Israele, partita l’operazione Spade di Ferro


"Ciò che Hamas ha commesso è imperdonabile e rappresenta l’inizio della sua fine. Il mondo è stato testimone di cosa deve affrontare Israele e di cosa possono fare questi terroristi se scatenati. Le immagini superano quelle del massacro olimpico di Monaco, delle esecuzioni dell’I sis, degli attentati al Bataclan e dello speronamento di Nizza messi insieme. Il mondo intero li guardò comportarsi come bestie. Se mio figlio o mia nonna venissero rapiti e presi in ostaggio a Gaza, vorrei che le montagne si mobilitassero e che il mondo tremasse di indignazione. E non sono affatto l’unica a sentirsi così in questo momento”: è quanto sostiene in un blog su The Times of Israel Rawan Osman, attivista pacifista siriano- libanese che attualmente sta scrivendo un libro sulla sua percezione del popolo ebraico e di Israele prima e dopo aver lasciato il Medio Oriente. Rawan racconta come, sotto il suo post di sostegno agli israeliani sui social media, un anziano palestinese che conosce da Damasco ha lasciato un commento: “Sei una puttana. Vergognati”, insinuando che sia una donna senza onore e che tradisca la causa del suo popolo. “Ciò che è molto più interessante di questo fenomeno del doppio standard, è l’abbondante sostegno tra gli arabi per Israele. La gente mi scrive per lodare il mio coraggio nel dire ciò che non oserebbe dire. Ma cosa spaventerebbe coloro che vivono in Europa dall’esprimere liberamente il proprio pensiero contro Hamas? Ciò che impedisce alle persone di mostrare il proprio sostegno a Israele in Occidente non è necessariamente la violenza fisica, ma piuttosto la vergogna”, nella cui cultura il valore più alto è l’onore.

Onore e vergogna

Interessante l’analisi in cui l’au trice ricorda come invece, nelle culture del senso di colpa il valore più alto sia la rettitudine. E questo fa la differenza. “La vergogna è sentirsi male per non essere riusciti a soddisfare le aspettative che gli altri hanno nei nostri confronti. Il senso di colpa è ciò che proviamo quando non riusciamo a essere all’altezza di ciò che la nostra coscienza ci richiede. La vergogna è diretta verso gli altri. Il senso di colpa è interiore”. E poi aggiunge: “Sono cresciuta tra il Libano e la Siria in una cultura della vergogna in cui la pressione dei pari decideva come ci si dovesse comportare e quali convinzioni avere. Eppure non mi è mai importato dell’opinione che la gente aveva di me. Ciò che conta è che il mio comportamento sia rimasto coerente con i miei pensieri. Potrei vergognarmi, ma non sono colpevole. Colpevoli sono coloro che definiscono i militanti di Hamas combattenti per la libertà. Colpevoli sono coloro che celebrano un attacco codardo durante le festività ebraiche, che ricordano la vergognosa guerra dello Yom Kippur. Colpevoli sono coloro che distribuiscono la baklava per le strade di Berlino indirizzandosi verso Hamas. Colpevoli sono coloro che cantano “Allah è grande” attorno a corpi nudi e torturati. Se questi sono coloro che mi fanno vergognare, allora la vergogna è il mio distintivo d’onore”.

Rawan è cresciuta in guerra e sa che chiunque alimenta la spaccatura tra palestinesi e israeliani contribuisce a produrre nuove guerre. Il primo ministro israeliano, intanto, promette una guerra spietata a Hamas. Netanyahu afferma che Israele “vendicherà questo giorno nero” e avverte gli abitanti di Gaza di “andarse ne adesso”, promettendo di distruggere le capacità del gruppo terroristico dopo un attacco a sorpresa senza precedenti” in cui centinaia di terroristi di Hamas si sono infiltrati in Israele da Gaza, invadendo città e kibbutz vicino alla Striscia, uccidendo almeno 750 persone, molte delle quali civili e prendendo decine di ostaggi. “Questo è un nemico che uccide i bambini e le madri nelle loro case, nei loro letti. Un nemico che rapisce anziani, bambini, giovani. Assassini che massacrano e massacrano i nostri cittadini, i nostri figli, che volevano solo divertirsi durante la festa di Simchat Torah” ha detto Netanyahu. Tutti si chiedono come sia potuto succedere. “In primo luogo - spiega Dan Savery Raz, autore della Lonely Planet che ha scritto anche per BBC.com - è facile incolpare i leader zoppi, che non riescono nemmeno ad approvare un budget per l’istruzione, per non parlaredi garantire la nostra sicurezza. Come è potuto scatenarsi l’in ferno nella Fortezza d’Israele per alcune ore in pieno giorno? Sì, è il momento di stare insieme, ma un patriota sa anche quando le cose sono andate male. E le cose sicuramente sono andate male con questo governo”.


