Così i fondi d’investimento rimodellano la scena dei concerti
Con l’arrivo dell’estate in Europa, milioni di persone in tutto il continente si preparano a partecipare ai loro festival musicali preferiti. Ma pochi di coloro che attendono con ansia giornate spensierate al sole sanno del denaro sonante che si cela dietro eventi come lo Sziget in Ungheria, il Sónar in Spagna e il Field Day nel Regno Unito. La musica ad alto volume cela acquisizioni silenziose. Il private equity sta rimodellando la scena dei festival europei: lo racconta bene un articolo di Follow the Money, dettagliando come la società americana di private equity Kkr insieme alla società di investimenti britannica Cvc, ha acquistato circa 80 festival musicali in Europa e Australia per 1,3 miliardi di euro lo scorso anno ed ora possieda molti dei più grandi festival europei. L’acquisizione da un miliardo di euro da parte di un fondo legato a Donald Trump ha sollevato timori di un aumento dei prezzi dei biglietti e interrogativi sui valori culturali che questi eventi affermano di sostenere. Già la musica dei decenni Settanta e Ottanta aveva attirato l’attenzione di fondi di investimento e delle principali etichette musicali a livello globale, in un goloso trend consolidato che sta ridefinendo le regole dell’industria musicale. Grandi quantità di denaro vengono investite nel catalogo musicale di artisti intramontabili, acquisito in blocco per centinaia di milioni di dollari da società di private equity o da giganti come Sony o Universal Music. Oltre la magia dei palchi dei concerti, esiste un arcipelago di applicazioni che rappresentano il nuovo corso della musica in formato streaming, che stimolano l’appetito dei colossi finanziari che sono attratti dalle prospettive di utilizzare intensivamente quella musica e quei brani, che poi possono essere venduti per spot pubblicitari, film e produzioni televisive. L’obiettivo è diversificare le fonti di reddito, per evitare la saturazione del sistema e generare profitti negli anni. L’artico lo di Henk Willem Smits, Remy Koens ed Arjan Broekstra. Il colosso statunitense del private equity Kkr investe in Israele e tra i suoi dirigenti figurano personaggi di spicco del Partito Repubblicano di Donald Trump. Alcuni di questi eventi stavano attraversando un periodo difficile a causa della pandemia di Covid- 19 e speravano in finanziamenti aggiuntivi che li avrebbero aiutati a evitare il fallimento. E così è partito lo shopping di festival e concerti, passato per lo più inosservato fino all’acquisi zione di Boiler Room, con sede nel Regno Unito, a gennaio. Nota per la sua aperta posizione filo- palestinese, Boiler Room ha pubblicamente preso le distanze dai suoi nuovi proprietari. Gli artisti presenti agli eventi di Boiler Room e ad altri festival hanno annullato le loro esibizioni o hanno minacciato di ritirarsi dopo essere venuti a conoscenza del coinvolgimento dei Kkr. Al festival britannico Field Days, 15 artisti hanno annullato le loro esibizioni. Anche gli addetti ai lavori sono scettici sulla possibilità che Kkr recuperi l’investi mento e temono che le vendite possano portare a prezzi dei biglietti più alti e a pubblicità più invadenti. I giornalisti spiegano che, come altre società di private equity, Kkr raccoglie denaro da famiglie facoltose e investitori istituzionali, come i fondi pensione, e lo utilizza per acquistare aziende. Cerca di far crescere un’azienda nel corso di circa cinque anni e renderla più redditizia. Poi la rivende, se possibile con un profitto considerevole per il fondo. I critici hanno definito tali fondi “predatori” e “avvoltoi” a causa delle varie tattiche che utilizzano per monetizzare le attività che cadono sotto il loro controllo. Le società di private equity spesso smembrano e vendono immobili, sovraccaricano le aziende di debiti e procedono a licenziamenti di massa. Queste misure possono portare al fallimento anche aziende consolidate, come è successo a Krr con Toys 'R' Us e la catena olandese di grandi magazzini V&D. Krr ha cominciato il suo shopping di concerti e festival quando, insieme alla sua affiliata britannica Cvc, ha acquisito la Superstruct Entertainment, un gruppo con sede in Gran Bretagna e Lussemburgo che esiste dal 2017 e che negli ultimi anni ha acquistato festival in tutta Europa a una velocità vertiginosa. Oggi organizza decine di eventi, principalmente in Germania, Ungheria, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito, che complessivamente attraggono 7 milioni di visitatori all’anno. Da allora, è stato tutto un crescendo. Pochi si sono accorti