L’inarrestabile ascesa della follia, degli orrori e della violenza


Sembra un giallo di Agata Christie: il maggiordomo non ha agito da solo; chi ha colpito sull’Orient Express? Così, come non ci fosse carne viva (o straziata), gli opinionisti hanno di nuovo - seduti sul divano di casa o in collegamento da poltrone di Playstation schierate di fronte a monitor a 55 pollici - creato due opposti schieramenti per discutere di una nuova guerra, dopo quella ucraina e dopo tutte quelle in giro per il mondo, che non suscitano alcun interesse negli accalorati commentatori. Come se la guerra fosse un videogioco e non una carneficina mondiale. Chiodo scaccia chiodo, guerra scaccia guerra nei salotti televisivi. Avanti un’altra. E la gente povera sarà sempre l’unica a rimetterci, tra i vincitori e tra i vinti. Non importa vederla da destra o da sinistra. O lacerarsi di fronte ad immagini egualmente strazianti. Sahar Vardi, attivista anti-occupazione con sede a Gerusalemme, racconta su Times of Israel come “è così difficile avere l’umanità qui. È estenuante e sembra che, di volta in volta, il mondo ti chieda semplicemente di lasciar perdere. Noi di sinistra siamo spesso accusati di doppia lealtà. La doppia lealtà è vedere questo e quello con le lacrime agli occhi. La doppia lealtà è sentire il crepacuore di questo e anche di quello. Lealtà potrebbe non essere la parola giusta. È un doppio dolore, un doppio crepacuore, cura, amore. È trattenere l’umanità di tutti. Ed è difficile. È molto più semplice “scegliere da che parte stare” non importa da che parte - basta scegliere e attenersi ad essa, e almeno ridurre la quantità di dolore che provi. Almeno sentirsi parte di un gruppo e meno soli in tutto questo. Come se fosse davvero un’opzione. Come se non capissimo che i nostri dolori sono intrecciati. Che non esiste soluzione solo per il dolore di Ofakim senza una soluzione per il dolore di Khan Yunis. E noi lo sappiamo e lo recitiamo, e ne sentiamo il dolore ancora e ancora”. E’ difficile schierarsi solo con la pace, è impossibile implorarla senza essere considerati codardi o traditori. Ma le informazioni, come abbiamo imparato dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, vanno interpretate e verificate. In quasi ogni aspetto di questa crisi, gli israeliani avvertono - e riempiono - il vasto vuoto lasciato dal loro governo Netanyahu. Stanno circolando molti resoconti delle cose che sembrano “strane” riguardo all’attacco di Hamas, come lo sfondamento molto poco plausibile dei cancelli e delle difese ad alta tecnologia di Israele, i fallimenti senza precedenti del Mossad e dello Shin Bet. E’ tutto a tratti ambiguo. Come planimetrie letali sovrapposte e svuotate ormai da un controllo di legittimità politica, determinante nell’evi tare recrudescenza delle ostilità e degenerazioni derivanti da scorrette regole d’ingaggio. Hamas, si legge, avrebbe utilizzato addirittura armi fornite dall’Ucraina, forse vendute al mercato nero. E poi, le convenienze, il famoso Cui prodest? Consideriamo un ipotetico false flag, con cui Netanyahu otterrebbe il consolidamento del suo potere, ma il rischio è che gli Stati Uniti e il Regno Unito possanoscatenare una guerra per indebolire l’Iran, ormai inarrestabilmente in ascesa dopo aver assunto un ruolo sempre più dominante nella regione anche perl’ener gia, aiutando la Russia in Ucraina, per esempio. Gli Stati Uniti hanno appena annunciato l’invio della portaerei Uss Gerald R. Ford nella regione del Mediterraneo orientale. Non si invia una tale potenza di fuoco se si intende ridurre le tensioni. Senza contare che gli aerei cargo C17dell’esercito americano sono già atterrati in Israele, probabilmentetrasportando nuove armi. Gli Stati Uniti potrebbero, inoltre, collegare il coinvolgimento dell’Iran negli attacchi di Hamas alla percezione di una“crescente minaccia iraniana” in Siria, e includerla in una futura offensiva più ampia, in cui squadroni congiunti israelo-americani abbiano il via libera per bombardare e indebolire le truppe, le infrastrutture, ecc. di Assad, per tenere a freno la Siria, mentre la questione Ucraina sfuma nel dimenticatoio. E se invece l’intero evento fosse un’orchestrazione dell’Iran o del blocco guidato dalla Russia? Ci sono certamente moltissime ragioni per cui questo potrebbe essere il caso, non ultima l’apparente ed eccessiva sicurezza mostrata da Hamas. “Que -sto è stato probabilmente il miglior regalo di compleanno per Putin. L’attacco contro Israele dividerà l’attenzione, data la naturale attenzione degli Stati Uniti su Israele”, ha detto un diplomatico Ue. C’è poi chi scommette che presto Israele cadrà nella trappola tesa dall’Iran: entrerà a Gaza aprendo un secondo fronte, spianando così la strada ai missili di Hezbollah, che demoliranno Israele con la vera potenza di fuoco fornita dall’Iran. Il piano potrebbe poi essere segretamente favorito