Hamas è diventato più forte e ha utilizzato gli auspici di pace tanto desiderati dagli israeliani come copertura per il suo addestramento, e centinaia di israeliani hanno pagato con la vita per questa massiccia omissione. La politica del premier di trattare il gruppo terroristico come un partner, a scapitodi Abbas e dello Stato palestinese, ha provocato ferite che Israele impiegherà anni per guarire. E la polemica ora diventa tutta politica, contro il presidente, le cui politiche sono state oggetto di proteste di massa in piazza negli ultimi mesi. Tal Schneider spiega: “Per anni, i vari governi guidati da Benjamin Netanyahu hanno adottato un approccio che divideva il potere tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, mettendo in ginocchio il presidente dell’Autori tà Palestinese Mahmoud Abbas e compiendo mosse che sostenevano il gruppo terroristico Hamas. Nella maggior parte dei casi, la politica israeliana è stata quella di trattare l’Autorità Palestinese come un peso e Hamas come una risorsa”. Sostenuta da questa politica, Hamas è diventata sempre più forte fino a sabato, il “Pearl Harbor” di Israele, il giorno più sanguinoso della sua storia. “Esperti, storici e investigatori commenta Yitzhak Sokoloff, analista politico israeliano - si concentreranno come al solito sul fallimento dell’intelligence, sulla certezza che la barriera sotterranea si sarebbe rivelata invincibile, sul presunto scambio di soldi e permessi di lavoro con la tranquillità, o forse sui fallimenti umani dei giovani servizi segreti. Tuttavia il fallimento è molto più profondo e riflette sia il modo in cui vediamo il nemico sia il modo in cui vediamo noi stessi. La prima è funzione della seconda”. Senza dubbio, a tempo debito verrà eseguita un'autopsia su questo letale errore di intelligence. Teste rotoleranno e barili di inchiostro verranno versati. Ma il danno sarà stato fatto. I leader israeliani hanno promesso una guerra su larga scala in risposta all’assalto mortale, ma è troppo presto per dire quanto durerà il prossimo conflitto o quanto sarà ampio. L’attacco è avvenuto mentre il governo israeliano era impegnato in altre questioni, tra cui un controverso tentativo di indebolire il sistema giudiziario e un possibile accordo diplomatico con l’Arabia Saudita.

Il futuro non è chiaro

Nelle attuali condizioni di guerra totale di Israele contro Hamas e nella prospettiva di una sanguinosa incursione a Gaza da parte delle forze di difesa israeliane, è impensabile che l’Arabia Saudita proceda con la normalizzazione delle relazioni. In un certo senso, ciò che sta emergendo ora in Medio Oriente è un nuovo e molto fragile equilibrio di potere in base al quale Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita si trovano ora ad affrontare un blocco probabilmente guidato dall’Iran che comprende Hamas e Hezbollah. Esattamente 50 anni dopo che Israele fu colto di sorpresa dalle invasioni che diedero inizio alla Guerra dello Yom Kippur, il Paese si chiede ancora una volta come ciò possa essere accaduto. Forse bisognerebbe riflettere anche sulla fragilità dei servizi, sulle profonde lacerazioni politiche interne che spaccano Israele, proprio ora che è il momento dell’unità. Per molti mesi Israele è stato coinvolto in conflitti interni riguardo alle decisioni del governo in merito alla riforma giudiziaria. Centinaia di piloti delle riserve, personale dei servizi segreti e riservisti di varie divisioni avevano annunciato la sospensione del volontariato nelle riserve e la leadership dell’e sercito aveva dovuto occuparsi di rafforzare le competenze e la coesione, nonché di prevenire la degenerazione delle unità militari. Il caos, in altre parole. “A differenza della guerra del 1973, il fallimento del 2023 è stato sistemico: si è visto nella mancanza di intelligence, nella reazione inadeguata dei militari e nell’assenza di leadership politica” scrive Uri Bar Joseph su Haaretz. In un modo o nell’altro, assisteremo a giorni pesanti di combattimenti e possiamo solo supporre che le conseguenze dell’operazione saranno molto estese in ogni ambito possibile, sia militare che politico. C’è chi, come Efrat Fenigson, ex Intelligence delle forze di difesa israeliana ed oggi apprezzata giornalista, si spinge ad ipotizzare una operazione pianificata dall’alto. Una False Flag, in pratica, condotta dal Deep State: come mai le frontiere erano aperte? La Fenigson sostiene che il popolo israeliano e quello palestinese siano stati venduti ancora una volta per gli obiettivi di un potere molto più in alto. “Con gli sforzi congiunti dello Shin Bet, dell’in telligence interna israeliana, del Mossad, della sua agenzia di spionaggio esterna e di tutte le risorse delle forze di difesa israeliane, è francamente sorprendente che nessuno si aspettasse che ciò accadesse”, le fa eco Frank Gardner, corrispondente per la sicurezza della Bbc. C’è chi infine, come Aryeh Schonbrun, scrive dalle colonne del “Times of Israel” che per garantire la propria stabilità, Israele debba abbandonare l’au tocompiacimento diplomatico, “deve ammettere le proprie debolezze rispetto ad altri attori mondiali e regionali, e affrontare l’attuale stato della geopolitica in modo multilaterale, senza favorire esclusivamente alcuna potenza”. Tradotto, bene i rapporti con gli Usa, ma servono anche quelli con la Cina, che poco più di sei mesi fa ha stipulato un accordo storico tra Arabia Saudita e Iran, circa un anno e mezzo dopo il ritiro americano dall’Afghani stan. Molti iniziano a chiedersi come la crescente influenza della Cina influenzerà i rapporti diplomatici tra Israele e il principale rivale della Cina, gli Stati Uniti.

Raffaella Vitulano




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