La Germania rispolvera le armi ma nasconde il bellicismo sotto al tappeto
Le aziende in Germania stanno pianificando meno assunzioni mentre continuano a tagliare posti di lavoro. A marzo, il barometro dell’occupazione ifo è sceso a 92,7 punti, in calo rispetto ai 93,0 punti di febbraio. La situazione sul mercato del lavoro rimane difficile e la disoccupazione continuerà a salire, soprattutto nell’industria, una tendenza in corso ormai da quasi due anni. Ma al governo tedesco importa poco dell’occupazione, se al pari di altri europei pensa ormai a riconvertire parte dell’industria per sfornare più armi e meno welfare. Il green tedesco, come quello della baronessa von der Leyen, è ormai archiviato. Il grigio fumo dei proiettili va più di moda. Anche gli Usa stanno disinnescando il green, che tanto piace ancora invece all’inqui nata Cina. L’infrastruttura verde è del resto “made in China” per definizione e promulgata a Davos di fatto con un accordo con l’Europa.
La guerra, il riarmo, sembrano ormai un’ottima scusa per deviare i fondi destinati ai vari Transition Funds Green. Scalda i motori nel frattempo anche l’euro digitale, che indirizzerà i consumi verso le armi invocate da Davos. Li chiameranno investimenti di guerra, ma ai cittadini non arriverà nulla. I fondi Esg europei probabilmente saranno obbligati ad investire una parte dei proventi. E il portafoglio di circa 33 mila miliardi di euro in risparmio privato scivolerà magicamente in risparmio popolare, in investimenti senza senso. Il riposizionamento dei piani del World economic forum di matrice franco tedesca comporterà la revisione dell’intero progetto del Great Reset. Ma l’alternativa delle armi alle politiche ambientali la dice lunga sulle reali intenzioni del Forum. Il riarmo ad ogni costo richiamato dall’ex presidente atlantista Draghi ha convinto a Germania a sbloccare centinaia di miliardi di euro di spese per la difesa e le infrastrutture, finanziate tramite debito. Supermario spinge gli europei addirittura a flirtare con Pechino e New Dehli pur di allontanarsi da Trump. E ora il capovolgimento fiscale di Berlino sbalordisce Bruxelles e spaventa i suoi alleati. “Politi co” racconta in un articolo come la campagna durata una settimana contro le norme fiscali dell’Ue abbia generato reazioni più negative di quanto la Germania stessa si aspettasse. “È stato uno dei più drammatici e radicali capovolgimenti di politica nella storia dell’U nione Europea. In meno di 48 ore, la Germania non solo ha eseguito un cambiamento epocale nella sua politica di bilancio interna, ma ha anche improvvisamente spinto per riscrivere le regole fiscali dell’Ue che essa stessa aveva contribuito a redigere. Bruxelles ha accolto con favore la prima mossa, in quanto risposta attesa da tempo alle sollecitazioni rivolte per anni alla Germania affinché investisse di più, anziché lasciarsi limitare da un limite costituzionale all’indebita mento. Ma la seconda? Quella è stata vista come una mossa unilaterale, una correzione eccessiva che ha turbato persino gli alleati più stretti della Germania”. Per gli osservatori europei che avevano bisogno di un approccio completamente nuovo per garantire la propria sicurezza in tempi rapidissimi, il pretesto offerto dalla lite nello Studio Ovale tra Donald Trump e Volodymyr Zelenskyy era troppo goloso. La Commissione europea ha immediatamente proposto di concedere ai paesi Ue un margine di manovra per aumentare la spesa per la difesa dell’1,5% del pil in quattro anni, e al contempo ha varato piani per accelerare il riarmo. Ma questo non è bastato a Berlino, dove il cancelliere in carica Friedrich Merz e il cancelliere uscente Olaf Scholz stavano frettolosamente elaborando piani per spendere centinaia di miliardi di euro nella ricostruzione delle forze armate tedesche. Anche Merz, come Starmer e Macron, è una creatura di Davos, con un passato di stretti legami col mondo finanziario. E tuttavia non ha esitato a riscrivere le regole per esentare la spesa per la difesa per almeno 10 anni. Alla faccia del debito pubblico tanto vituperato. Gli eventi si sono svolti a una velocità sconcertante eppure Berlino non ha trovato a Bruxelles l’accoglienza che si aspettava. “I tedeschi hanno deciso che possono fare quello che diavolo vogliono. Dal