dall’intero blocco russo, nella consapevolezza che un tale conflitto su vasta scala potrebbe avvantaggiare notevolmente Mosca e persino Pechino distogliendo l’attenzione degli Stati Uniti dall’Ucraina e costringendoli a concentrarsi sulla lotta all’Iran, cosa che permetterebbe alla Russia di finire rapidamente un’Ucraina ormai abbandonata. In secondo luogo, e in aggiunta al primo punto, qualsiasi conflitto di questo tipo farebbe schizzare alle stelle il prezzo del petrolio. Questo porterebbe alle stelle i già esorbitanti profitti della Russia sui combustibili fossili. Un conflitto più ampio che coinvolga l’Iran potrebbe portare ad attacchi alle navi nello Stretto di Hormuz, sconvolgendo il mercato energetico globale. La Cina, naturalmente, potrebbe trarre vantaggio dal fatto che l’attenzione degli Stati Uniti venga deviata altrove, dando a Pechino il respiro necessario per consolidare la propria forza regionale e impedendo agli Usa di finanziare Taiwan in misura sostanziale. Potrebbe insomma trattarsi di un attacco coordinato e accuratamente pianificato su tre fronti: la Russia che elimina l’Ucraina, poi l’Iran che elimina Israele, per finire con il colpo di grazia della Cina che elimina Taiwan. Lo specialista dell’intelligen ce Georgy Riper crede su queste basi che la crisi israeliana non sia la fine, ma l’inizio di una “gran de ridivisione del mondo”, seguita da Medio Oriente, Europa e Taiwan. La crisi in Israele avrebbe aperto le porte dell’inferno in Medio Oriente e in Europa: “Il mondo intero brucerà, il sangue scorrerà lungo i meridiani”, aggiunge lo specialista. E ancora, la Cina lancerà un’operazione militare e conquisterà Taiwan; i polacchi verranno a prendersi una parte dell’Ucraina; India e Pakistan “ridistribuiranno” il Kashmir (il che è pericoloso, poiché entrambi i paesi sono potenze nucleari); il Giappone e la Corea del Nord, sostenuti dagli Stati Uniti, dotati di armi nucleari, decideranno di chiudere le questioni “civiltà-ter ritoriali”; serbi e albanesi si combatteranno per il Kosovo sullo sfondo dell’Europa in fiamme; l’“Irlanda libera” ricorderà la sua indipendenza e secoli di umiliazioni dalla Gran Bretagna; e se la Gran Bretagna si lascia distrarre dall’Irlanda, l’Argentina potrebbe ricordare le “sue” Isole Malvinas. E così a ricostruire nuove geometrie. Necessariamente sanguinose, intrise di vendette. Forse ora è inutile perfino conoscere i dettagli dei rispettivi piani, ma occorre almeno sapere che esistono per interiorizzare gli orrori e giustificare (si fa per dire) la follia, schierando vite umane come scudi.Tutto da verificare, come sempre. Dovremmo comunque ormai aver imparato a diffidare di tutto, specialmente delle immagini e delle dichiarazioni che arrivano dall’informazione confezionata in maniera evidente con tesi precostituite. “La condanna della comunità internazionale è in realtà quella occidentale (Usa e Unione Europea)”, spiega il giornalista Fulvio Scaglione, già vicedirettore di Famiglia Cristiana. Russia e Cina non hanno condannato l’attacco di Hamas dal punto di vista diplomatico. “Certo non hanno sostenuto l’operazione, ma è molto interessante la posizione del Cremlino”. Mosca, prosegue Scaglione, con Israele ha ottimi rapporti. Tel Aviv è l’unico paese del blocco occidentale a non aver inviato armi all’Ucraina, ma il ministro degli esteri russo Lavrov ha ricordato come la questione di uno stato per i palestinesi sia al centro per la risoluzione del conflitto. “E questa è la posizione dell’altra parte del mondo che per i media occidentali non rientra nella comunità internazionale, anche se è la stragrande maggioranza in termini assoluti”, conclude.Il massimo diplomatico Ue, Josep Borrell, ha affermato che le azioni di Israele a Gaza potrebbero già aver violato il diritto internazionale, sottolineando la necessità che l’Europa continui a finanziare l’Autorità Palestinese anche dopo l’attacco di Hamas contro Israele. “Il diritto all’autodifesa deve essere tutelato nel rispetto del diritto internazionale”, ha affermato l’alto rappresentante Ue per gli affari esteri. “Alcune delle azioni - e le Nazioni Unite lo hanno già detto - tagliare acqua, elettricità e cibo a una massa di civili, sono contrarie al diritto internazionale. Quindi sì, ci sono alcune azioni che non sono conformi al diritto internazionale”. La Commissione non ha sospeso “ i pagamenti dovuti” poiché “punire tutto il popolo palestinese” avrebbe “danneggiato gli interessi dell’Ue nella regione e avrebbe solo ulteriormente incoraggiato i terroristi”. Prima dell’inversione di rotta, c’erano già stati contrasti pubblici all’interno della Commissione sull’opportunità di congelare gli aiuti all’Autorità Palestinese. Nel frattempo, l’Ue si avvia verso una resa dei conti interna, viste le divergenze tra i paesi sul conflitto.

Raffaella Vitulano


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