con la guerra globale al terrorismo, “l’antiterrori smo ha sostituito la democrazia e i diritti umani nella retorica dell’alleanza. L’accento sulla necessità di liberalizzazioni e riforme del settore pubblico è rimasto una costante”. Ma l’asim -metria è rimasta. “Nel regno della difesa, quali che siano i livelli di spesa, è notevole quanto poca capacità militare ottengano gli europei per gli esborsi coinvolti. La mancanza di coordinamento, ostacola la capacità dell’Europa di garantire la propria sicurezza (...). Spingendo gli alleati ad accettare ruoli di nicchia, la Nato ha ostacolato l’emergere di qualsiasi forza europea semiautonoma capace di un’azione indipendente. Per quanto riguarda gli appalti della difesa, gli standard comuni per l’interoperabilità, uniti alla vastità del settore militare-industriale statunitense e agli impedimenti burocratici a Bruxelles, favoriscono le imprese americane a scapito dei loro concorrenti europei”. Eppure il paradosso è solo superficiale. “In effetti, la Nato sta funzionando esattamente come era stata progettata dai pianificatori statunitensi del dopoguerra, trascinando l’Europa in una dipendenza dalla potenza americana che riduce il suo spazio di manovra (...) e si assicura l’influenza americana in Europa a buon mercato”. In Ucraina, lo schema è altrettanto chiaro per i due analisti: “Washington fornirà la sicurezza militare e le sue multinazionali beneficeranno di una miniera d’oro di ordini di armamenti europei, mentre gli europei si faranno carico del costo della ricostruzione postbellica” ingrassando i fondi speculativi. Infine, una frecciata ai partiti di sinistra in Europa, “storicamente critici nei confronti del militarismo e del potere americano, si sono arruolati in modo schiacciante nella difesa dell’Occidente: la traiettoria dei Verdi tedeschi, da feroci oppositori delle armi nucleari a un partito apparentemente disposto a rischiare la guerra atomica, è particolarmente vivida illustrazione”. L’alleanza di maggior successo della storia, “riunitasi per celebrare se stessa, non ha bisogno di aspettare il suo 75° anniversario il prossimo anno per stappare lo champagne”.

Raffaella Vitulano


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