dell’avanzata del capitale privato nel mondo dei festival fino all’inizio di quest’anno, quando Superstruct, allora di proprietà di Krr, ha acquisito la Boiler Room con sede nel Regno Unito. Boiler Room, che organizza feste e festival e trasmette su YouTube, esprime da tempo la sua solidarietà pubblica al popolo palestinese. Ma Kkr investe anche in data center e aziende tecnologiche israeliane, nonché in aziende di difesa altrove. Investimenti che “non sono assolutamente in linea con i nostri valori” ha affermato il management di Boiler Room su Instagram nel tentativo di prendere pubblicamente le distanze dalla nuova proprietà, aggiungendo di non essere stato in grado di fermare l’ac quisizione. Ma questa c’è stata, e business is business, nonostante si stiano accumulando defezioni di artisti. La forza trainante di Superstruct è James Barton, 56 anni, fondatore del festival di danza britannico Creamfields ed ex “presidente della musica elettronica” presso l’organizzatore di concerti e festival Live Nation. Nel 2017, Barton ha lanciato Superstruct con il supporto di Providence Equity Partners, con sede negli Stati Uniti. La sua società madre è stata costituita in Lussemburgo ai fini fiscali. Fin dall’inizio, Superstruct è stata progettata per crescere in modo aggressivo attraverso acquisizioni. In soli sei anni, Barton l’ha trasformata nel secondo operatore di festival in Europa, dopo Live Nation. L’azienda non si è limitata ad acquistare festival, ma ha anche acquisito aziende lungo tutta la filiera: agenzie di viaggio, agenzie pubblicitarie, società di management artistico e persino un’officina di costruzione di palchi nei Paesi Bassi. La rapida ascesa di Superstruct passò in gran parte inosservata alla stampa. Ma tutto questo, a dire di Barton, è stato intenzionale. Altri investitori hanno seguito l’e sempio, contestando l’immagi ne predatoria. “La visione obsoleta del private equity non riflette la realtà”, ha affermato Van Doosselaere di Waterland. “Sì, i festival nascono dalla comunità e dalla cultura. Il nostro compito è garantire che queste comunità possano continuare a creare. Noi forniamo infrastrutture e forza organizzativa. Loro ne portano l’anima”.
Come pensa Kkr di recuperare i suoi investimenti, soprattutto quelli destinati in acquisizioni? Molte operazioni sono state spinte al rialzo da altre parti interessate, tra cui BlackRock, Advance Publications, la società madre di Condé Nast, e la società di private equity Eqt. Secondo un’analisi di Reuters, affinché Kkr raggiunga i suoi obiettivi di rendimento entro cinque o sei anni, l’utile lordo dovrà aumentare di decine di punti percentuali all’anno. Ciò probabilmente comporterà prezzi dei biglietti più alti e un controllo dei costi più rigoroso. Kkr e Cvc possono centralizzare operazioni come la ristorazione o la biglietteria, riducendo così i costi. Possono anche estrarre dati da Spotify, TikTok e altrove per adattarsi in modo più preciso alla domanda del pubblico. “ Si tratterà più di B2B ( business to business) che di musica”, ha osservato un ex dirigente. Alcuni operatori del settore sono cauti. “ Non si può continuare ad aumentare i prezzi o bombardare la gente di pubblicità, perché poi smetteranno di venire”, commenta Pepijn ten Kate del sindacato Kunstenbond/ Ntb nei Paesi Bassi. “ I grandi artisti non faranno pagare meno. Quella pressione ricadrà sui collaboratori e sui talenti emergenti”. La corsa all’acquisizione dei festival rientra in una tendenza più ampia del private equity: investire in esperienze piuttosto che in beni fisici. “La domanda di intrattenimento dal vivo è cresciuta in modo significativo negli ultimi dieci anni e si prevede che continuerà a crescere, poiché la spesa dei consumatori continua a spostarsi dai beni alle esperienze”, ha affermato Kkr in una presentazione agli investitori. Non è quindi difficile capire perché il capitale affluisce nella Formula 1, casinò, crociere fluviali o centri benessere - e ora i festival musicali. Eppure molti festival si vantano di essere più di un semplice intrattenimento. Spesso si presentano come spazi comunitari o addirittura sovversivi per la controcultura, l’inclusione e l'attivismo. Un approccio basato sull’identità può scontrarsi con i valori percepiti di aziende come Kkr. Questa tensione è particolarmente forte per gli artisti e le comunità che vedono la musica elettronica, come house e techno, come qualcosa di più di un semplice business, il cui significato originale verrebbe svuotato dai fondi di investimento.
Raffaella Vitulano


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