momento che le regole approvate sei mesi fa non vanno più bene per loro, fanno il contrario, ovviamente senza aver negoziato nulla a livello europeo”, ha tagliato corto il ministro delle Finanze italiano Giancarlo Giorgetti. La scommessa di Berlino rischia ora di ritorcersi contro. Un funzionario del governo spagnolo ha sottolineato che, poiché il mercato obbligazionario sovrano tedesco è considerato un punto di riferimento, quando il costo del debito aumenta, aumentano anche i costi di indebitamento per tutti gli altri. Si è svegliata anche Parigi, che nonostante la sua furia bellicista si è astenuta dal sostenere la spinta della Germania a rivedere le regole. I paesi con bilanci in difficoltà, come Francia, Italia o Spagna, sono stati favorevoli alla flessibilità per più tempo, ma, dato il loro limitato margine di bilancio, la loro preoccupazione principale è quella di poter beneficiare di finanziamenti comuni a livello Ue a un costo di indebitamento più basso. Come ha affermato il capo del faamigerato Meccanismo europeo di stabilità, Pierre Gramegna, “ vedono il finanziamento europeo congiunto come uno strumento migliore rispetto all’aumento del debito a livello nazionale”. La proposta della Germania, al contrario, era un’iniziativa puramente nazionale. Una mossa da anatra zoppa per la Cdu di Merz, che esercita un’influenza significativa in quanto partito più grande del Partito Popolare Europeo, la fazione politica più potente del blocco a cui appartiene la presidente Ursula von der Leyen. L’economia più potente d'Europa è pronta a compiere un passo importante per rafforzare le sue capacità di difesa e sembra voler ignorare i vincoli europei, gli stessi sorti dall’attuazio ne del Trattato di Lisbona, in cui il potere complessivo all’interno Ue è stato tolto al Consiglio e consegnato alla Commissione, non eletta. Ciò ha, di fatto, significato che la Commissione può esercitare potere nell’Unione senza apparenti controlli ed equilibri. La Ue dovrebbe essere una confederazione, non una federazione. Priva di una lingua comune, di una moneta comune (alcuni paesi dell’Uenon hanno adottato l’euro), una storia comune e una cultura di base, un sistema di voto comune, una politica estera comune, un codice fiscale comune conn cui la maggior parte delle tasse venga amministrata a livello federale, la Disunione europea conta oggi su leader di Francia, Germania e Inghilterra in gravissime difficoltà in patria, che hanno scoperto che gli Stati Uniti, il loro sostenitore, li sta abbandonando, e quindi sono destinati a un crollo politico. Stiamo assistendo a comportamenti di politici disperati che giocano il tutto per tutto, come tentare di i 300 miliardi di beni congelati ai russi. La Ue rischia di pagare un prezzo a lungo termine perché nessun governo traballante al mondo lascerà mai più i suoi soldi in Europa a causa di ciò che gli europei sono disposti a farne, compresa una guerra che Bruxelles disegna con due schieramenti di potenze alternative: gli Stati Uniti da una parte, e Cina e Russia unite dall’altra. Parti del mondo che sono già molti anni più avanti dell’Europa nel livello di tecnologia e produzione militare. Questo tentativo disperato dei leader europei di rifinanziare la crisi interna e il disastro dell’euro deve resuscitare il pericolo che la Russia possa invadere l’Europa. E devono darsi cinque anni (quando non hanno sviluppato un proprio esercito per 50 anni) per provare a rimettersi in piedi, tagliando il welfare in modo da costruire un esercito europeo in un mondo in cui i nostri due potenziali blocchi avversari sono anni luce avanti a noi. Washington li lascerà fare perché i neocon e i miliardari neoliberisti hanno bisogno anch’essi di un nemico comodo per fare all’Europa e agli Stati Uniti esattamente quello che i neoliberisti hanno fatto alla Russia negli anni ’90: consegnare tutte le enormi proprietà governative, i parchi nazionali, gli immobili governativi, le agenzie governative nelle mani di spregiudicati gestori finanziari, per creare ricchezza sotto forma di guadagni del mercato azionario ed obbligazionario. Questo è il gioco. L’isterico antagonismo geopolitico verso la Russia è solo un involucro superficiale.
Raffaella Vitulano
- Ottieni link
- X
- Altre app
Commenti
Posta un commento